V
forum sociale mondiale
Porto
alegre, brasile
26
– 31 gennaio 2005
di
Alessandra Mecozzi
Un Forum rivolto all’azione
Porto
Alegre con i suoi 150.000 partecipanti, in gran parte giovani, ha fatto del
"passaggio all’azione" la parola d’ordine di tutti
gli incontri, nonché una delle novità di questo anno. Gli stessi
sindacati internazionali dovrebbero corrispondervi!
Molti sono
stati i terreni comuni affrontati da sindacati internazionali e movimenti:
annullamento
del debito dei paesi poveri, che nell’appello dei movimenti sociali è il
primo punto con la richiesta dei movimenti dei contadini e dei pescatori delle
aree colpite dallo tsunami di evitare una nuova ondata di colonizzazione, nuovi
debiti e nuova militarizzazione, attraverso la gestione delle risorse per
l’emergenza da parte delle comunità locali. Organizzazione mondiale del
Commercio, sovranità alimentare, diritti dei migranti, sono altri terreni
affrontati anche dai sindacati internazionali: differenza sostanziale dai
movimenti però, non solo la pratica sociale – lotte e campagne dirette da
parte dei movimenti sociali, richieste di rafforzamento della Organizzazione
Internazionale del lavoro e delle regole internazionali da parte dei sindacati,
in sostanza un lavoro di lobby- manca
nel documento sindacale ogni riferimento alla guerra, e al suo collegamento con
le politiche liberiste. D‘altra parte il tema della dignità del lavoro, al
centro anche della bella marcia per il lavoro promossa dalla FISM (federazione
internazionale dei sindacati metalmeccanici), trova poco spazio, in termini
espliciti, nel documento dei movimenti sociali, il cui punto di vista è
tuttavia rivolto a tutte quelle istituzioni internazionali, a cominciare
dall’Organizzazione mondiale del Commercio che, mettendo al centro il primato
del mercato e delle imprese multinazionali, quindi anche della privatizzazione
dei beni pubblici , provocano effetti disastrosi sulla condizione del lavoro e
sociale.
Multinazionali
“Le
multinazionali Coca Cola e Pepsi
Cola hanno completamente alterato il rapporto tra esseri umani e acqua. Prima
drenavamo l’acqua dal sottosuolo per corrispondere a nostri bisogni essenziali
come il bere e irrigare. Ma le aziende Cola la stanno sfruttando in modo
totalmente fuori controllo per corrispondere alle loro aspettative di profitti.
Uno stabilimento Cola che dà lavoro a circa 500 persone, sta obbligando a
trasferirsi circa 25.000 persone, che lavoravano in modo autonomo,
vendendo bevande prodotte localmente come succhi di frutta, acqua
limonata, acqua di cocco, succo di canna da zucchero, burro ecc.” Su questa
base gli indiani presenti al Forum, e i colombiani, per ragioni analoghe hanno
fatto appello a tutti i movimenti sociali per una campagna contro queste
aziende. Altra multinazionale sotto tiro la francese “Suez des Eaux”,
privatizzatrice d’acqua, nel quadro della campagna in difesa dell’acqua come
bene pubblico primario. A Ginevra il 19 e 20 marzo ci sarà un Forum
internazionale per organizzarla. Nella stessa direzione va la campagna “Per un
contratto mondiale sul clima: un mondo solare è possibile” per le energia
sostenibile, che vedrà a novembre una marcia internazionale sul clima. Sono
paragrafi dell’appello della Assemblea dei movimenti sociali che ha segnato la
giornata di chiusura del Forum Sociale Mondiale insieme ad una manifestazione
nel centro della città contro l’Alca (Accordo di libero commercio delle
Americhe) che gli stati uniti vorrebbero imporre all’america del sud. Una
netta denuncia della totale inefficacia della “Responsabilità sociale delle
imprese” che non ha minimamente eliminato gli abusi delle multinazionali. In
modo più diplomatico, lo stesso documento dei sindacati internazionali (che
hanno svolto i propri seminari dal 27 al
30 in
uno spazio specifico e piuttosto separato, del Forum) derubrica la
“responsabilità sociale delle imprese” “che non può sostituire la
legislazione a livello nazionale e internazionale basate su meccanismi di
controllo obbligatori” I sindacati parlano altresì di un lavoro comune per
promuovere una nuova legislazione. Se la separatezza tra organizzazioni
sindacali e movimenti antiliberisti si riuscisse nelle prossime occasioni a
superare, anche affrontando direttamente i nodi su cui le opinioni e le scelte
divergono, sarebbe un passo avanti.
No alla guerra, no alle
occupazioni
Molti
i seminari e gli incontri, piccoli e grandi, contro la guerra e le occupazioni,
in Iraq, in Palestina, ma anche sulle guerre dimenticate dell’africa, come il
Congo, con i suoi 4 milioni di vittime, sui tanti aspetti del militarismo e
della militarizzazione. Importante che si sia passati, nell’appello
all’azione, dalla sola richiesta di immediato ritiro delle truppe dall’Iraq,
ad una strategia per la pace più ampia e di maggior respiro che include
l’appoggio a chi rifiuta la guerra (in Iraq come in Israele) e campagne per il
disarmo e la smilitarizzazione, contro le basi militari nel mondo, per il
disarmo nucleare, per il controllo del commercio delle armi e per tagliare le
spese militari. Inoltre, per la prima volta, a pieno titolo, è entrata la
discussione sulle Nazioni Unite, sotto attacco da parte della politica di guerra
dell’amministrazione statunitense e da tutti criticate per la loro incapacità
di esercitare un ruolo effettivo di governo mondiale, e la necessità di
radicale cambiamento delle organizzazioni finanziari ed economiche
internazionali come l’Organizzazione mondiale del commercio, il Fondo
monetario,
la Banca
mondiale.
Un faticoso
lavoro su tre sere, diversi seminari, con palestinesi e israeliani, ha portato a
definire la richiesta di sanzioni nazionali e internazionali, politiche ed
economiche, a cominciare dal blocco della vendita delle armi, su Israele come
forma di pressione perché attui le risoluzioni e il diritto internazionale,
sulla base anche del parere della Corte internazionale di giustizia che ha
definito illegale il muro e la stessa occupazione dei territori palestinesi.
Disinvestimenti di certe aziende (come
la Caterpillar, i cui bulldozer sono utilizzati per demolire le case dei palestinesi)e
boicottaggi dei prodotti delle colonie
si aggiungono
alle iniziative di mobilitazione popolare.
Di grande
rilievo il fatto che per la prima volta a livello internazionale l’appello
della assemblea dei movimenti sociali abbia incluso nelle lotte dei movimenti,
il sostegno a pacifisti e refusniks israeliani, anche grazie alla attiva
presenza di Zohar Shapira, il giovane riservista dell’unità “di elite”
che insieme a dodici suoi commilitoni ha rifiutato di servire nei territori
occupati palestinesi.
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