Intervento di Alessandra Mecozzi, per il Fse, al World social forum in Palestina

Ramallah, 27-30 dicembre 2002

 

Vi ringrazio per questo invito, sono molto felice di essere qui, insieme ad altre donne e uomini italiani ed europei, in occasione di questo evento di cui si è cominciato a parlare un anno fa, nel Forum sociale mondiale di Porto Alegre 2002. È stata una discussione lunga e difficile, e finalmente esso si realizza, grazie alla determinazione di coloro che lo hanno organizzato. Questo Forum è parte di quella lotta globale per la democrazia e la libertà che si va svolgendo e organizzando in tutto il mondo e che ha avuto un altro momento importante nel Forum sociale europeo che si è svolto a Firenze dal 6 al 10 novembre di questo anno, come prima in quello sulla Argentina, e altri ne avrà nel Forum asiatico, in quello africano, e ancora nella prossima Porto Alegre tra qualche settimana. A Firenze hanno partecipato al Forum 60.000 persone e alla manifestazione del 9 novembre hanno partecipato quasi un milione, moltissimi i giovani, tutti uniti dalla comune opposizione alla guerra e in particolare alla guerra contro l'Iraq, che è anche guerra contro la resistenza del popolo palestinese all'occupazione, che è una guerra come tutti sanno per il controllo delle materie prime e delle risorse energetiche, è una guerra per il dominio sul mondo, e non certo contro il terrorismo: in Afghanistan sono stati uccisi 5.000 civili, e i terroristi sono ancora a piede libero.

A Firenze, il Forum europeo si svolgeva contro il liberismo, la guerra, il razzismo, per una democrazia vera e nuovi diritti sociali per tutti, la priorità condivisa era la pace, la pace unita alla giustizia, perché, e questo era uno slogan ricorrente, non c’è pace senza giustizia. Quei temi sono anche e pienamente i temi del Forum sociale mondiale sulla Palestina.

Noi siamo contro e condanniamo con forza il terrorismo, di individui o di gruppi, che uccide civili innocenti e uccide anche la possibilità di partecipazione e democrazia, e siamo anche senza alcun dubbio contro il terrorismo di Stato insito nella politica del terrore che il governo Sharon ha scatenato contro la popolazione civile palestinese, sottoposta a uccisioni, umiliazioni, assedio economico, attraverso l’occupazione militare, che alimenta e accresce il fondamentalismo.

È questo che hanno ripetuto e sostenuto le migliaia di donne e uomini che hanno affollato durante il Fse di Firenze, i seminari e le conferenze plenarie dedicate a Palestina-Israele, ascoltando gli interventi delle donne e uomini palestinesi e israeliani lì presenti, esprimendo con forza il sostegno ai diritti fondamentali: il diritto alla pace in primo luogo, alla applicazione delle risoluzioni delle Nazioni unite, a uno Stato indipendente palestinese che conviva in pace con lo Stato d’Israele. Per questo sosteniamo con forza quella parte della società civile israeliana che con coraggio, tanto più grande in quanto è una minoranza, sostiene la lotta del popolo palestinese per la democrazia e la libertà, contro l’occupazione militare e coloniale, la lotta di quei giovani che si rifiutano di servire l’esercito nei territori occupati e di uccidere i loro fratelli e sorelle palestinesi, rifiutano la militarizzazione dei loro corpi e delle loro menti: è un atto di disobbedienza, di coraggio e di coerenza, che viene spesso pagato con la prigione.

Tutti gli esseri umani hanno bisogno di pace e democrazia, hanno bisogno di giustizia, il mondo ne ha bisogno per sopravvivere: questo ha espresso già il primo Forum sociale mondiale di Porto Alegre, in cui ha cominciato a esprimersi un grande movimento di movimenti, impegnato non solo sulla denuncia e la protesta contro i disastri del liberismo, ma anche nella costruzione di alternative. E oggi ci troviamo per questo qui, a Ramallah, una città simbolo della aspirazione alla pace e alla lotta democratica per i diritti, che è stata nello stesso tempo trasformata dalla politica del governo israeliano, in un simbolo della violenza più brutale di Sharon e dell’esercito israeliano, che tiene praticamente in prigione il presidente dell’Anp, Arafat.

Noi pensiamo che l’Europa, debba giuocare un ruolo essenziale nella realizzazione di pace e giustizia, che debba sostenere per tutti i valori che dichiara fondamentali per se stessa, per i quali sia in grado di rappresentare un riferimento autonomo dalla politica del governo degli Usa.

L’ Europa può fare molto a livello delle sue istituzioni, che troppo poco e male si muovono, che troppo tacciono. Può far sì, e in tal senso vogliamo sviluppare una più efficace campagna, che venga sospeso l’accordo di associazione economica tra Ue e Israele, che avvantaggia quest’ultimo e che contiene in un suo paragrafo la sospensione nel caso che vengano violati diritti umani: e sappiamo che in questa violazione il governo Sharon si distingue, come deve essere bloccato, perché illegale il commercio dei prodotti delle colonie israeliane, esse stesse illegali.
Oggi l’Europa politica appare debole, incapace di combattere l’affermarsi della legge del più forte: ma siamo convinti che noi, donne e uomini europei, possiamo con la nostra determinazione e la nostra forza spingerla a giocare questo ruolo. La chiave della nostra forza, che ha determinato anche il successo del Forum europeo, a dispetto di una accanita campagna denigratoria della destra, è sicuramente la molteplicità e unità dei soggetti sociali che hanno lavorato e lottato insieme e intendono continuare a farlo, anche nei momenti più difficili: reti nazionali e internazionali, sindacati diversi tra di loro, associazioni e movimenti di giovani, movimenti per la pace. Questa unità, con la radicalità delle sue denunce e lo sforzo di costruire alternative, è il punto di attrazione fondamentale in Europa per tutta una nuova generazione.

Molti e molte di noi in questi anni della seconda intifada, siamo venuti in questi territori occupati, per la protezione internazionale della popolazione civile palestinese, a volte respinti all’aeroporto, come è successo oggi a una delegazione belga, a cui esprimiamo la nostra solidarietà, da un governo israeliano che sempre più sta perdendo il senso di che cosa è democrazia. Vogliamo continuare nella nostra iniziativa, svolgendo il ruolo che dovrebbe essere giocato dalle istituzioni internazionali, un ruolo di interposizione e di protezione, ai check points o insieme ai feriti sulle ambulanze, nei villaggi isolati: continueremo ad agire e a chiedere con forza che le istituzioni svolgano i propri compiti. Ci sono pessimi governi in Europa, ne siamo consapevoli, a cominciare dal governo italiano, che mostra la sua faccia guerresca e antidemocratica: a maggior ragione vogliamo far crescere questa dimensione civile europea sempre più forte a sostegno della resistenza palestinese, a sostegno di quella parte della società civile israeliana che si batte contro l’occupazione.

Questa  lotta è anche per noi un riferimento, la vostra volontà di partecipazione e di democrazia è anche nostra, contribuite anche voi a costruire questa nuova speranza per tutti i cittadini e le cittadine del mondo, e per questo vi ringraziamo.

Stop occupation, stop apartheid, Palestina libera!