Forum Sociale Europeo, Londra 15-17 ottobre 2004

Seminario: Il futuro del movimento, problemi e strategie

A questo seminario, che si è svolto il 15 mattina, hanno partecipato, oltre alla sottoscritta, Pierre Khalfa, di Attac Francia, Christine Bucholz, della Iniziativa per il Forum sociale in Germania, Chris Nineham, della Coalizione Stop the War, Gran Bretagna. Coordinato da Alessandro Pellizzari, Svizzera.

Pierre Khalfa ha sottolineato la capacità dei movimenti di mettere in crisi l’ideologia neoliberale, attraverso il rifiuto del mondo esistente “Un altro mondo è possibile”. Però oggi il grande problema è come si cambiano i rapporti di forza: come si vince sul liberismo? Siamo fortemente critici della Costituzione europea, in particolare tutta la questione dei diritti sociali e delle politiche fondate su mercato e profitto. Siamo a un bivio: dobbiamo passare dalla critica, riuscita, alle ideologie dominanti alla critica sociale e alla mobilitazione. L’assemblea dei movimenti sociali alla fine del forum dovrà fare questo.

Chris Nineham vede nel movimento la capacità di aver impresso una spinta positiva ai sindacati, creando nuove leaderships, radicate nei posti di lavoro, critiche delle burocrazie. Bisogna ottenere qualche vittoria. La nostra priorità è l’opposizione alla guerra, anche se perde Bush, Kerry non sarà tanto diverso. Dobbiamo discutere su come realizzare un altro 15 febbraio, una enorme partecipazione popolare a manifestare contro la guerra.

Christine Bucholz ha parlato del legame sempre più stretto tra scontento sociale e avanzare della destra, ma nello stesso tempo ha messo in luce le nuove forti lotte nei posti di lavoro contro le politiche sociali di Schroeder, le lotte “del lunedì”, non organizzate direttamente dai sindacati anche se una parte vi partecipa. Ha posto il problema della nuova rappresentanza politica che si va formando in Germania, grazie a queste lotte, a sinistra dei socialdemocratici e ha concluso dicendo che queste nuove formazioni sono frutto della novità dei movimenti sociali e molto importanti anche per il loro futuro.

 

Alessandra Mecozzi

Per parlare del nostro futuro, è bene ricordare dove siamo nati, da dove veniamo: il movimento antiliberista si è espresso per la prima volta in forma visibile a Seattle, negli Stati Uniti, nella contestazione dell’Organizzazione mondiale del commercio, è nato su una forte domanda di giustizia sociale, di democrazia, contro le decisioni prese dai paesi più ricchi e più potenti, che strangolano il Sud del mondo. A Genova nel 2001 una nuova generazione di giovani ha detto con chiarezza di voler far politica e di volere un’altra politica, opponendosi al vertice G8. Poi il movimento si è ampliato e ha messo al centro la sua opposizione alla guerra, fin dal Forum sociale europeo di Firenze, che si chiuse con una enorme manifestazione, che ebbe il suo seguito il 15 febbraio del 2003 in tutto il mondo, opponendosi alla guerra preventiva contro l’Iraq. Quindi le nostre fondamenta stanno nella lotta per la giustizia sociale e per la pace: non c’è l’una senza l’altra, e viceversa.

Da questa spinta è nato il primo Forum sociale mondiale a Porto Alegre, nel gennaio 2001, un grande spazio pubblico di incontro e confronto per costruire alternative e non solo per esprimere il proprio rifiuto dell’ingiustizia. Quindi gli spazi dei forum e le politiche dei movimenti sociali sono strettamente collegati e questo nesso va saldamente tenuto per il nostro presente e il nostro futuro: è quello che dà la possibilità di esprimersi e di crescere a un sempre maggior numero di donne e uomini, di associazioni e organizzazioni.

La critica alla globalizzazione neoliberista non può oggi più disgiungersi dall’opposizione alla guerra, in tutte le sue manifestazioni, quella delle guerre occulte e quella della guerra preventiva e permanente lanciata dall’invasione dell’Iraq da parte di Usa e Gran Bretagna, con il consenso e la partecipazione anche del nostro paese che, ben lungi dal portare democrazia, ha invece piombato il mondo in una sempre maggior insicurezza e paura. Due opposti fondamentalismi, quello statunitense e quello cosiddetto “islamico”, con strumenti del terrore cercano di affermare un inesistente scontro di civiltà. Perciò la nostra opposizione alla guerra e al terrore si baserà sempre più anche sul principio dell’incontro di culture e civiltà, come base di una vera pace: in Iraq e in Palestina, come in Europa e negli altri continenti. Il 30 ottobre saremo di nuovo in piazza per questo.

Sono le ragioni per le quali forte è la nostra critica a un’Europa, come viene definita nel trattato costituzionale prossimo alla firma, e che non è una Costituzione, che dovrebbe essere invece il frutto di un processo democratico e popolare. Ne critichiamo radicalmente il carattere militarista e l’assenza di una chiara opzione per la pace; ne critichiamo l’assunzione del mercato e delle politiche liberiste come asse fondamentale, in opposizione a una strategia dei diritti del lavoro e sociali e dell’accoglienza dei migranti: non è questa l’Europa necessaria a questo mondo. Nel futuro del movimento non può che esserci lo sviluppo di questa analisi critica e azioni conseguenti.

Quale rapporto con la politica? Nel Forum europeo di Firenze abbiamo costruito tre pilastri su cui fondare i nostri movimenti: radicalità, contro gli attacchi alle radici dei diritti e della convivenza; unità dei vari movimenti nel rispetto delle anche forti differenze, perché solo questa unità, è un polo di attrazione e interesse per tanti singoli e tante associazioni che chiedono una diversa politica; autonomia, dalla politica dei partiti: criterio decisivo per il nostro pensare e il nostro agire. I movimenti si rappresentano da sé, dovremo trovare migliori forme di coordinamento, anche essere capaci di superare e cambiare qualcosa di noi stessi. Avere la capacità di interloquire con la politica, trovare forme di confronto: ma mai pensare di farsi partito. Non sono strade contrapposte, ma sono nature diverse e si può anche camminare sulla stessa strada, ma senza delegare mai le proprie scelte.

I movimenti sociali sono nomadi: i forum costituiscono gli spazi da costruire insieme e che ogni volta nel paese in cui si fanno lasciano un segno, una radice, per questo dico che i movimenti si caratterizzano per la loro capacità di nomadismo e di radicamento. Su questo bisogna ancora lavorare, ci sono temi e soggetti, che pur essendo parte dei movimenti, nei grandi incontri, negli appelli conclusivi, non ci sono: uno è il tema del lavoro, dei suoi diritti, della sua dignità. Chris Nineham poneva il problema della necessità di ottenere per il movimento dei successi, anzi lui ha detto qualche vittoria. Faccio un esempio italiano: quello della lotta di 8.000 lavoratori della Fiat in uno stabilimento del Sud, a Melfi, che si è svolta pochi mesi fa. Quei giovani hanno deciso spontaneamente, per l’insopportabilità della ingiustizia che subivano, per il pesante controllo su di loro da parte delle gerarchie aziendali, per la differenza salariale rispetto ai loro compagni di lavoro nel Nord, di bloccare completamente la fabbrica. Lo hanno fatto per giorni, la Fiom ha condiviso con loro questa lotta, giorno e notte, hanno avuto la solidarietà e la condivisione di altri movimenti in quella zona, che mesi prima era stata teatro di una battaglia molto diversa, ma che aveva lasciato il segno, ambientalista. Alla fine c’è stato un successo: un accordo coerente con le richieste. È un esempio, per dire che se i movimenti vogliono vittorie o almeno risultati, è necessario pensare a qualche forma di autorganizzazione, non andare in cerca di rappresentanze politiche, e anche per dire che le cose si possono cambiare, con l’autonomia, l’unità e la radicalità.

Per concludere, il futuro del movimento è nelle nostre teste e nelle nostre mani. È decisivo come si uscirà da questo grande spazio pubblico che è, di nuovo, il Forum di Londra; che cosa avremo imparato, di che cosa penseremo di aver bisogno: e di cambiamenti ne abbiamo bisogno tutti. Anche il Forum europeo. C’è anche bisogno che l’assemblea dei movimenti sociali abbia la capacità di discutere e trovare punti comuni, di analisi e di proposte. Penso che abbiamo le intelligenze e le forze per costruire insieme alternative.