Fausto Durante - Fiom nazionale Avvenimenti
come il Forum sociale europeo di Firenze lasciano un segno profondo sulla
collettività e sulle singole persone, per il rilievo e l’influenza sullo
scenario politico globale e per l’intensità delle emozioni e delle
suggestioni in ognuno dei partecipanti. Una
moltitudine di donne e uomini, di ragazze e giovani che danno vita a una
manifestazione enorme e pacifica e che si incontrano per parlare del futuro del
mondo e dell’umanità; per prospettare politiche alternative rispetto al
pensiero unico del neoliberismo; per indicare vie nuove e ragionevoli
all’economia mondiale; per rivendicare vecchi e nuovi diritti per tutti gli
abitanti del pianeta; per provare a costruire una Europa democratica, libera,
solidale, aperta; per bandire definitivamente l’idea della guerra come
soluzione dei conflitti: tutto ciò costituisce un evento straordinario e parla
direttamente al cuore delle forze politiche della sinistra, dei sindacati, degli
agenti di cambiamento e di progresso. E, allo stesso tempo, fornisce la migliore
prova del fatto che è possibile ridare entusiasmo e slancio all’impegno
politico e resistere alla tendenza alla pigrizia e all’abbandono del campo,
all’omologazione rispetto a modelli economici e politici solo all’apparenza
vincenti, all’accettazione dell’ineluttabilità degli attuali assetti del
mondo. La moltitudine di Firenze, inoltre, parla al sindacato e lo interroga in modo stringente e sempre più ineludibile sulle sue strategie e sulle prospettive che indica per i lavoratori in Europa e in tutto il mondo. Non ho partecipato agli altri appuntamenti di massa del movimento, ma ho l’impressione che mai come nei giorni di Firenze sia stato centrale il tema dei diritti sociali, dei diritti del lavoro, del valore del lavoro umano e della sua irriducibilità alla categoria di pura merce in vendita sulle bancarelle del nuovo supermarket del lavoro. Su questi temi, sulle priorità e sulle nuove opzioni del movimento sindacale, da Firenze vengono messaggi chiari e domande precise a noi e a tutto il sindacalismo europeo e internazionale. Non penso si possa più non ascoltare e non provare a rispondere. |