Previdenza cocmplementare: Se prevale il messaggio politico

Articolo da Rassegna sindacale, n. 43, 23-29 novembre 2006

 

Siamo ormai in prossimità della linea di partenza. Dal 1° gennaio partirà il semestre entro il quale i lavoratori dovranno esplicitare la destinazione del loro tfr in maturazione. Potranno indirizzarlo al fondo negoziale di categoria; nel caso in cui ciò non avvenga, il tfr maturando andrà al nuovo fondo del tesoro. Gli addetti nelle imprese con meno di 50 dipendenti potranno anche scegliere di lasciare il tfr in azienda. Se poi il lavoratore non prenderà posizione, la riforma previdenziale indica un percorso (il cosiddetto silenzio-assenso) per il quale il tfr andrà ai vari tipi di fondi pensione secondo un’articolata procedura. Si tratta di un meccanismo che non sarà facile porgere con semplicità ai lavoratori. Finalmente, però, si vede la fine di un tunnel che teneva tutti in uno stato d’incertezza. Nell’assetto raggiunto la previdenza negoziale recupera centralità e vede confermato il ruolo di secondo pilastro pensionistico, integrativo e non sostitutivo di quello pubblico, ma indispensabile per una copertura previdenziale dignitosa. I lavoratori non ancora iscritti ai fondi di categoria possono ora inviare il tfr ai fondi stessi.

Si tratta di un servizio che i fondi di categoria svolgono senza fini di lucro, attraverso investimenti prudenti e controllati, in cui sono presenti forme di garanzia di rendimento. L’iscritto al fondo è titolare di un conto nominativo su cui si accumulano i contributi e gli accantonamenti sono soggetti a un grado di rischio estremamente limitato. E, sia detto ancora una volta, non è detto che la previdenza pubblica non ne possa far correre, di rischi. Ciò nonostante i detrattori della previdenza negoziale continuano a porgere argomentazioni che spesso denotano ridotta conoscenza e pregiudizi. E se anche si forniscono loro le cifre che dovrebbero tranquillizzare, l’effetto è quasi nullo. Si vagheggia il ritorno al sistema retributivo, la previdenza tutta in capo all’Inps e così via: strumenti cari a noi tutti, ma irrealistici se si tiene responsabilmente conto dei mutamenti sopraggiunti. Da parte di alcuni non sono stati accettati gli esiti di uno scontro duro e prolungato che ha trovato un esito nella riforma Dini, con cui sono state prese in carico le difficoltà di bilancio della previdenza pubblica connesse agli andamenti demografici.

Da quello scontro si è usciti con un nuovo assetto previdenziale di cui fanno parte i fondi negoziali, ritenuti dalle confederazioni sindacali la miglior linea di difesa, nelle condizioni date, per il futuro pensionistico dei lavoratori. E con questa convinzione le singole categorie sono passate a costruire i propri fondi. Cometa ha così raggiunto i 350.000 iscritti, Fondapi i 25.000. Eppure una parte del gruppo dirigente dei metalmeccanici ritiene di dover spendere poche o nulle parole a favore di quest’esperienza di massa. Al contrario, ogni occasione è buona per agitare la critica. Questo nonostante la Commissione di vigilanza ministeriale ci ricorda che i 43 fondi pensione negoziali hanno ottenuto negli ultimi quattro anni rendimenti medi del 20,7 per cento (contro una rivalutazione del tfr del 10,5). Ciò nonostante, ai tanti lavoratori metalmeccanici che hanno scelto di iscriversi ai fondi, oggi si dice (lo fa un recente appello) che la previdenza complementare “implica prestazioni più incerte, maggiori costi di gestione e incentivi onerosi per il bilancio pubblico”, che “la previdenza privata non può convenientemente assumere un ruolo anche parzialmente sostitutivo di quella pubblica”.

Eppure un lavoratore iscritto a Cometa dall’inizio del ’99, che ha versato complessivamente 12.952 euro, ne ha avuti 1.395 come contributo aziendale e 1.299 dal rendimento finanziario. Se non si fosse iscritto sarebbe in possesso di 10.688 euro. Colpisce che l’idea di ridurre il ruolo della previdenza complementare, su cui pure l’insieme della categoria ha espresso nel corso degli anni un forte impegno, provenga oggi da professionisti impegnati nella stessa previdenza complementare, addirittura in importanti organi di gestione dei fondi, dando luogo in chi guarda a comprensibili interrogativi. Così come capita per altri temi, l’azione di tutela finisce in secondo piano. Il compito di garantire i diritti, di produrre iniziativa positiva, viene lasciato all’intendenza e quello che resta è il messaggio politico conflittuale.

La nostra categoria ha avuto un ruolo da protagonista nell’esperienza della previdenza complementare. Abbiamo dato vita al maggior fondo negoziale. È stata realizzata un’influenza positiva su prodotti assicurativi; si è inciso sulla trasparenza e l’efficacia della gestione finanziaria. Si è dato vita a un importante accumulo d’esperienza finanziaria e amministrativa; si è realizzato un incontro di competenze tra mondo sindacale, accademico e professionale. Cometa oggi è un soggetto consultato dalle istituzioni del settore. Ma soprattutto si è lavorato per garantire ai lavoratori un’integrazione vantaggiosa e controllata alla pensione pubblica: un’integrazione che può trovare attraverso la contrattazione ulteriori percorsi di sviluppo, non di ridimensionamento. Abbiamo davanti mesi impegnativi per orientare i lavoratori a scelte convenienti. I messaggi dovrebbero essere chiari e semplici, le informazioni complete. Sarebbe bene evitare che si facessero prevalere calcoli politici contingenti su una materia così sensibile per i lavoratori.

 

Fausto Durante
Segreteria nazionale Fiom

 

Gianni Ferrante
coordinatore Fiom fondi pensioni