La corsa e gli ostacoli. (Dentro la campagna per la destinazione del Tfr)

Articolo da Rassegna sindacale, n. 7 febbraio 2007

   

Dopo il lungo stallo degli anni 2001-2005, finalmente la macchina della previdenza complementare si è rimessa in moto sullo strada della crescita. L’ultima Finanziaria  ne ha un po’ forzato il profilo adattandola alle proprie esigenze, ma in compenso ne ha anticipato la partenza, dando avvio al semestre nel corso del quale i lavoratori si devono esprimere sulla destinazione del Tfr maturando.

Se negli anni 1995-2000 protagonisti della previdenza complementare sono stati i Fondi negoziali, dopo si sono aggiunte banche e assicurazioni con i loro prodotti, e nel bene e nel male ognuno ha dovuto fare i conti con gli altri.

Dunque tutti all’opera finalmente. Il mercato assicurativo con i suoi prodotti, il sindacato con i Fondi negoziali, sostenuti dalla contrattazione; i partiti, le forze sociali e i movimenti che argomentano a favore o criticamente a seconda dei casi.

La Cgil e le Federazioni di categoria hanno ormai avviato un vasto programma d’informazione verso i lavoratori. Assemblee in fabbrica e iniziative sul territorio si susseguono a ritmo crescente, sollecitando in chi vi partecipa alcune constatazioni. Vediamone qualcuna.

- Le aziende, tenute per legge a distribuire due passaggi informativi ai lavoratori nell’arco dei sei mesi, si segnalano qua e là per alcune invasioni di campo, in particolare in quelle più piccole. Sulla base magari di rapporti con assicurazioni e banche locali di riferimento, promuovono incontri in fabbrica con rappresentanti delle assicurazioni, condizionando i lavoratori nella scelta. In particolare nelle aziende sotto i 50 addetti sarà un problema far valere il diritto dei lavoratori alla scelta (Tfr al fondo negoziale o mantenimento in azienda), senza subire pressioni a favore della seconda opzione, tanto più nei luoghi di lavoro dove il sindacato non è presente.

- In generale i lavoratori rispondono in modo costruttivo nel corso delle assemblee informative promosse dal sindacato. Ascoltano e chiedono informazioni sugli aspetti che maggiormente toccano i loro interessi. Le domande aiutano a evidenziare gli eventuali punti migliorabili di un progetto (la creazione di un pilastro integrativo della pensione pubblica) che comunque viene apprezzato per la validità della sua impostazione, per gli strumenti che lo regolano e, in sostanza, per la sua convenienza. D’altro canto il sindacato ha scelto di essere parte istitutiva dei Fondi negoziali di categoria, vi ha messo quindi in gioco la sua reputazione, con quel che ne segue in termini di oneri e onori. Sarebbe incomprensibile se volesse collocarsi in una posizione di neutralità.

- Ma nel sindacato ed attorno ad esso circolano posizioni critiche che in realtà non accettano l’intero percorso di riforma delle pensioni che si è sviluppato dai primi anni ’90 ad oggi. E siccome ora i riflettori sono puntati sulla previdenza complementare è questa ad essere oggetto di attacchi da parte di ambienti largamente minoritari. Finché la critica proviene da piccole organizzazioni autonome estreme, che in realtà sono contro la politica della Cgil, la cosa, pur non condivisibile, mantiene una sua legittimità. Ma se proviene, magari autorevolmente, dall’interno di una categoria che è anche parte istitutiva di un Fondo negoziale, ne consegue che i piani del diritto alla tutela contrattuale verso i lavoratori e quello delle posizioni politiche di principio si confondono, con effetti negativi e confondenti. A maggior ragione se la parte istitutiva “apre” a piccole organizzazioni autonome che peraltro, come detto, non sono in contrasto solo sul punto specifico, ma su larga parte delle scelte della Cgil.

- Nei Fondi negoziali, come è noto, le parti istitutive sono sia i sindacati dei lavoratori che le rappresentanze dei datori di lavoro. Nelle singole categorie entrambe le parti sono il frutto di tradizioni contrattuali e di assetti economico-produttivi che risentono di specifiche dinamiche. Ciò produce risultati differenziati sul processo di adesione ai fondi negoziali, elemento che, a differenza di quanto avviene per la contrattazione aziendale (praticata solo in una parte delle imprese), viene a costituire una parte integrante della futura condizione pensionistica del lavoratore. Se il processo di adesione, nei fatti, trova ostacoli prolungati da parte di una o entrambe le parti istitutive, l’effetto pratico è che il diritto alla pensione complementare si presenta come un diritto diseguale, rispetto al quale tutti i lavoratori hanno, per così dire, pagato in fase di rinnovo del contratto nazionale ma  molti di meno sono quelli che vengono messi nelle condizioni di costruirsi la previdenza complementare.

 

Gianni Ferrante (Coordinatore nazionale Fiom Fondi pensione)