Il Tfr e la previdenza complementare

   

Le notizie riguardanti il Trattamento di fine rapporto (Tfr), connesse a:

      1) lo Schema di Finanziaria 2007 in discussione;

2) la riforma della previdenza complementare già approvata (252/05);

3) le Intese tra governo e sindacati (ottobre 2006);

si susseguono sollevando richieste di informazione e chiarimenti.

Riteniamo quindi utile evidenziare alcuni punti sull’insieme delle novità (tralasciando per il momento i dettagli).

 

1. L’operatività della legge di riforma previdenziale, varata a dicembre 2005 dal governo Berlusconi (n. 252/05), viene con la Finanziaria 2007 anticipata.

Entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2007 (e non più dal gennaio 2008).

2. Per la previdenza complementare ciò significa che dal 1° gennaio 2007 e fino al 30 giugno 2007, i lavoratori avranno sei mesi di tempo per esprimere la propria volontà circa la destinazione del Tfr maturando (quello già maturato continua a restare in azienda e non è mai stato in discussione).

La scelta richiesta al lavoratore dalla legge 252/05 – va chiarito – riguarda il solo Tfr. Se il lavoratore indirizza volontariamente il Tfr al Fondo pensione negoziale, quest’ultimo poi lo contatterà per sapere se intende perfezionare l’adesione al Fondo con l’invio del proprio contributo (e quindi ricevere anche il contributo del datore di lavoro).

3. Esprimendo la propria volontà, il lavoratore potrà scegliere se inviare il Tfr ai Fondi pensione o lasciarlo in azienda.

Prima della fine dell’anno saranno note le modalità concrete per esercitare questa opzione. Sarà cura della Fiom – appena saranno disponibili le procedure -  informare a riguardo i lavoratori.

Se invece il lavoratore non esprime alcuna volontà (cioè resta in silenzio), sia che lavori in aziende con più di 50 dipendenti, sia che l'azienda abbia meno di 50 occupati, il Tfr maturando verrà versato al rispettivo fondo complementare contrattuale (cometa, Fondapi, Artifond), con le modalità illustrate al punto 4.

4. Se il lavoratore decide esplicitamente di inviare il Tfr al Fondo (e quindi non rimane in silenzio), l’ammontare di questo versamento è regolato dall’anzianità lavorativa: vale a dire si dovrà distinguere tra il lavoratore che rientra nel vecchio sistema retributivo (in questo caso il lavoratore versa il 50% del Tfr o più, se lo decide) e quello che si trova nel nuovo sistema contributivo (in questo caso versa il 100% del Tfr).

5. Se il lavoratore decide di lasciare il Tfr in azienda, i nuovi accordi intercorsi tra Confederazioni sindacali, Confindustria e governo, sottoscritti il 23 ottobre 2006, stabiliscono che il Tfr maturando dei lavoratori dipendenti di aziende con oltre 50 addetti debba essere interamente versato, tramite la propria azienda, al Fondo del Tesoro (gestito dall’Inps).

Di conseguenza, nelle aziende con un numero di occupati inferiore a 50, se il lavoratore avrà deciso di non aderire ai Fondi pensione e di lasciare il Tfr in azienda, sarà possibile continuare a lasciarcelo.

Il governo si è impegnato a riesaminare questa disposizione nel 2008.

6. Sarà il datore di lavoro a occuparsi direttamente delle richieste di anticipo e/o di liquidazione avanzate dal lavoratore riguardanti quote di Tfr versate al Fondo Tesoro.

I soldi versati dal lavoratore al Fondo Tesoro verranno remunerati con gli stessi criteri del tradizionale Tfr (ogni anno 1,5%, più il 75% dell’inflazione).

7. Va segnalato che le Confederazioni sindacali il 23 ottobre, nel dare la propria disponibilità all’invio dell’intero Tfr  al Fondo della Tesoreria (nel caso in cui il lavoratore scelga di lasciarlo in azienda), hanno confermato al governo la propria indisponibilità ad un innalzamento dell’aliquota dell’11% sui rendimenti finanziari, chiedendone al contrario una riduzione, come accade nei principali paesi europei.

8. In conclusione il lavoratore e il suo Tfr (nelle aziende con oltre 50 dipendenti) potranno seguire due percorsi diversi.

Il primo, dato dalla facoltà per il lavoratore di indirizzare il Tfr a un Fondo di previdenza complementare di tipo negoziale (Cometa, Fondapi, Artifond).

Con questa soluzione il Fondo scelto apre un conto a nome del lavoratore in cui vengono accumulati i versamenti periodici finalizzati ad integrare la pensione pubblica.

Il Fondo negoziale è uno strumento creato ad esclusivo uso dei lavoratori metalmeccanici (non ha quindi finalità di lucro); è regolato nel suo funzionamento attraverso il contratto di lavoro, con organismi di controllo (interni ed esterni) e di decisione in cui sono presenti lavoratori e sindacati.

Come ricordato, la scelta di versare il Tfr al Fondo pensione viene ottimizzata se il lavoratore aggiunge il versamento del proprio contributo e quindi può ricevere anche quello del datore di lavoro.

I soldi così versati vengono impiegati dal Fondo in investimenti finanziari prudenti e controllati, tesi a realizzare rendimenti superiori a quelli del Tfr.

Negli ultimi 4 anni  i fondi negoziali hanno reso il 20,7% mentre il Tfr si è rivalutato del 10,5 (dati Covip).

Per il lavoratore associato al Fondo negoziale è possibile, in alcuni casi anche senza dover dichiarare le motivazioni, prelevare anticipi dal suo montante accumulato nel Fondo.

Nel secondo caso, ovvero quando si sceglie di lasciare il Tfr in azienda, e quindi questo viene necessariamente indirizzato sul Fondo presso la Tesoreria (salvo che per i lavoratori occupati in aziende con meno di 50 dipendenti), il rendimento è quello che già esiste per il Tfr. Ovviamente, in questo caso, non si versa il contributo mensile a carico del lavoratore e di conseguenza il datore di lavoro non è tenuto a versare il proprio.

In qualsiasi momento il lavoratore potrà decidere di non continuare a lasciare il Tfr in azienda (ovvero di non continuare a versarlo al Fondo Tesoro) e associarsi ad un Fondo pensione.

 

Roma, 24 ottobre 2006