Le pensioni e una replica a Report

 

Dopo la messa in onda della trasmissione di Report, (21 maggio 2006), dedicata al tema “Le mani sulle pensioni”, abbiamo ricevuto numerose telefonate di lavoratori contrariati e sorpresi per il modo in cui il programma aveva trattato l’argomento dei fondi pensione. Tutti hanno chiesto una replica per correggere la parzialità delle informazioni contenute nella trasmissione. Qui di seguito richiamiamo alcune argomentazioni a nostro avviso necessarie.

 

Tutti ormai sanno che la previdenza complementare è in funzione da quasi dieci anni, che la legislazione di riferimento è cambiata parecchie volte e che fino ad oggi è mancato un apporto delle istituzioni pubbliche per una diffusa ed equilibrata informazione su questo nuovo strumento previdenziale.

Sono state quasi esclusivamente le organizzazioni sindacali (che hanno recepito questo strumento nei contratti di lavoro) e i Fondi negoziali a farsi carico finora d’informare i lavoratori sui cambiamenti intervenuti e sulla necessità per le nuove generazioni d’integrare la futura pensione pubblica con una complementare di categoria.

Abbiamo quindi atteso con interesse l’edizione della trasmissione di Report, consapevoli del "taglio" giornalistico di denuncia/inchiesta del programma.

Purtroppo il risultato della trasmissione, aldilà di importanti rilievi sulle zone oscure del mercato finanziario italiano, ha sollevato la reazione negativa e l’allarme dei lavoratori associati ai Fondi negoziali che ci hanno invitato a una presa di posizione.

Nel corso della trasmissione si è finito per alimentare la contestazione non mirata e quindi per ingenerare confusione e smarrimento, mentre i lavoratori hanno bisogno, in questo momento più che mai, d’informazioni chiare ed attendibili.

Non spetterebbe a noi sollevare rilievi se la trasmissione si fosse occupata solo del mercato finanziario e degli intrecci tra banche e assicurazioni. In realtà la trasmissione è partita dal futuro del Tfr (anche in vista dei provvedimenti che entreranno in vigore nel gennaio 2008), per fare una lunga analisi su comportamenti scorretti di banche e Sgr a danno dei clienti, per concludere "suggerendo" l’inadeguatezza dei Fondi nel proteggere i risparmi dei lavoratori e nel proteggersi dalle scorrettezze e dai "rapaci" interessi del mercato finanziario.

Nel corso della trasmissione colpiva non solo come gli intervistati apparissero come dei pentiti, degli sprovveduti quanto meno o persone di dubbia competenza e che non ci sia stato nessuno che abbia illustrato preliminarmente e con equilibrio il sistema della previdenza complementare, ma – cosa più grave – nel discorso si è mescolato un po’ di tutto, fondi aperti, fondi negoziali e fondi individuali di previdenza, senza mai dire che si tratta (ad oggi) di strumenti con caratteristiche tra loro molto diverse: per funzionamento, trasparenza, costo e forme di controllo!

I Fondi negoziali, gli unici senza fini di lucro (una banca o una Sgr aspirano legittimamente a realizzare profitti), sono stati creati dalle rappresentanze sociali solo per i lavoratori di una determinata categoria, e sono sottoposti, per legge, a una fitta serie di controlli cui devono sottostare. Ne citiamo alcuni:

1) i rappresentanti dei soci – che formano l’Assemblea – votano lo Statuto e il bilancio annuale: un fatto non secondario di democrazia rappresentativa e partecipazione;

2) il Consiglio d’amministrazione, paritetico, (ovvero formato in misura uguale da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, di cui alcuni professionisti del settore), non solo sottostà al controllo continuo dei Revisori dei conti e della Commissione di vigilanza ministeriale sui fondi pensione, ma si avvale di una società indipendente che compie un controllo sull’insieme dell’attività amministrativa e finanziaria;

3) la Banca depositaria - presso cui è custodito il patrimonio del Fondo - che dialoga con i gestori finanziari per l’acquisto dei titoli, ha l’obbligo di far rispettare ai gestori finanziari i vincoli di legge e la corretta applicazione dei mandati tecnici del Consiglio d’amministrazione (nei quali sono definiti i rischi massimi affrontabili). Ciò significa che non può accadere che un gestore finanziario di un fondo negoziale acquisti o venda titoli assegnando poi il profitto generato a una linea d’investimento a proprio piacimento (come pure si è detto nel corso della trasmissione nel caso di un gestore di un fondo non negoziale). Nel momento in cui il gestore finanziario effettua un investimento e supera i limiti prestabiliti la Banca depositaria avverte il Fondo e l’Autorità di vigilanza;

4) ad ogni scadenza di mandato i Fondi negoziali indicono una nuova gara pubblica per la scelta dei gestori finanziari (e si cercano, evidentemente, i migliori). Il Fondo pensione bancario, al contrario, non ha ragione di cambiare il proprio gestore;

5) i gestori finanziari dei fondi negoziali non possono acquistare titoli che non offrano elevate garanzie di rating e che non provengano da paesi con solide economie;

6) i gestori dei fondi negoziali – diversamente da quanto detto in trasmissione a proposito di fondi non negoziali – non possono acquistare propri titoli (se non nei limiti previsti dalla legge). E comunque, quando questo avvenisse, il Fondo avrebbe l’obbligo di segnalarlo all’Autorità di vigilanza! Infine va ricordato che un gestore non può concentrare l’acquisto di azioni di un singolo titolo per un importo superiore al 5% del totale del capitale attribuitogli;

7) i costi per l’aderente mediamente rilevati dall’Autorità di vigilanza differiscono in modo significativo per i diversi tipi di fondi pensione: 0,48% all’anno per i negoziali, 1,80% per i fondi bancari, 8,10% per i fondi assicurativi (su un periodo di riferimento di tre anni).

Il mercato finanziario italiano certo non ha fatto molto in questi anni per conquistare la fiducia dei risparmiatori. La previdenza complementare di tipo negoziale però può svolgere un ruolo positivo, come è già successo nel caso dell’offerta agli aderenti di una linea d’investimento con garanzia assicurativa di rendimento. Prima che i fondi richiedessero alle assicurazioni questo prodotto non esisteva sul mercato, poi, forti della loro base associativa, alcuni di essi hanno ottenuto non solo la protezione del capitale ma anche un rendimento sicuro.

Si può capire che una trasmissione di denuncia sia più efficace di una descrittiva, ma nel caso specifico si è prodotto un disorientamento ingiustificato nel mondo dei fondi pensione negoziali (senza peraltro aver affrontato in modo chiaro il tema stesso); si è finito per indurre il sospetto (e forse era quello che si voleva) che sia meglio non destinare il Tfr ai fondi pensione, senza distinguere tra i diversi tipi di offerta. Peccato, perché a quel che ci risulta la redazione di Report è stata per ore dentro alcune sedi sindacali e di fondi pensione ricevendo una messe d’informazioni di cui non si è voluto tenere conto.

 

             Il Coordinatore nazionale Fiom Fondi pensione