12 ottobre. Riunione Cgil, Cisl, Uil e Ugl, con le categorie nazionali e le strutture territoriali per un aggiornamento sullo stato dello Schema di decreto previdenziale

 

M.Piccinini, della Segreteria Cgil, nell’introdurre la riunione ha ripercorso le tappe recenti della vicenda ancora aperta.

Si è partiti dallo Schema di provvedimento del 1° luglio ‘05, approvato dal Consiglio dei ministri, che ha realizzato un’applicazione estrema, incondivisibile, dei principi della Delega (approvata nel luglio ’04), fino a fuoriuscire da quel tracciato in modo pesante.

Su questo giudizio negativo, le organizzazioni sindacali hanno trovato una convergenza con le associazioni imprenditoriali, in particolare sull’attacco alla centralità della contrattazione

Il 12 settembre il ministro Maroni ha accolto molti degli emendamenti contenuti nel documento presentato da 23 Associazioni sociali (tra cui Cgil, Cisl, Uil, Confindustria e Confapi), rendendo quella versione una positiva base di discussione per procedere verso un possibile esito del confronto.

Ma le Confederazioni – rispetto alla versione dello Schema appena citato – intendono anche recuperare formulazioni migliorative, sia in tema di fisco (recuperare il principio di progressività nella tassazione) che di riscatti (togliere impedimenti al recupero delle somme versate in caso di perdita dei requisiti di permanenza nel Fondo).

Il Ministero del Welfare ha poi inviato, verso la fine di settembre, questa nuova versione del provvedimento di riforma alle Commissioni parlamentari.

Queste hanno sostanzialmente respinto le formulazioni migliorative e il documento ha assunto di nuovo un profilo fortemente peggiorato.

E’ lo stesso Maroni a protestare per le indebite pressioni dell’ambiente delle assicurazioni sul Governo.

E’ la stessa Segretaria Piccinini a dichiarare il 29 settembre “che è scandalosa la motivazione (“garantire livelli accettabili di libertà economica sia per i lavoratori che per le aziende”) con la quale le Commissioni parlamentari esigono che venga stravolto il ruolo della contrattazione aziendale, legittimando la rappresentanza dei lavoratori anche in capo a soggetti esterni alle organizzazioni sindacali e realizzando uno sgorbio giuridico e un oltraggio alle relazioni sindacali”.

Il rinvio alla Camera dello Schema (5 ottobre) ha aperto esiti diversi e imprevedibili all’intera vicenda.

Nelle prossime settimane le Confederazioni rilanceranno il testo accolto dal Ministro (12 settembre) ed emendato dalle Associazioni sociali, come base di discussione, rigettando le mistificazioni dei detrattori che attribuiscono alle Confederazioni la volontà di voler ostacolare la libertà di mercato.

In realtà il Tfr è trasferibile alle diverse forme, ma deve essere rispettata una gerarchia di destinazione, almeno fino a quando altri soggetti (fondi aperti e polizze assicurative) non saranno in grado di offrire le medesime opportunità di rendimento dei fondi negoziali, gli stessi requisiti di trasparenza, controllo sociale e soprattutto costo.

E’ la Covip stessa a sottolineare le differenze di costo tra i vari strumenti previdenziali e i vantaggi della previdenza negoziale!

Le Commissioni parlamentari con il loro intervento profilano una rottura dell’integrità delle relazioni industriali: la libertà di mercato non può certo scavalcare l’autonomia della contrattazione.

Anche sul lavoro parasubordinato mentre nelle precedenti versioni dello Schema si era riusciti a togliere il vincolo di iscrivibilità di questi soggetti ai soli Fondi per lavoratori autonomi, alla fine questo vincolo è tornato a galla.

Un altro punto controverso è rappresentato dalla moratoria (18-24 mesi ?!) che si vorrebbe introdurre con riferimento a quelle imprese (medio-piccole) la cui situazione finanziaria non le rendesse idonee a usufruire di prestiti da parte delle banche (prestiti compensativi alla mancata disponibilità del Tfr in azienda).

Un rinvio siffatto danneggerebbe in particolare i lavoratori giovani (maggiormente presenti nelle piccole aziende) impedendo loro per un arco lungo di tempo di potersi iscrivere alla previdenza complementare.

Stante così la situazione si procederà a breve a fissare un incontro tra le 23 sigle che hanno sottoscritto l’Avviso comune e le sue evoluzioni per decidere insieme il da farsi.

Entro 30 giorni (+30, quindi, al massimo, entro il 6 dicembre) il Parlamento dovrà dire una parola definitiva sull’argomento, approvandolo o meno.

Il tema previdenziale sarà ovviamente all’odg dello sciopero generale del 25 novembre e si valuteranno iniziative da intraprendere nel frattempo, che diano visibilità ai problemi aperti.

Musi, della Segreteria Uil, nel concludere la riunione, ha precisato come alle Confederazioni non vada bene nessuna delle versioni dello Schema di decreto finora circolate. Si è cercato di razionalizzare al meglio una Delega sbagliata (luglio ’04).

Si deve ritornare a una distinzione tra le diverse tipologie (fondi negoziali, fondi aperti, polizze assicurative), ponendo, più in generale attenzione al fatto che si tenta di minare il valore collettivo dei contratti e della rappresentanza (un problema politico, non certo amministrativo!). Anche per questo le Confederazioni daranno vita a un gruppo di lavoro di giuristi che eviti il recepimento, nei contratti, di norme riferite alla previdenza che possano ledere i principi della contrattazione.