Nel secondo pilastro crepe da sanare

Articolo di Gianni Ferrante pubblicato su “Rassegna sindacale” n. 46, 11 dicembre 2003

 

Se non parlassimo di politica verrebbe da dire che la vicenda previdenziale è paradossale, surreale. In realtà si tratta di una situazione molto preoccupante sotto più aspetti visti gli scenari che si prefigurano. Da due anni viviamo uno psicodramma attorno alla legge delega cui, più recentemente, si è aggiunto l’emendamento alla Finanziaria. Dentro questa contesa sono rimasti incastrati, un po’ tra la pieghe, una serie di provvedimenti sulla previdenza complementare, la quale ha a sua volta sofferto negli ultimi anni il mancato raggiungimento di una condizione di equilibrio e di sufficienza normativa che le consentisse di consolidarsi.

E’ un fatto che il traballante cammino del tfr verso i fondi (deciso il realtà da quasi dieci anni) non ha incoraggiato l’iscrizione ai fondi (in particolare da parte dei più giovani). E’ un fatto che i maggiori incentivi fiscali non sono mai arrivati. Così come è un fatto che nello spirito, ma anche nella sostanza, della riforma Dini vi era un forte elemento sociale, collettivo, nell’istituzione della previdenza complementare (tant’è che è recepita dai contratti di lavoro), mentre oggi non solo si propaganda l’equiparazione dei fondi negoziali a quelli aperti (anche se a questi mancano ancora le garanzie di trasparenza e di controllo a favore degli associati), ma addirittura, in nome del libero mercato, si invita (vedi, ad esempio, i recenti articoli di Giampaolo Guidi e Cammarano) a non discriminare le polizze individuali. Come se mettere il singolo o piccoli gruppi di lavoratori davanti a un’assicurazione (che peraltro persegue legittimi fini di profitto) fosse la stessa cosa che dare vita a un fondo nazionale previdenziale di categoria in cui si coniugano insieme esigenze contrattuali, di rappresentanza sociale e professionalità tecniche.

Se questi sono alcuni dei problemi legati all’attualità, sta di fatto che una serie di fondi negoziali è decollata (ormai da oltre cinque anni) e sarebbe utile che nelle diverse sedi si compisse un bilancio dell’esperienza maturata. Infatti insieme ai rilevanti problemi politici (istitutivi, previdenziali e di prospettiva), sono cresciuti quelli di tipo gestionale.

Come segnala la Commissione di vigilanza (Covip) alcuni importanti fondi al 30 giugno 2003 (rispetto al 31.12.’02) registrano cali nelle iscrizioni (anche se l’insieme dei fondi autorizzati avanza, seppure di poco). Non è ancora allarme ma è un segnale che va colto, legato alla durezza dello scontro tra governo e parti sociali, all’incertezza legislativa, a una sottovalutazione da parte delle stesse organizzazioni sindacali (spesso impegnate su altri fronti.Certo è mancata una campagna informativa pubblica che sostenesse la diffusione del secondo pilastro. In diversi casi le controparti hanno sostenuto il decollo dei fondi pensione, ma non dappertutto è stato così: molti sono stati gli atteggiamenti passivi quando non di ostruzionismo. Spesso si è cercato di non infastidire il sistema delle aziende, procurando di fatto un danno ai lavoratori associati che, non dimentichiamolo, ripongono parte del loro salario nella previdenza complementare.

Vale allora ricordare a tutti noi che la previdenza integrativa non può essere ricondotta a un’attività di servizio o, per così dire, assistenziale; né può essere delegata alle strutture interne ai fondi. Essa è innanzitutto un diritto contrattuale che riguarda centinaia di migliaia di persone, che va difeso, il cui esercizio non può essere separato dall’insieme dell’attività contrattuale. In quanto tale richiede figure dedicate, sia a livello centrale che periferico, fin dentro le aziende; richiede l’acquisizione (tramite il confronto tra le parti istitutive) di nuove norme che ne migliorino il funzionamento, il quale non può essere lasciato alla buona volontà dei singoli.

Anche sulla base di quanto ricordato, si rende necessario un più stretto raccordo tra le attività delle categorie (e i suoi gruppi dirigenti) e chi si occupa di questo diritto, tra le categorie e le confederazioni, tra queste e le strutture dei patronati.

Il grado di maturazione e di responsabilità raggiunto dai fondi pensione richiede un salto di qualità politico-organizzativo. Occorre tra l’altro preparare una nuova leva di dirigenti in grado di maneggiare la materia, affinché l’intreccio di competenze dentro i Consigli di amministrazione dia vita anche per il futuro a un circolo virtuoso tra professionalità tecniche e rappresentanza sociale.

L’introduzione del multicomparto (ovvero la possibilità per il singolo iscritto di scegliere tra più comparti di investimento e di cambiarlo a scadenze prestabilite), strumento già adottato da alcuni fondi e in via di assunzione da parte di altri (Cometa a fine 2004), imporrà con forza un dialogo con i lavoratori non episodico né approssimativo.La sfida assunta dai fondi negoziali – a maggior ragione se si tiene conto della crescente concorrenza da parte di altri soggetti di mercato – richiede più alti livelli di qualificazione e di strumentazione. E’ la stessa Commissione di vigilanza a pretendere maggiori strumenti di controllo, di monitoraggio e di verifica da parte dei fondi, a garanzia degli iscritti. Ciò si tradurrà in costi crescenti (o in un accumulo grave di ritardi da parte di chi non si adeguerà). Imporrà ai fondi più piccoli una verifica stringente del rapporto tra costi ed efficacia dell’azione svolta, rimandando – ove necessario – all’adozione di soluzioni di accorpamento tra fondi, attraverso fusione o consorzi tra fondi più piccoli (nel rispetto della rappresentanza).

Come si è cercato di argomentare vi è un carico di esigenze, particolarmente in capo alle parti istitutive, che vanno soddisfatte ai fini dello sviluppo della previdenza complementare: una valorizzazione delle risorse accumulate nel corso degli anni e un bisogno di costruirne di nuove. Ma soprattutto occorre rilanciare la rete attiva che dal centro va alla periferia, imponendo alle controparti il rispetto effettivo e non formale degli impegni presi.

Gianni Ferrante (coordinatore nazionale Fiom fondi pensione)