Pubblichiamo qui di seguito la Relazione presentata dal presidente del Consiglio di amministrazione di Fondapi, Gianni Ferrante, al Convegno nazionale svoltosi il 22 giugno a Reggio Emilia.
Convegno Prospettive del fondo di previdenza complementare
intercategoriale Reggio Emilia, 22 giugno 2006
Introduzione 1. Fondapi
ha compiuto il quinto anno di attività. Si tratta di un’esperienza
recente, soprattutto se teniamo conto che solo dal 2005 è stata avviata
una vera e propria gestione finanziaria delle risorse. Gli obiettivi che
insieme agli altri Fondi negoziali Fondapi si è prefissi sono quindi
ancora dentro un percorso di sviluppo, sono in corso di realizzazione. Fondapi poi
fa parte della rosa ristretta di Fondi negoziali di tipo intercategoriale
- anzi è il più grande tra questi - caratteristica che gli
conferisce un elemento di forza, soprattutto nella prospettiva di medio
e lungo periodo, per la sua capacità di tenere insieme più settori
merceologici; ma questo elemento di forza si presenta anche come un
vincolo, un dato di maggiore complessità organizzativa. Tra le
peculiarità di questo Fondo occorre inoltre tenere presente che esso fa
riferimento alla platea delle imprese e dei lavoratori della piccola
e media impresa, sia manifatturiera che dei servizi, un elemento
portante del sistema economico nazionale, con le sue tradizioni, le sue
caratteristiche organizzative, di rappresentanza ed economiche,
sottoposto in questi ultimi anni a particolari tensioni dal punto di
vista delle ripercussioni rispetto al cambiamento generale. Questi tre
aspetti sono da tenere sempre presenti nel momento in cui si riflette
sulle prospettive del Fondo. 2. Fondapi
ha oggi circa 24mila iscritti distribuiti tra sei categorie associate e
sta compiendo l’inserimento della settima, gli edili della piccola e
media impresa. E’ un inserimento che testimonia delle potenzialità
del Fondo, tanto è vero che altre categorie ancora si stanno muovendo
nella stessa direzione: si tratta di potenzialità che – come vedremo
meglio più avanti – non sono esenti da aspetti problematici. Con
riguardo all’assetto organizzativo e di direzione possiamo dire–
anche interpretando quello che credo sia il giudizio unanime del
Consiglio di amministrazione - che allo stato attuale il Fondo sta
largamente corrispondendo alle necessità presenti. La struttura
centrale (formata da due impiegati oltre al Direttore) dialoga in modo
soddisfacente con gli associati, sia lavoratori che imprese; i services
coinvolti (da quello amministrativo ai gestori finanziari) interagiscono
con il Fondo nel pieno rispetto dei mandati e nel complesso in modo
soddisfacente; il sito Internet, arricchitosi nel tempo contiene una
buona dotazione di informazioni per gli utenti e per le aziende ed è
fornito di materiali promozionali “scaricabili” al fine di favorire
le adesioni. Nel corso dell’ultimo anno, in particolare, si è fatto
fronte a tutte le molteplici richieste di tenere riunioni di
informazione e formazione che sono pervenute dalle più diverse località,
sia da parte delle Api territoriali che delle strutture sindacali di
categoria di Cgil, Cisl e Uil. Tenendo
conto della normativa di legge, anche la più recente, Fondapi ha
assolto a tutti gli adempimenti, configurandosi come un Fondo
attrezzato, con un bagaglio completo di strumenti di qualità in grado
di prospettare agli associati un sufficiente grado di tranquillità
amministrativa, gestionale e di professionalità. Dal punto
di vista dei rendimenti, come ricordato, Fondapi solo dal Ma vediamo
più da vicino alcuni aspetti di merito. Innanzitutto
vorrei ricordare qualche obiettivo su cui il Fondo è attualmente
impegnato. Fondapi ha da poco avviato l’istruttoria per poter passare
da Fondo negoziale monocomparto a multicomparto, innovazione che
ci si prefigge di portare a compimento entro la metà del 2007. Si
tratta di un passaggio importante. Significa presentarsi
all’appuntamento dell’applicazione della nuova riforma pensionistica
(nel gennaio 2008) con un’offerta maggiormente competitiva rispetto ad
altri prodotti presenti sul mercato. Significa poter offrire agli
associati e a quanti ancora non lo sono una ventaglio di proposte
d’investimento in grado di assecondare specifiche esigenze. In questa
prospettiva il Fondo sta anche valutando l’adozione tra gli altri di
un profilo d’investimento di tipo garantito, tenendo
conto che la nuova legge e le Direttive applicative che prescrivono
questo tipo di offerta non hanno però ancora chiarito le
caratteristiche di questa garanzia: sembrerebbe esserci al momento una
propensione verso una garanzia formale di restituzione del capitale (con
un impegno a offrire un profilo d’investimento che tenda a replicare il rendimento
del tfr senza considerarlo un vincolo). Poiché, però, non c’è
ancora nulla di definito, siamo in attesa di decisioni. Sempre in
direzione dell’applicazione del multicomparto Il Fondo sta anche
valutando l’adottabilità di requisiti etici nell’attività
di investimento, assecondando così un’aspettativa presente tra gli
associabili. Esistono ormai strumenti finanziari sperimentati ed
equilibrati per operare investimenti con prerogative socialmente
responsabili, senza che questo vada a sfavore né dei rendimenti né
della libertà di manovra nell’attività d’investimento da parte dei
gestori: da parte del Consiglio di amministrazione di Fondapi, se aderirà
a questa prospettiva, si tratterà di individuare i criteri specifici (positivi o negativi) che
caratterizzeranno gli investimenti etici. Infine, porremo attenzione nella
costruzione dell’Asset Allocation alla possibilità di sovrappesare un
poco il comparto delle azioni Italia e contemporaneamente fare una
gestione attiva selezionando le migliori tral le imprese piccole e medie
quotate. In
sostanza, sia sul piano dei propositi che dell’attrezzatura di cui si
è dotato che sul piano della capacità di migliorare la propria offerta
nel breve e medio periodo, sembra di poter dire che il Fondo ha i numeri
per corrispondere alle aspettative. Dove sono allora i problemi? 3.
Cominciamo dal contesto più generale, dalla legislazione di
riferimento. E’ noto
che la previdenza complementare dopo una fase di lancio, tra il ’93 e
il ’99, e di “favore” da parte del legislatore e del decisore
politico, ha progressivamente vissuto il peso dell’instabilità e
dell’incertezza. Si sono susseguiti numerosi provvedimenti di legge
riformatori, con il conseguente travaglio e le lungaggini legati alle
procedure applicative e ai regolamenti. Ciò ha contribuito a rendere
sempre più complessa e sentita l’esigenza di distribuire informazione alla
vasta platea degli interessati, esigenza fino ad oggi assolta solo dalle
parti istitutive e dai Fondi stessi (con un impegno economico e di
risorse non indifferenti), mentre è mancato il contributo di una
campagna d’informazione istituzionale, doverosa se pensiamo che stiamo
parlando di rilevanti innovazioni del sistema previdenziale. Ma senza
rifare la storia degli ultimi quindici anni, possiamo arrivare
direttamente all’ultima Legge delega, la n. 243 del 2004, approvata
dopo quasi quattro anni di scontri e mancati incontri tra le parti
sociali e il governo, e al Decreto legislativo approvato in extremis a
fine 2005, per ricordare, appunto, che la legge di riforma, che sarà
operativa a partire dal gennaio 3.1. In
particolare l’equiparazione tra diversi strumenti previdenziali (fondi
negoziali di categoria, fondi aperti, polizze previdenziali individuali
e fondi regionali) ha sollevato non pochi problemi. Non tanto perché i
Fondi negoziali avessero diritto a vivere al di fuori o al di sopra del
mercato, quanto perché l’ingresso di altri strumenti e altri
soggetti, con caratteristiche ancora oggi – è bene sottolinearlo –
molto diverse tra loro, ha finito per voler mettere sullo stesso piano
prodotti che uguali non sono. Possiamo
ancora una volta ricordare alcune di queste differenze: i Fondi
negoziali come Fondapi non sono equiparabili agli attuali strumenti
assicurativi di mercato; i Fondi negoziali sono strumenti senza fine di
lucro, reinvestono tutte le risorse che raccolgono; hanno un bacino di
utenti predefinito, possono iscrivere solo soggetti appartenenti alle
categorie che ne fanno parte; non hanno una rete distributiva su scala
nazionale come le assicurazioni. La loro differenza positiva è data
anche dal fatto che sono associazioni che funzionano secondo il
principio della democrazia rappresentativa: i rappresentanti degli
associati fanno anche parte degli organismi di decisione del Fondo
stesso. La nuova
legge ha di fatto teso a minare il fondamento che legava la previdenza
complementare alla contrattazione (e quindi al ruolo delle parti sociali
istitutive dei fondi negoziali). Se in prospettiva il lavoratore potrà
devolvere il tfr a uno degli strumenti previdenziali ora equiparati
dalla legge, senza aderire a un fondo pensione, se potrà aderire a un
fondo pensione aperto o a una polizza individuale (sempre nel
rispetto delle direttive Covip) trovandosi sganciato, per così
dire, da un ambito di tutele sociali e contrattuali, per ritrovarsi
sempre più in prossimità della posizione di semplice acquirente di un
prodotto finanziario con finalità previdenziale, si capisce non solo
quale alterazione può determinarsi per il lavoratore in termini di
tutela, di trasparenza e di costi, ma anche come lo stesso sistema delle
aziende possa trovarsi in una condizione di semplice “collettore” di
risorse da indirizzare a banche e assicurazioni fuori dai riferimenti
consolidati e certi delle relazioni sindacali. Ci sembra,
in sostanza, di poter condividere quanto affermato da Morena Piccinini,
in qualità di vice presidente di Assofondi, in un recente seminario:
“Sappiamo bene che il nuovo sistema porterà modifiche alle quali
tutti i fondi, negoziali e non, dovranno attenersi. Il punto è: nel
percorso uniformatore saranno tenuti a maggiori cambiamenti i fondi
negoziali, ossia quei fondi già preesistenti nel sistema rivolto al
lavoro dipendente, o quei soggetti che fino ad ora erano fuori, con
regole diverse, e che ora chiedono di entrare?”. E’ anche
su queste basi che le 23 organizzazioni firmatarie dell’Avviso comune
hanno espresso e confermato le loro riserve alla legge di riforma n. 252
del 2005 e che oggi si accingono unitariamente a incontrarsi con il
nuovo governo per cercare di colmare nebulosità e lacune importanti
ancora presenti nei testi approvati e per cercare d’introdurre
modifiche a punti non condivisi. Si tratta
in ogni caso di una legge che, fatta salva una serie di necessari e non
marginali cambiamenti, si spera non trovi altri intoppi lungo il suo
cammino, consentendo finalmente alla previdenza complementare di
decollare e ai lavoratori, in particolare a quelli più giovani, di
integrare la loro pensione e quindi di poter ricevere in futuro, pur
attraverso l’utilizzo del tfr, un assegno pensionistico paragonabile a
quello dei loro padri. Anche per
questo si tratta di promuovere e di favorire l’adesione attiva e cosciente
dei lavoratori alla previdenza negoziale nel primo semestre del 2008,
limitando la possibilità di ricorso al cosiddetto “tacito assenso”,
che comporta l’espressione di un’opzione da parte del datore di
lavoro per conto del lavoratore circa la destinazione del tfr ai diversi
tipi di fondo pensione. Tra le opzioni attive che il lavoratore ha
diritto di esprimere vi è quella di continuare a lasciare il tfr in
azienda, sapendo – e bisogna che il lavoratore ne sia chiaramente
informato – che questa scelta comporterà un assai più ridotto
accantonamento nel tempo a fini previdenziali. Anche per
l’insieme delle ragioni ora richiamate assume particolare importanza
che il governo destini finalmente delle risorse per una campagna
d’informazione istituzionale sulla previdenza complementare. Per
misurare quanto sia importante distribuire informazione e farlo in modo
chiaro ed equilibrato, può essere citata la trasmissione televisiva
Report, dedicata alle pensioni, andata in onda un mese fa su Rai Tre,
trasmissione purtroppo male impostata e non priva di pregiudizi (come
abbiamo chiarito in una nota emessa da Fondapi e pubblicata sul sito)
che ha sollevato allarme ingiustificato tra i lavoratori aderenti alla
previdenza complementare negoziale. 3.2. Prima
di concludere su questa parte vorremmo richiamare qualcuno dei punti
controversi sollevati nel confronto con il precedente Governo sia
con riferimento alla Legge delega del 2004 che al Decreto legge di fine
2005, che alle Direttive che Circa l’equiparazione voluta dalla legge di più strumenti pensionistici (Fondi negoziali, fondi aperti individuali, polizze previdenziali individuali) abbiamo già detto. Al principio di equiparazione voluto dalla legge dovrebbe corrispondere un altrettanto chiaro principio di confrontabilità, con riguardo a fatti sostanziali come i costi, la trasparenza di funzionamento e le possibilità di controllo da parte degli aderenti. In secondo
luogo, occorrono soluzioni chiare e agibili in merito alle misure di compensazione per le
imprese nel momento in cui queste versano i flussi di tfr ai fondi
pensione. Ciò significa avere regole precise che governino
l’istituzione del Fondo di garanzia per facilitare l’accesso
al credito per le imprese e portare queste misure a conoscenza del mondo
imprenditoriale, sia che si tratti del fondo di garanzia e della sua
convenienza, sia che si tratti di riduzione di costo del lavoro
attraverso la fiscalizzazione degli oneri impropri o di deduzione del
reddito d’impresa. Certo, sono un segnale preoccupante le notizie
portate dal neo-ministro del Lavoro all’Assemblea annuale della Covip,
secondo cui l’Abi avrebbe disdetto l’accordo sottoscritto
nell’ottobre 2005 con i ministri Maroni e Tremonti a proposito del
Fondo di garanzia per l’accesso agevolato al credito Un terzo
punto, connesso al precedente, riguarda l’art. 23 della nuova legge
dove si dice che le modalità tacite di conferimento del tfr non si
applicano ai lavoratori le cui aziende non sono in possesso dei
requisiti di accesso al Fondo di garanzia (moratoria). Per queste
è previsto uno slittamento massimo di un anno, determinando di fatto un
diritto ineguale tra i lavoratori a seconda del posto di lavoro e
allungando ancora di più i tempi dell’accesso alla previdenza
complementare. Un quarto
punto voluto dalla nuova legge, ma ancora non sufficientemente definito,
concerne la messa a disposizione da parte dei Fondi pensione di un comparto d’investimento garantito.
Su questo, come accennato all’inizio, non è chiaro se prevalga il
riferimento a una garanzia giuridica per quanto riguarda il risultato
minimo della restituzione del capitale (e in questo caso andranno
stabiliti tempi e modalità di questa restituzione) oppure quali siano
le implicazioni di un investimento – come afferma la legge in un altro
punto – in una linea a contenuto prudenziale tale da garantire la
restituzione del capitale e rendimenti comparabili al tasso di
rivalutazione del Tfr. E’ evidente che in questo ultimo caso cambiano
molto le cose se si tratta di un riferimento formalmente vincolante (ed
emerge con forza il problema dei criteri e del costo di una garanzia di
rendimento corrispondente a quello del tfr) o se si tratta di un
semplice indirizzo. Inoltre
vorrei richiamare – aldilà delle soluzioni discutibili in materia di
trattamento fiscale delle prestazioni - le norme più restrittive che la
nuova legge rispetto alla 124/93 ha apportato in termini di riscattabilità dei contributi
versati in caso di perdita dei requisiti per la permanenza nel Fondo.
Ora se è vero che il legislatore nell’operare ha voluto dare maggior
peso alle finalità pensionistiche degli accantonamenti nel Fondo
piuttosto che a quelle di capitalizzazione, è anche vero che si è
realizzata una norma alquanto impopolare agli occhi degli associati
vecchi e nuovi e si è prodotta una modifica degli accordi
precedentemente sottoscritti (che prevedono fino alla fine del 2007
che alla perdita dei requisitisi possano ritirare le somme versate).
Aldilà dei pro e dei contro (un pro è dato dal fatto che
contemporaneamente si è resa un po’ meno vincolante la normativa
sulle anticipazioni) a questa modifica, quello che viene in evidenza è
la necessità di rinforzare gli incentivi all’adesione ai fondi
pensioni negoziali, adesione ancora oggi nel complesso bassa anche se il
trend dell’insieme dei Fondi negoziali mostra moderati incrementi. Vorrei
ancora richiamare un ultimo punto. Nel corso delle diverse stesure della
legge che si sono susseguite tra il 2004 e il 2005 è alla fine
scomparso il riferimento alla possibilità che il Fondo debba
insinuarsi dentro le procedure fallimentari a tutela delle spettanze
del contribuente. Come si sa oggi il credito determinato dalla
contribuzione dovuta e non versata è in capo al lavoratore e il Fondo,
che è un tramite amministrativo, resta fuori dal recupero di questo
credito, essendo chiamato solo a fornire ai soggetti abilitati tutte le
informazioni e la documentazione relative. Dietro a queste questioni
c’è un problema delicato che le parti istitutive conoscono e che
dovrebbe trovare momenti di attenzioni e soluzioni equilibrate. 4. Questo
richiamo ci porta all’ultimo punto che vorrei trattare, quello delle
adesioni. Il Direttore di Fondapi, dott. Bichelli, presenterà dopo di
me una serie di numeri che connotano il reale peso di Fondapi. Posso
però anticipare – e questo è il nostro punto dolente – che siamo
in una situazione non soddisfacente: un dato per tutti, quattro delle
sei categorie associate insieme non arrivano a raggiungere tutte insieme
i 2.300 iscritti. Il numero degli aderenti ha segnato nel 2005 un passo indietro, seppur contenuto, rispetto all’anno precedente e nel 2004 il dato è rimasto pressoché stabile rispetto al 2003. Non mi soffermo ora – anche per ragioni di tempo – su un aspetto non secondario, ovvero sulla distribuzione delle adesioni tra le diverse categorie aderenti (lo vedrete subito dopo), ma complessivamente il problema si presenta in modo non positivo. Vorrei subito dire, per essere costruttivo, che riponiamo
particolare importanza al gruppo di lavoro formato dalle parti
istitutive di Fondapi e dalle Confederazioni che è stato costituito
due-tre mesi fa, proprio per affrontare la questione dello sviluppo
delle adesioni a Fondapi. Ciò nonostante credo che il problema
richieda una riflessione a tutti noi. L’istituzione del fondo pensione negoziale nell’ambito
del rinnovo dei contratti nazionali di lavoro costituisce di per sé un
elemento importante, è la premessa necessaria per dare attuazione alla
previdenza complementare. E ciò assume tanto più importanza se si
tiene conto che, nella prospettiva di introduzione delle nuova legge di
riforma, mette aziende e organizzazioni sindacali al riparo da
incursioni di soggetti di mercato interessati ad acquisire polizze
previdenziali da singoli lavoratori. Su questa base –
permettetemi di ricordarlo – al momento del rinnovo contrattuale che
ha istituito la previdenza complementare è stato deciso dalle parti un
riparto delle erogazioni salariali tra aumenti e contribuzione da parte
del datore di lavoro a favore del lavoratore che liberamente può
iscriversi al Fondo pensione. In secondo luogo, nel momento in cui viene istituito il
Fondo e il suo funzionamento viene regolato dal contratto nazionale, si
dà vita ad un altro elemento importante nella gestione e nello sviluppo
delle relazioni sindacali. Ora, non spetta a noi entrare nel merito delle relazioni
sindacali tra le parti – lo faranno se lo riterranno opportuno i
rappresentanti delle categorie invitate - ma è invece nostro compito
segnalare lo stato delle adesioni al Fondo, lo scarto tra le potenzialità
Fondapi e il livello effettivamente raggiunto, sia categoria per
categoria che complessivamente. Certo, come ricordato all’inizio, un peso rispetto a questa questione ce l’ha la struttura formata da piccole e piccolissime aziende che caratterizza le categorie coinvolte; ce l’ha una legislazione troppo mutevole; ce l’ha la mancanza di un sostegno istituzionale per l’informazione, tuttavia, non crediamo che le ragioni si fermino qui. Il nostro auspicio è che questo convegno possa anche
rappresentare una comune presa d’atto del problema e che da qui si
possa esercitare un’efficace spinta in avanti per lo sviluppo delle
adesioni a Fondapi. Le parti istitutive si sono assunte il compito di dare
vita a uno strumento finalizzato a integrare la pensione dei lavoratori
associati. Non è in gioco solo un elemento della retribuzione ma il
futuro pensionistico dei lavoratori. Allora credo sia legittimo
chiedersi - lo dico sommessamente – se crediamo effettivamente nella
previdenza complementare e nella sua concreta realizzazione e se sì,
magari con qualche riserva, dobbiamo chiederci se stiamo facendo, ognuno
di noi, quello che è necessario per realizzare l’obiettivo. 5. Cosa fare dunque? La previdenza complementare negoziale
è in funzione da anni; produrre azioni a favore dello sviluppo della
previdenza complementare negoziale non è un problema che sorge ora.
Resta però il fatto che davanti a noi c’è l’attuazione di una
nuova legge di riforma che soppianta la precedente e che coinvolgerà
tutte le parti in causa. E non è certo il caso di aspettare l’ultimo
momento per governare questa scadenza, anche perché, se non le avranno
avute prima, magari dal sistema assicurativo, allora i lavoratori
vorranno tutti insieme risposte chiare e rapide per orientarsi su dove
collocare il proprio tfr. E aggiungo che è anche su questa base
misureranno l’efficacia delle organizzazioni sindacali. L’iniziativa di oggi ci consente una comune presa
d’atto dei problemi e di predisporre un’azione comune se c’è un
effettivo grado comune di convincimento. Alle organizzazioni imprenditoriali chiediamo innanzitutto
di favorire la promozione e l’adesione a Fondapi consentendo di
veicolare materiali e informazioni attraverso le aziende. Chiediamo di
cooperare nella diffusione tra le imprese della cultura della previdenza
complementare. Alle strutture territoriali di rappresentanza dei datori
di lavoro chiediamo di partecipare attivamente al processo di sviluppo
del Fondo valorizzando anche così il ruolo delle parti istitutive. Non
sarà inutile ricordare che è la stessa legge 252 ad assegnare alle
imprese l’onere di informare i propri dipendenti nella fase di avvio
della riforma sulle opzioni adottabili da parte del lavoratore. Alle organizzazioni dei lavoratori chiediamo di
predisporre dei piani a livello delle categorie nazionali e di
raccordarsi con le Confederazioni a livello territoriale per distribuire
una chiara e capillare informazione che promuova l’adesione a Fondapi. In conclusione: a)
E’ di particolare importanza il gruppo di lavoro
comune che abbiamo istituito. Da lì pensiamo che debbano continuare a
uscire proposte di lavoro comune valide per il periodo che va da ora
alla fine del b)
La struttura dimensionale tipica delle pmi rende
particolarmente complesso raggiungere direttamente i lavoratori nei
luoghi di lavoro con assemblee informative. Dove questo non sarà
possibile deve poter soccorrere l’iniziativa territoriale, nonché
l’apporto delle Confederazioni. Oltretutto il carattere orizzontale
delle nuova legge rende questa presenza particolarmente necessaria e
praticabile. c)
Anche se non è di nostra competenza, credo sia utile
richiamare l’importanza di accordi tra le parti istitutive che
migliorino il funzionamento del Fondo; regole che consentano di
prevenire danni al contribuente e che semplifichino il lavoro
amministrativo alle imprese associate; norme che consentano ai
lavoratori di avere un rapporto chiaro e semplice con il Fondo e la sua
attività, favorendo la crescita della contribuzione al fine di
ottenere, al momento della pensione, rendite dignitose. Per concludere, permettetemi di dire che riterrei
abbastanza sterile un rimpallo di responsabilità tra le parti su
eventuali ritardi. Credo che solo un impegno comune possa dare frutti,
valorizzando anche il ruolo delle relazioni sindacali. Ognuna delle
parti istitutive è quotidianamente pressata da urgenze e cambiamenti,
ma ritengo che quello della previdenza complementare sia un nuovo
importante terreno di frontiera, a metà strada tra welfare e contratto,
ricco di prospettive moderne, quali ad esempio il coinvolgimento del
mercato finanziario in un processo di crescente democratizzazione e
trasparenza e il suo utilizzo da parte di una platea popolare di utenti
che possono dare nuovo slancio all’industria e agli investimenti.
22 giugno 2006 |