Più convinzione, risultati migliori.

Previdenza integrativa e fondi negoziali. L'esperienza (e il futuro) di Fondapi

Rassegna sindacale n.5, del 9/15 febbraio

 

La partita della previdenza integrativa resta piena di incognite. A fine 2005, dopo anni di attese e scontri con il governo, è stato raggiunto un nuovo difficile assetto previdenziale, i cui effetti saranno operativi solo all’inizio del 2008.

Ne è scaturita una situazione contraddittoria, dove c’è chi pensa che la previdenza integrativa comincerà a esistere solo nel 2008; altri che, in attesa delle prossime elezioni politiche, pensano che i giochi si potrebbero riaprire, modificando parti importanti dell’assetto raggiunto; altri ancora continuano a remare contro, nella speranza di tornare agli assetti previdenziali del ’90. Nel frattempo il mondo assicurativo e bancario lavora per guadagnare spazi e mercato rispetto alla previdenza negoziale.

In realtà la previdenza integrativa negoziale ha ormai compiuto dieci anni. Anche se lentamente, i Fondi sono aumentati di numero e fanno il loro ingresso oltre che nei settori dell’industria anche nel pubblico impiego e nell’artigianato.

Dunque non siamo all’anno zero. I Fondi negoziali in questi anni hanno accumulato esperienza ed affinato gli strumenti gestionali, confermando la convenienza a sceglierli per rendimenti, per bassi costi amministrativi e per trasparenza di funzionamento.

Ma anche qui i problemi non mancano. Un Fondo negoziale non ha solo bisogno di una struttura tecnico-gestionale interna efficiente e di raggiungere buoni risultati finanziari. Per crescere ha bisogno di un rapporto continuo con le parti istitutive (le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro), che attraverso i contratti di lavoro aggiornano il ruolo della previdenza integrativa e attraverso le strutture territoriali mantengono vivo il rapporto con i lavoratori.

Senza questo versante di iniziativa il futuro della previdenza integrativa e dei diritti dei lavoratori ad essa connessi appare assai incerto.

E’ quindi utile soffermarsi sull’esperienza di un Fondo negoziale che fa parte della rosa ristretta dei Fondi nazionali intercategoriali, Fondapi.

E’ un Fondo negoziale istituito (nel 2001) da lavoratori e aziende che sottoscrivono il contratti delle categorie associate a Confapi (piccola e media impresa). Vi aderiscono meccanici, alimentaristi, chimici, tessili, cartai e servizi di pulizia. Coinvolge oltre 23.500 iscritti (e 2.534 aziende) rispetto ad un potenziale di iscrivibili che supera il mezzo milione.

Vi è quindi un ampio spazio di iniziativa per la tutela di diritti economici e pensionistici già regolati dai contratti di lavoro oltre che dalla legge. Ma dal punto di vista operativo un Fondo intercategoriale, proprio per il pluralismo che lo caratterizza (quattro Confederazioni e sei categorie rappresentate in modo paritetico) presenta elementi di particolare complessità. Se il processo decisionale e di adesione non viene sostenuto da volontà convinte, il rischio è di perdere progressivamente terreno. Il basso numero di lavoratori per azienda e quindi l’alto numero di aziende associate/bili (e la numerosità delle categorie coinvolte) richiedono sì un intervento diffuso a livello territoriale, a partire dal sindacato, ma necessitano innanzitutto di una volontà esplicita delle parti istitutive a livello nazionale nel realizzare ora un salto in avanti nelle adesioni, utilizzando al meglio il tempo che separa dall’attuazione della Delega.

Fondapi ha iniziato nel 2005 l’investimento finanziario, scegliendo un asset d’investimento particolarmente prudente (14% azioni, 86% obbligazioni). Nel corso di quest’anno inizierà a lavorare per l’introduzione del multicomparto: si tratta in sostanza di un Fondo che ha tutte le premesse per fornire un servizio efficace e conveniente ai lavoratori delle piccole e medie imprese. In questo momento è soprattutto delle parti istitutive la responsabilità di offrire strumenti per garantire domani ai lavoratori un’adeguata tutela pensionistica.

 

Gianni Ferrante