Fondo pensione complementare 

per le lavoratrici e i lavoratori metalmeccanici

dell'industria privata e dell'installazione di impianti

a cura di Gianni Ferrante



Il fondo a regime 2003

Data Documento
28 novembre 2003

Consulta nazionale Cgil sui fondi pensione

Milano. Alla riunione è stata accompagnata la presentazione di una nota dal titolo: “Riflessioni sulle esperienze e sulle prospettive del sistema di previdenza complementare” di cui riportiamo qualche stralcio.

Il documento ha preso le mosse, così come aveva fatto il Coordinamento nazionale Fiom, dall’intreccio tra la controriforma del governo sulla previdenza pubblica e le misure prospettate per la previdenza complementare.

A dieci anni dall’istituzione della previdenza complementare la Cgil osserva come il suo consolidamento sia avvenuto sulla base di un apprezzabile coinvolgimento delle rappresentanze sindacali e, in generale, delle associazioni delle imprese.

Tuttavia le conoscenze specifiche su questa materia restano ancora patrimonio di pochi nonostante che la previdenza complementare abbia in alcuni casi assunto una diffusione significativa. Colpisce in particolare la separazione tra chi si occupa di previdenza e chi segue la parte contrattuale e sindacale nelle categorie.

Pur in presenza di risultati non omogenei si può dire che il sistema ha raggiunto un buon grado di consolidamento. Tra le cause che hanno impedito di raggiungere un successo maggiore va ricordato:

-   l’assenza di risorse (pubbliche) investite per informare l’opinione pubblica;

-   l’atteggiamento opportunistico delle imprese (pur dovendo valorizzare le eccezioni);

-   le difficoltà riscontrate anche dal sindacato nella presentazione delle riforme delle pensioni degli anni Novanta soprattutto sugli aspetti riguardanti le modifiche sui futuri trattamenti previdenziali;

-   il riscontrarsi, qua e là, di atteggiamenti di sottovalutazione della complessità dei problemi che non hanno aiutato l’azione formativa, pur svolta, a creare le necessarie competenze di base tra i delegati e nella struttura;

-   le resistenze più ampie di quelle che ci si aspettava per la messa a disposizione del tfr per i fondi pensione;

-   l’instabilità delle regole e le contraddizioni del sistema fiscale.

Molto spesso la scelta di costituire fondi pensione con riferimento alle varie aree contrattuali anche laddove le dimensioni sono molto contenute, non ha sempre aiutato la crescita e il decollo dei fondi. La via dei fondi intersettoriali, soprattutto in quelle realtà in cui il numero dei contratti è estremamente elevato e dove di fatto è impensabile la costituzione di microfondi, resta comunque da percorrere.

E’ auspicabile che vi sia un processo di accorpamento che è ineludibile sia per ragioni tecniche/organizzative che per ragioni di masse dimensionali (…). 

Nel disegnare il profilo normativo degli organi di governo dei fondi negoziali il legislatore ha cercato un compromesso tra esigenze di reale rappresentanza sociale nell’interesse esclusivo degli iscritti ed esigenze di competenza professionale.

Efficacia ed efficienza sono gli obiettivi di una buona governance. L’autonomia del fondo pensione è la premessa di una gestione efficace ed efficiente.

  1. Autonomia strategica: il fondo persegue unicamente l’obiettivo previdenziale.
  2. Autonomia organizzativa: il fondo deve avere il pieno governo di tutti i fattori di efficienza dell’azione del fondo stesso.
  3. Autonomia culturale/professionale:l’autonomia non discende solo dalla fissazione di regole, ma anche da un portato personale che è fatto di interpretazione del ruolo assegnato (presidente, consigliere, direttore ecc.).

(…) In tutta la fase di avvio le fonti istitutive hanno attuato un’azione di stimolo, supporto e anche di supplenza nei confronti dei primi organi dei fondi, mobilitando attorno alla nascente industria professionalità, stimolando la nascita di strutture (Mefop) impegnate a facilitare la fase di avvio dei fondi. (…)

Le prospettive della previdenza complementare nel paese sono legate in questa fase in maniera molto forte a quello che succederà sul versante e parlamentare. Tra le questioni più rilevanti:

a) la scelta sul conferimento del tfr inciderà in modo consistente sullo sviluppo delle masse gestite e sul numero degli aderenti ai fondi. Sempre più spesso si sostiene che proprio in virtù della totale messa a disposizione da parte dei lavoratori del tfr, questo dovrebbe avere un meccanismo di garanzia che sia il più vicino possibile a quanto oggi previsto dalla normativa (1,5% + il 75% dell’indice sull’inflazione Istat). La questione è molto complessa. La scelta della garanzia, aldilà dei costi, pone alcune questioni sulle politiche digestione delle risorse finanziarie dei fondi di non poco conto. Inoltre va ricordato che vi possono essere forme di tutela e di garanzia per gli iscritti ai fondi pensione che possono essere affrontate con coperture più di tipo assicurativo che conservative sul versante della gestione finanziaria.

b) In secondo luogo la delega governativa potrebbe attuare un sistema forte di concorrenza tra fondi negoziali e fondi aperti. E’ quindi opportuno che i fondi negoziali mettano in campo politiche di marketing e di trasparenza.

La Consulta della Cgil ha annunciato la propria volontà di indire per il prossimo mese di gennaio un’iniziativa pubblica sul tema della previdenza complementare con riguardo anche ai temi della gestione finanziaria.

 

26 novembre 2003

 

Coordinamento nazionale Fiom fondi pensione

La riunione ha preso le mosse – con l’introduzione di G. Ferrante – dalla constatazione delle difficoltà e complessità della situazione politico-sindacale in atto. Tra i numerosi terreni di scontro aperti con governo e Confindustria (legge 30, salvaguardia del contratto nazionale, provvedimenti sull’amianto, assenza di politiche di sviluppo,ecc.) pesa la vicenda previdenziale, all’interno della quale si situa la mancata adeguata soluzione dei problemi della previdenza complementare.

Se fino al 2001 si poteva sperare che nonostante tutto il varo della previdenza complementare avrebbe potuto raggiungere un assetto equilibrato, tale da poterne consentire una diffusione estesa (magari anche attraverso l’adozione di maggiori incentivi fiscali), oggi ci troviamo di fronte a uno scontro di ampia portata dagli esiti incerti che riguarda innanzitutto il sistema previdenziale nel suo insieme, e secondariamente la previdenza complementare (a partire dal trasferimento obbligatorio o meno del tfr ai fondi pensione, passando per l’equiparazione tra fondi negoziali e fondi aperti, ecc.).

Quello che doveva essere secondo le riforme della prima metà degli anni’90 lo stabilirsi di un rapporto equilibrato tra previdenza pubblica e complementare, è oggi sottoposto a un tentativo di stravolgimento che non solo posticipa l’adozione di provvedimenti da tempo annunciati (creando incertezza tra i lavoratori), ma adombra un assetto di welfare che esalta le prospettive di privatizzazione a discapito del sistema generale solidaristico, riducendo il peso della previdenza pubblica e facendo spazio alle forme assicurative private e individuali: tutto ciò in un quadro in cui cresce la precarizzazione dei rapporti di lavoro.

Assumono quindi particolare importanza le scelte unitarie di Cgil, Cisl e Uil contro la legge delega presentata a suo tempo dal governo (dicembre ’01) e le controproposte avanzate (da ultimo nell’aprile ’03), ovvero la contrarietà a forme di decontribuzione per i nuovi assunti (risorse che potrebbero essere rinvenute attraverso forme di fiscalizzazione) e il trasferimento obbligatorio del tfr ai fondi (in favore del silenzio-assenso).

Morena Piccinini (Segreteria confederale Cgil) ha evidenziato come non sia credibile la copertura da parte del bilancio dello Stato delle somme che verrebbero a mancare per effetto della decontribuzione. Di fronte a una legge delega e a un maxiemendamento alla Finanziaria che insieme si pongono obbiettivi non condivisibili per il sindacato, non si può intervenire correggendo qualche aspetto secondario: occorre che il governo ritiri la sua proposta per consentire l’avvio di un confronto serio.

E’ proprio il maxiemendamento che conferma la volontà del governo di attuare una vera e propria controriforma del sistema (peraltro con soluzioni ritenute dal molti tecnicamente poco sostenibili) fuori da qualsiasi confronto con le Confederazioni. Parliamo del tentativo di allungare in modo inaccettabile e rigido l’età lavorativa (40 anni di contributi e 65 anni di età dal 2008), di eliminare le pensioni di anzianità, di introdurre incentivi (dal 2004, ma solo fino al 2007) alla permanenza al lavoro, che non solo non risultano convenienti ma anche contrastanti con norme già esistenti e con le tendenze del mercato del lavoro.

1. Come si è accennato la previdenza complementare risente di questo quadro generale privo di equilibrio, pieno di divergenze, incompiuto in termini normativi. La categoria dei metalmeccanici in particolare è impegnata da tempo a sostenere uno scontro in difesa del valore del contratto nazionale attraverso mobilitazioni e l’iniziativa dei pre-contratti. Ciò ha contribuito a ridurre la portata dell’iniziativa sulla previdenza a favore di un ampliamento delle iscrizioni.

Su questo terreno occorre recuperare; non è possibile aspettare che il conflitto (aperto di fatto da oltre due anni) si risolva. Occorre rafforzare l’iniziativa nella situazione data.

Produrre iniziativa non significa solo intervenire su temi, quelli previdenziali, di forte impatto sugli interessi dei lavoratori, significa non disperdere il lavoro fatto ormai nel corso di 10 anni, significa dare credito a un impegno contrattuale e soprattutto non danneggiare decine di migliaia di lavoratori, in particolare giovani, che da una mancata iscrizione alla previdenza complementare ricavano un danno irrecuperabile.

2. Dei quattro fondi a carattere nazionale (in realtà cinque se si comprende Previlabor, fondo a valenza territoriale preesistente la legge 124/93) che interessano i metalmeccanici solo due hanno avviato l’attività di investimento finanziario. Cometa, il più grande, quest’anno tornerà a un rendimento positivo, probabilmente intorno al 3,0% (stando ai risultati di fine novembre) e un risultato simile , se non superiore, si accinge a fare Cooperlavoro.

Si tratta di un buon risultato che premia lo sforzo fatto dal fondo quest’anno per migliorare la sua strumentazione. Infatti il fondo da un lato si è dotato di un esperto finanziario (con il compito di monitorare tutti i dati provenienti dai mercati), dall’altro ha anche pressoché concluso la fase di approccio al multicomparto. Per il 10 dicembre prossimo è infatti convocata l’Assemblea dei rappresentanti dei soci per procedere alle modifiche statutarie in vista dell’adozione del multicomparto (prima ancora verrà riunito il Comitato paritetico).

In pratica ciò significherà per l’iscritto la possibilità di scegliere tra più profili di investimento (comunque tutti improntati alla prudenza e al rispetto delle finalità previdenziali), che avranno diversi gradi di rischiosità (e quindi diverse potenzialità di rendimento) secondo le diverse esigenze del singolo: i più giovani, ad esempio, avendo davanti a loro una carriera lavorativa più lunga potranno selezionare un profilo più dinamico (è ovvio che si potrà periodicamente, secondo le esigenze, cambiare profilo).

Questa nuova prospettiva non solo rende Cometa più appetibile e competitivo rispetto ad altri prodotti di mercato, ma comporta – è bene sottolinearlo – un rinnovato impegno delle parti istitutive. L’informalità che spesso le strutture regionali o provinciali adottano nell’informare o assistere i lavoratori sulla previdenza complementare mostrerà sempre più i propri limiti, lasciando il passo all’esigenza di organizzare attività più stabili, formalizzate. E’ bene che su questo si avvii al più presto una riflessione che dia luogo a soluzioni organizzative.

Il tema del multicomparto, ma non solo questo, ha accelerato una riflessione intorno al tema di un possibile rendimento garantito.

I fondi di previdenza negoziali sono stati pensati in un’epoca in cui i mercati finanziari registravano performances tutte positive. Cometa ha avviato l’investimento finanziario nel gennaio 2000. Dalla tarda primavera di quell’anno e fino agli inizi del 2003 i mercati hanno vissuto una perenne fase negativa. Certo vanno fatti i debiti distinguo: se le azioni, sul mercato, hanno perso fino al 50%, se altri prodotti, come i fondi aperti hanno avuto performances negative superiori al 10%, se altri fondi negoziali hanno fatto un po’ peggio di Cometa nel 2002, questo può essere un segnale preciso dei rischi limitati che corrono gli aderenti a Cometa: ma non è un risultato sufficiente. Il fondo si è adoperato, accumulando esperienza, negli ultimi due anni per fronteggiare la situazione con varie misure.

 Come si è cercato di dire l’adozione del multicomparto è una prima importante risposta a questi problemi (più possibilità di scelta e maggiore responsabilizzazione individuale).

Inoltre c’è da tenere presente che un’ulteriore sollecitazione proviene dall’incognita legata all’obbligatorietà del trasferimento del tfr ai fondi pensione. Su questo la contrarietà delle organizzazioni sindacali è stata netta fin dall’inizio. Se l’adesione al fondo pensione comporta un rischio finanziario non si può obbligare il lavoratore a sottostarvi, a impegnarvi il suo salario differito: è una limitazione della libertà individuale che sconfina nell’incostituzionalità.

 Ma tornando alla garanzia (di rendimento) va innanzitutto detto che nella sostanza non esiste un mercato (assicurativo) collaudato delle garanzie. Le poche offerte che le assicurazione fanno o sono elevate in termini di costo (tali per cui si annullano i vantaggi), oppure contengono rigidità tali da non potersi adattare alle esigenze dei fondi negoziali. Esistono invece forme parziali di servizio assicurativo secondale quali è possibile (per un delimitato arco di tempo) assicurare il patrimonio (o una sua parte) a fronte di eventi circoscritti (premorienza, invalidità permanente, pensionamento o altro). Tali forme di servizio, estendibili a tutti gli associati, comportano un costo contenuto e possiamo presumere rientrino nell’orizzonte di riflessione del Consiglio di amministrazione (CdA) di Cometa. In ogni caso nel corso delle prossime due-tre settimane sarà evidente l’orientamento assunto dal CdA.

Collegato indirettamente al tema del multicomparto c’è quello della finanza etica, ovvero della possibilità da parte dell’associato a un fondo di poter reperire tra i prodotti offerti anche quelli che presentano vincoli o prerogative etiche, di sostenibilità ambientale, di salvaguardia dei diritti fondamentali, criteri che possono essere individuati o per esclusione (azioni di aziende che non producono armi, pesticidi, che non evadono le normative sul lavoro, che non sfruttano minori, ecc.) o in termini positivi (azioni di aziende che si sono distinte in iniziative di particolare valore sociale, aziende che reinvestono parte dei propri utili in attività di assistenza, ecc.), Esistono già organizzazioni che stilano graduatorie di aziende “etiche” o socialmente responsabili: si tratta di criteri che in qualche caso possono presentare una certa aleatorietà o contraddizioni: forniscono comunque un servizio utile.

Dal punto di vista finanziario i titoli etici non sembrano presentare in sé particolari vantaggi o svantaggi in termini di rendimento. E’ chiaro che più vincoli si pongono a un gestore finanziario più le cose si fanno complicate.

Anche qui si tratterebbe da parte del CdA di Cometa non tanto di individuare un profilo di investimento etico da introdurre a fianco degli altri (che non sarebbero etici?). Peraltro il fondo in questa fase non può sovraccaricarsi di oneri visto già l’impegno derivante dall’adozione del multicomparto.Potrebbe però iniziare a individuare alcuni criteri generali da indirizzare a tutti i gestori finanziari coinvolti affinché verso la totalità dei titoli acquistati agiscano delle discriminanti o degli accorgimenti che evitino l’acquisto di azioni di aziende particolarmente irresponsabili: si tratta di un’esigenza che un’organizzazione sociale come il sindacato non può non tenere in debito conto.

Cometa ha dato seguito negli ultimi mesi agli impegni che si era assunta in termini di promozione del fondo.Si sono svolti, con l’apporto tecnico della Mefop, sei corsi di formazione che hanno coinvolto numerose regioni e circa 200 persone. Si tratta di un piccolo patrimonio di sindacalisti che hanno potuto approfondire le loro conoscenze previdenziali e che ora sta alle strutture regionali e territoriali valorizzare dandogli continuità nel ruolo e nell’azione.

Il fondo ha inoltre prodotto 500mila copie della News letter dedicata espressamente ai giovani: un materiale propedeutico all’indizione di assemblee informative. Efficaci anche gli spot radiofonici ancora in corso che reclamizzano il fondo.

Un ultimo punto riguardante Cometa è quello relativo all’indagine svolta dal fondo attraverso 1.000 interviste ad iscritti per conoscere i loro orientamenti in merito all’adozione del multicomparto e il grado di soddisfazione circa il servizio prestato da Cometa. L’indagine, presentata alla stampa a Milano il 6 ottobre, ha in estrema sintesi messo in evidenza come: 1) esista un’esperienza diffusa (60% del campione, corrispondente a 210mila iscritti) e una sensibilità all’investimento. 2) Le motivazioni prevalenti nell’investimento (compreso quello in Cometa) mirano soprattutto a far fruttare i risparmi piuttosto che avere mire speculative. 3) Vi è un buon grado di soddisfazione (77%) per il servizio reso da Cometa. 4) Rispetto al multicomparto è una minoranza (entro il 10%) di giovani, di persone con buone aspettative di carriera o appartenenti ad aree ricche del Paese, a essere disponibile a forme di investimento più dinamiche e rischiose. 5) Permane un’esigenza di maggiore comunicazione e informazione.

3. Con Fondapi entriamo nelle esperienze dei fondi intecategoriali, esperienze che nel corso del tempo si sono mostrate (se si esclude Cooperlavoro) più difficili e meno efficaci.

Il fondo della piccola e media impresa (formato in maggioranza da meccanici, ma anche da tessili,chimici, alimentaristi, grafici e commercio) infatti avanza lentamente negli iscritti, nelle dotazioni strutturali, nell’efficacia dell’azione degli organismi gestionali e delle parti istitutive.

Di positivo c’è da segnalare il superamento dei problemi relativi all’adozione di una sede vera e propria, l’individuazione di una seconda figura di segreteria (che renderà, si spera, più accessibile il contatto telefonico con il fondo, visto che la convenzione con il gestore amministrativo, Previnet, esclude il rapporto diretto con i lavoratori iscritti), ma soprattutto è stata finalmente compiuta (dopo circa un anno) la scelta del direttore del fondo (in attività da gennaio ’04). Si può ora dire che esiste una struttura del fondo e forse potrà essere ripreso e pubblicato il bando per la scelta dei gestori finanziari fermo da circa un anno e mezzo. Il Fondo a metà del prossimo anno (come avverrà anche per Cometa, procederà a nuove elezioni e alla formazione di un nuovo Consiglio): si spera che potrà essere adottato un ritmo di lavoro più adeguato alla mole dei problemi aperti.

Per il momento sul tavolo Confapi è ancora da raggiungere la firma di un accordo tra le parti istitutive che sani vecchie questioni aperte, adegui (ampliandole) le scelte contributive possibili e introduca alcune migliorie e razionalizzazioni tese a far funzionare meglio il rapporto tra iscritti/iscrivibili, il fondo e le imprese.

Tra le questioni pregresse, come qualcuno ricorderà, c’è il problema del conferimento al fondo delle quote di tfr relative al 1999, 2000 e primi 5 mesi del 2001, nonché gli impegni presi di versamento della quota a carico dell’azienda per gli iscritto tra il 1° giugno 2000 e il 30 maggio ’01. Infine c’era la richiesta di poter fissare alcune procedure per la verifica da parte dell’iscritto dell’avvenuto versamento da parte dell’azienda (affissione del bonifico).

Su questi punti sussiste un rifiuto da parte di Confapi, rifiuto che mal si concilia con la disponibilità a dare vita a un gruppo di lavoro paritetico per la promozione del fondo. Non sono invece oggetto di contrasto: - l’ampliamento delle opzioni contributive; - una maggiore disponibilità delle imprese a distribuire le domande di iscrizione ai lavoratori; - la messa a disposizione dall’1.1.’05 in aziende con almeno 350 addetti di un terminale informatizzato per la consultazione delle posizioni degli iscritti e per raccogliere informazioni su Fondapi; - permessi retribuiti (max 16 ore annue) per la partecipazione all’Assemblea di Fondapi e ad altre iniziative promosse dal fondo.

Anche in Fondapi (gli iscritti erano 23.231 a fine 2001 e 23803 a fine 2002, 24.139 a fine agosto 2003) come in Cometa pesa il ristagno delle iscrizioni rispetto alle potenzialità (per il dettaglio consulta il sito internet della Fiom nazionale alla voce Fondi). Cometa, ma non solo lei, ha chiuso il primo semestre del 2003 con un decremento degli iscritti dell’1,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Variazioni negative riguardano anche fondi come Fondenergia (Eni), Fopen (Enel), Telemaco (Telecom), Capi e quadri Fiat. La prevalenza dei fondi comunque, come si può vedere consultando il sito della Covip (Commissione di Vigilanza), fa registrare avanzamenti, ancorché contenuti, delle adesioni.

4. Per quanto riguarda informazioni relative a Cooperlavoro rinviamo al sito ufficiale del fondo e a quello della Fiom nazionale. L’unica segnalazione che qui vogliamo fare riguarda la possibile confluenza di questo fondo con Previcoper. Si tratta di un obiettivo positivo che, forse tra i primi, affronta un tema spinoso quale quello del difficile futuro dei fondi più piccoli. Come si sa, negli ultimi anni si è dato vita a numerosi fondi (rispettosi dell’autonomia contrattuale delle categorie e dei contratti nazionali). Alcuni di questi hanno un numero di iscritti e delle potenzialità limitate, rispetto alle quali tra l’altro la Commissione di vigilanza ha irrigidito la normativa e le dotazioni necessarie, al fine di garantire gli iscritti da una gestione dei fondi troppo approssimativa e condizionata da vincoli di costo. E’ chiaro che un piccolo fondo, con limiti di iscritti e quindi di patrimonio raccolto, avrà difficoltà a dotarsi di tutti quei controlli (finanziari e amministrativi) necessari alla buona conduzione di un fondo. Ben vengano quindi le fusioni tra fondi minori.

Una trattazione minima invece richiede Artifond. Le associazioni dell’artigianato hanno espresso nel tempo una forte resistenza all’attuazione del fondo (che aspetta ormai da tre anni), mentre le organizzazioni sindacali hanno avuto difficoltà a raccogliere un numero sufficiente di iscritti. La Commissione di Vigilanza (Covip) ha concesso una serie di proroghe che si sono ormai esaurite. Siamo quindi alle ultime battute con gli incontri tra le parti sociali, dopodiché l’esito sarà l’annullamento da parte della Covip della pratica relativa all’istituzione di Artifond. Le associazioni dell’artigianato hanno nelle ultime settimane ulteriormente complicato il quadro sottoponendo la realizzabilità del fondo alla definizione di un nuovo modello contrattuale (nonostante che l’istituzione di Artifond sia già stata a suo tempo oggetto di una trattativa). L’esito di questa vicenda non è compiuto ma si presenta prevalente una conclusione negativa.

5. Il quadro descritto rimanda ad alcune considerazioni che tengono conto di parte delle riflessioni svolte da G. Cremaschi (Segreteria Fiom) alla fine della riunione del Coordinamento.

Nel prossimo gennaio si svolgerà l’Assemblea dei delegati della Fiom. Potrà essere questa una sede per una valutazione politica dello scontro oggi aperto su legge delega e emendamento alla Finanziaria. Gli esiti di questa vicenda, ove ricalcassero quelli della legge 30, potranno favorire l’adozione di comportamenti concreti di opposizione da parte della categoria.

Dalle vicende in corso si può desumere per il prossimo futuro un peso accresciuto della previdenza complementare, ma sono possibili indirizzi diversi da quelli perseguiti unitariamente dal sindacato.

Si tratta allora di fare un’operazione di chiarezza: o i fondi negoziali sono messi – con norme e prescrizioni adeguate - in condizione di funzionare e soprattutto di fare iscritti (senza infingimenti da parte del sistema delle imprese), oppure in pratica si verifica una decurtazione del salario (contrattato e differito) dei lavoratori.

Inoltre il sistema della previdenza complementare di tipo negoziale offre delle garanzie di controllo democratico e di trasparenza che va rafforzato, non indebolito. Per questo è necessario proceduralizzare le modalità per informare i lavoratori su come iscriversi ai fondi e sul loro funzionamento/andamento.

Va quindi privilegiata la volontarietà all’iscrizione (più che il silenzio/assenso) perché è necessario salvaguardare un’adesione cosciente e responsabile. Il lavoratore che si associa deve essere messo nella condizione concreta di conoscere e poter controllare le dinamiche del fondo e quindi l’evoluzione di una parte del suo salario. Gli organi del fondo fanno la loro parte, ma anche il lavoratore deve trovare le forme per partecipare a questo processo.

I fondi negoziali offrono garanzie di controllo e trasparenza; non possono essere messi sullo stesso piano dei fondi aperti o delle polizze individuali che non contengono principi adeguati di trasparenza e perseguono legittimamente finalità di lucro.

Va infine tenuto presente che i fondi tendono a organizzarsi come se davanti a loro avessero una platea di lavoratori fordisti, stabili e garantiti, come negli anni ‘70-80: oggi la realtà del mercato del lavoro è molto cambiata, come risulta evidente, e bisogna tenerne conto.

Dal punto di vista organizzativo è necessario che ogni regionale della Fiom individui un responsabile della previdenza complementare e che questo abbia un interlocutore a livello di provincia, territorio e principali aziende in modo da far scorrere il flusso delle informazioni. Questa attività non può essere affidata alla buona volontà, deve avere delle strutture e dei riferimenti stabili, a maggior ragione in vista dell’introduzione del multicomparto.

Alla riunione del Coordinamento nazionale hanno partecipato oltre alla Segreteria della Cgil (M. Piccinini), il presidente del Cda di Cometa (G. Militello) e di Cooperlavoro (F.Casetti). Erano presenti diversi  rappresentanti Fiom di 7 regioni.

20 giugno

 

La Segreteria nazionale della Fiom ha sottoscritto un’intesa con Federmeccanica, Fim, Uilm e Fismic, parti costitutive del Fondo previdenziale Cometa. Tale intesa, che verrà sottoposta all’approvazione del Comitato Centrale della Fiom del 30 giugno, definisce alcuni miglioramenti tecnico-organizzativi rispetto all’accesso al Fondo Cometa da parte dei lavoratori metalmeccanici.  

Accordo tra le parti

Le strutture  territoriali sono invitate a dare il massimo di diffusione all'accordo verso i luoghi di lavoro.

20 maggio

 

Coordinamento nazionale Fiom sui fondi pensione (il 29 aprile a Roma).  Alla riunione hanno partecipato circa trenta rappresentanti delle strutture territoriali, con una relativa assenza del Mezzogiorno, se si fa eccezione per la Campania.

Nell’introduzione (Gianni Ferrante) si sono posti particolarmente in rilievo due fattori: il rinnovo del contratto nazionale di categoria e la legge delega sulla previdenza ferma al Senato.

Sul primo punto, come è ormai noto, al contratto sottoscritto da alcune organizzazioni con Federmeccanica, manca la firma della Fiom Cgil, l’organizzazione più rappresentativa. Ma in merito alla previdenza integrativa è stata poi individuata una disponibilità (da formalizzare successivamente) di tutte le parti istitutive del fondo a firmare un’ accordo specifico.

I contenuti saranno i seguenti:

1)      A decorrere dal 1° gennaio 2004 i lavoratori già in forza potranno associarsi al fondo Cometa quattro volte all’anno nel rispetto della modalità temporali seguenti: entro febbraio con effetto dal 1° aprile; entro maggio con effetto dal 1° luglio; entro agosto con effetto dal 1° ottobre; entro novembre con effetto dal 1° gennaio successivo.

2)      Al fine di facilitare il processo di comunicazione tra il fondo ed i lavoratori associati, le imprese, a decorrere dal 1° gennaio 2004, collaboreranno con Cometa, secondo le modalità che verranno concordate con il fondo medesimo, alla distribuzione  delle comunicazioni dirette agli associati:

3)       A partire dal 1° gennaio 2005 nelle unità produttive con oltre 350 addetti, le imprese provvederanno ad installare una postazione telematica dedicata all’accesso dei lavoratori al sito cometa per facilitare la consultazione delle posizioni pensionistiche individuali e la richiesta di informazioni relative al funzionamento del fondo anche da parte dei lavoratori ad esso non iscritti con modalità che saranno aziendalmente definite.

4)      A decorrere dal 1° gennaio 2004 le aziende interessate concederanno ai lavoratori eletti in qualità di delegati all’Assemblea del fondo Cometa permessi retribuiti per la partecipazione all’Assemblea e ad altre iniziative promosse dal fondo fino ad un massimo di 16 ore annue.

5)      Le parti segnalano al fondo Cometa l’opportunità di apportare modifiche all’art.24 dello Statuto tali da consentire ai lavoratori la richiesta di anticipazione sulla propria posizione contributiva anche per le spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi per la formazione così come previsto al secondo comma dell’art.7 della legge n.53 del 2000.

Questo il testo dell’accordo ancora da sottoscrivere. Sul tema più ampio della legge delega le confederazioni sono in attesa ormai da tempo di essere convocati dal ministro per avanzare le richieste di modifica della legge delega unitariamente formulate.

I punti di maggiore dissenso con il governo sono i seguenti: a) la decontribuzione, ovvero la riduzione strutturale (da 1 a 5 punti) dell’aliquota contributiva per i nuovi assunti a tempo indeterminato. In alternativa la proposta sindacale indica la fiscalizzazione di alcuni oneri sociali e assistenziali e sociali; b) il trasferimento obbligatorio del tfr ai fondi pensione. La proposta sindacale opta per una forma di silenzio-assenso più rispettosa della libertà individuale, tanto più che l’investimento finanziario comporta per il singolo un rischio, anche se minimo; 3) Equiparazione tra fondi contrattuali e fondi aperti. Questi ultimi non offrono le stesse garanzie di trasparenza e non offrono le stesse opportunità di controllo democratico dei fondi negoziali e a differenza di questi ultimi sono tenuti a perseguire finalità di lucro.

Accanto ai punti richiamati la delega, nella sua volontà forte di liberalizzare l’andata in pensione pone una serie di disincentivi per le pensioni d’anzianità che non tengono conto delle particolarità del lavoro industriale.

Incombe poi, con l’avvio del semestre italiano a Bruxelles, il tentativo di imporre una nuova riforma pensionistica (come se quella “Dini” del ’95 non fosse stata già abbastanza onerosa), ipotesi smentita dal ministro Maroni ma su cui stanno lavorando da tempo alcuni esperti italiani.

Rientrando nel tema dei fondi dei metalmeccanici, nell’introduzione alla riunione è stata posta con forza l’esigenza di promuovere un’azione di rilancio delle iscrizioni al fondo. Coscienti del fatto che persistono in questa fase condizioni avverse (crisi economica e dei mercati finanziari, alta conflittualità su scadenze importanti come il rinnovo del contratto nazionale, divergenze con gli altri sindacati metalmeccanici), non si può attendete che  questa fase negativa termini, ma occorre agire al meglio entro la situazione data.

Cometa ha avanzato, come già ricordato in questa rubrica, una proposta di formazione (a proprie spese) per una serie di moduli (da effettuare a livello regionale) atti a trasferire la conoscenze su figure sindacali coinvolte nell’azione di proselitismo. Si tratta di un contributo importante, su cui si dovrà innestare un’autonoma e  ampia  iniziativa delle strutture sindacali.

La prima iniziativa, sperimentale, di formazione si terrà in Lombardia ai primi di giugno.

Cometa dal canto suo ha tenuto il 16 aprile l’Assemblea dei soci per approvare il bilancio 2002.

Come è noto il fondo ha risentito della fase negativa dei mercati finanziari chiudendo l’anno con un rendimento negativo del 2,27%; una perdita molto contenuta se paragonata a quella media dei fondi aperti (-11,20) o anche se paragonata a quella media dei fondi negoziali (-3,40). Va registrato che nel primo trimestre del 2003 si è già verificato un modesto aumento di tipo positivo.Le spese amministrative per il 2002 sono ammontate allo 0,41, mentre la quota associativa annuale, per i molteplici impegni presi dal fondo per migliorarne l’attività, passa a 15,60e (da 12,48).

Tra le scadenze importanti l’introduzione del multicomparto nel 2004, scelta su cui il fondo sta attrezzando gli strumenti per meglio recepire le esigenze degli iscritti.

Nel coordinamento è stata anche esposta la situazione degli altri fondi: Fondapi, per esempio, si aggiunge a varare una nuova sede, più adeguata allo sviluppo del lavoro del fondo, e a scegliere un direttore per il fondo stesso, nonché a varare il bando per la scelta dei gestori finanziari.

Più serena la vita di Cooperlavoro (13.500 iscritti, rendimento 2002, 0,54%), fondo pensione complementare dei lavoratori, soci e dipendenti, delle cooperative di lavoro.

Assai più complesse le prospettive di Artifond, dopo che sembrano essere falliti i tentativi di acquisire la disponibilità della Confartigianato per varare il fondo. Permane quindi il rischio di una regionalizzazione del fondo, che potrebbe aprire la strada ad altri, aumentando così i pericoli di una proliferazione di piccoli fondi i cui costi di mantenimento potrebbero essere superiori a quelli dei rendimenti.

 Nel dibattito seguito alla relazione introduttiva è emerso tra l’altro il bisogno di un dialogo e di un supporto più efficace e disponibile da parte della struttura di Cometa, in particolare per quanto riguarda l’attività legale. Se è vero che Cometa non compare nel contenzioso tra lavoratore iscritto e azienda, è però inevitabile ricevere un’assistenza, un filo diretto con il sindacato, innanzitutto in termini di informazione, per predisporre le iniziative legali.

Permangono problemi per le lungaggini inerenti la pratiche di riscatto, anche se le lamentele sono abbastanza diminuite.

In molti interventi è stata ripresa la necessità di una nuova campagna di proselitismo per contrastare l’uscita dal  fondo dei lavoratori più anziani.

Nel dibattito sono intervenuti tra gli altri G.Militello, presidente del CdA di Cometa e D. Cerri, Coordinatore welfare per la Cgil.

Nelle conclusioni Cremaschi, della Segreteria nazionale Fiom, ha tra l’altro ricordato come  ormai Cometa sia uno strumento consolidato che non può essere certo rimesso in discussione, ciò nonostante non si può prescindere da un necessario approfondimento per la fase di attacco alle retribuzioni dei lavoratori che stiamo attraversando e, per altro verso, per il fatto che i mercati finanziari ormai da tre anni mostrano andamenti negativi, mentre i fondi sono stati pensati in una fase di espansione degli stessi.

4 marzo 2003.

 

Presentiamo qui di seguito la relazione di Giacinto Militello, presidente del Consiglio di amministrazione di Cometa, al convegno promosso del fondo stesso il 28 febbraio a Milano con la presenza delle parti istitutive (segreterie nazionali), di componenti l'Assemblea dei rappresentanti dei soci e dei rappresentanti delle strutture territoriali sindacali. L'iniziativa aveva il compito di presentare il programma messo a punto da Cometa per rilanciare nel 2003 le iscrizioni al Fondo, mentre la relazione introduttiva ha fatto in modo efficace il punto sulle principali questioni inerenti la previdenza complementare.

Relazione di Giacinto Militello, presidente del Consiglio di amministrazione di Cometa.

 24 gennaio 2003

Riunita a Milano la Consulta della Cgil sulla previdenza complementare.

Il tema che solleva maggiori preoccupazioni è rappresentato dal disegno di legge delega sulla previdenza, che il governo si accinge a discutere alla Camera a partire dal 17 febbraio prossimo.

Sulla negatività e i pericoli insiti in questo progetto si è discusso a lungo negli ultimi mesi, ma ora il governo, dopo molti rinvii, sembra intenzionato ad arrivare ad una conclusione.

Tra i punti più negativi di questo provvedimento – come ha ricordato Piccinini, della Segreteria della Cgil – la “decontribuzione” di tre o cinque punti, ovvero l’abbassamento del prelievo previdenziale: ciò si tradurrebbe necessariamente in un corrispondente abbassamento delle prestazioni a favore del lavoratore, vista la minore entrata nelle casse dell’Inps.

Un altro punto dolente è rappresentato dalla volontà di rendere obbligatorio il versamento del Tfr al fondo pensione, esponendo così il lavoratore al rischio finanziario, senza protezioni. Una situazione quest’ultima che sarebbe aggravata dalla possibilità di conferire il tfr non solo ai fondi aperti (in forma collettiva) – e quindi non solo ai fondi negoziali di categoria – ma anche ai fondi di tipo individuale, lasciando così il lavoratore in mano a compagnie di assicurazione o società finanziarie che, ad oggi, non sono in grado di offrire un grado di trasparenza accettabile nella gestione delle posizioni contributive e nell’erogazione della prestazione (vedi i costi delle commissioni).

Sulla contrarietà alla legge delega esiste una pressoché totale convergenza tra Cgil, Cisl e Uil, un fatto importante che potrà favorire la ricostruzione di un percorso unitario.

A fronte di questa situazione non sembra che una soluzione possa essere in qualche modo rappresentata da proposte (come quella avanzata nei giorni s corsi dal prof Vitaletti, viste con favore dalla Cisl) che pensano di conferire quote intermedie di Tfr ai fondi (quindi non il 100%). Il problema non sta tanto nella quantità di tfr da conferire al fondo, ma nel mantenimento di una libertà da parte del lavoratore a farlo o meno (silenzio-assenso), una scelta individuale sorretta dal fatto che il fondo negoziale offre maggiori garanzie di trasparenza al lavoratore, a partire dal fatto che a differenza di un’assicurazione non persegue scopi di lucro (ma solo di servizio).

I problemi richiamati, per la  loro rilevanza, non solo faranno parte di un documento presentato dalla Segreteria della Cgil al Direttivo confederale, ma entreranno anche a far parte della piattaforma da usare per lo sciopero del 21 febbraio.

Gli intervenuti ai lavori della Consulta hanno posto in rilevo l’importanza per la previdenza complementare di mantenere un legame forte con le fonti istitutive, altrimenti non ci sarebbe più alcuna differenza con un fondo aperto gestito da un compagnia di assicurazioni (Dore, Fonchim). Richiamata inoltre l’esigenza di rafforzare il lavoro delle strutture territoriali del sindacato a favore della previdenza complementare. Necessario anche dare risposte al lavoro atipico per quanto riguarda la previdenza, altrimenti si finisce per favorire il sorgere di fondi regionali. Ruggini (Previambiente), ha tra l’altro ricordato che a marzo si svolgerà la Conferenza della Cgil sul Welfare e che la previdenza complementare è stata pensata come parte di un progetto di riforma del welfare poggiato su un rapporto equilibrato tra previdenza pubblica e complementare privata: oggi si vuole rimettere in discussione questo rapporto. Militello (presidente del Cda di Cometa), ha evidenziato l’importanza del fatto che il governo abbia trovato l’opposizione di tutto il sindacato e la gravità del fatto che il progetto del governo (decontribuzione) vada avanti senza coperture finanziarie (che consentano di mantenere inalterate le prestazioni a favore dei cittadini).

La concorrenza da parte dei fondi aperti va accettata, ma tenendo presente che si tratta di una concorrenza tra soggetti diversi, dotati di mezzi ben diversi.

Occorre ritornare nelle aziende a fare le assemblee per aggiornare e confermare la validità della scelta a favore della previdenza integrativa.

Lapadula (Cgil) ha toccato altri punti dolenti delle proposte del governo: la volontà di introdurre disincentivi all’andata in pensione e i tentativi di restringere i requisiti d’accesso alle pensioni di anzianità. Ricordato inoltre il fatto che il principio della contribuzione definita è stato introdotto in una fase espansiva dei mercati finanziari; se dovesse perdurare nel lungo periodo una loro crisi andrebbe rivisto il meccanismo di funzionamento (infatti l’eventuale introduzione del tfr conferito obbligatoriamente ai fondi porrebbe tutto il rischio in capo al lavoratore).

A proposito del rapporto tra fondi chiusi e aperti, è stato sottolineato come il pericolo non sia rappresentato tanto dai fondi aperti quanto dai piani individuali di previdenza: la distinzione tra II e III pilastro della previdenza non può essere ridimensionata. Sia Nozzi (Filcams) che Paci (economista) hanno toccato i problemi posti dal difficile decollo dei fondi più piccoli e l’esigenza di trovare forme di unificazione (con quelli più grandi).

Sulle difficoltà dei fondi più piccoli è intervenuto anche Ferrante (Fiom), proponendo la necessità che gli enti di controllo o di consulenza suggeriscano veri e propri percorsi per facilitare confluenze e sinergie tra fondi (rispettando l’autonomia di rappresentanza delle fonti istitutive). Sottolineata inoltre l’esigenza di una divulgazione ampia degli aspetti finanziari del funzionamento dei fondi, tanto più in vista dell’introduzione del multicomparto.

Su quest’ultimo punto la Consulta ha compiuto un ulteriore approfondimento, partendo dall’esperienza recente di Fonchim. Qui la grande maggioranza dei lavoratori non ha espresso un’opzione (facoltativa), restando di fatto nella tipologia di linea di investimento data dal monocomparto. Solo il 5,1% ha scelto la soluzione di tipo monetario (basso rischio) e il 2,0% la linea crescita (a maggior rischio).

Tra i meccanismi che possono rappresentare un reale ausilio al socio (che altrimenti avrebbe difficoltà a operare una scelta) quella offerta da alcune società finanziarie di un “percorso guidato” che reagisce a seconda dell’andamento dei mercati.

Nello schema Fonchim l’iscritto può cambiare linea d’investimento una volta l’anno (ha a disposizione tre “finestre” in corso d’anno (a partire dalla terza volta che si cambia l’operazione ha un costo).

La legge, secondo l’interpretazione della Covip, dà la possibilità ai fondi di prospettare all’iscritto di suddividere la propria contribuzione periodica su più linee d’investimento: soluzione che secondo alcuni presenta meno problemi amministrativi di quanto si possa pensare. 

22 gennaio.

 

Articolo di Gianni Ferrante (Coordinatore Fiom per i fondi pensione) su “Rassegna sindacale”n.3 (28 gennaio ’03).

 

Più iniziativa per i fondi pensione in attesa della ripresa dei mercati

Anno nuovo, tempo di bilanci e proponimenti. Per la previdenza complementare il 2002 è stato un anno nero, a causa del sommarsi di più fattori negativi: innanzitutto il protrarsi dell’andamento negativo dei mercati finanziari, che dura ormai da oltre due anni e mezzo. Quindi l’incertezza che continua a gravare sulla legislazione previdenziale (generale e integrativa) che, non consentendo un quadro di riferimento sufficientemente certo, impedisce di avere una base solida su cui costruire e realizzare migliorie. Infine una conflittualità strutturale tra le forze sociali e questo governo che ha finito per generare una forte divisione sindacale (che a sua volta ha fortemente rallentato operatività e iniziative).

Nell’annus horribilis dei fondi pensione- come è stato definito il 2002 - la parte degli eroi negativi l’anno fatta quei fondi e quelle imprese americane che non solo hanno concentrato l’acquisto delle azioni (e quindi il rischio) da parte dei dipendenti sulla propria azienda, ma hanno espresso un grado di avidità (criminale) che ha portato a manipolare bilanci, a elargire stock option ai dirigenti, ad accordi tra società di revisione e consigli di amministrazione dei fondi a danno degli investitori. Una situazione così pesante da far dichiarare all’economista Paul Krugman che “nella coscienza degli americani il caso Enron rischia di pesare quanto e più dell’11 settembre”.

Fortunatamente – come rileva anche la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) – in Italia crisi del genere non potrebbero manifestarsi “in quanto nel nostro ordinamento sono previsti limiti quantitativi sufficientemente stringenti agli investimenti in titoli delle aziende sponsor dei fondi pensione”. Inoltre nel sistema americano la previdenza complementare si rivolge soprattutto ai redditi medio-alti (poco coperti dalla Social Security), mentre per i redditi medio-bassi i tassi di sostituzione della previdenza pubblica si aggirano attorno all’80%. Anche per questo la componente di investimento azionario nei fondi americani (o inglesi) è non di poco superiore a quella praticata nei fondi italiani (in particolare in quelli negoziali).

Fatto sta – come ci ha ricordato la settimana scorsa uno studio pubblicato dal “Financial Times” (ampiamente ripreso da “il Corriere della Sera”) che nel mondo i fondi pensione hanno chiuso in rosso per il terzo anno consecutivo, dopo una lunga stagione positiva che durava dal ’92! In Italia, dove l’esperienza dei fondi di categoria è recente, sarà il primo anno in cui i fondi negoziali chiuderanno con valori negativi (Cometa, il fondo dei meccanici, dovrebbe far registrare per il 2002,un risultato vicino a –2,8%).

Un risultato che oggettivamente pone dei problemi (peraltro anche quello, positivo, del 2001 era modesto), ma che va inquadrato nella giusta luce, poiché non manca in giro malizia nello spargere atmosfere cupe attorno alla previdenza complementare negoziale.

Giustamente il lavoratore associato, nel momento in cui indirizza le proprie risorse sul mercato finanziario (pure se si tratta di un fondo previdenziale) si pone un’ aspettativa di rendimento positivo, tanto più che è spesso detentore di un reddito medio-basso e quindi sottrae non un “di più” ma qualcosa dall’indispensabile.

La prima risposta a questo stato di cose non può essere che quella di ricordare che l’investimento in un fondo di previdenza complementare ha una finalità di lungo periodo; ha quindi davvero poco senso misurare i rendimenti su un solo anno o anche due. Inoltre, se è vero che il confronto tra il rendimento finanziario trova come termine di paragone immediato il rendimento del tfr (pari al 2,67% nel 2002), è anche vero che nel conteggio dei vantaggi non può essere omesso il contributo che l’azienda aggiunge sul conto del lavoratore (solo di quello iscritto), portando il rendimento complessivo dei versamenti al fondo ben al di sopra di quello del tfr lasciato in azienda.

Ciò nonostante i Consigli di amministrazione de fondi si devono porre il problema di “garantire” una qualche forma di rendimento minimo a un investimento che non ha finalità speculative e che è effettuato da redditi bassi. Una risposta a questo problema è l’introduzione del multicomparto. Oggi infatti è il Consiglio di amministrazione (CdA) del fondo che decide per tutti gli associati l’unica linea di investimento praticata (monocomparto). Alcuni fondi nel 2002 sono già passati a questa nuova esperienza (Fonchim, Fondodentisti, ecc.), altri si accingono finalmente a farlo nel corso di quest’anno(Fondenergia, Fopen e Cometa dal gennaio ’04). Ciò consentirà di offrire una gamma di opzioni con maggiore o minore rischio (e rendimento) a secondo delle esigenze e del profilo dell’iscritto (età, reddito, ecc.).

Anche in questo caso però si tratta di impieghi legati all’andamento dei mercati finanziari: resta quindi per i CdA il compito di individuare soluzioni che si avvicinino a forme di garanzia per coloro che vogliono sottrarsi al rischio di vedere diminuito il capitale versato.

L’introduzione del multicomparto e la necessità di superare i pericoli sopra ricordati potranno inoltre favorire la diffusione dei fondi etici. Proprio dopo l’anno in cui la fiducia nei fondi (soprattutto Usa) è stata messa a dura prova, assume particolare importanza la disponibilità di strumenti finanziari più trasparenti, che rifiutino, ad esempio, di investire in paesi e in imprese che calpestano diritti fondamentali (della persona, dell’ambiente, ecc.). Non si tratta di “infiocchettare” proposte finanziarie con argomenti sostanzialmente estranei al sistema, ma di innalzare la qualità complessiva dell’offerta finanziaria adottando anche strumenti come quelli del fondo californiano Calper che ha deciso l’embargo dei suoi investimenti verso Paesi che non offrono adeguate garanzie nei bilanci e tutela nei diritti dei lavoratori.

Cometa, il fondo negoziale italiano più grande, si sta avviando ad assumere questi nuovi traguardi e per farlo ha appena varato un piano di investimento per la comunicazione e la formazione, da realizzare lungo il 2003, teso a rilanciare, con il concreto apporto delle parti istitutive, le iscrizioni al Fondo.

Il nuovo piano di Cometa verrà presentato in un’Assemblea nazionale a Milano a fine febbraio, dando così via a un programma che le parti istitutive si troveranno impegnate a realizzare a fianco dei molteplici impegni e problemi. Saranno un insieme di occasioni importanti per valutare stato e prospettive dei mercati finanziari, per verificare il grado di efficienza amministrativa del Fondo, per misurare il grado di effettiva partecipazione delle imprese allo sviluppo dei fondi negoziali, per valutare il grado di consenso degli associati e di quanti ancora non si sono iscritti.

Ma Cometa, così come altri pochi fondi, ha ormai assunto una fisionomia stabile. Il problema riguarda invece quei fondi, non pochi, piccoli o piccolissimi, che stentano a partire o le cui prospettive nel medio periodo appaiono incerte nel momento in cui si valuta il rapporto tra costi fissi e rendimenti. Il rischio è anche quello di trovarsi di fronte a una disuguaglianza in termini di diritti e risorse (tra chi ha e chi non ha un fondo funzionante). Parti istitutive e organi di controllo devono al più presto contribuire a prospettare forme e percorsi di confluenza tra fondi grandi e piccoli, sinergie, forme di federalismo che salvaguardino da un lato l’autonomia delle parti istitutive  dall’altro garantiscano una gestione amministrativa e finanziaria efficienti.

8 gennaio 2003.

 

Si è svolto a Roma l’incontro tra le parti istitutive di Cometa e il Fondo. Erano presenti Fim (Trovò), Fiom (Ferrante), Uil (Colonna), Fismic (Martinelli) e Federmeccanica (Megaro), Assistal, più, in rappresentanza di Cometa, M. Agazzi, G. Militello e R. Santarelli.

Oggetto dell’incontro era il progetto di comunicazione predisposto dal Consiglio di amministrazione, finalizzato al rilancio delle iscrizioni al Fondo pensione dei metalmeccanici.

Il progetto, che prevede un consistente investimento da realizzare lungo il 2003, troverà attuazione in una fase in cui sono in atto problemi e impegni di vario tipo che coinvolgono le organizzazioni sindacali di categoria.

Se si vuole,a questi problemi si aggiunge una fase dei mercati finanziari che, pur tra qualche rimbalzo e recupero, da oltre due anni rimane contrassegnata da andamenti negativi. Anche le incognite legate al futuro e ai possibili esiti della legge delega sulle pensioni, contribuiscono a complicare gli scenari.

Ma, stante questa situazione, e visto che già nel II semestre del 2002 le iniziative concrete per il sostegno del Fondo sono state poche, è indispensabile oggi agire nelle condizioni date, senza rinvii, rilanciando tutti quegli aspetti positivi che fanno della previdenza privata una necessità e un vantaggio.

Semmai il piano proposto da Cometa offrirà l’opportunità per affrontare le questioni di ordine amministrativo, finanziario esistenti e le soluzioni che il Fondo prospetta per farvi fronte.

L’impegno economico che Cometa si assume con questo progetto da quindi valorizzato al massimo da parte della Fiom-Cgil, come sostiene la Segreteria nazionale, consapevoli che lo sviluppo di Cometa deve rimanere distinto da possibili conflitti derivanti dalle vicende contrattuali o da problemi unitari.

Con ogni probabilità il gennaio 2004 vedrà l’introduzione del multicomparto (ovvero la possibilità per il socio del Fondo di scegliere il profilo di investimento più congeniale alle sue esigenze. Questa scadenza comporterà la necessità di informare in modo capillare i lavoratori iscritti e non iscritti alla previdenza complementare.

Sarà quindi necessario che la Fiom nazionale e le sue strutture  territoriali programmino (in particolare per il II semestre 2003) iniziative e strumenti per affiancare l’opera di Cometa e per svolgere la necessaria azione di informazione rispetto all’introduzione del multicomparto.

Va infine ricordato a tutti noi che aldilà di una serie di iniziative particolari, da qualche anno le parti istitutive, e quindi la Fiom, non attuano una campagna vera e propria per il proselitismo verso i fondi pensione dei meccanici. Ciò vuol tra l’altro dire che nel frattempo molti nuovi lavoratori sono privi di un’informazione sulla previdenza e che anche delegati e sindacalisti che avevano acquisito una conoscenza sull’argomento sono cambiati.

Ciò rende ancora più necessario rilanciare quello che, lo ricordiamo, è un diritto sancito da contratto nazionale di lavoro.

Il progetto

Il progetto prenderà avvio nell’ultima settimana di Febbraio con un’iniziativa che si svolgerà a Milano e che vedrà la presenza, oltre che dei componenti l’Assemblea dei rappresentanti dei soci, tutti quei rappresentanti delle strutture territoriali del sindacato (di categoria e confederali, nonché dei patronati e delle aziende) che di occupano di previdenza complementare. Sarà l’occasione per fare il punto, per presentare le novità nel funzionamento del Fondo, per esporre i problemi irrisolti, nonché per far conoscere il progetto di comunicazione.

L’iniziativa sarà conclusa da una “tavola rotonda” cui parteciperanno i segretari generali.

Obiettivo del piano è quello di stimolare e sostenere le attività delle parti istitutive destinate alla crescita delle adesioni; dotare Cometa di  una maggiore capacità autonoma  e diretta di comunicazione verso i suoi interlocutori.

Le attività del piano si suddivideranno in un programma di formazione dei rappresentanti dei lavoratori e delle aziende (segnalati dalle parti istitutive). Si tratterà di 12 seminari formativi, da realizzarsi nel corso del 2003 in due diverse città (nord e centro-sud).

A supporto di questa attività verranno realizzati dei materiali di documentazione: Brochure sui vantaggi dei fondi negoziali; documento sul multicomparto; creazione di una presentazione standard per assemblee e riunioni (lucidi e power point); edizioni speciali di “Cometa news”; ripresa delle locandine di Altan da affiggere nelle aziende. Inoltre video-interviste per interventi “virtuali” di esperti, senza necessità di presenza fisica; depliant per i nuovi assunti (“Cometa è un tuo diritto”); brochure diretta alle aziende e agli uffici del personale dedicata a Cometamatica per accelerare la penetrazione dello strumento e favorire il supporto alle adesioni.

Verrà programmata inoltre una campagna pubblicitaria radiofonica anche al fine di creare un primo nucleo di “immagine istituzionale e di prodotto”.

Così riassunto il piano, vi sottolineiamo l’importanza di un contributo fattivo delle strutture sindacali per la riuscita del piano stesso.

www.cometafondo.it