Assemblea nazionale Fiom-Cgil
Cervia, 22-23 settembre 2011

   

Quella che segue è la trascrizione, non rivista, della relazione tenuta da Maurizio Landini


 

Maurizio Landini, segretario generale Fiom-Cgil

Relazione introduttiva
 

Nell'Assemblea di oggi è di domani dovremo prendere delle decisioni molto importanti ed è quindi necessario fare una discussione che sia all'altezza dell'importanza dei temi che abbiamo di fronte.

Vi dico in modo altrettanto netto che noi non stiamo discutendo semplicemente una piattaforma ordinaria come può essere stato altre volte in situazioni “normali”. Noi siamo di fronte a una situazione mai vissuta in precedenza, sia sul terreno della gravità della crisi economica e sociale, che riguarda e coinvolge il nostro paese, le lavoratrici e i lavoratori metalmeccanici, sia di fronte a un attacco ai diritti, alle leggi, al lavoro che non ha precedenti. E credo che per questa ragione noi vogliamo riconquistare un contratto nazionale di lavoro e che vogliamo realizzare un accordo che faccia in modo che i metalmeccanici abbiano un unico contratto condiviso da tutte le organizzazioni sindacali e da Federmeccanica, che sia da loro condiviso e votato.

Dire con chiarezza che questo è il nostro obiettivo, conoscendo le difficoltà che abbiamo di fronte, da l'idea del significato importante che questa scelta comporta. Dico, anche qui fin dall'inizio, che la relazione che farò non è fatta a nome di tutta la segreteria, ma per come ci conosciamo credo che questa assemblea sia capace di discutere, di confrontarsi e di decidere una piattaforma alla fine con la capacità di confronto, di pluralismo e di democrazia che contraddistingue anche la nostra azione.

Io penso che la piattaforma da presentare alle controparti debba essere non solo coerente con le decisioni prese proprio qui a Cervia a febbraio scorso, ma coerente anche con la pratica e le lotte che quest’anno abbiamo fatto, sia nelle situazioni di crisi, sia per contrastare l'offensiva della Fiat, sia laddove abbiamo realizzato tanti accordi – sia in situazioni di ristrutturazione sia in altre situazioni – essendo anche capaci di determinare una pratica concreta nonostante le difficoltà che ci siamo trovati di fronte. E penso che la piattaforma che noi dobbiamo in questi giorni decidere non debba essere semplicemente una proposta per resistere di fronte alle difficoltà, ma debba avere l'ambizione di indicare un terreno credibile per la riconquista del contratto e per poter ripartire, indicando anche una linea contrattuale che coerentemente deve essere realizzata in tutto il paese. E lo dico perché noi siamo di fronte a una crisi che rischia di ampliare le diversità e le differenze. Siamo di fronte a un tentativo esplicito da parte della Fiat, della Confindustria e del Governo di usare questa crisi per cancellare i diritti e per aprire contraddizioni e divisioni tra le lavoratrici e i lavoratori.

Noi di questo dobbiamo essere consapevoli, perché siamo impegnati a tenere assieme una categoria impegnata in lotte quotidiane, e penso in questo momento alla Fiat di Termini Imerese e alla Irisbus, con il fantomatico piano Fabbrica Italia della Fiat che porta intanto alla chiusura di questi stabilimenti e al rischio che 4.000 posti di lavoro se ne vadano. E allo stesso tempo noi abbiamo da fare i conti con aziende che ci chiedono l'aumento dell'utilizzo degli impianti e che ci pongono anche altri problemi, a volte anche con un tentativo esplicito di usare queste situazioni per dividere la nostra capacità contrattuale.

Quindi quando dico che abbiamo di fronte la responsabilità di offrire, con la piattaforma, un terreno credibile alle lavoratrici e ai lavoratori metalmeccanici di riconquista di un contratto, ma anche di una coerenza di azione contrattuale, io credo che questo sia un argomento su cui tutti insieme dobbiamo cimentarci. E penso che sia molto importante – e lo dichiaro fin dalla relazione – che da questa Assemblea si possa uscire con una piattaforma di tutta la Fiom. Che sia in grado di offrire alle lavoratrici e ai lavoratori un terreno di discussione, di voto, per come siamo fatti noi, sottoponendola a referendum, ma essendo in grado di offrire, insisto, un elemento preciso di azione e di contrattazione.

E quando dico questo non mi nascondo dietro alle difficoltà. Noi partiamo dal fatto che c'è un contratto separato, partiamo dal fatto che il contratto del 2009 firmato da Fim e Uil contiene già la derogabilità al livello aziendale, siamo in presenza del fatto che alla Fiat hanno addirittura fatto una legge per affermare che gli accordi – per i quali è stata condannata dai Tribunali italiani per comportamento antisindacale – sono legislativamente validi, e siamo in presenza del fatto che non ci sono oggi regole democratiche che siano in grado di gestire dissensi tra le organizzazioni sindacali. Questo io credo sia il punto di partenza.

Il primo argomento che dobbiamo mettere sul tavolo è come si fa ad impedire la pratica degli accordi separati. Credo che il primo punto che noi dobbiamo inserire nella nostra piattaforma, è di proporre a Fim e Uilm e alle nostre controparti, la necessità di aprire un tavolo di trattativa proprio su questo punto, che riconfermi le rsu come unico soggetto contrattuale e credo che sia necessario per la validazione dei contratti, nazionali e aziendali, stabilire delle regole che permettano l'approvazione degli accordi con il voto delle lavoratrici e dei lavoratori.

E allo stesso tempo credo che noi dobbiamo proporre a Fim e Uilm e alle nostre controparti anche il fatto di andare rapidamente nella nostra categoria alla certificazione della nostra rappresentanza, sia per quanto riguarda gli iscritti, sia a una tornata generalizzata, nei prossimi mesi, delle elezioni per le Rsu in tutto il paese, per rendere esplicito e chiaro il livello di rappresentanza democratica dei sindacati.

Noi non abbiamo mai fatto accordi separati e mai lo faremo, noi non abbiamo mai fatto accordi che escludono altri sindacati dalla rappresentanza e mai lo faremo. Noi non abbiamo mai testimoniato in processi dove in gioco c'è il licenziamento o meno di un lavoratore o di un delegato e mai lo faremo. Ma proprio per queste ragioni io trovo che sia necessario mettere sul terreno questa nostra disponibilità. E lo dico perché io ho incontrato i segretari di Fim e Uilm nei giorni scorsi e nel confronto con loro ho reso evidente che il nostro obiettivo nel presentare la piattaforma non è quello – non siamo così pazzi – di pensare di fare un contratto solo della Fiom in alternativa ai contratti separati che altri hanno fatto. Abbiamo messo sul piatto in modo molto esplicito che siccome il contratto del 2008 – come ha detto anche la giurisprudenza e come molte imprese hanno affermato – ha ancora una sua validità, il presentare la piattaforma innanzitutto vuol far scattare l'ultrattività del contratto nazionale e impedire qualsiasi tentazione a qualsiasi impresa di poter dire che da gennaio noi non saremo più firmatari di nessun contratto e quindi potrebbero toglierci permessi, trattenute sindacali ecc., ma allo stesso tempo perché per noi la riconquista di un nuovo contratto nazionale è un contratto unico, che sia unitario perché firmato da tutti ma soprattutto perché condiviso dalla maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici. E che se questa disponibilità da parte loro c'è, e se c'è anche la disponibilità di confermare che l'unico soggetto di rappresentanza sono le rsu elette da tutte le lavoratrici e i lavoratori e non nominati dalle organizzazioni sindacali con un diritto di voto delle lavoratrici e dei lavoratori sia nei contratti aziendali sia nei contratti nazionali, noi siamo pronti a discutere di un sistema di regole che sia in grado di garantire questo diritto e di riconoscere anche il pluralismo sindacale che esiste nel nostro paese e che consideriamo un valore.

Negli incontri con Fim e Uilm, per essere sincero, non ho avuto le risposte che cercavo. Mi è stato detto che era meglio che noi non presentassimo la piattaforma, che ritirassimo la disdetta del patto di solidarietà. Io mi sono permesso di dire una cosa molto semplice, noi non proponiamo a Fim e Uilm di ritirare la firma all'accordo separato che hanno fatto, o di fare altri atti, siamo realistici e sappiamo che c'è un terreno di iniziativa comune. Ma proprio per questa ragione noi crediamo che c'è un punto di fondo a cui bisogna dare una risposta e c'è un impegno che deve essere preso, secondo noi, anche dalle controparti, e cioè la volontà concreta di dire che non si fanno più accordi separati. E questo atto di volontà significa accettare che ci si da delle regole per evitare che questo avvenga, e quando c'è un dissenso tra le organizzazioni debbono essere le lavoratrici e i lavoratori a poter decidere e non basta più che questo accordo sia tra le organizzazioni sindacali, c'è bisogno che quest'accordo sia sottoscritto anche dalle nostre controparti, da Federmeccanica, da Unionmeccanica o dalla Lega delle cooperative. Questo è il tema di fondo, e noi siamo pronti ad affrontarlo.

Dico questo, perché proprio questa mattina mi è arrivata una lettera firmata dal segretario generale della Uilm, Rocco Palombella – per la verità spedita alla presidenza del Consiglio, alla Confindustria e per conoscenza a noi e alla Fim – in cui egli dichiara che la sua organizzazione si impegna a non applicare il comma 2 dell’articolo 8 della manovra Finanziaria. Io trovo naturalmente che uno che fa un atto del genere fa un atto importante, ma vorrei chiarire senza polemiche particolari che per noi l'articolo 8 va cancellato completamente, perché tra le altre cose contiene anche il comma 3, quello che da validità agli accordi Fiat. E se non vogliamo raccontarci delle balle, l'articolo 8 esiste perché esistono gli accordi della Fiat e perché la Fiat ha chiesto da un anno di fare una legge che vada in quella direzione.

La stessa riuscita dello sciopero del 6 settembre, che ha visto come novità il fatto che nelle fabbriche hanno scioperato non solo gli iscritti alla Cgil, ma anche quelli alla Fim e alla Uilm, forse qualche significato ce l'ha. Ma proprio per questa ragione, se si vuole ridare dignità alla contrattazione, e riconoscere a questa una propria autonomia, allora bisogna cancellare l'articolo 8 e quella legge, e fare una legge sulla rappresentanza e sulla democrazia. Lo dico perché uno potrebbe pensare che forse la Fiom non si fida, e forse in base all'esperienza qualche ragione ce l'avremmo.

Ma il ragionamento di fondo è che i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori non sono proprietà di nessuno, neanche dei sindacati, della Fiom o della Cgil. E se sono diritti indisponibili devono rimanere tali.

Noi in questo modo vogliamo aprire questa discussione e offriamo anche un terreno, perché consideriamo che la democrazia e le regole democratiche sono il terreno per poter ricostruire un'azione unitaria dei sindacati, in particolare perché per noi l’unità non è solo la somma delle organizzazioni sindacali. L’unità è prima di tutto un diritto delle lavoratrici e dei lavoratori. E che per esercitarlo devono avere la possibilità di discutere, come avviene dappertutto quando non si è d'accordo, e trovare con i propri compagni di lavoro le soluzioni migliori. E penso che su questo punto anche le controparti non devono fare il pesce in barile, perché se esistono gli accordi separati non è solo perché Fim e Uilm li firmano, ma anche perché le imprese – o il Governo quando rappresenta la controparte – di volta in volta decidono con chi gli conviene maggiormente fare gli accordi. Ed è l'assenza di regole che gli da questa possibilità. Allora se davvero anche le imprese di fronte alla gravità della crisi chiedono senso di responsabilità a tutti, è il momento che anche loro si assumano delle responsabilità, e la prima responsabilità che noi chiediamo al sistema delle imprese è che la smettano con gli accordi separati. E se si fa un accordo sulle regole, noi siamo pronti a rispettarlo purché sia un accordo condiviso.

C'è anche un altro elemento, ed è che quando i lavoratori votano devono poterlo fare senza ricatti, dicendo di sì o di no liberamente. Perché io trovo singolare che ci troviamo di fronte al fatto che quando fai queste discussioni ti spiegano che è difficile far votare i lavoratori e poi l'unico momento in cui tutti hanno riconosciuto che c'era un referendum e addirittura hanno fatto il tifo per indicare una cosa o l'altra, è stato quando si è votato alla Fiat, guarda caso quando i lavoratori erano sotto ricatto e gli è stato chiesto dimmi di sì o ti chiudo la fabbrica.

E proprio perché noi siamo consapevoli della crisi che c'è in questo paese e delle difficoltà che chi lavora sta vivendo, riteniamo che la volontà debba misurarsi con degli atti concreti che vanno in questa direzione.

E proprio riguardo la crisi, pesantissima, che ci sta attanagliando, il problema di fondo che si sta evidenziando è che non si sta in nessun modo intervenendo sulle cause che questa crisi l'hanno determinata. Ed è indubbio che una di queste cause – oltre la finanziarizzazione, la precarietà, la redistribuzione del reddito a danno di chi lavora ecc. – è che è stata costruita un'Europa sulla moneta ma non esiste un'Europa sociale, dei diritti, e dentro la dinamica generale quello che è andato in crisi è proprio il modello di sviluppo, e l'uscita da questa crisi richiede davvero che si ripensi oggi cos'è il prodotto.

Quando si parla di sviluppo ambientalmente e socialmente sostenibile, in realtà, significa che non è più pensabile che da questa crisi si esca pensando che ci sia una semplice ripresa dei consumi come l'abbiamo conosciuto in tutti questi anni. E' necessario aprire una discussione che affronti il problema di cos'è il prodotto oggi, di cosa serve produrre, che sostenibilità ha ecc., ma per fare una cosa di questo genere c'è bisogno di investire sulla ricerca, sullo sviluppo, sulla qualità del lavoro, ma c'è bisogno anche di un diverso rapporto con l'università, la ricerca, e in questo senso il contratto nazionale può avere anche un significato di politica industriale. Il punto vero, infatti, è che il governo sta usando questa crisi per cancellare, attraverso le varie manovre e i vari articoli 8, qualsiasi vincolo sociale, qualsiasi possibilità di contrattazione collettiva delle condizioni di lavoro, andando verso una balcanizzazione, dove quello che viene detto alle persone è che devono competere tra di loro, un lavoratore contro un altro, un'azienda contro un'altra, e il superamento del contratto nazionale ha proprio questo significato. E in un paese diviso come il nostro, dove le differenze tra Nord e Sud si sono evidenziate ancora di più, proprio nel Mezzogiorno l'assenza del contratto nazionale – che da sempre è stato lo strumento che ha impedito alle imprese di abbassare i diritti, i salari e di stravolgere gli orari di lavoro – rischia di portare a un processo di contrapposizione tra lavoratori.

E' questo quindi che vogliamo dire quando affermiamo che riconquistare oggi il contratto nazionale di lavoro non è solo voler difendere i diritti della parte che rappresentiamo, ma sta dentro un'idea non solo di resistenza, ma di cambiamento del processo sociale che abbiamo di fronte e della riapertura di un'azione che rimetta al centro il significato del lavoro, degli investimenti, della politica industriale. Questo vuol dire oggi battersi nel paese contro le chiusure degli stabilimenti e contro i licenziamenti, per processi di innovazione. E noi dobbiamo porci il problema che il contratto nazionale sia in grado di riunificare le diversità e le frantumazioni che si stanno determinando nei posti di lavoro e nei processi lavorativi.

E la frantumazione del processo produttivo ha portato a un sistema di appalti e subappalti che porta ad avere, sotto lo stesso tetto, lavoratori che fanno lo stesso lavoro, hanno diritti diversi e sono in contrapposizione fra di loro. Se noi non rilanciamo un'idea di contratto nazionale di lavoro che sia in grado di riunificare questi diritti e dia una prospettiva, l'idea che senza contratto nazionale di lavoro si sta meglio e che con la contrattazione aziendale si affrontano meglio i problemi è una bugia pura, perché senza un contratto nazionale che garantisca diritti a tutti, quella aziendale non diventa altro che una contrattazione corporativa e aziendalistica a perdere, dove il tuo concorrente diventa il lavoratore di un'altra azienda che produce il tuo stesso prodotto.

Del resto Marchionne – con il quale non siamo d'accordo quasi su nulla, ma almeno le cose le dice con chiarezza e rispetto ad altri non è ipocrita – nel 2009 quando presentò a palazzo Chigi il piano Fabbrica Italia, disse che la competizione portava a una guerra tra stabilimenti, e che i dipendenti della Fiat dovevano combattere contro i dipendenti di altri stabilimenti. Dietro a questo ragionamento c'è l'idea del superamento del contratto nazionale e di un'idea di centralità assoluta dell'impresa e di superamento di qualsiasi vincolo e di qualsiasi diritto. E se vi ricordate un anno fa, su Pomigliano, erano in tanti che cercavano di convincerci che era brutto ma che si trattava di un caso eccezionale, non ripetibile, che si doveva fare perché ci si muoveva in un territorio particolare. A distanza di un anno e mezzo siamo di fronte al fatto che adesso c’è una legge dello Stato che generalizza e anche da la possibilità di fare peggio di quell'accordo.

E' per questo che io penso che una delle ragioni che ha pesato tantissimo nella riuscita dello sciopero del 6 settembre, è stata la battaglia contro l'articolo 8. E penso che su questo punto l'impegno che non solo la Fiom, ma tutta la Cgil ha messo in campo, deve portarci a non escludere nessuno strumento, a partire dal ricorso alla Corte costituzionale fino ad arrivare a un referendum abrogativo. E dobbiamo chiedere alle forze politiche di dirci cosa intendono fare, perché non c'è la possibilità di mediare o di fare qualche emendamento: quella legge va cancellata.

Quello che è successo in questi ultimi tempi, con la partecipazione alle manifestazioni della Fiom e della Cgil dei precari, degli studenti, delle donne, dei movimenti, è accaduto perché nella testa delle persone è scattato qualcosa: finalmente dopo tanti anni si sta facendo un ragionamento sui valori. Se per vent'anni Berlusconi ha vinto è perché ha preso i voti, aveva un consenso, perché aveva trasmesso anche dei valori culturali. Io ho la sensazione che il ruolo, insostituibile, della Fiom e della Cgil nelle lotte che abbiamo fatto in questi anni, ha riaperto questa discussione. Ed è per questo che noi abbiamo bisogno, quando diciamo che va rimesso al centro il lavoro, di utilizzare tutti gli spazi, perché questo vuol dire ripensare la società, ridarci l'obiettivo come sindacato, nel contrattare la condizione di chi è in fabbrica, ci poniamo il problema di cambiare questa società anche fuori dalla fabbrica.

Perché se ci pensiamo, il problema non è solo la democrazia nei luoghi di lavoro, che oggi non c'è, ma quello che noi dobbiamo affrontare, e che anche la politica deve affrontare, è che oggi siamo di fronte a una riduzione degli spazi di democrazia nel nostro paese e in Europa. A voi sembra normale, ad esempio, che in Europa a decidere i tagli da fare sia la Bce? A voi sembra normale che qualsiasi governo, di qualsiasi colore, in Europa, quando c'è la necessità di risanare i bilanci tagli le pensioni, la sanità e tutto il resto? Tutto questo non dimostra che c'è una concentrazione del potere privato, sia finanziario, sia delle multinazionali, sia delle banche che non ha precedenti? Non è un caso che non si sia ancora intervenuti sulle ragioni che hanno provocato questa crisi; non è una caso che non sono ancora state tassate le transazioni finanziarie, che non è stata inserita una patrimoniale ecc. Se non si fa una battaglia di questa natura è evidente che i tagli da fare sono altri, che si torna a chiedere di pagare a chi ha già pagato.

Ma io credo che un sindacato, per difendere i diritti di quelli che rappresenta, deve avere la forza di fare proposte che siano in grado non solo di ridurre il danno ma di aprire anche un processo di cambiamento. Ed è questo io credo il significato che noi dobbiamo dare alla piattaforma che vogliamo costruire.

Voglio anche dire con estrema chiarezza che io trovo importante che questa discussione oggi veda il coinvolgimento pieno della Cgil e la presenza del segretario generale della Cgil. Lo dico per una ragione molto precisa: esistono dei punti sui quali ci sono delle idee diverse, e credo che forse nell'anno che abbiamo alle spalle abbiamo discusso troppo poco e ci sarebbe stato bisogno di discutere di più. Penso che sull’accordo del 28 di giugno esiste una diversa valutazione tra noi e la Cgil e sulla necessità di firmare quell'accordo. Il punto che non mi convince è che non c’è in quell’accordo, sul terreno della democrazia, la soluzione al problema degli accordi separati. Sul terreno ad esempio dei contratti nazionali – pur con la certificazione della rappresentanza che è un punto importante – lì non è scritto come si fa a validare un contratto e come si fa, quando ci sono idee diverse, ad evitare un accordo separato. Perché, ad esempio, mentre la Fim e la Uilm scrivono delle lettere in cui dicono che non applicano il comma 2, alla Sevel di Atessa hanno fatto un accordo separato, alla Pirelli di Firenze hanno fatto qualche giorno fa un accordo separato: regole condivise e vincolanti tra le parti che impediscano la pratica degli accordi separati oggi non ci sono.

Io considero che non aver risolto questo problema è un punto di debolezza del sindacato. E lo dico non perché sia facile risolverlo, ma perché a volte siamo di fronte anche a strategie diverse tra le organizzazioni sindacali, e penso che anche in questo ci sia un'evoluzione della nostra discussione. Ma, fermo restando l'importanza anche degli impegni di altre organizzazioni e di Confindustria, dire che nelle sue aziende non si applicheranno le cose peggiori dell'articolo 8, io credo – lo dico come Fiom e come Cgil – che quando si arrivano a fermare degli accordi senza farli votare dalle lavoratrici e dai lavoratori, si sta facendo una cosa sbagliata, e considero che non ci siano ragioni di emergenza che possono motivare questa scelta. Lo dico con tranquillità, perché credo che sia utile trovare il modo di dirci le cose, di poter ragionare, sapendo che bisogna togliere argomenti a chi pensa che il problema è sempre quello di una competizione tra la Fiom e la Cgil. Qui siamo tutti della Cgil e tutti assieme, anche con idee diverse, siamo qui per discutere e trovare delle soluzioni. E trovo che sia un atto di responsabilità poter dire che si è d'accordo o che non lo si è. E quando si fa finta di essere tutti d'accordo per vedere se qualcuno va a sbattere è molto peggio che fare una discussione in cui si dice cosa si pensa.

Dico questo perché noi siamo di fronte a un passaggio importante: in un paese dove l'80% delle imprese ha meno di 50 dipendenti e dove – come vedo nella nostra categoria – ci sono tantissime imprese che non aderiscono a nessuna associazione datoriale e di fronte al fatto che un'impresa come la Fiat, alle aziende della componentistica e dei suoi fornitori, chiede di lavorare come vuole lei o di non lavorare, con i ricatti che questo determina, io dico che abbiamo tutti un problema, che riguarda il fatto che se noi non mettiamo in campo un'azione che renda esplicito l'obiettivo non solo di cancellare l'articolo 8 ma di ribaltare quello che la Fiat sta facendo, per le conseguenze e il messaggio che questo può avere in senso generale, noi fino in fondo non affrontiamo il problema che abbiamo di fronte. Questo è l'elemento di novità che abbiamo di fronte e i rischi concreti che ci possono essere. E lo dico perché a a me colpirono molto le assemblee che feci a Mirafiori, perché le persone vennero da me e mi dissero: tu hai ragione, ma io non ce la faccio a votare contro, perché ho il mutuo, sono separato, perché ho paura. Questo fa capire che quei lavoratori sono ricattati e non gli si può chiedere di fare gli eroi e se non si vuole lasciare soli quei lavoratori bisogna essere in grado di dire che quello non è solo un loro problema ma è un problema di tutti, della categoria, del sindacato ed è per questo che dico che anche un impegno tra le organizzazioni non risolve questo aspetto e sappiamo che gli altri pensano che non solo va bene l'accordo Fiat, ma va bene anche il comma 3 (dell'articolo 8 della manovra) perché forse gli risolve dei problemi. Per queste ragioni credo che ci sia la necessità che su questo terreno e con queste situazioni sia importante sviluppare un'azione precisa che vada in questa direzione. Per queste ragioni credo che sia molto importante che oggi venga definita una piattaforma. Quando dicevo all'inizio che credo che la nostra non possa essere una piattaforma ordinaria è proprio perché siamo di fronte a una situazione che non ha precedenti. Io credo che ci siano almeno 3 elementi di fondo che al loro interno hanno l'obiettivo di riconquistare un contratto e un'idea di contrattazione all'altezza della situazione che abbiamo di fronte. Della democrazia ho già parlato, ma c'è un'altro punto che riguarda il fatto che un contratto per essere degno di questo nome deve essere un contratto non derogabile, deve essere un contratto in grado di garantire diritti uguali in tutto il paese e dobbiamo riaffermare che la contrattazione di secondo livello – poi la si può sperimentare (può essere aziendale, di sito, di filiera, territoriale) - deve essere una contrattazione che è integrativa o al massimo che è gestionale degli accordi che si fanno. Un contratto derogabile vuol dire che prevede delle "clausole di uscita" e cioè che a livello aziendale o territoriale si può derogare e peggiorare. Altra cosa è pensare che io ho un contratto nazionale con diritti e regole che non sono modificabili da nessuna parte e posso decidere che ci sono temi o materie che hanno anche dei rimandi alla contrattazione aziendale perché quello è il luogo per definire in modo più preciso di cogliere le specificità che in quel settore e in quella azienda possono esserci, ma questa è un'altra cosa, è la pratica che in questi anni ha determinato la capacità di affrontare molte situazioni. Quando dico questo so che noi a differenza di altre categorie abbiamo un problema in più, che è determinato dalle controparti che abbiamo. Non l'abbiamo purtroppo scelta noi la Fiat, ma ce l'abbiamo. Il messaggio che sta arrivando è che la Fiat nonostante tutto userà la legge, almeno nel settore auto, per uscirsene e la Fiat non solo ha già tagliato i permessi ai delegati della Fiom e negli stabilimenti Fiat non abbiamo più ore perché c'è solo la Legge 300, ma dal primo gennaio del 2012 ha già detto che andrà avanti: non riconoscerà più i permessi sindacali, non riconoscerà le trattenute sindacali e così via.

E allo stesso tempo siamo di fronte a una situazione che ha queste caratteristiche così come, il nostro contratto è l'unico che ha queste caratteristiche e che già prevede la derogabilità totale di qualsiasi cosa. Avevano già scritto Fim e Uilm nell'accordo separato che non si potevano derogare i minimi e l'elemento perequativo e i diritti indisponibili sanciti per legge, adesso che c'è una legge che dice che è tutto derogabile quell'accordo forse andrebbe riscritto. Quando si dice che vogliamo riconquistare un contratto unitario firmato da tutti e approvato dai lavoratori senza deroghe so perfettamente che partiamo in salita e abbiamo di fronte a noi il fatto che gli altri il contratto con le deroghe lo hanno già fatto. Ma penso che noi o riconquistiamo un contratto con queste caratteristiche o siamo di fronte alla cancellazione del contratto e in questo senso anche la necessità di affrontare e di sviluppare la contrattazione aziendale ha un altro significato con una situazione di questo genere. E io credo che questo punto, insieme a quello della democrazia e insieme naturalmente ad altri temi, indicano un obiettivo strategico per la riconquista di un contratto nazionale di lavoro che presuppone anche una coerenza nella pratica contrattuale che si fa nei luoghi di lavoro e che sostanzialmente si mette in campo.

Credo poi che ci siano altri due temi importanti che vanno affrontati, uno indubbiamente riguarda il problema dell'occupazione, della precarietà e della riorganizzazione delle imprese. Di fronte a quello che sta avvenendo credo che l'obiettivo del blocco dei licenziamenti e del ricorso ai contratti di solidarietà e a tutte le strumentazioni alternative possibili sia un punto che noi dobbiamo riproporre e credo che allo stesso tempo abbiamo il problema di affrontare e di ragionare sulla precarietà. Io credo che qui oltre alle richieste classiche (il diritto all'informazione, la trasparenza, il ridurre i tempi di stabilizzazione ecc.) ci siano almeno altri due elementi che vanno affrontati. Se vogliamo fare in modo che il contratto parli a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori con qualsiasi tipo di contratto che oggi sono dentro le imprese metalmeccaniche dobbiamo fare in modo che il contratto sia in grado di rappresentare i loro interessi. Dire allora che qualsiasi rapporto di lavoro che c'è in azienda deve avere a parità di mansione parità di retribuzione oraria io credo significhi un punto importante così come credo che dobbiamo anche dire oltre ai percorsi di stabilità che vanno mantenuti e migliorati che bisogna introdurre che i lavoratori con contratti atipici devono maturare una retribuzione alla fine del loro rapporto superiore a quella che prende un altro lavoratore. Questa crisi ha determinato che ci sono migliaia di lavoratori precari che sono rimasti a casa e che non hanno nemmeno gli ammortizzatori sociali. Io non dico che questo risolverebbe i problemi, ma noi dobbiamo cominciare a dire con chiarezza qual è la direzione che vogliamo seguire e che vogliamo un contratto in grado di includere anche chi oggi ne è escluso e di far diventare quindi la tutela e l'estensione dei diritti un elemento chiave.

Credo anche che noi dobbiamo proporre un altro tema che riguarda un rapporto tra l'occupazione e l'orario di lavoro perché siamo di fronte al tentativo non solo in Italia ma anche in Europa di un aumento dell'orario di lavoro, un aumento delle ore lavorate ma anche un aumento dell'intensità del lavoro, perché l'aumento della produttività viene legato solo al fatto che le stesse persone debbano lavorare con maggiore intensità. Da questo punto di vista io credo che un problema del rapporto tra gli orari e l'occupazione sia un terreno che noi dobbiamo tenere aperto e rendere evidente. Penso in questo senso ad esempio che laddove pongono il problema di un aumento dell'utilizzo degli impianti dobbiamo dire con chiarezza che questo per noi si deve risolvere aumentando le squadre e riducendo l'orario di lavoro perché questo è un modo per affrontare il problema avendo anche un rapporto con l'occupazione. Certo questo non vuol dire una riduzione generalizzata per tutti i lavoratori, non ho contrarietà all'obiettivo, ma se vogliamo fare una piattaforma "credibile" e cioè fare in modo che le persone pensino che quello che chiediamo può essere portato a casa e può essere un contratto dignitoso io credo che, con la crisi che c'è, non siamo nella condizione di tenere assieme una richiesta di aumento salariale, che ci deve essere, che recupera e difende il potere d'acquisto e nello stesso tempo dire che insieme a questo riduciamo in modo generalizzato l'orario di lavoro quando dall'altra parte le imprese ci stanno chiedendo di abbassare i salari e di aumentare l'orario di lavoro per tutti. Lo dico per franchezza, perché non dobbiamo fare una discussione finta, tutti siamo per lavorare meno e stare meglio economicamente. Dico che dobbiamo avere la capacità oggi di fare delle scelte e di essere in grado di rispondere alla crisi e alla situazione in cui ci troviamo e penso che mettere oggi al centro il fatto che di fronte a un aumento dell'utilizzo degli impianti noi mettiamo come soluzione l'aumento delle squadre e la riduzione dell'orario di lavoro vuol dire tenere aperta questa iniziativa anche quando si sarà usciti da questa crisi e credo che siccome hanno fatto anche qualche intervento sulle festività in cui pongono il problema di far lavorare di più le persone, noi potremmo per una logica conseguenza chiedere una cosa ben precisa: il contratto del 2008 aveva fatto la parificazione della normativa tra operai e impiegati, poi come è noto il giorno di ferie in più è stato riconosciuto solo a quelli che avevano già 10 anni di anzianità e 55 anni, io credo che sia venuto il momento visto che le festività e qualche giorno di lavoro in più ce lo danno, di poter fare un ragionamento che non mi pare eversivo, che dica che nella parificazione normativa la possibilità di maturare prima il giorno di ferie in più sia un elemento che ha una sua fondatezza contrattuale. Poi c'è il problema dell'appalto e del subappalto che riguarda non solo il fatto che vengano rispettati i contratti ma che quando ci sono cambi di appalto, soprattutto in alcuni settori, quei lavoratori mantengano non solo i diritti che avevano ma anche il posto di lavoro che avevano è un altro terreno di tutela che dobbiamo affrontare perché questo è un argomento importante che abbiamo di fronte. Credo poi che ci siano almeno altre due questioni che dentro alla piattaforma debbano trovare una loro collocazione. Uno è quello che io chiamerei "partecipazione e negoziato". Noi oggi siamo in una situazione dove non solo non viene applicata la prima parte dei contratti, quella informativa, ma addirittura siamo in un paese dove la campagna per la partecipazione porta a dire che si partecipa se dividono le azioni quando ce le hanno o la partecipazione è fare quello che dice l'impresa, con sanzioni contro i lavoratori o contro le organizzazioni se non sono d'accordo come è avvenuto in Fiat. Allora io sono convinto che se vogliamo rilanciare la contrattazione e cioè se vogliamo fare in modo che le lavoratrici, i lavoratori, le Rsu e i sindacati tornino a contrattare la prestazione lavorativa delle persone, noi abbiamo bisogno di diritti che oggi non abbiamo che sono quelli di vincolare le imprese a discutere preventivamente con noi delle scelte che fanno, a darci la possibilità di conoscere e di avanzare delle proposte. Se avviene che un'azienda accetta che prima di cambiare modello organizzativo, prima di fare un investimento coinvolge in un confronto preventivo l'organizzazione sindacale e la Rsu, mette nelle condizioni il lavoratore di dire quello che pensa e di avanzare una proposta anche se poi non è detto che fai un accordo e se la azienda si impegna a dire che finché non è finita questa procedura di confronto azioni unilaterali non se ne mettono in campo e quindi non si modificano i tempi, non si modificano i carichi, non credo di dire una cosa che non sta in piedi se dico che di fronte a una sistema di relazioni di questo genere potrebbe aver senso dire che allora il contratto nazionale dà la possibilità che a livello aziendale definisci delle procedure e dei tempi dove le parti sono entrambe impegnate a non fare atti unilaterali fino a quando ci si confronta e si discute e poi eventualmente si trovano delle soluzioni. Questo non è rinunciare a dei diritti, questo è chiedere alle imprese che rinuncino loro a fare quello che gli pare e di riconoscere a me, sindacato, di poter discutere e di poter essere coinvolto. Si può anche valutare che non è il momento di chiederlo, non considero nemmeno che questo sia un punto centrale della piattaforma però discutiamone nel merito, questa è la proposta che faccio. E penso che dopo l'articolo 8 della manovra a questo governo è rimasta solo da fare la legge per la limitazione del diritto di sciopero. Io allora non solo voglio cancellare l'articolo 8 ma voglio che la proposta che i lavoratori e il sindacato fanno è che siamo pronti ad assumerci delle responsabilità ma solo se ci viene riconosciuto il diritto di poter contrattare e di poter discutere prima che vengano prese le decisioni. Non sto parlando di cose per sentito dire, sto parlando di cose che a volte si sono realizzate e a volte ottenere il diritto di proposta ha comportato quantità di ore di sciopero infinite. Le imprese se accettano questo rinunciano a un diritto che hanno. Non mi sembra che oggi le cose vadano in questa direzione ma questo non vuol dire che io non devo avanzare una proposta e avere un'idea di funzionamento dell'impresa diversa. Penso poi che ci sia un problema di diversità nel trattamento diverso che c'è tra uomini e donne nelle aziende metalmeccaniche sia economico sia professionale.

Allora se vogliamo affrontare questo tema dobbiamo poter chiedere di avere il diritto a livello aziendale di poter discutere e definire dei piani che affrontino queste tematiche e questi problemi.

Si potrà riuscire o non riuscire, ma far riconoscere che questo problema c'è, farlo riconoscere nel contratto, vuol dire usare il contratto per estendere i diritti anche a chi non ce li ha. Questione simile è quella dei lavoratori migranti. Anche per i lavoratori migranti nel Ccnl del 2008 c'erano una serie di impegni che non sono stati rispettati. Come è noto il primo problema di integrazione è la lingua, potersi parlare e potersi conoscere è indubbio che sia un problema che noi dobbiamo affrontare così come tutti i problemi sul terreno della salute e della sicurezza come elementi che dobbiamo essere in grado di poter trattare. Credo che anche questi siano temi che dobbiamo avere la forza di mettere sul terreno della discussione. Voglio dire altre due cose. Nella piattaforma unitaria del 2008 c'è un punto in cui avevamo chiesto che venisse definita una "finestra" dell'informatica e cioè, così come adesso c'è nel nostro contratto una norma specifica sulla siderurgia, era emersa la necessità per i lavoratori di questo settore, per le loro particolari esigenze e per il tipo di lavoro che fanno, di verificare se era possibile definire delle discipline specifiche, dentro il Ccnl, in materia di inquadramento, in materia di orari ecc.

Noi abbiamo avuto il problema di aziende che applicano altri contratti nell'informatica, così come nel settore delle telecomunicazioni e negli appalti, dove abbiamo avuto recentemente questo tipo di problemi e proprio negli appalti, con l'Assistal si era avviato un confronto e una discussione sulle trasferte, sul cambio appalto ecc.

Io credo allora che se noi, riprendendo quello che dice il Ccnl o la piattaforma del 2008, rendiamo esplicita una nostra disponibilità a poter discutere su questi terreni dentro al contratto nazionale di lavoro con al limite il fatto che si definiscono anche dei rimandi sul fatto che nella contrattazione aziendale sia possibile affrontare anche tematiche specifiche che non sono elementi che mettono in discussione il contratto io credo che noi facciamo una cosa positiva che rafforza il contratto e che allo stesso tempo chiede di qualificare e di intervenire sulla contrattazione. Lo stesso ragionamento credo che può essere fatto sull'inquadramento: noi nel 2008 presentammo una piattaforma con dentro una riforma generale dell'inquadramento e non passò, siamo alla Commissione, siamo alla terza erp. Io penso che se il contratto nazionale in esplicito indicasse che c'è una norma che è un diritto e una possibilità che a livello aziendale si possano affrontare temi di questa natura sarebbe un altro elemento utile. Sul tema salute e sicurezza nei giorni scorsi Fim, Uilm e Federmeccanica ci hanno scritto una lettera. L'accordo separato del 2009 preveniva il fondo di solidarietà e sostegno al reddito che è andato a finire in nulla di fatto al punto che hanno fatto un accordo che dice: visto che non è stato possibile fare il fondo di solidarietà e sostegno al reddito diamo vita a un fondo nazionale sanitario integrativo e ci hanno scritto per chiederci di andare a discutere con loro questo tema. Anche su questo facendo una discussione franca noi siamo di fronte al fatto che in giro nel nostro paese ci sono accordi aziendali che hanno affrontato questa tematica, generalmente in grandi gruppi o in medie imprese o ci sono diverse imprese che unilateralmente hanno erogato trattamenti di questo tipo. Aldilà del giudizio che si può avere su questa questione credo che in una fase di questo tipo con un attacco che c'è al servizio sanitario pubblico e per come vengono spese le risorse sia utile avere una certa attenzione. Credo che forse il modo migliore per affrontare un tema di questa natura e se si vuole fare davvero una cosa che sia integrativa e che abbia un rapporto anche con questioni che esistono sul territorio, sia porsi il problema se il livello di contrattazione più adatto per provare a misurarsi su questo terreno non è il contratto nazionale ma può essere la contrattazione aziendale o forme di contrattazione territoriale che vadano anche oltre la nostra categoria proprio perché stiamo parlando di diritti generalizzati che non possono riguardare solo una categoria. Ma penso che abbiamo anche un altro problema e penso che se dovessimo fare una proposta su questo tema, e io sono per metterlo nella discussione che stiamo facendo, debba essere quella di un fondo finalizzato alla qualità del lavoro, alla salute e alla sicurezza sul lavoro perché oggi noi siamo di fronte al fatto che in questi anni con i tanti tagli che sono stati fatti, molto spesso i servizi pubblici che potrebbero dare un sostegno, un controllo su questa materia, sono ormai allo sfascio e da questo punto di vista se si vuole mettere al centro la qualità del lavoro, la salute e la sicurezza, potrebbe avere un senso che per fare un fondo, cioè mettere insieme delle risorse finalizzate ad uno scopo ben preciso allora bisogna anche intervenire e agire per questo scopo, facendo diventare la qualità del lavoro e la sicurezza del lavoro un punto generale da affrontare.

L'ultima questione è quella salariale. Anche qui siamo di fronte a un passaggio. Nell'Assemblea di febbraio, fatta sempre qui a Cervia, dicemmo dentro al documento che avviava la discussione sul contratto che la durata contrattuale non era per noi un elemento pregiudiziale ma che era oggetto della trattativa. Penso che a questo punto dobbiamo fare una scelta precisa, penso che sia utile che noi presentiamo una piattaforma e una richiesta di aumento salariale che sia su base triennale che renda esplicite due questioni. La prima è ripristinare il valore del punto, perché nell'accordo separato il punto che aveva un valore di 18,82 euro è stato in realtà cancellato, perché non veniva più preso in considerazione e gli aumenti che hanno dato sono stati calcolati su un valore, più basso, di 17,2 euro. Noi dobbiamo quindi ripristinare il valore punto, chiedere cioè che ogni punto che tu concordi di aumento del salario abbia quel valore e che sia superiore a 18,82 ma che sia aggiorato con l'aumento che ci sarebbe dovuto essere per difendere il potere d'acquisto. La richiesta che noi dobbiamo avanzare deve essere una richiesta che si pone il problema di recuperare quello che non è stato erogato nel rapporto con l'inflazione reale nel 2008-2009 e nel biennio precedente e chiedere che per i prossimi tre anni, visto che l'inflazione reale è di circa il 3% e potrebbe peggiorare con i provvedimenti presi dal governo, dobbiamo fare una richiesta di aumento di poco superiore ai 10 punti che in termini di quantità economica significa non meno di 206 euro mensili e stiamo per proporre uno schema di parametrazione come quello che abbiamo proposto nell'ultima piattaforma che abbiamo presentato e cioè prendere a riferimento la parametrazione reale dei minimi contrattuali che oggi è 100/157 e proporre delle fasce, dove il primo e il secondo livello hanno una quota, dal terzo al quinto un'altra (quella di riferimento dei 206 euro) e così via. Noi pensiamo che questo è il punto e nel momento in cui diciamo che si può ragionare per i tre anni è necessario che si dica che nell'accordo deve essere previsto un meccanismo certo di verifica e di adeguamento annuo in base agli elementi che vengono indicati, così come io credo che vada rivalutato l'elemento perequativo per quelli che non fanno la contrattazione di secondo livello. Noi pensiamo sia questa la base dela piattaforma che vogliamo presentare. Trovo che sia importante che la nostra sia una piattaforma che abbia una sua credibilità sapendo tutti cosa vuol dire avere la necessità di avere un confronto e una discussione con tutte le lavoratrici e con tutti i lavoratori e la necessità di riconquistare un contratto con tutto ciò che questo può significare.

Ci sono anche molte attenzioni nell'assemblea di oggi, siccome siamo un'organizzazione trasparente, che riguarda il fatto che c'è una discussione collettiva che stiamo facendo insieme e con il contributo della Cgil. Io credo che sia utile che ci confrontiamo, visto che ci sono anche dei punti di vista diversi su alcuni argomenti, ma eviterei di fare diventare la notizia di oggi non che siamo riuniti a discutere per fare una piattaforma comune e sostenuta ma il fatto che ci sono varie contestazioni tra di noi. Lo dico per responsabilità e mi permetto di dire con molta chiarezza – ve lo dice uno che non ha mai rinunciato a dire quello che pensa e l'ha imparato stando in Cgil – che considero che ci siano dei momenti in cui è necessario assumersi la responsabilità di mandare un segnale esterno molto preciso e vorrei che fosse chiaro il punto che non solo la Cgil è casa nostra ma che allo stesso tempo è necessaria una discussione e una battaglia importante perché la riconquista del contratto nazionale non è solo una conquista dei metalmeccanici. Se si riconquista il contratto nazionale, senza deroghe e con passi avanti sulla democrazia, certo stiamo facendo il nostro mestiere per tentare di dare ai metalmeccanici qualcosa in più, ma se facciamo una cosa di questo tipo e se lo facciamo con la Cgil stiamo facendo una cosa per i lavoratori di questo paese e per lo scontro che è aperto in questo paese e lo dico non nascondendo gli elementi di diversità che ci sono. E proprio perché alla riuscita dello sciopero del 6 settembre la Cgil nell'ultimo direttivo ha deciso anche una serie di iniziative e di mobilitazioni, tra cui c'è anche in programma una grande manifestazione nazionale di sabato, penso che noi dobbiamo dare una continuità a quelle iniziative e a quella mobilitazione tanto più con il fatto che nelle fabbriche metalmeccaniche tanti lavoratori iscritti agli altri sindacati o non iscritti hanno partecipato e hanno scioperato. Non mi aspetto che uno che è iscritto a un'altra organizzazione, dato che sciopera con me, abbandona la sua organizzazione e viene con noi, certo ne sarei contento, ma il problema non è che quei lavoratori hanno scioperato per stare con la Cgil, ma hanno scioperato perché la Cgil è stato l'unico sindacato che gli ha offerto la possibilità di difendere i diritti quando sono stati attaccati e se io voglio riconquistare una capacità di iniziativa unitaria a partire dai luoghi di lavoro ho bisogno di continuare con queste iniziative e per questo penso che noi oggi dobbiamo anche decidere un pacchetto da qui ai prossimi mesi di 8 ore di sciopero in modo che sia possibile nei territori e nelle fabbriche mettere in campo azioni di questa natura e lo dico sia perché in molti casi avremo bisogno di ore di sciopero per fare le assemblee perché di ore non ne abbiamo più ma anche perché abbiamo bisogno di costruire iniziative di fronte alla gravità della crisi che unifichino le diverse condizioni. Vi faccio l'esempio della Fiat: nella Fiat ci sono quelli della Sevel o quelli di Modena a cui chiedono di fare gli straordinari e quelli dell'Irisbus e di Termini Imerese che li stanno licenziando e così è anche da tante altre parti. Noi abbiamo quindi la necessità di unificare e di dire con chiarezza che la riconquista del contratto nazionale, la battaglia contro l'articolo 8 e per la democrazia deve proseguire e si può realizzare solo se si allargano i consensi e badate che i padroni sono attenti, perché è vero che fanno i comunicati quando gli scioperi vanno male ma lo capiscono quando gli scioperi vanno bene e le cose stanno cambiando.

E forse non se lo aspettavano neanche loro, forse non lo pensava neanche la Fiat che dopo un anno con tutto quello che ci hanno fatto, non solo noi ci siamo ancora ma abbiamo anche più consenso di prima e per questa ragione noi abbiamo la necessità di non rinunciare a nulla di quello che abbiamo fatto e di quello che pensiamo ma di avere la capacità oggi di fare una proposta che sia in grado di misurarsi con questi problemi. La discussione franca ed esplicita che possiamo fare e il contributo importante che il segretario generale della Cgil ci può dare, ed è importante che ciò avvenga, è il messaggio più forte che noi oggi possiamo dare, anche all'esterno, come indicazione di una battaglia che non solo non ha intenzione di finire ma che noi vogliamo sinceramente provare a vincere e per fare ciò dobbiamo usare tutta l'intelligenza e tutta la responsabilità che abbiamo.
 

Cervia, 22 settembre 2011