Referendum fecondazione medicalmente assistita

Cgil: "Partecipare è un dovere civile. Troppa poca l’informazione"

 

Ordine del giorno approvato dal Comitato Direttivo della Cgil il 9 maggio 2005.

 

Il 12 e 13 giugno le cittadine e i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su quattro quesiti referendari per cancellare alcune parti della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita.
La legge viola il principio della libertà riproduttiva e pone pesanti limiti al progetto di vita delle persone. Nega la responsabilità e l’autodeterminazione delle donne. Si contrappone al progresso scientifico, viola il principio di laicità dello Stato.
Troppe sono le ipocrisie e le contraddizioni del provvedimento. Il divieto di donazione dei gameti colpisce indistintamente anche coppie a rischio di trasmissione di malattie genetiche. Il divieto di diagnosi pre-impianto, con l’obbligo di reinserimento in utero di tutti gli embrioni formati, anche se malati, risulta di fatto esecrabile da un punto di vista morale, in quanto può indurre le donne alla scelta dolorosa dell’aborto terapeutico e impraticabile nella realtà. Il divieto di effettuare la ricerca scientifica utilizzando cellule staminali embrionali riduce le speranze per la cura di malattie come l’Alzheimer, il Parkinson, il diabete, le sclerosi, etc..
E’ evidente come tutto ciò incida inevitabilmente sulla salute e sul benessere di tutti e in particolare delle donne e dei nascituri ed è nel contempo molto distante dalla richiesta di una seria e severa regolamentazione dei centri dove si pratica la procreazione assistita, unica vera e urgente necessità da normare.
E’ una legge ideologica e tipica di uno Stato confessionale. Rimette quindi in discussione l’idea di fondo del ruolo dello Stato, il rapporto tra Stato e libertà delle persone, il rapporto tra Stato e principi religiosi, in una società sempre più multietnica e multiculturale.
Questa legge mette in evidenza un problema insoluto nel nostro paese, ossia la capacità di mantenere un equilibrio fra le diverse convinzioni etiche e morali che coesistono all’interno della comunità in modo che lo Stato sia garante della libera scelta di ogni cittadino.
In particolare quando si tratta di materie che comportano scelte etiche e dilemmi morali, che incidono sulla libertà, sul diritto all’autodeterminazione della persona e sulla salute, dobbiamo concepire un’idea di diritto mite, che stabilisce regole a cui attenersi e non divieti inutili e ambigui, che lasciano peraltro spazio per essere disattesi da coloro che, per disponibilità di reddito possono rivolgersi altrove.
La CGIL, anche in questa occasione, per storia e per tradizione, sollecita la partecipazione al voto come esercizio di un diritto e di un dovere civile.
Invito ancora più forte in questa occasione nella quale si tratta di esprimersi sul merito di una legge che interviene pesantemente nella sfera più intima delle donne e delle coppie e coinvolge profondamente l’idea stessa di libertà e di laicità dello Stato.
Una cosa è infatti ormai certa: o si riesce a cambiare questa legge nelle parti più odiose e inaccettabili attraverso i referendum oppure il non raggiungimento del quorum verrebbe utilizzato come segnale di approvazione popolare della legge nella sua interezza, senza più alcuno spazio di cambiamento futuro.
Per questo riteniamo che i reiterati e pressanti appelli per l’astensione dal voto abbiano il solo scopo di impedire l’esercizio della sovranità popolare per timore di perdere una battaglia ideologica che non corrisponde più al sentire comune della società italiana.
Il Comitato Direttivo sollecita tutte e tutti i dirigenti, i funzionari e attivisti della CGIL a promuovere iniziative per informare le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati sui reali contenuti della legge e sui quattro quesiti referendari, come contributo essenziale per fare comprendere come esercitare liberamente il proprio diritto al voto sia la risposta migliore contro l’arroganza di chi vorrebbe negare attraverso l’astensionismo la possibilità di cambiare una legge oscurantista.