rassegna
stampa
30 novembre
«Aprileonline»
Il
ritorno dei metalmeccanici. Di Fernando Liuzzi
29
novembre
«l’Unità». Tute blu per il
contratto, a Roma in 150mila. Assemblee in tutte le fabbriche per lo
sciopero del 2 dicembre. Invitati i ragazzi di Locri. Di Angelo Faccinetto
26
novembre
«il manifesto». Rinaldini:
«Governo
in agonia, sul lavoro una svolta radicale». Di Antonio
Sciotto.
25
novembre
«il manifesto». Se Treu
incontrasse Cipputi. Di Loris Campetti.
«l’Unità».
Se
i poveri si arrabbiano. Di Antonio
Padellaro.
«Rassegna.it».
La
vertenza oscurata. Di Fernando Liuzzi
24
novembre
«
la Rinascita
della Sinistra». Metalmeccanici/Venerdì 2 dicembre in sciopero. I
buoni motivi delle tute blu. Di Fernando Liuzzi.
23
novembre
«l’Unità». I
metalmeccanici bucano il video.
«l’Unità». «Io,
metalmeccanico». I vostri racconti a l'Unità
22
novembre
«l’Unità».Metalmeccanici.
Qualcosa si muove. Ma Bombassei attacca il sindacato «dello sciopero
facile» e chiede i nuovi contratti. Di Giampiero Rossi
«l’Unità». Tute
blu, svegliatevi! Di Maria Novella Oppo
«
La Stampa
». Si tenta il rush sul contratto
dei metalmeccanici. Resta lo sciopero del 2 dicembre, ma poi il
negoziato ripartirà. Le parti: accordo entro Natale. Di Flavia Amabile
«ItaliaOggi». Intenzione è chiudere entro l’anno la trattativa di
rinnovo dei metalmeccanici. Tute
blu, stretta sui tempi. Ieri ennesimo nulla di fatto. Tutto rinviato
al 6/12.
«Corriere della Sera». Bombassei: si può chiudere entro l’anno.
L’ipotesi di aumentare i salari e la flessibilità dell’orario. Per
le tute blu spunta il tavolo alla tedesca. Di R. Ba.
«Il Mattino». Contratto
metalmeccanici. Le trattative a una svolta.
«Il
Sole-24 Ore». I metalmeccanici
puntano a chiudere entro fine anno.
«il manifesto». Contratto
fermo, le tute blu vanno in tivù. Di Sara
Farolfi.
21
novembre
«l’Unità». L’inchiesta: Se
questo aumento vi sembra troppo… Di Giampiero Rossi
18 novembre
«Liberazione». Tv
vietata ai metalmeccanici: 12 minuti in tutto in sette mesi. Di Andrea Milluzzi
«l’Unità».
«Ora
vogliamo vedere i metalmeccanici in tv».
Intervista a
Guglielmo Epifani
12 novembre
«l’Unità».Metalmeccanici
in sciopero il 2 dicembre. Obiettivo: contratto entro l'anno. di Giampiero
Rossi
Tv
vietata ai metalmeccanici: 12 minuti in tutto in sette mesi
venerdì
18 novembre 2005 - www.liberazione.it
Qual è il momento in cui
la maggior parte degli italiani viene a sapere cosa è successo nel mondo?
Facile, è l'ora di cena quando ci si ritrova davanti al telegiornale,
dopo una giornata di lavoro o di studio. Lo sanno bene gli operatori
dell'informazione, così come i pubblicitari piuttosto che i politici.
Sapete allora quanto spazio hanno dedicato i Tg serali della Rai, di
Mediaset e de La 7 alle notizie riguardanti la vertenza per il contratto
dei metalmeccanici, dal 1 aprile al 1 novembre? Complessivamente 12 minuti
e 2 secondi. Secondo un recente studio del Censis, il 93, 7% delle persone
con più di 14 anni fa riferimento esclusivamente alla tv per informarsi.
Facendo due più due il risultato è che più di 9 italiani su 10
probabilmente non sanno - a meno che non si siano imbattuti in qualche
secondo di questi 12 minuti - che c'è un'intera categoria di lavoratori
che da oltre un anno sta portando avanti la sua battaglia per il contratto
e i diritti.
A guardar bene però, il rischio di buio totale ha proporzioni ancora più
grandi. C'è un telegiornale infatti che in questi 7 mesi non ha proprio
trattato l'argomento nella sua principale edizione: il Tg2 diretto da
Mauro Mazza. Zero, neanche una parola. Mazza è riuscito a battere Emilio
Fede che per ben due (2!) volte ha parlato delle tute blu in lotta, di cui
una volta addirittura nei titoli. Poi bisognerebbe ricordarsi in quali
termini lo ha fatto, ma vabbè... E Fede sorpassa anche Carlo Rossella,
direttore del Tg5, che ha previsto nella scaletta del suo notiziario un
solo passaggio sui metalmeccanici. Due punti per La 7, quattro a testa per
Tg1 e Tg3.
Facciamo un raffronto con quanto spazio i Tg danno alle forze politiche.
Secondo gli ultimi dati Agcom, relativi al periodo aprile-giugno 2005, il
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è stato l'oggetto di una
notizia delle principali edizioni dei 7 telegiornali per 512 minuti; Forza
Italia, che ad occhio e croce non è così distante da Berlusconi, si è
meritata 240 minuti. Facendo calcoli e proporzioni, il tempo dedicato a
Berlusconi e il suo partito è circa 120 volte quello riservato alle tute
blu. Un "one man show" da una parte e l'oscuramento di 1 milione
e mezzo di lavoratori dall'altra. E poi non si deve parlare di conflitto
di interessi.
Più o meno sullo stesso minutaggio di Forza Italia troviamo Ds e
Margherita, almeno nelle reti Rai, che però soffrono il gap di non avere
cariche istituzionali. Succede allora che, secondo la consolidata tecnica
del panino, la maggioranza abbia comunque una leadership incontrastata
anche in televisione.
Ma andiamo avanti e continuiamo a spulciare la ricerca dell'osservatorio
di Padova, realizzata con i dati di Canale TRE - Agenzia AN. TEL. e
presentata ieri da Antonello Falomi (Ds), Pietro Folena e Francesco
Martone (Prc) in una conferenza stampa alla Camera intitolata
"Lavoratori? I desaparecidos del video". Passiamo quindi alla
fascia pomeridiana dell'informazione televisiva, dove la mobilitazione di
Fim, Fiom e Uilm ha occupato 22 minuti e 6 secondi dello spazio totale a
disposizione. Qui la parte del leone la fa il Tg3, con ben 9 passaggi, di
cui 4 volte nei titoli di testa. Segue il Tg5 che ne ha parlato 4 volte,
il Tg1 con 3, La 7 e il Tg2 con 2, chiudono Tg4 e StudioAperto con un solo
riferimento. La maggiore copertura è dovuta sicuramente alle
manifestazioni che i metalmeccanici hanno organizzato in questi 7 mesi e
che si sono svolte sempre di mattina. Eh sì, perché, sebbene non si
direbbe a leggere questi dati, i sindacati hanno organizzato ben 3
scioperi generali, il 15 aprile, il 10 giugno e il 29 settembre. Il 2
dicembre è in programma un altro sciopero generale con una manifestazione
nazionale a Roma e non sembra immotivata la richiesta del segretario
generale della Fiom, Gianni Rinaldini, di avere una copertura televisiva
in diretta. Richiesta che "Uniti a sinistra", l'associazione di
Falomi, Folena e Martone, ha riproposto anche ieri con una lettera formale
al presidente della commissione di vigilanza Rai, Paolo Gentiloni: «Il
carattere grave e scandaloso di questi dati impone alla Rai un intervento
deciso per correggere una grave sotto rappresentazione di una parte
importante del nostro Paese. Credo - conclude la lettera firmata da Falomi
- che la diretta televisiva della manifestazione del 2 dicembre sia il
modo più concreto per recuperare ai temi del lavoro quella visibilità
informativa che finora non ha avuto».
Per rafforzare l'evidenza della censura televisiva sui temi riguardanti le
vertenze sindacali, i 3 parlamentari hanno anche illustrato un
monitoraggio sulla copertura riservata dal servizio pubblico al rinnovo
del contratto dei giornalisti nel mese di ottobre: 4 minuti e 47 secondi
in tutto. In fin dei conti, purtroppo, sono i temi sindacali in generale a
trovare poco spazio nell'etere televisivo. Secondo una ricerca della Geca
Italia sulla comunicazione audiovisiva, dal 19 settembre 2004 al 4 giugno
di quest'anno i sindacati non sono mai riusciti a ritagliarsi una
posizione significativa: Guglielmo Epifani è apparso in televisione per
poco più di 36 minuti, Savino Pezzotta per mezzora e Luigi Angeletti ha
occupato il video per 23 minuti e mezzo. Cifre comunque invidiabili per i
metalmeccanici, i veri desaparecidos dell'informazione pluralista.
«Ora
vogliamo vedere i metalmeccanici in tv»
Intervista
a: Guglielmo Epifani
venerdì
18 novembre 2005 - www.unita.it
«C’è
una grande questione di democrazia e di trasparenza dell’informazione:
tv e giornali hanno oscurato lavoratori, pensionati, precari. Un silenzio
non casuale: c’è un disegno politico e culturale contro il mondo del
lavoro». Questa la denuncia di Guglielmo Epifani, leader della Cgil, in
un’intervista a l’Unità alla vigilia dello sciopero generale e
della manifestazione dei metalmeccanici.
Tra devolution e conti fuori posto, un’economia ferma e tensioni sociali
allarmanti, gli ultimi mesi di Berlusconi-premier (ammesso che il
centrosinistra riesca a mettere in campo una proposta vincente) rischiano
di essere i peggiori di cinque anni di governo del centrodestra. Di queste
emergenze parliamo con Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil,
a pochi giorni dallo sciopero generale contro la Finanziaria. «Iniziamo
delle televisioni e dai giornali...» propone.
Scusi Epifani, perchè
iniziamo proprio dall’informazione?
«Perchè c’è una emergenza nel nostro Paese: c’è un silenzio
intollerabile delle televisioni e dei grandi giornali sui lavoratori, i
pensionati, il sindacato. È una grande questione democratica».
La verità è che siete
fuori moda: i metalmeccanici evocano lotte, gli operai sono brutti e
cattivi e non vanno in tv. Il berlusconimo trionfante prevede volti
sorridenti, famiglie felici e l’Isola dei famosi. Voi non fate più
notizia.
«Per questo la sordina imposta in questi mesi dalla tv, compreso il
servizio pubblico, e dai giornali (salvo poche eccezioni, come l’Unità)
al mondo del lavoro, ai suoi problemi, alle sue rivendicazioni non è
tollerabile. Ho parlato di questo ieri all’assemblea dei lavoratori
della Michelin a Cuneo. Questo silenzio non è casuale, si vogliono
oscurare le ragioni e le condizioni dei lavoratori, dei pensionati, dei
giovani precari. C’è un disegno politico e culturale evidente: c’è
un interesse a raffigurare la società italiana come la sintesi di mercato
e profitto, individuo e impresa»
Perchè? Non sono
importanti il mercato e l’impresa?
«Certo che lo sono, non sarò certo io a negarlo. Ma non fino al
punto di cancellare le altre ragioni. Famiglie, salari, diritti, le
condizioni concrete di vita della gente, di questo bisogna parlare. Oggi
ai sindacati confederali tocca condurre una battaglia per
un’informazione democratica, trasparente, che ponga, come ci proponiamo
nel centenario della Cgil, la questione del lavoro e delle sue
complessità al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, degli
storici, degli economisti. Il sindacato non chiede un trattamento di
riguardo. Ma sono allarmato quando vedo che le ragioni di un milione e
mezzo di metalmeccanici sono cancellate dalle tv e dai giornali: da un
anno attendono il contratto, è una lotta lunga e dura, la Rai non ne
parla. Così come non ha parlato di altre vertenze e di altri contratti,
come quello degli alimentaristi e oggi quello delle telecomunicazioni».
E che cosa fa il
sindacato?
«Per lo sciopero generale del 25 novembre abbiamo chiesto la diretta
tv di un’ora e ci sarà accordata. Sui metalmeccanici penso che sarà
necessario fare un passo verso la presidenza della commissione
parlamentare di vigilanza. Ma il problema, lo ripeto, non riguarda solo la
Rai, è più generale».
Perchè non si firma il
contratto dei metalmeccanici? Altre vertenze, pur difficili, sono state
chiuse , ma per i meccanici, invece, c’è sempre qualche ostacolo. Come
mai?
«Esiste un’anomalia nel sistema delle imprese e riguarda
Federmeccanica. Le sue chiusure sono insostenibili, non si può dire no,
no, sempre no su tutto. I fili del dialogo vanno mantenuti e rafforzati.
Ma se Federmeccanica dopo quasi un anno offre ancora la metà di quanto
richiesto dai lavoratori, stiamo parlando di 130 euro lordi in due anni e
non di follie, e in più chiede nuova flessibilità, allora mi viene
qualche dubbio».
Quale dubbio?
«Non vorrei che sui metalmeccanici qualcuno in Confindustria volesse
fare una prova di forza, non vorrei che ci fosse qualche disegno politico.
Il vertice di Confindustria è composto da industriali meccanici:
Montezemolo, Bombassei, Marcegaglia... sanno benissimno quali sono le
condizioni dei lavoratori. Non si può tirare troppo la corda. Il
contratto dei metalmeccanici va chiuso prima di Natale e faremo ogni
pressione su Federmeccanica affinchè si renda più dialogante e
disponibile».
Ma le imprese si
lamentano di una congiuntura tutt’altro che brillante. Su questo hanno
ragione.
«Siamo in difficoltà, gli ultimi dati hanno annullato le illusioni
estive di una pronta ripresa. Probabilmente ci sarà un leggero
miglioramento dell’economia, ma parliamo dello zero virgola qualcosa, e
noi, invece, abbiamo bisogno di una vera svolta. Il problema è che questo
governo non è in grado di fare nulla contro la crisi, anzi la Finanziaria
ridurrà lo spazio per cogliere la ripresa. Non sostiene i redditi, non
stimola i consumi, non controlla i prezzi. Taglia tutti gli investimenti:
quelli diretti alle imprese private e quelli indiretti determinati dalla
domanda pubblica. Il governo vara una Finanziaria contro la ripresa. Su
questi punti, risanamento e sviluppo, ci può essere un terreno comune di
collaborazione tra lavoro e imprese».
Cioè un nuovo patto
tra sindacati e Confindustria?
«Per ora cerchiamo di mantenere vivo il confronto e di comprendere
ognuno le ragioni dell’altro, in una fase così delicata. Sento che
anche Montezemolo, dopo una sbandata, è tornato a usare toni più
moderati, giudizi più critici sulla Finanziaria e gli interventi
correttivi ai conti. Gli imprenditori sentono i guai combinati da
Berlusconi, forse hanno più pudore a esporsi».
Berlusconi, però, è
già in campagna elettorale. Ogni giorno ne inventa una e chissà cosa
combinerà nei prossimi mesi.
«Ci aspettano mesi delicati perchè di fronte a un’economia in
stagnazione emergono nel governo atteggiamenti disinvolti, proposte
demagogiche e populiste. Annunciare la casa per tutti vuol dire speculare
sulla povera gente, creare un’illusione, salvo poi negarla il giorno
dopo, mentre proprio il governo taglia i fondi per gli affitti, per le
famiglie, per l’edilizia popolare. Sugli sfrattati oggi, sui pensionati
prima, Berlusconi ha usato il suo populismo sfrenato e declamatorio. Tanto
lui cambia cavallo ogni giorno e si occupa dei suoi interessi personali,
come per la riforma del Tfr dove tutela la sua Mediolanum».
E la devolution?
«Con questa riforma costituzionale si chiude la stagione della grande
ubriacatura del falso federalismo, egoistico e antistorico. Noi italiani
abbiamo bisogno di stare insieme, di essere più vicini all’Europa,
proprio oggi che le difficoltà economiche, che le tensioni sociali sono
gravi, che la globalizzazione ci impone nuove sfide. I lavoratori lo
sentono: nelle assemble è forte l’invito a stare uniti, a cooperare per
il risanamento, per lo sviluppo, per il lavoro. La Cgil si impegnerà nel
referendum: raccoglierà le firme, mobiliterà i lavoratori e i pensionati
a sostegno del “no”. Difenderemo la Repubblica italiana fondata sul
lavoro».
Nello scontro tra
interessi generali e locali la Tav rappresenta un paradigma esemplare. Un
caso che divide anche la Cgil. Cosa pensa?
«Esistono due ragioni. La prima ragione forte, e che secondo me va
difesa in assoluto, è quella di un grande collegamento ferroviario,
intereuropeo, che abbiamo chiesto tutti per molti anni, sottolineo tutti:
sindacati nazionali e piemontesi senza mai un dissenso e una voce critica.
Il collegamento deve essere su ferrovia, ad alta tecnologia, che ha la
necessità di un’apertura di un nuovo tunnel in grado di collegare
l’Italia al resto d’Europa, destinato a far fronte a volumi di
traffico crescenti fino al 2050 e oltre. Questa è la prospettiva di
un’opera strategica».
La seconda ragione in
campo?
«E’ quella che comprendo ma non condivido di gran parte delle
popolazioni della valle di Susa e che abbiamo visto rappresentata nello
sciopero generale dell’altro giorno, nel pieno rispetto delle regole del
confronto e della legalità. Un merito di cui va dato atto a tutti coloro
che sono scesi in campo. Oggi mi domando come possiamo trovare un punto di
contatto ragionevole. Non mi persuade il fatto che ci si opponga
pregiudizialmente alle fasi iniziali di controllo e di verifica geologica,
così come non mi convince il fatto che dall’altra parte, in Francia, ci
sono popolazioni che spingono per la realizzazione dell’opera mentre qui
da noi ci si oppone addirittura alle ispezioni preliminari».
Come se ne esce?
«Ognuno ascolti le ragioni dell’altro, democraticamente. Si
cerchino tutte le vie del confronto e delle garanzie ambientali, per oggi
e per il futuro. Ma voglio dire in modo esplicito e convinto, come
segretario generale della Cgil, che i legittimi interessi della valle di
Susa vanno confrontati con gli interessi del Paese, che sono prevalenti».
A proposito di tunnel:
pare che il programma dell’Unione stia venendo alla luce. Cosa ne pensa?
«Il lavoro fatto dai Ds e il confronto avviato con Prodi mi
convincono perchè, finalmente, ci si misura su un progetto concreto. E su
questa impostazione anche le altre forze, come la Margherita che farà il
suo seminario a Milano e come Rifondazione Comunista, mi sembrano disposte
a concordare. Importante è stabilire le priorità: politica industriale,
formazione e scuola, lotta alla precarietà del lavoro, immigrazione e
politica redistributiva di segno opposto a quella di Berlusconi. Poi con
rigore e coerenza ci si presenta agli italiani».
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