XXIII Congresso nazionale

 

Sintesi del documento

LE RAGIONI DEL SINDACATO

  

(Firmatari: Riccardo Nencini, Fausto Durante, Riccardo Bartolini, Giancarlo Bertozzi, Maurizio Canepari, Valentina Cappelletti, Corrado Cavanna, Emiliano Cerquetani, Roberto Contardi, Camillo Costanzo, Cosimo Dimonte, Gianfranco Fattorini, Mauro Fuso, Salvatore Giglio, Oliviero Girelli, Francesco Lacava, Elena Lattuada, Gianni Leonetti, Francesca Lisandri, Fabrizio Natale, Ermes Riva, Ernesto Rocchi, Luca Saponaro, Maurizio Stampini, Giulia Stella, Piero Vargiu)

 

Premessa

Il Congresso della Fiom è chiamato a misurarsi con la concretezza delle condizioni di lavoro e di vita dei metalmeccanici italiani. È partendo da qui che dobbiamo confrontarci con la crisi di efficacia che sta investendo il sindacalismo europeo e occidentale.

In questi anni il processo sociale ed economico ha visto la fine dell’organizzazione fordista delle società e il dispiegarsi delle politiche liberiste che attraversano la globalizzazione. La stessa Fiom, che con la mobilitazione e il conflitto sta tenendo aperta la strada della riconquista del contratto nazionale e dei diritti, ha di fronte a sé il problema della propria capacità di determinare avanzamenti e risultati concreti.

La globalizzazione ridefinisce i confini del conflitto fondamentale tra capitale e lavoro.

In tale conflitto, ogni singola vertenza, per riuscire a vivere, non può non affrontare il tema di come riunificare e generalizzare i suoi specifici motivi.

Negli ultimi anni, la distribuzione della ricchezza in Italia è stata ingiusta e sfavorevole per i redditi da lavoro dipendente e per le pensioni. È quindi necessario porsi l’obiettivo di riconquistare un meccanismo regolativo della distribuzione della ricchezza che, aumentando il potere d’acquisto dei salari, renda coerenti l’uso del fisco e il governo di prezzi e tariffe e riproponga i diritti dello Stato sociale come fonte di sostegno al reddito.

Per rendere credibili queste aspettative, il sindacalismo industriale deve andare oltre la sua esperienza, affermare nuove pratiche adeguate alla fase attuale e proporsi l’orizzonte di un nuovo soggetto sindacale plurale, democratico e unitario.

 

1. Tempi di globalizzazione

La globalizzazione dell’economia e dei mercati aggrava i mali del mondo, anziché risolverli. I diritti fondamentali (salute, alimentazione, istruzione, lavoro) sono un miraggio per la maggior parte degli esseri umani. Alla globalizzazione va quindi impresso un segno diverso.

° Oltre a riformare gli organismi internazionali di governo dell’economia (Fondo monetario internazionale, Organizzazione mondiale del commercio, Banca mondiale), occorre affermare una nuova cultura industriale consapevole dell’esistenza di limiti alla crescita e alla produzione, in un quadro di sostenibilità ed equità.

° La Fiom è parte del movimento sociale che chiede un cambiamento radicale degli attuali processi di globalizzazione. In questo movimento la Fiom deve accentuare il proprio carattere di soggetto di rappresentanza del lavoro.

 

2. Guerra e pace

° Il futuro possibile per le prossime generazioni è legato all’affermazione del valore della pace nel mondo. Oggi questo valore è calpestato e negato in Afghanistan, in Cecenia, in Iraq, nel Medio Oriente e in molte aree del mondo in cui si concentrano povertà e ingiustizia.

° La necessità di combattere il terrorismo non può giustificare la guerra preventiva e la politica imperiale da parte delle nazioni più potenti, a partire dagli Usa. La guerra e il terrorismo si alimentano a vicenda. Questa spirale va spezzata, per affermare un nuovo ordine mondiale fondato sulla pace.

° Pace significa anche una diversa e più equa distribuzione mondiale della ricchezza, un superamento delle attuali disuguaglianze, un mondo con più diritti e opportunità per tutti i suoi abitanti.

 

3. L’Europa

° L’Europa deve superare le divisioni al suo interno e presentarsi come una potenza tranquilla, capace di affermare il principio della risoluzione pacifica dei conflitti.

° La Costituzione europea deve parlare al cuore dei popoli; perciò dovrà contenere il ripudio della guerra e basarsi sul valore del lavoro e dei diritti.

° Occorre difendere e valorizzare il modello sociale europeo: contrattazione delle condizioni di lavoro delle persone, sistemi estesi e strutturati di relazioni industriali, welfare e sicurezza sociale, libero accesso all’istruzione e alla formazione professionale, servizi pubblici universali e di qualità.

 

4. Il sindacato europeo

° Per costruire la dimensione europea della contrattazione è necessario un sindacato europeo che vada oltre le attuali funzioni di coordinamento e sia dotato di effettivi poteri contrattuali rispetto alle istituzioni comunitarie e alle imprese di dimensione globale.

° Vanno costituiti organismi europei di rappresentanza sindacale nelle imprese multinazionali, in grado di svolgere attività di contrattazione e di intervenire nei processi di ristrutturazione. Per contrastare l’unilateralità e l’autoritarismo delle imprese, bisogna superare la sola fase di informazione e consultazione oggi esistente nei Cae e far avanzare princìpi condivisi di democrazia economica.

° Occorre realizzare un bilanciamento dei poteri e un diretto protagonismo dei lavoratori nelle imprese multinazionali. Va quindi raccolta la sfida della partecipazione dei lavoratori ai processi dell’impresa, attraverso la presenza dei loro rappresentanti – con funzioni di controllo e di vigilanza – negli organi di sorveglianza, attuando quanto previsto dallo Statuto della Società europea.

 

5. L’industria italiana

° Il declino dell’industria italiana è ormai evidente. Nella nuova divisione internazionale del lavoro l’Italia perde posizioni. Sono scomparse produzioni di qualità e di elevato contenuto tecnologico nei settori strategici su cui si combatte la sfida globale. La dimensione industriale si è appannata, lasciando spazio a processi di finanziarizzazione delle imprese e di diversificazioni condotte in modo approssimativo.

° L’industria italiana occupa un ruolo marginale nei settori di minor valore, quelli più esposti alla concorrenza al ribasso e al rischio di delocalizzazioni. Sostanzialmente, siamo un paese importatore di beni e servizi di qualità.

° Bisogna invertire queste tendenze attraverso una nuova e moderna politica industriale che punti ad ampliare le produzioni in quantità e qualità e ad affermare l’esigenza della crescita dimensionale dell’impresa italiana.

° Deve essere promossa l’idea di un nuovo ruolo dell’intervento pubblico in economia per favorire ricerca, qualità, innovazione, capacità competitiva, solidità industriale. I luoghi della produzione e il contributo dei singoli lavoratori sono assi portanti del benessere comune e dell’economia nazionale.

 

6. Il Mezzogiorno

° Se nell’insieme del paese la situazione è difficile, nel Mezzogiorno il quadro è più drammatico. Il Sud presenta tassi di sviluppo industriale tra i più bassi d’Europa e livelli di disoccupazione tra i più elevati.

° I limiti principali dell’industria nel Mezzogiorno restano la specializzazione in comparti a basso valore aggiunto e la mancata incorporazione dell’intera catena del valore, che vede dislocate altrove progettazione, finanza e commercializzazione.

° Il Mezzogiorno si rilancia se c’è un grande salto innovativo che superi l’idea della competizione legata solo al costo del lavoro. È un salto necessario affinché il Mezzogiorno non sia penalizzato da un’idea di federalismo ad esso ostile e dall’allargamento a Est dell’Europa.

° La nuova politica industriale per il Mezzogiorno dovrà prevedere interventi che colgano le differenze presenti tra le sue aree, favoriscano la crescita integrata dei comparti e delle filiere, permettano lo sviluppo di attività a elevata intensità di conoscenza e di innovazione, riaffermino la cultura della legalità e del contrasto alla tendenza a eludere leggi e contratti, specie per le attività in appalto e sub-appalto.

° L’impegno meridionalista della Fiom si misura anche con la riaffermazione del valore del Contratto nazionale e dei due livelli di contrattazione, per impedire che le difficoltà del Sud vengano pagate dai lavoratori.

 

7. I metalmeccanici, il contratto, i diritti

° Oggi la condizione dei metalmeccanici è segnata da una prevalenza del comando aziendale e da una precarizzazione dei rapporti di lavoro. Il salario ha perso e continua a perdere potere d’acquisto a favore delle rendite finanziarie. Peggiorano le condizioni di salute e di sicurezza e diminuiscono certezze e libertà nella prestazione lavorativa. Sono pesanti i tentativi di manomettere il sistema pensionistico.

° Il Libro bianco, la Legge 30, i provvedimenti legislativi su part time e orario di lavoro, la divisione del sindacato, gli accordi separati, l’attacco ai diritti: questi sono i capisaldi della strategia condotta in questi anni dal centrodestra e dalla Confindustria.

° In questo quadro è maturata la rarefazione della politica dei redditi, con gli irrealistici tassi di inflazione programmata, con l’abbandono delle politiche di controllo di prezzi e tariffe, con un uso della leva fiscale a favore della concentrazione della ricchezza.

° Federmeccanica e Confindustria hanno portato un attacco senza precedenti al Ccnl e all’idea stessa di contrattazione collettiva. Quest’attacco ha visto la pratica della divisione sindacale e degli accordi separati, di cui anche Fim e Uilm portano gravi responsabilità.

° La Fiom, in un proficuo rapporto con la Cgil, ha reagito a tutto ciò con la forza della mobilitazione, impedendo che gli accordi separati sul Ccnl si trasformassero in sconfitte definitive. Grazie alla nostra iniziativa e alla sfida dei precontratti, è ancora viva nella categoria la coscienza del diritto alla contrattazione collettiva nazionale e aziendale. Le centinaia di precontratti firmati dimostrano che le intese contro il principale sindacato metalmeccanico non risolvono i conflitti.

° La mappa dei precontratti ci consegna però elementi di riflessione che devono essere resi espliciti. Abbiamo dato tutela alla parte più corposa dell’insediamento della Fiom, che è nella media impresa. La strategia dei precontratti non penetra con la medesima forza nell’insieme del paese, non trova sostegni adeguati nei grandi gruppi e nelle zone di debolezza dell’apparato industriale.

° Dobbiamo perciò riflettere sui limiti di questa iniziativa e su altre scelte da noi compiute. Ad esempio, riteniamo sia stato controproducente chiedere aumenti uguali per tutti nella nostra piattaforma per il rinnovo del Ccnl. Questa scelta non ha aiutato ad allargare il fronte della lotta al precariato e ha in parte mortificato le aspettative di una parte significativa della categoria. Inoltre, non è stato utile aver rimosso in Fiom ogni discussione sull’esito del referendum sull’articolo 18. I dieci milioni di «sì» non sono bastati, non si è realizzata quell’ampia alleanza indispensabile per continuare con successo la battaglia sui diritti che ha conosciuto così una battuta d’arresto.

 

8. La nuova politica dei redditi e la struttura contrattuale

° La riconquista del Contratto nazionale va praticata ancorandola a una visione strategica. Il Ccnl deve assolvere a una forte funzione redistributiva verso il lavoro ed essere strumento di riunificazione di diritti e norme. Il modello contrattuale deve articolarsi su due livelli, uno nazionale e l’altro aziendale e decentrato. Sul recupero del potere d’acquisto, anche considerando la perdita causata dagli ultimi due accordi separati, il contratto deve tradursi in un recupero integrale. Una suggestione che si proponga di andare oltre tale completo recupero è illusoria e fuorviante.

° L’inflazione programmata non è un indicatore affidabile. Va individuato un indicatore più convincente legato all’andamento effettivo dell’inflazione anche in sede di previsione, definendo in modo chiaro le modalità di recupero delle differenze eventualmente verificatesi. Ci sono le condizioni per richiedere, nelle prossime scadenze contrattuali, quote di salario legate agli aumenti di produttività che superino il recupero dell’inflazione.

° La contrattazione di secondo livello rimane di fondamentale importanza e va estesa. Va superata la stagione dei premi di risultato legati solo agli andamenti di bilancio delle imprese: ciò è necessario per ricostruire il legame tra salario aziendale, investimenti, processo produttivo e prestazione lavorativa e per contrastare le erogazioni discrezionali delle imprese. Gli indicatori retributivi dei premi di risultato dovranno perciò riguardare strategie aziendali condivise e specifici programmi di lavoro. Va perseguito l’obiettivo del consolidamento dei premi.

° Per contrastare la precarietà e la Legge 30 è necessario rafforzare la contrattazione sulle condizioni della prestazione lavorativa e ribadire il ruolo delle Rsu nella gestione delle dinamiche occupazionali. È quanto si sta praticando nei precontratti e nelle piattaforme di importanti gruppi, al fine di confermare il sindacato come soggetto negoziale indispensabile per modificare modalità di lavoro e di orario e per trasformare il lavoro precario in lavoro stabile.

° Vanno definite nuove rivendicazioni contrattuali, a partire da un diverso rapporto tra inquadramento e organizzazione del lavoro e dell’impresa, per mettere al centro il ruolo e la responsabilità del singolo lavoratore così come del collettivo e del gruppo di lavoro. Occorre anche affrontare il tema del superamento della frammentazione e della ricomposizione del ciclo produttivo.

° Un modello contrattuale come quello da noi proposto, i cui rinnovi possono avere anche una diversa scansione temporale, regge se è ancorato a un sistema di regolazione delle relazioni sociali. Serve – come sostenuto dalla Cgil – una nuova politica dei redditi che assuma la scelta redistributiva a favore del lavoro dipendente. La valorizzazione del lavoro deve diventare obiettivo generale della società italiana.

° Le nostre idee vanno realizzate nell’intreccio tra scelte generali di redistribuzione del reddito e rinnovi contrattuali. È sbagliato pensare di risolvere la questione salariale solo nel rapporto diretto con le imprese. Il fisco, lo Stato sociale, il controllo dell’inflazione e di prezzi e tariffe sono tutti elementi decisivi per distribuire più equamente la ricchezza e valorizzare il lavoro.

° Su tutto ciò il governo di centrodestra e la Confindustria hanno idee radicalmente diverse. Serve quindi una nostra forte mobilitazione, a partire dallo sciopero unitario contro gli interventi peggiorativi sulle pensioni e a sostegno della proposta sul welfare e sulla qualità dello sviluppo.

 

9. Autonomia, democrazia, rappresentanza

° Un sindacato che voglia mantenere un profilo autonomo e non subordinato, nell’ambito di un sistema regolato di relazioni con le controparti, deve evitare ogni tentazione di autosufficienza e mantenere un saldo ancoraggio democratico nel rapporto con i lavoratori.

° È necessario conquistare una legge che dia certezza di diritto alle rappresentanze sociali. Tale legge non pare però di immediata raggiungibilità. Come fase intermedia, è utile proporre un codice pattizio, nel rapporto fra i sindacati confederali, per dare certezze di voto sulle piattaforme rivendicative e sulle conclusioni delle vertenze. Tale accordo deve avere carattere di reale esigibilità.

° Senza escludere altre possibili forme, nella storia contrattuale dei metalmeccanici lo strumento più adeguato per la certificazione della volontà dei lavoratori, rispetto a piattaforme e accordi, è il voto referendario.

° L’esperienza delle Rsu va ripensata, rendendo la rappresentanza più rispondente alle scelte dei lavoratori-elettori attraverso il pieno rispetto del criterio della proporzionalità dei voti di lista. Inoltre, il ruolo contrattuale delle stesse Rsu va valorizzato.

° Una democrazia sindacale più avanzata può favorire la composizione unitaria in una fase di competizione fra i sindacati confederali.

 

10. La prospettiva dell’unità

° L’esperienza degli ultimi anni ha messo in luce l’esistenza di divergenze significative tra la Fiom e gli altri sindacati metalmeccanici. Tuttavia, per sostenere le nuove difficili sfide serve un sindacato unito.

° Per questo è necessaria un’incisiva lotta politica al moderatismo sindacale. Moderatismo che non ci appartiene e che non ha niente a che fare con il profilo programmatico e riformista della sinistra sindacale italiana che fonda la propria autonomia proprio sulla critica sociale.

° La Fiom, il sindacato che ha legato la propria storia alla conquista del Contratto nazionale, è da sempre per l’unità sociale dei lavoratori e del sindacalismo confederale. È necessario che le singole organizzazioni non cedano alla tentazione di una autoaffermazione che porta inevitabilmente all’isolamento e a una perdita di capacità di ottenere risultati concreti.

° Di fronte alla consunzione delle forme unitarie sin qui praticate, occorre sperimentare vie nuove. Occorre proporsi, a partire dal rinnovamento e dal rafforzamento dell’esperienza delle Rsu, l’obiettivo della costituzione di un nuovo soggetto sindacale plurale, unitario e democratico.

 

11. Il sindacato dell’industria

° La frammentazione dell’impresa, la sua ridotta consistenza dimensionale, le esternalizzazioni nel ciclo produttivo, le numerose forme di lavoro precario, mettono a nudo i limiti della rappresentanza sindacale. Servono quindi politiche rivendicative di riunificazione del lavoro e della filiera produttiva che siano riferimento anche per scelte organizzative sulla rappresentanza sindacale.

° Pensiamo a rappresentanti di sito laddove la struttura dell’impresa, per la sua scomposizione, richiede sedi più ampie per affrontare la condizione complessiva delle lavoratrici e dei lavoratori. Pensiamo a figure di rappresentanza dell’insieme del lavoro precario e disperso all’interno della singola azienda.

° Va resa attuale la ricerca di strumenti più adeguati di rappresentanza sindacale del lavoro industriale, ricerca che dovrebbe essere intrapresa con la Conferenza programmatica della Cgil. Proponiamo alla Confederazione l’avvio di una discussione su un nuovo sindacato rappresentativo di tutti i lavoratori dell’industria e dei servizi ad essa collegati.

 

12. La Fiom

La nostra organizzazione è sottoposta da più di tre anni a eccezionali prove di mobilitazione. Le nostre condizioni finanziarie portano il segno pesante di questa fase. È nostra opinione che vada sostenuta con determinazione la strategia di risanamento del bilancio di recente avviata. Una maggiore certezza di risorse finanziarie è garanzia di autonomia e di indipendenza.

In considerazione delle decisioni assunte al riguardo, il dibattito congressuale della Fiom dovrà approfondire le questioni legate alla funzione e alle modalità operative della Cassa di resistenza.

È necessario aprire una stagione di ricambio e di nuovo protagonismo generazionale nei gruppi dirigenti, attingendo alle  energie emerse nelle lotte di questi anni che hanno portato alla ribalta lavoratori e delegati dotati di un entusiasmo e una determinazione decisivi per le prospettive della Fiom. Anche a questo fine, va avviata un’adeguata politica della formazione dei quadri e dei delegati in grado di produrre le necessarie innovazioni in termini di cultura politica e di pratica rivendicativa. La Fiom dovrà anche sviluppare specifiche iniziative nei confronti sia delle donne, sia dei migranti, che sono stati tra i protagonisti più dinamici della recente stagione di mobilitazione e che pongono esigenze di tutela e di rappresentanza non eludibili. Per rispondere a queste nuove domande, la Fiom dovrà valorizzare e promuovere la loro presenza, dalle liste per le elezioni delle Rsu agli organismi dirigenti a ogni livello.

Un’organizzazione come la Fiom ha bisogno di evitare chiusure settarie o, peggio ancora, autoritarie, motivandosi invece attraverso una prassi democratica e partecipativa estesa e aperta, con l’obiettivo di costruire una direzione collettiva autorevole e capace di fronteggiare la complessità dei problemi che abbiamo di fronte.

Il pluralismo delle idee è un’antica e consolidata ricchezza della Fiom. Il nostro Congresso dovrà liberare tutte le opportunità di un fecondo confronto politico ponendosi l’obiettivo della gestione unitaria della stessa Fiom. Per queste ragioni, non sarebbe utile un Congresso giocato sull’antagonismo e sull’orgoglio di organizzazione. Il Congresso va invece utilizzato per correggere le carenze e gli errori che non possiamo attribuire a cause esterne o all’azione di quanti volessimo individuare come nostri avversari, dentro e fuori di noi. Allo stesso modo, occorrerà evitare che il Congresso della Fiom (che non si colloca all’interno di un analogo percorso confederale) segni un isolamento e un distacco rispetto alle scelte della Cgil.

La Fiom è il sindacato industriale più antico e più forte della Cgil. Questo suo congresso anticipato deve servire a ritrovare il filo di una lunga storia al servizio delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici e della democrazia

 marzo 2004