ORDINE DEL GIORNO
Del
settore delle Tlc
Il Congresso nazionale della Fiom valuta negativamente e con preoccupazione lo stato di crisi del settore delle Tlc. Siamo di fronte a rischi seri sul futuro di molte aziende hi-tech del settore (Finmek, ex-Ixfin, Marconi, Alcatel, Italtel, Intefin, Infotel). Siamo all’epilogo della crisi del gruppo Tecnosistemi: un patrimonio professionale e di conoscenza che ha progettato e costruito parti estese della rete italiana di telecomunicazioni e che, al momento della privatizzazione del settore, è stata affidata ad un’industriale, il signor Mutti, più avventurista che altro, con i suoi amici Tanzi e Cagnotti. Siamo alla ricorrente crisi del settore delle installazioni telefoniche, che vede, a soli pochi mesi dalla riassegnazione dei contratti da parte di Telecom, la scomparsa di un altro gruppo di imprese e quindi di altri posti di lavoro. La solidarietà che il Congresso intende esprimere nei confronti di tutte le crisi occupazionali, non può che accompagnarsi all’impegno contro l’impoverimento del tessuto industriale, per l’attuazione di investimenti e politiche industriali che puntino all’innovazione tecnologica, contro la cancellazione di migliaia di posti di lavoro specie nel Sud. Per il rispetto degli impegni e degli accordi sulla rioccupazione nelle crisi industriali a partire da Tecnosistemi. Il settore delle telecomunicazioni rappresenta senza ombra di dubbio uno dei terreni su cui si possono misurare la direzione e l’intensità delle scelte che il paese compie rispetto all’obiettivo di una crescita caratterizzata dalla qualità e dall’innovazione. Per le sue caratteristiche, nonché per la tendenza alla convergenza digitale che lo contraddistingue, esso si presenta contemporaneamente come settore industriale in senso proprio e come fattore orizzontale di sviluppo in senso lato. In tale ambito, anche in ragione dell’enfasi utilizzata nella delineazione degli scenari tecnologici, enfasi che riduceva la telefonia alla telefonia mobile e la banda larga alla fibra ottica, nonché a fronte di un processo di liberalizzazione di un mercato che ha visto in realtà prevalere la logica della privatizzazione di Telecom, il ruolo della rete fissa delle telecomunicazioni è stato deformato e schiacciato. La realtà di questi anni testimonia, invece, della centralità della rete fissa nel sistema delle telecomunicazioni, sia come infrastruttura preposta a garantire il diritto di tutti a comunicare, sia come infrastruttura fondamentale delle Tlc. All’opposto di tale realtà, abbiamo assistito in questi anni da parte di Telecom, che, di fatto è unica proprietaria di rete fissa da parte dello Stato, alla diminuzione degli investimenti (sia quelli di innovazione e sviluppo che quelli di manutenzione e qualità), alla diminuzione di costi interni di Telecom attraverso le esternalizzazioni e alla diminuzione dei prezzi (nella catena dei fornitori). I risultati di tali scelte sono sotto gli occhi di tutti: gli investimenti di Telecom sulla rete fissa vengono determinati in primo luogo sulla base degli equilibri finanziari e delle scelte di Telecom, lo stato e la tenuta della rete fissa sono critici in troppe realtà, il fenomeno della divisione digitale fra le aree più sviluppate del paese e quelle meno sviluppate (a partire dal Mezzogiorno e dalle aree marginali) è in crescita ed è evidente. L’occupazione è calata, il lavoro è stato esternalizzato, frantumato combinando contemporaneamente esuberi strutturali, uso degli ammortizzatori, subappalti, lavoro nero. Per questo motivo serve un rafforzamento dell’impegno organizzativo della Fiom e sono mature le condizioni per una iniziativa di lotta per il settore nei confronti del Governo e delle aziende dell’esercizio telefonico. Lo Stato e la collettività hanno finanziato e continuano “praticamente” a finanziare, anche attraverso gli ammortizzatori sociali, una parte consistente dell’intervento sulla rete fissa senza avere i necessari riscontri né dal punto di vista della scelta delle priorità, della qualità di questa infrastruttura, né dal punto di vista del suo rapporto con lo sviluppo territoriale e la qualità dell’occupazione. Sono queste le ragioni che rendono utile e necessario porre il problema del pieno riconoscimento dell’utilità pubblica della gestione dello sviluppo e dello sviluppo della rete fissa delle telecomunicazioni, alla pari di quanto avviene nel caso della rete elettrica, nel caso della rete ferroviaria e delle altre reti tecnologiche (acquedotti, gasdotti, eccetera) che caratterizzano l’infrastrutturazione del paese. Un’azienda pubblica che gestisca la rete di telecomunicazione fissa è coerente con gli obiettivi di un rilancio della qualità dello sviluppo e non contraddice, lo testimoniano i casi degli altri paesi europei, i processi di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni.Accolto |