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pannello
numero uno: il valore del lavoro
“ Passa il lavoro!
Le fabbriche chiuse,
le campagne verdi baciate dal sole e deserte di uomini; le officine, i
forni, i negozi, le tipografie, tutto chiuso, tutto in riposo, tutto in
festa.
Lo sciopero generale
dei lavoratori!
Sembra astrazione
demagogica ed è realtà positiva.
Vi è un giorno
nell’anno; un giorno non dedicato ad alcun santo e a nessun sovrano, e
nel quale un sol sovrano si riconosce: il Lavoro, il diritto del lavoro;
un giorno nel quale tutti che sono avversari, tutti che sono potenti, si
sentono piccini, piccini; ed il pane non si produce e la terra non si
lavora e le macchine non si muovono e i padroni diventano buoi e la pena
secolare che grava sulle spalle delle genti del lavoro si ferma, si
sospende, si spezza.”
(da
“Il Metallurgico” anno XV n. 3 – Torino, maggio 1914)
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pannello
numero due:
la Fiom
“La potenza
dell’organizzazione non è racchiusa nelle singole leghe, ma nella
federazione di tutte le forze associate
VII Congresso nazionale metallurgico
Il Comitato centrale
ha convocato in Roma per i giorni 1, 2, 3 e 4 novembre 1918 il VII
Congresso nazionale dei metallurgici con il seguente
Ordine del giorno:
1° Relazione morale
e finanziaria (relatore Buozzi);
2° Mobilitazione
industriale (relatore Guarnieri);
3° Salari e
produzione (relatore Colombino);
4° La conquista
delle otto ore (relatore Valdesi);
5° Mano d’opera
femminile (relatore Guarnieri);
6° Emigrazione e
immigrazione (relatore Mombello);
7° Assicurazioni
sociali (relatore D’Aragona);
8° Ordinamenti
sezionali: casse disoccupazione, malattia, resistenza (relatore il
segretariato)”
(da
“Il Metallurgico” anno XIX n. 3 – Torino, ottobre 1918)
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pannello
numero tre: l’unità di classe e i Consigli
I
Consigli
Un
impegno politico
“I Consigli di
fabbrica e di zona sono il fatto nuovo che caratterizza la storia del
sindacato e più in generale della classe operaia in questa fase di
profondi mutamenti. I Consigli dei delegati riconosciuti ormai come il
fondamento del processo di unità sindacale non sono solo un dato di
organizzazione sindacale. Sono il frutto delle lotte sociali di questi
anni, della nuova maturità politica della classe operaia: sono il modo
nuovo di organizzare la democrazia. Una democrazia intesa non più
soltanto come diritto di controllo, ma come esercizio diretto del potere
di decisione. Siamo di fronte a una nuova esperienza politica, a un modo
nuovo di organizzare la vita collettiva. Ma i Consigli non basta averli
istituiti una volta, non basta metterli nello statuto del sindacato. O
essi vivono tutti i giorni della vita attiva dei delegati, o diventano
un’ombra, un richiamo astratto”.
(da
“I Consigli” rivista mensile della Flm, numero zero -novembre 1973)
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pannello
numero quattro: da una parte sola
“ La mattina del 2 dicembre c’era un vento gelido che tagliava
la faccia. Una di quelle giornate di tramontana e di luce limpida che
non sono rare negli inverni romani. Duecentomila lavoratori,
disoccupati, giovani parteciparono alla manifestazione. Una prova di
forza pacifica e democratica. Alcune provocazioni degli autonomi furono
controllate senza difficoltà e tutto si svolse senza incidenti. In
piazza san Giovanni parlammo io, per
la Flm
, e Carniti, per le confederazioni. I metalmeccanici avevano vinto
un’altra sfida. I primi a riconoscerlo furono coloro che non avevano
nascosto perplessità o dissensi. Napolitano mi telefonò a casa a notte
fonda per complimentarsi per il successo. Il giorno dopo L’unità
titolava: ‘Una forza operaia immensa’. Ma due mesi dopo le
confederazioni – all’assemblea dell’Eur – inauguravano una
politica di moderazione e di centralizzazione del movimento, che avrebbe
messo in moto processi di autodifesa corporativa e provocato anche
fenomeni di disgregazione. Quella scelta gettò le basi della lunga
ritirata del sindacato negli anni Ottanta.”
(da
Da una parte sola,
autobiografia di un metalmeccanico
di Pio Galli, a cura di Sandro Bianchi, manifestolibri, 1997)
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pannello
numero cinque: la guerra
Bruno Buozzi
“Un destino
crudele impediva a Bruno Buozzi di veder realizzato l’impegno di tutta
la sua vita. Egli veniva arrestato a Roma nell’aprile del ’44 e
imprigionato nelle carceri tedesche di via Tasso. I tentativi per
liberarlo non approdarono ad alcun risultato. La sera del 3 giugno,
poche ore prima dell’arrivo nella mattinata del 4, dell’esercito
angloamericano, Buozzi fu fatto salire con altri 13 ostaggi su un camion
che si diresse al Nord. In località La storta, sulla via Cassia, a
13 km
. da Roma, le SS in fuga fucilarono tutti i prigionieri. Buozzi segnava
col suo sacrificio quell’unità sindacale per la quale si era sempre
battuto.”
(da
Fiom.
100 anni di un sindacato industriale, di
Piero Boni, Meta Edizioni e Ediesse, 1993)
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numero sei: la formazione
Formazione
… per chi?
“Oggi, secondo me,
ci sono due sindacati (non mi riferisco, evidentemente, alle sigle).
C’è quello che appare alla televisione, sui giornali e dà un’idea
di autorevolezza, di forza, di potenza – c’è chi dice: ‘non si
muove foglia che il sindacato non voglia’ – ed è il sindacato
nazionale confederale e, molto più raramente, di categoria.
L’altro sindacato,
quello dei luoghi di lavoro, non è visibile, salvo che per avvenimenti
isolati e, in genere, negativi: chiusure di stabilimenti, crisi di
produzione, incidenti ecc.
Chi vive quell’esperienza,
in modo diretto (lavoratori, delegati) o indiretto (funzionari di zona,
provinciali, regionali e nazionali) prova sulla propria pelle il peso di
un lungo e continuo declino, un senso di impotenza di fronte allo
strapotere dell’impresa e alla perdita di punti di riferimento che
costituivano fino a qualche tempo fa la loro forza. È qui, secondo me,
che la formazione sindacale deve intervenire con urgenza e
massicciamente: laddove fosse possibile, coinvolgendo addirittura
lavoratrici e lavoratori, ma soprattutto perché ciò è già possibile,
raggiungere ogni nostra delegata e ogni nostro delegato. Questi ultimi
hanno bisogno di strumenti per saper leggere, capire e intervenire come
protagonisti nelle loro realtà, ma anche di sentirsi motivati al loro
compito.”
(da
La
testa, le braccia e il cuore
di Antonio Amedeo, Meta Edizioni, 2003)
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pannello
numero sette: il Novecento. Lavoro e trasformazione
Automazione
e strategie del tempo
“Quando si parla di
automazione e lavoro, il primo grande tema che, da sempre, emerge e
suscita il più acceso e contrastato dibattito, è quello che riguarda i
livelli di occupazione, il problema sociale della disoccupazione
tecnologica strutturale.
La caratteristica di
forte risparmio di lavoro che dimostra l’introduzione della
microelettronica nei prodotti; l’elevato tasso di sostituzione di
lavoro che rivela l’automazione sulla base della tecnologia
elettronico-informatica; il carattere inedito della sua diffusione
orizzontale (industrie di piccola serie e di grande serie, processi
continui e processi discontinui); il fatto assolutamente nuovo
rappresentato dalla capacità straordinaria che rivelano queste
tecnologie di investire il lavoro dei ‘colletti bianchi’ e di
‘macchinizzare’ il vasto arcipelago dei servizi (considerato fino a
qualche anno fa come una nuova grande spiaggia di approdo
dell’occupazione nella cosiddetta società postindustriale),
rappresentano altrettanti elementi che incidono sia sulla nuova
rilevanza, sia sui nuovi profili che caratterizzano le problematiche
dell’occupazione.”
(da
“Sfida tecnologica e innovazione sociale: sistema economico, ambiti di
vita e condizioni di lavoro”, di Pino Ferraris, Rosenberg &
Sellier,1986)
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pannello
numero otto: la codeterminazione
Codeterminazione, salario, produttività
“Per
codeterminazione intendiamo, nell’attuale fase di rapida e frequente
ristrutturazione delle imprese, la capacità di proporre e conquistare
aspetti e specifiche progettuali per la ristrutturazione stessa che
siano corrispondenti agli interessi e ai bisogni (sia oggettivi che
soggettivamente percepiti) dei lavoratori coinvolti; e concorrano
quindi a determinare i problemi tecnici e organizzativi che il
progetto dell’innovazione (non importa se tecnologica, organizzativa,
logistica o semplicemente di comunicazione fra le persone) deve
risolvere.”
(da
Codeterminazione,
salario, produttività,
“Meta” anno IV n. 6-7, giugno-luglio 1988)
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pannello
numero nove: la nuova Europa
“Per il movimento
operaio e per il sindacato rimane del tutto aperta la questione della
qualità della risposta alla necessità, confermata dal congresso, del
mantenimento e dello sviluppo di un sindacato di massa e unitario, che
lotti contro le disuguaglianze determinate dal mercato capitalistico o
dalle scelte istituzionali. Il punto decisivo, in buona sostanza, che ci
legittima come sindacato, non sta nel rimpianto della storia passata e
delle alternative non colte compiutamente, ma nella capacità di
associare, qui e subito, in Italia e nella nuova Europa, le esigenze di
uguaglianza e di solidarietà con quelle della democrazia politica ed
economica.”
(dalla
Relazione introduttiva di Angelo Airoldi, segretario generale della Fiom,
al XX Congresso nazionale)
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pannello
numero dieci: il Mezzogiorno
Un problema nazionale
Il Mezzogiorno è un
fatto negativo, ma solleva il problema se esso rappresenti una soluzione
adeguata per il riequilibrio tra le due parti d’Italia.
Lo sviluppo del
Mezzogiorno non può essere quindi considerato un problema regionale. La
condizione del Mezzogiorno attiene al cattivo funzionamento dello Stato
e delle sue strutture, questione generale che si intreccia con una
specifica scarsità di risorse e con una bassa remuneratività degli
investimenti. Questa situazione ha alimentato una diffusa presenza di
comportamenti devianti, lungo una scala che via via arriva fino
all’illegalità e alla criminalità organizzata. Un tale complesso di
questioni va affrontato entro un quadro nazionale che sia in grado di
progettare uno sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno.
Il carattere
nazionale dello sviluppo meridionale si rileva anche dal dibattito in
corso sull’opportunità o meno di forme di emigrazione da Sud a Nord,
in aree territoriali industrializzate in cui c’è carenza di
manodopera. Un percorso di questo tipo, se riferito a grandi numeri, è
da considerarsi impraticabile, anche perché trattandosi spesso di forme
di impiego precario e deboli – sia nella durata che nella retribuzione
– non risultano economicamente appetibili.
(da
“Produrre lavoro. La sfida europea del Mezzogiorno”, Meta Edizioni,
1996)
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pannello
numero undici: l’indipendenza
L’autonomia del sindacato è un
progetto
Il progetto autonomo,
fondato sulla mediazione tra gli interessi rappresentati, cui si deve
ispirare l’agire sindacale non è solo un progetto sociale, poiché
esso si misura con un quadro sociale di riferimento e con i suoi valori
fondamentali. Questi valori oggi possono essere indicati nella libertà,
nell’uguaglianza e nella fraternità, intesa soprattutto come
solidarietà. Il sindacato non ha una concezione organica della o delle
società, ma non esclude la ricerca di un sistema economico-sociale
diverso da quello attualmente vigente.
Per questa ragione il
progetto sindacale assume una dimensione complessiva e ha un punto di
vista autonomo sulla politica, sulle istituzioni, sulle altre forze che
rappresentano altri interessi.
(dal
Documento programmatico del XXI Congresso nazionale della Fiom-Cgil,
Parte terza, I princìpi fondamentali dell’unità)
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pannello
numero dodici: il centenario
La
domanda fondamentale è come le lavoratrici e i lavoratori sono stati
investiti da questi cambiamenti, delle trasformazioni di un secolo di
grandi conflitti e insieme di grandi speranze e idealità, dentro un
processo tecnologico che ha annullato il tempo e la distanza.
E infatti cambia la
struttura produttiva: dall’azienda artigiana alla fabbrica che
contiene tutto, dal decentramento produttivo degli anni Settanta
all’azienda a rete – di cui ancora oggi non sono chiari i confini
– fino alla fabbrica del software. Cambia la struttura del capitale:
dalla famiglia ai manager che gestiscono l’impresa sempre più
internazionalizzata, al capitale finanziario che comanda con le sue
logiche di profitto a breve qualsiasi investimento, rendendo
tendenzialmente precaria qualsiasi impresa che non sia radicata sul
territorio da qualcosa di più della pura logica dei costi. Infine,
dalle partecipazioni statali alle privatizzazioni.
Cambiano
i soggetti: solo soffermandoci sul secondo dopoguerra, emergono i
giovani meridionali che diventano operai specializzati nelle grandi
imprese del Nord, la generazione delle magliette a strisce, grande
protagonista delle lotte e delle conquiste degli anni Sessanta. E le
donne, che irrompono nel mercato del lavoro sconvolgendo equilibri
familiari e sociali consolidati, dilatando con le loro richieste di
diritto al lavoro il significato stesso della questione disoccupazione,
mettendo in campo strategie individuali per stare faticosamente dentro
uno schema di totale antica presenza nel lavoro di cura e di nuova
presenza nei tempi del lavoro costruiti sul maschio capofamiglia. È il
pensiero femminista che introduce contraddizioni nelle relazioni
consolidate, che ragiona sul valore della differenza, che pone la
questione del ridiscutere modelli sociali e di lavoro da una diversa
angolazione. È poi l’immigrazione, che accentua l’esperienza di
gerarchia di diritti e di riconoscimenti nel lavoro cui seguiranno il
moltiplicarsi di rapporti di lavoro sempre più deregolamentati. Si
complica la rappresentanza e il modo di riflettere sui diritti. Senza
dimenticare la difficile relazione tra compagni-rivali, dipendenti dalle
multinazionali e dispersi in lontane aree del mondo, messi in
competizione gli uni con gli altri nella rincorsa nelle convenienze sui
costi.
(dalla
relazione introduttiva di Francesca Re David a Cento
anni di Fiom,
Meta Edizioni, 2001)
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pannello
numero tredici: l’identità
“(…) ho
conosciuto le fabbriche meccaniche, di meccanica fine di Bologna, così
come ho conosciuto la siderurgia a Brescia che per me è stata di grande
importanza, nel senso che non avevo mai visto lavoratori lavorare in
quelle condizioni terribili, perché lavoravano, nel periodo in cui sono
stato a Brescia, in condizioni davvero impensabili.
Così come sono stato
a Torino per tanti anni e devo dire che da questo punto di vista c’è
un secondo punto, secondo me decisivo: se non ci si identifica
seriamente con la condizione dei lavoratori e delle lavoratrici, se non
li si ama, non si può fare il sindacalista, non è possibile. Quindi,
gli atti di cinismo, di furbizia sono solo delle sciocchezze
autolesioniste. Sciocchezze contro di sé più che contro gli altri.
È un lavoro
difficile e che per farlo bisogna avere un certo livello di moralità,
naturalmente, in senso proprio, e bisogna credere davvero che sia
possibile la giustizia, la giustizia sociale perché se non si crede
neanche in questo, non si può fare il sindacalista. (…)”
(dall’intervento
di Claudio Sabattini, segretario generale della Fiom, al Comitato
centrale del 13 maggio 2002)
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pannello
numero quattordici: il Contratto nazionale
Il XXII Congresso nazionale della Fiom
“La nostra priorità
è difendere e rilanciare la funzione del Contratto nazionale e
mantenere i due livelli di contrattazione. Il Contratto nazionale deve
contenere nelle sue rivendicazioni salariali il riconoscimento del buon
andamento di settore e dell’inflazione reale, anche tenendo conto a
quanto rivendicato in Europa. Al centro della contrattazione articolata
sono le condizioni di lavoro in tutti gli aspetti – orari, tempi,
sicurezza, diritti – opporsi alla precarizzazione del lavoro, negare
alle aziende la libertà di procedere alle ristrutturazioni in atto
attraverso i licenziamenti, riproporre il tema di un salario che
riconosca ai lavoratori la produttività del lavoro in alternativa alla
redditività.
La Fiom
esprime la propria contrarietà all’introduzione di premi salariali
legati alla presenza.”
(dalla
relazione introduttiva di Claudio Sabattini, segretario generale della
Fiom, al XXII Congresso nazionale)
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pannello
numero quindici: il lavoro,
la Costituzione
, i diritti
La Costituzione
italiana
Articolo
1
L’Italia
è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei
limiti della Costituzione.
Articolo
2
La Repubblica
riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento
dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Articolo
3
Tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
Articolo
39
L’organizzazione
sindacale è libera.
Ai
sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro
registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di
legge.
È
condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano
un ordinamento interno a base democratica.
I
sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono,
rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare
contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli
appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
(da
Costituzione
della Repubblica italiana)
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pannello
numero sedici:
la Fiom
a congresso
La democrazia
Tutte
le nostre scelte sono attraversate da una scelta fondamentale che
abbiamo compiuto nel corso di questi anni, quella della democrazia,
della partecipazione e del voto dei lavoratori e delle lavoratrici sulle
piattaforme e sugli accordi.
Abbiamo
voluto in questo modo affermare che la titolarità delle piattaforme e
dei contratti è dei diretti interessati perché ciò costituisce
l’esercizio di un diritto democratico che deve essere riconosciuto
anche attraverso una legge sulla rappresentanza sindacale.
A
questa scelta sono state sollevate diverse obiezioni, e in particolare
riguardo il rapporto tra il ruolo dell’organizzazione e degli iscritti
con l’insieme dei lavoratori interessati. Insomma che il voto dei
lavoratori in qualche modo esautora il ruolo del sindacato e delle Rsu.
A
noi pare vero il contrario per la semplice ragione che un gruppo
dirigente, il sindacato ma le stesse Rsu, sulla contrattazione aziendale
hanno la responsabilità di gestire la trattativa in rapporto con i
lavoratori e con le assemblee e quando definiscono un accordo hanno il
dovere di verificarlo con tutti i lavoratori interessati.
Questo
comporta semplicemente il fatto che quel gruppo dirigente, quella Rsu,
può anche rischiare di perdere perché la democrazia ha questo piccolo
difetto, non garantisce il risultato finale.
Per
questo non è vero che si esautora ma viceversa si esprime appieno la
responsabilità delle organizzazioni sindacali e delle Rsu.
Così
abbiamo fatto a Melfi nell’assemblea che ha deciso di togliere i presìdi,
proclamare lo sciopero di 8 ore e iniziare il negoziato con
la Fiat.
In
quell’assemblea potevamo perdere, a dire il vero tanti lo speravano,
ma noi concepiamo in questo modo il rapporto con i lavoratori e con le
lavoratrici.
Da
qui, dalla democrazia è necessario ripartire, verificare la possibilità,
in assenza di una legge che per noi rimane un obiettivo da perseguire,
di definire con le altre organizzazioni sindacali regole democratiche
che di per se escludano la pratica degli accordi separati e rendano
possibile la definizione di proposte unitarie.
(dalla
Relazione introduttiva di Gianni Rinaldini, segretario generale della
Fiom, al XXIII Congresso nazionale)
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