1.
L’Assemblea esprime profondo dolore per la scomparsa
del Presidente Yasser Arafat, leader della giusta lotta del
popolo palestinese per la conquista dello stato indipendente.
L’Assemblea assume l’impegno di continuare a sostenere la
lotta del popolo palestinese contro l’occupazione militare
israeliana e per la costituzione dello Stato di Palestina
accanto a quello di Israele.
L’Assemblea
rinnova la richiesta di immediato ritiro delle truppe italiane
dall’Iraq, ancor più doveroso nel momento in cui le truppe di
occupazione scatenano una guerra distruttiva contro intere città
dell’Iraq, a partire da Falluya. L’Assemblea esprime
solidarietà al popolo iracheno e in particolare alla
popolazione di Falluya e rinnova la richiesta della immediata
cessazione dei bombardamenti e del ritiro di tutte le truppe
occupanti.
2.
L’Assemblea considera necessaria una grande riuscita
dello sciopero generale del 30 novembre. Tale iniziativa di
lotta deve segnare il momento di riavvio della mobilitazione
generale del mondo del lavoro contro la politica economica del
governo e per una vera svolta del piano delle politiche
economiche e sociali. Occorre dare continuità al movimento,
superando la troppo lunga fase di stasi di questi mesi, fase
nella quale si sono inserite scelte profondamente negative del
governo e delle imprese. Si è avviata la controriforma delle
pensioni, prosegue l’attacco ai diritti del lavoro con
l’applicazione delle norme della Legge 30, cresce il degrado
della scuola, e a tale proposito l’Assemblea esprime totale
appoggio e partecipazione allo sciopero generale della scuola
del 15 novembre contro la riforma Moratti. L’Assemblea
esprime altresì totale sostegno e partecipazione alle
manifestazioni del 4 e del 18 dicembre per i diritti dei
migranti, contro la Bossi Fini.
Sul
piano della distribuzione del reddito il governo, pur nelle
difficoltà dei conti pubblici, continua a manifestare la volontà
di fare una controriforma fiscale che favorisca i ricchi, mentre
le prime misure che vengono adottate favoriscono solo le imprese
e trascurano totalmente i lavoratori dipendenti, che da anni
subiscono il danno della mancata restituzione del fiscal-drag.
E’ invece indispensabile una politica fiscale che finanzi la
ripresa economica con la tassazione delle grandi ricchezze e che
combatta l’evasione e l’elusione fiscale, redistribuendo
reddito al lavoro, ai pensionati, ai meno abbienti.
L’Assemblea,
mentre richiede la continuità della mobilitazione del mondo del
lavoro per un cambiamento di fondo della politica economica del
Governo, ritiene indispensabile che, anche a tal fine, vengano
abrogate le principali Leggi che caratterizzano la politica
economica, sociale, istituzionale di questo governo.
L’Assemblea assume l’impegno di partecipare
all’organizzazione di una campagna diffusa in tutto il Paese
per l’abrogazione della Legge 30, della Bossi Fini, della
Legge Moratti, della controriforma delle pensioni, delle norme
fiscali, delle norme sul falso in bilancio, delle norme sulla
devolution.
Tale
campagna per la rimozione delle controriforme conservatrici del
governo Berlusconi, per la Fiom dovrà essere accompagnata da
quella per la conquista di nuovi diritti e di nuovi spazi di
democrazia per il mondo del lavoro, a partire dalla lotta alla
precarietà e dall’affermazione di una legge sulla
rappresentanza e sulla democrazia sindacale.
3.
L’Assemblea sottolinea l’aggravamento di tutta la
situazione industriale del Paese e del settore metalmeccanico.
Le difficoltà, la stagnazione, le crisi industriali sono il
risultato di politiche economiche sbagliate sul piano generale,
ma anche di una lunga stagione di scelte delle imprese tese a
raggiungere competitività agendo solamente sul costo del
lavoro.
Ora
il sistema industriale è giunto a un punto critico e paga
l’assenza di investimenti, la miopia delle strategie dei
grandi gruppi e la priorità per troppo tempo data a scelte
finanziarie rispetto a strategie industriali. Si rivela fragile
il modello fondato sulla piccola impresa, pesa su tutto il
sistema industriale l’abbandono a sé stesso del Mezzogiorno,
si misurano ora i danni di una strategia di privatizzazione e di
delocalizzazione che ha semplicemente distrutto senza costruire
nulla.
La
crisi industriale è l’anima della crisi economica del Paese e
per questo essa va affrontata come la priorità nelle scelte per
un nuovo sviluppo.
L’Assemblea
ritiene indispensabile la crescita di un vasto movimento di
lotta per la difesa del sistema industriale e per la
salvaguardia dell’occupazione. Nell’auto,
nell’informatica, nelle telecomunicazioni, in tutti i settori
e in tutte le imprese colpite dalla crisi, occorrono interventi
straordinari coordinati dal potere pubblico, per fermare lo
smantellamento delle aziende e costruire programmi industriali e
di sviluppo. Ove la proprietà privata non sia in grado di
affrontare tali programmi, il potere pubblico a tutti i livelli
deve entrare nella gestione delle imprese. E’ necessario porre
limiti e condizioni alla delocalizzazione delle imprese
industriali e delle multinazionali. Non è accettabile che la
delocalizzazione serva
a degradare il sistema industriale e le
condizioni dei lavoratori.
E’
necessario che le varie situazioni di crisi e di attacco
all’occupazione siano affrontate da un movimento di lotta
unificato. Occorre andare a breve tempo a scioperi dei gruppi e
dei settori più coinvolti dalle crisi, per poi giungere a uno
sciopero nazionale di tutti i metalmeccanici che abbia al centro
la difesa e lo sviluppo del sistema industriale del Paese.
L’Assemblea
riconferma e assume l’impegno della Fiom a respingere in ogni
processo di ristrutturazione i licenziamenti, espliciti o
comunque mascherati.
4.
Nonostante che la crisi industriale del Paese dimostri
come non è con l’attacco ai diritti al lavoro che si recupera
competitività, questo attacco purtroppo continua. Esso si
sviluppa a livello europeo, con una strategia delle grandi
imprese tesa ad imporre, con la minaccia dei licenziamenti,
accordi di riduzione dei diritti del salario. Tale attacco
prosegue anche sul piano dell’azione legislativa dell’Unione
Europea. Sono in approvazione una direttiva sugli orari e una
sulla libertà dei servizi (Direttiva Bolkestein), che rischiano
di distruggere regole e contratti in ogni Paese. In Italia la
Legge 30 e le sue norme attuative puntano alla totale
destrutturazione del mercato del lavoro e alla riduzione a merce
usa e getta dei lavoratori. Così pure il varo di un nuovo testo
unico sulla sicurezza del lavoro, da parte del governo, rischia
di portare alla totale cancellazione della 626 e delle
principali norme che salvaguardano la salute dei lavoratori.
In
questo contesto il sistema delle imprese punta a scardinare il
Contratto nazionale di lavoro, a favore di un apparente
decentramento della contrattazione, che in realtà sarebbe solo
un ulteriore passo verso la totale individualizzazione del
rapporto di lavoro.
La
difesa e lo sviluppo del Contratto nazionale è oggi un impegno
fondamentale per la salvaguardia dei diritti del lavoro nel
nostro Paese. Non è solo una scelta di relazioni sindacali, ma
di solidarietà sociale e istituzionale, specialmente ora che,
con la devolution, si vuole imporre lo smembramento dello Stato
unitario.
La
difesa del Contratto nazionale significa potenziarne le funzioni
sia sul piano normativo e della tutela dei diritti, sia su
quello retributivo.
L’Assemblea
riconferma le ragioni di fondo, che hanno portato la Fiom a non
sottoscrivere le intese separate del 2001 e del 2003. La lotta
articolata per i pre-contratti di quest’ultimo anno, se non è
riuscita a ottenere una reale svolta sul piano delle relazioni
industriali con la riconquista di un vero Contratto nazionale, ha però
fermato l’offensiva delle imprese, tesa ad imporre il metodo
dell’accordo separato come centrale nelle relazioni sindacali.
Per
queste ragioni, vi sono oggi le condizioni per tentare di
costruire assieme a Fim e Uilm una vertenza comune per il
rinnovo del biennio salariale. La costruzione e la conquista di
un Contratto condiviso sul salario non risolverebbe tutti i
problemi aperti dei precedenti accordi separati, ma aprirebbe la
possibilità di una loro soluzione.
Questa
è la strada che, in questa fase è necessario perseguire.
Questo significa costruire una vertenza fondata su due
condizioni di base:
-
la chiarezza nelle regole democratiche, con il voto
vincolante dei lavoratori su piattaforma e ipotesi di accordo,
anche nel caso di dissenso tra le organizzazioni sindacali.
-
Una richiesta salariale, in grado di recuperare almeno
una parte del potere d’acquisto perduto in questi anni dai
metalmeccanici e di tutelarlo per il prossimo biennio. Questo
significa una autonoma valutazione delle organizzazioni
sindacali sull’andamento dell’inflazione, e una
redistribuzione della ricchezza e della produttività che
riguardi tutti i
lavoratori, anche quelli che non fanno la contrattazione
aziendale.
Se
si realizzano queste due condizioni bisogna operare per una
piattaforma comune con Fim e Uilm. A queste organizzazioni,
oltre alla disponibilità sulle regole democratiche, si chiede
di valutare attentamente la gravissima situazione del reddito
dei lavoratori e di trovare in essa le motivazioni per costruire
una richiesta salariale comune.
Quale
che sia la conclusione del confronto tra le organizzazioni
sindacali, le posizioni assunte dalla Federmeccanica
preannunciano un rinnovo contrattuale durissimo. Non solo pesa
la volontà degli industriali di mettere in discussione lo
stesso istituto del contratto nazionale, ma gioca un ruolo
pesante la tentazione di imporre nuovi peggioramenti della
condizione di lavoro.
I
metalmeccanici italiani sono già sottoposti ad un regime di
flessibilità e di precarietà tra i peggiori d’Europa. Ogni
paragone con altre intese avvenute all’estero è quindi
improponibile. In Italia si tratta di migliorare e non di
peggiorare i diritti dei lavoratori. Per questo nel confermare
l’opposizione all’applicazione di tutte le norme più inique
della Legge 30, l’Assemblea ribadisce il rifiuto
all’estensione delle flessibilità e alla creazione di “zone
franche” dalla contrattazione sugli orari, sui turni, sugli
straordinari.
Questa
vertenza sul contratto sarà
decisiva per difendere e affermare l’istituto. Per questo deve
essere accompagnata sin dall’inizio da una forte
partecipazione e mobilitazione dei lavoratori.
5.
La lotta per l’occupazione e contro le crisi
industriali e quella per il Contratto nazionale sono solo una
parte dell’impegno della categoria. Occorre dare il massimo di
estensione alle vertenze aziendali, facendo in modo che esse
recepiscano i contenuti dei pre-contratti. Occorre sviluppare
una forte e diffusa vertenzialità sulle condizioni di lavoro,
sui tempi e sui ritmi, sulla professionalità e sulla
formazione. L’esperienza di questi anni ha mostrato che lotta
generale e articolazione del movimento sono entrambe necessarie.
Alcune grandi vertenze aziendali e di stabilimento hanno
rappresentato un valore per tutto il movimento. Queste
esperienze vanno estese, facendo in modo che il conflitto nei
luoghi di lavoro freni l’unilateralismo delle imprese e dia un
segnale preciso alla Federmeccanica. La difesa del Contratto
nazionale si fa anche mostrando che un sistema di regole forti a
livello nazionale non è necessario solo ai lavoratori, ma anche
allo stesso sistema delle imprese.
Per
questo occorre impegnare la Fiom a garantire la massima
estensione della vertenzialità articolata nelle aziende e nei
reparti, a fianco della vertenza per il Contratto nazionale e
delle lotte per il lavoro e per lo sviluppo industriale.
L’Assemblea
dei delegati ritiene necessario che in tutti i luoghi di lavoro
si apra immediatamente la discussione nelle RSU e tra i
lavoratori, al fine di giungere rapidamente all’avvio della
formale consultazione per la presentazione della piattaforma.
La
FIOM convocherà entro la fine del mese gli organismi dirigenti. |