Conclusioni dell’Assemblea nazionale delle delegate, dei delegati

e quadri della Fiom-Cgil del 12 novembre 2004,

proposte dalla presidenza dell’Assemblea

1.      L’Assemblea esprime profondo dolore per la scomparsa del Presidente Yasser Arafat, leader della giusta lotta del popolo palestinese per la conquista dello stato indipendente. L’Assemblea assume l’impegno di continuare a sostenere la lotta del popolo palestinese contro l’occupazione militare israeliana e per la costituzione dello Stato di Palestina accanto a quello di Israele.

L’Assemblea rinnova la richiesta di immediato ritiro delle truppe italiane dall’Iraq, ancor più doveroso nel momento in cui le truppe di occupazione scatenano una guerra distruttiva contro intere città dell’Iraq, a partire da Falluya. L’Assemblea esprime solidarietà al popolo iracheno e in particolare alla popolazione di Falluya e rinnova la richiesta della immediata cessazione dei bombardamenti e del ritiro di tutte le truppe occupanti.

2.      L’Assemblea considera necessaria una grande riuscita dello sciopero generale del 30 novembre. Tale iniziativa di lotta deve segnare il momento di riavvio della mobilitazione generale del mondo del lavoro contro la politica economica del governo e per una vera svolta del piano delle politiche economiche e sociali. Occorre dare continuità al movimento, superando la troppo lunga fase di stasi di questi mesi, fase nella quale si sono inserite scelte profondamente negative del governo e delle imprese. Si è avviata la controriforma delle pensioni, prosegue l’attacco ai diritti del lavoro con l’applicazione delle norme della Legge 30, cresce il degrado della scuola, e a tale proposito l’Assemblea esprime totale appoggio e partecipazione allo sciopero generale della scuola del 15 novembre contro la riforma Moratti.                                                                                                            L’Assemblea esprime altresì totale sostegno e partecipazione alle manifestazioni del 4 e del 18 dicembre per i diritti dei migranti, contro la Bossi Fini.

Sul piano della distribuzione del reddito il governo, pur nelle difficoltà dei conti pubblici, continua a manifestare la volontà di fare una controriforma fiscale che favorisca i ricchi, mentre le prime misure che vengono adottate favoriscono solo le imprese e trascurano totalmente i lavoratori dipendenti, che da anni subiscono il danno della mancata restituzione del fiscal-drag. E’ invece indispensabile una politica fiscale che finanzi la ripresa economica con la tassazione delle grandi ricchezze e che combatta l’evasione e l’elusione fiscale, redistribuendo reddito al lavoro, ai pensionati, ai meno abbienti.

L’Assemblea, mentre richiede la continuità della mobilitazione del mondo del lavoro per un cambiamento di fondo della politica economica del Governo, ritiene indispensabile che, anche a tal fine, vengano abrogate le principali Leggi che caratterizzano la politica economica, sociale, istituzionale di questo governo. L’Assemblea assume l’impegno di partecipare all’organizzazione di una campagna diffusa in tutto il Paese per l’abrogazione della Legge 30, della Bossi Fini, della Legge Moratti, della controriforma delle pensioni, delle norme fiscali, delle norme sul falso in bilancio, delle norme sulla devolution.

Tale campagna per la rimozione delle controriforme conservatrici del governo Berlusconi, per la Fiom dovrà essere accompagnata da quella per la conquista di nuovi diritti e di nuovi spazi di democrazia per il mondo del lavoro, a partire dalla lotta alla precarietà e dall’affermazione di una legge sulla rappresentanza e sulla democrazia sindacale.

 

3.      L’Assemblea sottolinea l’aggravamento di tutta la situazione industriale del Paese e del settore metalmeccanico. Le difficoltà, la stagnazione, le crisi industriali sono il risultato di politiche economiche sbagliate sul piano generale, ma anche di una lunga stagione di scelte delle imprese tese a raggiungere competitività agendo solamente sul costo del lavoro.

Ora il sistema industriale è giunto a un punto critico e paga l’assenza di investimenti, la miopia delle strategie dei grandi gruppi e la priorità per troppo tempo data a scelte finanziarie rispetto a strategie industriali. Si rivela fragile il modello fondato sulla piccola impresa, pesa su tutto il sistema industriale l’abbandono a sé stesso del Mezzogiorno, si misurano ora i danni di una strategia di privatizzazione e di delocalizzazione che ha semplicemente distrutto senza costruire nulla.

La crisi industriale è l’anima della crisi economica del Paese e per questo essa va affrontata come la priorità nelle scelte per un nuovo sviluppo.

L’Assemblea ritiene indispensabile la crescita di un vasto movimento di lotta per la difesa del sistema industriale e per la salvaguardia dell’occupazione. Nell’auto, nell’informatica, nelle telecomunicazioni, in tutti i settori e in tutte le imprese colpite dalla crisi, occorrono interventi straordinari coordinati dal potere pubblico, per fermare lo smantellamento delle aziende e costruire programmi industriali e di sviluppo. Ove la proprietà privata non sia in grado di affrontare tali programmi, il potere pubblico a tutti i livelli deve entrare nella gestione delle imprese. E’ necessario porre limiti e condizioni alla delocalizzazione delle imprese industriali e delle multinazionali. Non è accettabile che la delocalizzazione   serva a degradare il sistema industriale e le  condizioni dei lavoratori.

E’ necessario che le varie situazioni di crisi e di attacco all’occupazione siano affrontate da un movimento di lotta unificato. Occorre andare a breve tempo a scioperi dei gruppi e dei settori più coinvolti dalle crisi, per poi giungere a uno sciopero nazionale di tutti i metalmeccanici che abbia al centro la difesa e lo sviluppo del sistema industriale del Paese.

L’Assemblea riconferma e assume l’impegno della Fiom a respingere in ogni processo di ristrutturazione i licenziamenti, espliciti o comunque mascherati.

4.      Nonostante che la crisi industriale del Paese dimostri come non è con l’attacco ai diritti al lavoro che si recupera competitività, questo attacco purtroppo continua. Esso si sviluppa a livello europeo, con una strategia delle grandi imprese tesa ad imporre, con la minaccia dei licenziamenti, accordi di riduzione dei diritti del salario. Tale attacco prosegue anche sul piano dell’azione legislativa dell’Unione Europea. Sono in approvazione una direttiva sugli orari e una sulla libertà dei servizi (Direttiva Bolkestein), che rischiano di distruggere regole e contratti in ogni Paese. In Italia la Legge 30 e le sue norme attuative puntano alla totale destrutturazione del mercato del lavoro e alla riduzione a merce usa e getta dei lavoratori. Così pure il varo di un nuovo testo unico sulla sicurezza del lavoro, da parte del governo, rischia di portare alla totale cancellazione della 626 e delle principali norme che salvaguardano la salute dei lavoratori.

In questo contesto il sistema delle imprese punta a scardinare il Contratto nazionale di lavoro, a favore di un apparente decentramento della contrattazione, che in realtà sarebbe solo un ulteriore passo verso la totale individualizzazione del rapporto di lavoro.

La difesa e lo sviluppo del Contratto nazionale è oggi un impegno fondamentale per la salvaguardia dei diritti del lavoro nel nostro Paese. Non è solo una scelta di relazioni sindacali, ma di solidarietà sociale e istituzionale, specialmente ora che, con la devolution, si vuole imporre lo smembramento dello Stato unitario.

La difesa del Contratto nazionale significa potenziarne le funzioni sia sul piano normativo e della tutela dei diritti, sia su quello retributivo.

L’Assemblea riconferma le ragioni di fondo, che hanno portato la Fiom a non sottoscrivere le intese separate del 2001 e del 2003. La lotta articolata per i pre-contratti di quest’ultimo anno, se non è riuscita a ottenere una reale svolta sul piano delle relazioni industriali  con la riconquista di un vero Contratto nazionale, ha però fermato l’offensiva delle imprese, tesa ad imporre il metodo dell’accordo separato come centrale nelle relazioni sindacali.

Per queste ragioni, vi sono oggi le condizioni per tentare di costruire assieme a Fim e Uilm una vertenza comune per il rinnovo del biennio salariale. La costruzione e la conquista di un Contratto condiviso sul salario non risolverebbe tutti i problemi aperti dei precedenti accordi separati, ma aprirebbe la possibilità di una loro soluzione.

Questa è la strada che, in questa fase è necessario perseguire. Questo significa costruire una vertenza fondata su due condizioni di base:

-         la chiarezza nelle regole democratiche, con il voto vincolante dei lavoratori su piattaforma e ipotesi di accordo, anche nel caso di dissenso tra le organizzazioni sindacali.

-         Una richiesta salariale, in grado di recuperare almeno una parte del potere d’acquisto perduto in questi anni dai metalmeccanici e di tutelarlo per il prossimo biennio. Questo significa una autonoma valutazione delle organizzazioni sindacali sull’andamento dell’inflazione, e una redistribuzione della ricchezza e della produttività che riguardi  tutti i lavoratori, anche quelli che non fanno la contrattazione aziendale.

Se si realizzano queste due condizioni bisogna operare per una piattaforma comune con Fim e Uilm. A queste organizzazioni, oltre alla disponibilità sulle regole democratiche, si chiede di valutare attentamente la gravissima situazione del reddito dei lavoratori e di trovare in essa le motivazioni per costruire una richiesta salariale comune.

Quale che sia la conclusione del confronto tra le organizzazioni sindacali, le posizioni assunte dalla Federmeccanica preannunciano un rinnovo contrattuale durissimo. Non solo pesa la volontà degli industriali di mettere in discussione lo stesso istituto del contratto nazionale, ma gioca un ruolo pesante la tentazione di imporre nuovi peggioramenti della condizione di lavoro.

I metalmeccanici italiani sono già sottoposti ad un regime di flessibilità e di precarietà tra i peggiori d’Europa. Ogni paragone con altre intese avvenute all’estero è quindi improponibile. In Italia si tratta di migliorare e non di peggiorare i diritti dei lavoratori. Per questo nel confermare l’opposizione all’applicazione di tutte le norme più inique della Legge 30, l’Assemblea ribadisce il rifiuto all’estensione delle flessibilità e alla creazione di “zone franche” dalla contrattazione sugli orari, sui turni, sugli straordinari.

Questa vertenza sul contratto  sarà decisiva per difendere e affermare l’istituto. Per questo deve essere accompagnata sin dall’inizio da una forte partecipazione e mobilitazione dei lavoratori.

5.      La lotta per l’occupazione e contro le crisi industriali e quella per il Contratto nazionale sono solo una parte dell’impegno della categoria. Occorre dare il massimo di estensione alle vertenze aziendali, facendo in modo che esse recepiscano i contenuti dei pre-contratti. Occorre sviluppare una forte e diffusa vertenzialità sulle condizioni di lavoro, sui tempi e sui ritmi, sulla professionalità e sulla formazione. L’esperienza di questi anni ha mostrato che lotta generale e articolazione del movimento sono entrambe necessarie. Alcune grandi vertenze aziendali e di stabilimento hanno rappresentato un valore per tutto il movimento. Queste esperienze vanno estese, facendo in modo che il conflitto nei luoghi di lavoro freni l’unilateralismo delle imprese e dia un segnale preciso alla Federmeccanica. La difesa del Contratto nazionale si fa anche mostrando che un sistema di regole forti a livello nazionale non è necessario solo ai lavoratori, ma anche allo stesso sistema delle imprese.

Per questo occorre impegnare la Fiom a garantire la massima estensione della vertenzialità articolata nelle aziende e nei reparti, a fianco della vertenza per il Contratto nazionale e delle lotte per il lavoro e per lo sviluppo industriale.

L’Assemblea dei delegati ritiene necessario che in tutti i luoghi di lavoro si apra immediatamente la discussione nelle RSU e tra i lavoratori, al fine di giungere rapidamente all’avvio della formale consultazione per la presentazione della piattaforma.

La FIOM convocherà entro la fine del mese gli organismi dirigenti.