COMUNICATO STAMPA

 

Documento di solidarietà con le lavoratrici ed i lavoratori metalmeccanici e con la Fiom-Cgil  in vista dello sciopero del 7 novembre 2003

 

L’ormai lunga vertenza avviata dai lavoratori metalmeccanici e dalla FIOM-CGIL allo scopo di contestare l’accordo separato per il rinnovo del Contratto nazionale di categoria, firmato solo da FIM e UILM - organizzazioni che nel settore metalmeccanico insieme non raggiungono la rappresentanza della FIOM CGIL, che da sola rappresenta oltre il 55% degli iscritti del settore – ha registrato, di recente, interventi e dichiarazioni da parte di esponenti del governo, di esponenti di Confindustria e, da ultimo, da parte dei presidenti delle associazioni industriali dell’Emilia Romagna. Interventi e dichiarazioni che, visto il loro contenuto e la loro provenienza non possono che suscitare un forte allarme in chiunque, nel nostro paese, abbia a cuore la difesa dei valori di libertà, anche sindacale, e di democrazia.

La FIOM-CGIL, a fronte del rifiuto di Federmeccanica di rimettere in discussione l’accordo separato e di minoranza ed, a fronte del rifiuto da parte delle altre organizzazioni sindacali di sottoporre al referendum l’accordo stesso -  unico modo per consentire ai lavoratori di esprimersi direttamente - ha intrapreso l’unica strada a sua disposizione: ripartire dai luoghi di lavoro, dalle singole aziende, per ottenere (,) dalle stesse quello che Federmeccanica si ostina a non concedere: una riapertura della contrattazione per il rinnovo del contratto nazionale. Sono così partite le vertenze in tutte le aziende metalmeccaniche per ottenere fabbrica per fabbrica degli accordi che assolvano alla funzione di anticipare i contenuti di un auspicato rinnovo -  anche da parte della FIOM - del contratto nazionale.

Punti qualificati delle piattaforme presentate sono, insieme alla  richiesta di aumenti salariali, l’impegno delle aziende a non far propri i contenuti dell’accordo di minoranza, l’impegno a continuare ad applicare l’ultimo contratto collettivo nazionale del 1999 firmato da tutte le organizzazioni sindacali, e, soprattutto, una forte limitazione della precarizzazione dei rapporti di lavoro, la quale passa anche attraverso l’impegno delle aziende ad un uso limitato del ricorso a tipi contrattuali particolarmente penalizzanti per i lavoratori, ivi compresi quelli introdotti con  legge n. 30 del 2003.  E’ utile precisare che la FIOM condiziona la presentazione delle piattaforme nelle singole aziende al voto favorevole della maggioranza dei lavoratori.

Il successo degli scioperi, che vedono ovunque la partecipazione massiccia dei lavoratori, e quindi  dell’azione contrattuale portata avanti dalla FIOM, che ha indotto moltissime aziende – ad esempio in Emilia Romagna sono ormai 150 - a sottoscrivere accordi aziendali dal contenuto sopra richiamato, ha  portato a reazioni talvolta scomposte delle associazioni dei datori di lavoro. Ma questo fa parte della fisiologia delle relazioni industriali.

Cosa ben diversa sono la presa di posizione di un Ministro della Repubblica il quale sollecita il collega Ministro dell’Interno ad intervenire, evidentemente inviando polizia e carabinieri,  a difesa delle aziende “vittime” degli scioperi indetti con successo dalla FIOM-CGIL. Scioperi condotti -  è il caso di sottolineare -  con modalità assolutamente tradizionali e consuete nei periodi di conflitto sindacale aspro, e che mai hanno travalicato, a quanto consta,  i confini della liceità civile e penale.  Non si comprende, quindi,  il motivo per cui dovrebbe intervenire il Ministro dell’Interno. La sollecitazione, peraltro, ha già trovato risposta positiva: infatti si registra la presenza ricorrente di carabinieri, forze di polizia e Digos che davanti alle fabbriche in sciopero,  procedono all’identificazione personale di lavoratori e funzionari sindacali, e ad effettuare riprese filmate degli scioperanti.

Altrettanto preoccupante è il contenuto di una lettera sottoscritta da sei presidenti provinciali delle associazioni industriali  dell’Emilia Romagna -  inviata, tra gli altri, al Presidente del Consiglio  ed ai presidenti delle Camere e del Senato  -  nella quale, dopo aver dichiarato le forme di lotta e sciopero attuate dai lavoratori, “certamente al di fuori del doveroso rispetto dei limiti di correttezza” e la FIOM  “una minoranza sindacale”, si  giunge a definire incostituzionale il comportamento della FIOM per la richiesta, inserita negli accordi aziendali, di non applicare, per la durata della loro vigenza, la c.d. riforma Biagi.  Con la sospensione della riforma in alcune aziende, prosegue la lettera,  si violerebbe oltre al principio di concorrenza, “negando ad alcune aziende l’accesso al mercato del lavoro” in condizioni di eguaglianza rispetto alle altre”, anche la libertà di iniziativa economica di dette aziende ed, addirittura, si violerebbe “il principio di eguaglianza dei cittadini nella possibilità di modalità e accesso al lavoro”. Affermazioni la cui incongruenza con i fatti a cui si riferiscono e con le regole , anche costituzionali, del nostro sistema di relazioni industriali appare palese. Basti dire che la FIOM esercita semplicemente la propria libertà sindacale, garantita dall’art. 39 della Costituzione, e che, la stessa ricomprende anche la libertà contrattuale.

 Libertà contrattuale significa, in primo luogo, libertà nella scelta dei contenuti rivendicativi, che poi, ovviamente, per diventare contenuti di un contratto devono incontrare il consenso della controparte. Ora, i molti accordi aziendali sottoscritti, hanno un contenuto assolutamente legittimo posto che è libertà delle parti di un contratto - nella fattispecie, il sindacato e le rappresentanze sindacali da un lato e le aziende dall’altro - decidere di non utilizzare o utilizzare con alcuni limiti ed accorgimenti alcuni tipi di contratto di lavoro, ovvero, di prevedere che i lavoratori, assunti con tipi di contratto precari, dopo un determinato periodo, debbano essere assunti con contratti di lavoro a tempo indeterminato. D'altronde vincoli e limiti di questo tipo sono da tempo presenti nella contrattazione a tutti i livelli ed in tutti i settori, ad esempio con la limitazione quantitativa del ricorso ai contratti a termine piuttosto che al lavoro interinale o con clausole che impegnano le aziende a trasformare in contratti a tempo indeterminato significative percentuali di contratti di formazione e lavoro.

Nulla di nuovo, quindi e di diverso che il libero dispiegarsi della autonomia negoziale che, a prescindere dalla tutela costituzionale che riceve dall’art. 39 Cost., rappresenta uno dei cardini della civiltà giuridica occidentale, sancito in tutti i codici civili del mondo, compreso il nostro.

Se la lettera si limitasse a ciò, non ci sarebbe pertanto nessuna ragione di preoccupazione e si tratterebbe dell’ennesima reazione scomposta, sorretta, nell’occasione, da una claudicante cultura giuridica,  di alcune associazioni dei datori di lavoro; tuttavia, la lettera prosegue sollecitando il Governo ed il Parlamento ad assumere “ scelte legislative ..” evidentemente dirette ad ostacolare il libero dispiegarsi della libertà sindacale e contrattuale e finanche del diritto di sciopero, riconosciuto dall’art. 40 della Costituzione.

Per questo - a fronte della richiesta, peraltro già esaudita, di invio delle forze di polizia davanti alle fabbriche in occasione degli scioperi, a fronte della richiesta di un intervento legislativo che limiti la contrattazione collettiva,  e nel perdurare di un situazione, nel settore metalmeccanico, di negazione delle più elementari regole di democrazia con il rifiuto di far esprimere direttamente tutti i lavoratori sul rinnovo del contratto nazionale che pure si vuole applicare agli stessi - si impone una presa di posizione per chiunque ritenga che il principio democratico, nelle decisioni riguardanti  qualsiasi collettività, la  libertà sindacale e di contrattazione, oltre che  il diritto di sciopero,  siano elementi caratterizzanti ed irrinunciabili  del nostro modello di società.

Per queste ragioni, in difesa dei principi costituzionali di libertà sindacale, di libertà contrattuale, e del diritto di sciopero e nella riaffermazione di regole basilari di democrazia nelle relazioni sindacali - che  consentano ai lavoratori di potersi esprimere e contare, secondo l’elementare principio di maggioranza,  nella definizione delle regole che governeranno i loro rapporti di lavoro -   i sottoscrittori del presente documento esprimono la loro solidarietà per lo sciopero del 7 novembre 2003 e la loro  convinta adesione alle ragioni che hanno portato alla sua indizione dal parte della FIOM-CGIL.

 

Firmato:

Prof. GIORGIO GHEZZI

Avv. FRANCO FOCARETA

Avv. ALBERTO PICCININI

3 NOVEMBRE 2003

 

Adesione di:

Piergiovanni Alleva              (docente Università Ancona)

Moni Ovadia                         (regista)                                

Guido Fanti                          

Alfiero Grandi                       (parlamentare DS)

Sergio Sabattini                   (parlamentare DS)

Walter Vitali                          (senatore DS)

Giovanna Grignaffini            (parlamentare DS)

Carlo Lucarelli                      (scrittore)

Stefano Tassinari                 (scrittore)

Gilberto Serravalle               (docente Università Parma)

Giordano Montorsi               (pittore, Accademia Venezia)

Giuseppe Caliceti                (scrittore)

Giannetto Magnanini           (presidente Istoreco Reggio Emilia)

Davide Ferrari                      (capo gruppo Due Torri Comune di Bologna)

Antonio Soda                       (parlamentare DS)

Luca Baldissara                   (docente Università Pisa)

Massimo Roccella               (docente UniversitàTorino)

Maria Vittoria Ballestrero    (docente Università Genova)

Francesco Garibaldo          (Istituto per il Lavoro)

Ignazio Masulli                      (docente Università Bologna)

Riccardo Bellofiore              (docente Università Bergamo)

Gilberto Fioravalli                 (docente Università Parma)

Gianluca Rivi                        (consigliere regionale DS Emilia R.)

Auro Franzoni                       (attore e regista teatrale)

Ethel  Carri                            (avvocato)

Giovanna Fava                     (avvocato)

Bruno Pezzarossi                 (avvocato)

Pietro Mussini                      (artista e grafico)

Oscar Marchisio                   (ricercatore)

Emilio Rebecchi                   (medico)

Katia Zanotti                         (parlamentare DS)

Giorgio Panazzoni               (parlamentare DS)

Fausto Anderlini                   (ricercatore)

Marcello Fois                        (scrittore)

Massimo Vaggi                    (avvocato)

Titti De Simone                    (parlamentare PRC)

Franco Giordano                  (parlamentare PRC)

Ugo Boghetta                       (resp. Dip. Lavoro PRC)

Paolo Cento                         (parlamentare Verdi)  

Franco Grillini                  (parlamentare DS)  

Fulvia Bandoli                      (parlamentare DS)

Roberto Buonamici              (ricercatore Enea)

Giovanni De Rose                 (arci Bologna)