del 19 novembre 2002

Noi non siamo «le braccia»


Il consenso dei migranti metalmeccanici sulla piattaforma per il contratto nell'assemblea nazionale della Fiom
CARLA CASALINI


Jamal Eddine Boulhalib è morto all'acciaieria bresciana Feralpi di Lonato otto giorni fa: decapitato. A Treviso, sabato, la Fiom nazionale ha iniziato le assemblee di discussione sulla sua piattaforma per il contratto metalmeccanico scegliendo come prima tappa il confronto con lavoratori e delegati migranti, e ad aprirlo è stata la vicenda tragica di Jamal, che si prolunga oltre la sua morte: l'operaio marocchino viveva con la moglie e quattro figli che oggi, con la sua morte, rischiano l'espulsione immediata dall'Italia secondo la legge Bossi-Fini.

La legge del feudo

In questa famiglia c'era un unico «lavoratore» e oggi non c'è più , quindi, grazie all' introduzione del "contratto di soggiorno" subordinato a un contratto di lavoro, senza una prestazione d'opera riconosciuta scatta il foglio di via. Non è previsto che immigrate e immigrati siano "soggetti di diritto", al contrario, nella Bossi-Fini «il portatore di diritto è il padrone, come in una sorta di restaurazione delle servitù medievali», sottolinea Rosi Rinaldi, nella relazione che apre il confronto.

Il valore della piattaforma della Fiom non sta solo nei riferimenti specifici ai diritti e necessità concrete dei migranti, che contiene, ma nel suo asse portante, la lotta contro la precarizzazione dei rapporti di lavoro che colpisce tutte e tutti - e per i migranti diviene questione bruciante rispetto a una possibile permanenza in questo paese, dove hanno investito in progetti di vita, dove crescono i loro figli: «non c'è legge per i nostri figli».

E' il filo robusto di tutta l'assemblea, ripreso nelle conclusioni dal segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini. Senza contratto a tempo indeterminato, in balia di lavori temporanei, oggi più di ieri scompare la possibilità di «godere di diritti», confermano con forza nei loro interventi i «nuovi cittadini», come preferiscono definirsi, piuttosto che immigrati, «perché ormai siamo qua e di questa società facciamo parte», chiarisce Mustafà della Fiom di Bologna. Quindi contro la Bossi-Fini, e contro i provvedimenti del governo come la delega sul lavoro che trasforma in attività lecita l'interposizione di manodopera, va la piattaforma della Fiom, e proprio in questo riguarda i migranti: «così deve essere perché nel sistema del dominio d'impresa su tutto, l'immigrazione non è un tema isolato ma al centro della trasformazione della nostra società», non è «emergenziale» bensì «strutturale». Insiste Mustafà, e con lui gli altri e le altre, Lai, metalmeccanico della Zorzi di Treviso, e Mongi di Padova «delegato in un'impresa leghista», e Alì Mamaday, della Fiom di Bassano, Nafi Emmanuel di Vicenza e Filo, delegato creativo di Verona, che si introduce con una poesia e conclude con un canto.

C'è da declinare «un `noi', in diritti attivi e passivi a partire dal voto: sennò l'Italia avrà il migrante che si merita». E Carolina Cardenas, da Torino: «Democrazia? uguaglianza? quando si parla di immigrati è da tener presente che la democrazia è nella diversità, che siamo `uguali' nella diversità». Non si può andare avanti così, «noi paghiamo le tasse, e abbiamo il permesso di soggiorno, finora»: oggi tutti sono minacciati, sfuma la distanza tra 'clandestini' e `regolari'- e i migranti Fiom sollecitano tutti a prendere la parola, gli altri immigrati che troppo ancora tacciono subendo.

Non solo dunque accoglienza, solidarietà, ma riconoscimento reciproco nella permanenza: «dovete accettare questa realtà, noi di qua non ci muoviamo», rincara Driss della Fiom di Brescia - e concordano dalla Fiom nazionale Bellavita, dalla Cgil nazionale Claudio Treves. Solo così sarà «uguaglianza», sennò, come chiedono troppi fuori dalla Fiom «è omologazione», interviene il segretario della Fiom di Biella M'body Adam, «ma noi non possiamo essere né carne né pesce»: formula sintetica di reciproci incontri può essere «"radicamento e apertura", come diceva giustamente il mio presidente Sengor». Non tacere di «corpi e teste e culture» non separabili, «l'Italia ha da dare ma anche da prendere da noi». E Alì, adattando una celebre frase di Max Frisch: «gli italiani volevano braccia, sono arrivati uomini».

Insistono questi delegati, consapevoli di sé, che parlano bene, quando non benissimo la lingua italiana con proprietà di simboli oltre che di parole (e qualcuno chiede alla Fiom: ma non è ora che ai vostri funzionari insegnate qualche altra lingua?): però «i lavori più schifosi toccano sempre ai migranti», così come le case in demolizione, ristrutturazione, «neppure un alloggio idoneo per dimenticare la fatica e i sacrifici del giorno».

E chi è vegetariano?

Questioni incandescenti in una sede come Treviso, che vanta «il sindaco più razzista d'Italia» e proprio per questo scelta dalla Fiom nazionale come sede della riunione dei migranti; è il segretario della Fiom trevigiana, Paolo Barbiero, a ricordare le ultime gesta del Gentilini contro i migranti che in città e in regione permangono con percentuali più alte che altrove.

La Fiom propone coordinamenti di migranti, ma concorda sul non rinchiuderli in «specificità». Per la casa la piattaforma prevede di sollecitare i consorzi di imprese, le istituzioni, una «banca degli spazi: case affittabili, rete di garanti per gli affitti». La «banca delle ore» va attivata per contribuire ad aprire gli orari, per le incombenze burocratiche, a partire dal rinnovo del permesso di soggiorno, che affliggono per giorni i migranti, ma anche per la propria acculturazione, corsi di lingua e quant'altro; e la possibilità di accumuli di ferie per poter rivedere familiari, paesi d'origine. Giorgio Cremaschi aveva aperto con le scuse ai migranti per una riunione in tempo di Ramadan; la piattaforma indica «priorità» di permessi per le festività religiose; e sancisce la necessità della scelta dei cibi e di come prepararli nelle mense. Commenta Filo, sottolineando le molteplici diversità: «Molti musulmani ricevono cibi che non mangiano, ma ci sono anche italiani vegetariani. non si può fargli mangiare carne».