Adam M’Body – segretario generale Fiom Biella

Chi segue le vicende sindacali sa che la Fiom, da almeno due anni, si sta battendo per i diritti e per la democrazia; tanto è vero che la rottura che si è avuta sul contratto nazionale era sulla democrazia perché i lavoratori potessero parlare e sui diritti perché i lavoratori avessero il diritto di parlare.

Ora leggendo la piattaforma si vede che tutto è ancora una volta centrato sui diritti e la democrazia; quando io ho letto la parte che riguarda la precarizzazione, ho visto in quella parte tanti immigrati, quindi se noi non partiamo dall’affermazione dei diritti e quindi l’uguaglianza e difficile parlare di integrazione perché quello che chiedono gli altri non è l’integrazione ma l’omologazione. Cioè noi dobbiamo fare e pensare come gli italiani, ma ciò è impossibile perché altrimenti non saremmo né carne né pesce; serve, come diceva il mio presidente Sengor, “radicamento e apertura” verso gli altri. Questo è il punto fondamentale da perseguire, cioè non perdere la nostra identità ed essere aperti alla cultura italiana.

Che cosa sta succedendo oggi in generale a livello di confederazioni? Una prima rottura con Cisl e Uil era sul lavoro a tempo determinato; Cisl e Uil non hanno voluto la consultazione di tutti i lavoratori, la Cgil e la Fiom, naturalmente, su questo non potevano mollare, i lavoratori devono potersi esprimere; la stessa cosa è successa sul contratto nazionale di categoria, quindi il punto di partenza della Fiom, diritti e democrazia,  non si può mollare.

A me non stupisce, essendo nella Cgil da sedici anni, che una categoria come la Fiom chiami i lavoratori a discutere insieme cosa chiedere con la piattaforma: questa è un’alta forma di democrazia, e la Fiom ha sempre avuto questa bandiera. Per chi vive nella Fiom, quindi, questa è una cosa normale, della quale la ringraziamo anche perché non è così tanto normale in tutta la Cgil; questa iniziativa della Fiom, ad esempio, è la prima del genere e bisogna prenderne atto e farne tesoro.

Anche noi immigrati però dobbiamo, da parte nostra, partecipare; la partecipazione è anche democrazia, non si può delegare qualcuno per fare la nostra parte. Se voglio che i miei  diritti vengano riconosciuti è necessario che io partecipi, discuta, dissenta se c’è da dissentire. Noi dobbiamo impegnarci in questo, dobbiamo favorire la diffusione del contratto, far parlare tutti i lavoratori, andare tutti a votare per il referendum.

La compagna che mi ha preceduto ha chiuso il suo intervento dicendo di sapere benissimo che quando si fa un contratto è difficile ottenere tutte le richieste presentate in piattaforma, però ci sono dei punti prioritari. Io, anche come dirigente e membro del Comitato centrale della Fiom, chiedo che quello dei diritti dei lavoratori migranti non sia un punto di scambio ma un punto fermo.

Se la Fiom riesce a ottenere questo è un punto qualificante, come la precarizzazione in generale, perché ottenere questo significa salvaguardare i meno protetti, se questo non succede sarà una grande delusione. Delusione che io già ho provato prima di venire in Fiom, quando ero nei tessili e il punto di scambio in una trattativa fu proprio quello sui lavoratori immigrati.

Conoscendo la Fiom e i suoi dirigenti sono sicuro che queste rivendicazioni andranno avanti.

Il contratto nazionale sancisce un principio che rimane, tutte gli altri accordi vengono poi. Io, ad esempio, ho fatto un accordo nel territorio biellese per permettere la preghiera durante il ramadan e la rsu che l’ha firmata era tutta di italiani; dopo una discussione che abbiamo portato avanti su questo gli italiani stessi hanno difeso questo diritto per una minoranza, questa è la solidarietà. E’ necessario lavorare e discuterne tutti.

Voglio infine ringraziare il compagno di Treviso per quello che ha detto all’inizio, credo che sia difficile lavorare in una città con un sindaco così, non credo che la città sia così anche se si è detto che probabilmente potrebbe essere riconfermato, ma penso che dopo quello che è successo e che noi abbiamo visto da lontano, la Cgil, non dico la Fiom, doveva fare qualcosa di grande, di importante. Noi l’abbiamo fatto sul nostro contratto nazionale ma penso che la Cgil aveva il diritto e il dovere di fare qualcosa a Treviso di grande.