Driss – Fiom Brescia Io faccio parte, oltre che della Fiom di Brescia, del coordinamento immigrati della Val Trompia, zona dove c’è la presenza di circa 8.000 lavoratori stranieri. Io sono marocchino e voglio innanzitutto ricordare l’incidente che è costato la vita al mio connazionale Jamal, di 44 anni, alla Feralpi di Brescia. Per fortuna che c’è stato un grande impegno della Fiom, che è stata da subito vicina alla famiglia, mettendo a disposizione gli avvocati e pagando tutte le spese del caso. Questo non è il primo caso di morto sul lavoro e sicuramente non sarà neanche l’ultimo, perciò dobbiamo lottare per mettere un limite a tutto ciò, per aumentare la sicurezza nelle fabbriche. Adesso si apre un altro problema, grazie alla Legge Bossi-Fini la famiglia non potrebbe più rimanere in Italia, perché il capofamiglia, l’unico ad avere un reddito, non esiste più. Il problema della casa è un’emergenza che vale in tutto il territorio italiano per tutti ma soprattutto per gli immigrati, perché sappiamo tutti che le case che si offrono ai lavoratori stranieri sono tutte da demolire o da ristrutturare. E anche quando si riesce a trovare una casa l’affitto non viene mai rapportato allo stipendio; come si fa a pagare un milione di affitto quando lo stipendio è di 1.700.000 lire? Oltre a questo c’è il problema degli spazi culturali. E’ dal ’90 che sono qui e in questo periodo per il miglioramento della vita degli immigrati non è stato fatto niente. Si chiede solo la manodopera, ma non si offre un miglioramento della vita. Noi non siamo venuti in Italia a chiedere l’elemosina né a rubare dalle tasche dei lavoratori, siamo venuti a vendere la nostra forza, ma chiediamo almeno i nostri diritti. Il diritto a vivere come i cittadini italiani e a integrare le nostre culture perché anche noi abbiamo molto da dare, c’è un proverbio nella mia terra che dice: “Si trova nel fiume ciò che non si trova nel mare”. L’Italia ha molto da darci ma anche noi possiamo dare molto. I nostri figli sono nati qui in Italia e non sanno neanche cosa vuol dire essere immigrati, che vogliate o no la realtà è questa, dobbiamo vivere insieme cercando di migliorare la vita di questa generazione che sta crescendo. Noi abbiamo subìto e lo stiamo ancora facendo, per fortuna ora c’è qualcuno che sta facendo qualcosa per noi lavoratori stranieri. Prima era solo la solidarietà degli italiani a sostenerci adesso c’è anche il sindacato che si è messo al fianco dell’immigrato e a creato quest’area che può essere utilissima per risolvere i problemi di cui abbiamo parlato, non ultima la religione. Tutte le religioni hanno diritto di essere professate, dobbiamo augurarci che esista un dio che ci dia la possibilità di vivere tutti insieme uniti. Noi musulmani abbiamo due feste all’anno, ci basterebbe che fossero rispettate almeno queste due, che ci fosse consentito il diritto di festeggiarle. In molte fabbriche ormai c’è una maggioranza di lavoratori musulmani, questo perché agli immigrati si offrono i lavori più duri, più schifosi e che nessun italiano accetta: va bene anche così, noi siamo venuti qui per lavorare, ma almeno vogliamo un alloggio idoneo per dimenticare quello sforzo che abbiamo fatto durante il giorno. Se non c’è neanche questo vuol dire che siamo soltanto stracci da usare e gettare via. Noi vorremmo comprarci una casa, aprire delle attività in proprio, ma come si fa in questo paese dove le leggi cambiano da un giorno all’altro? Non si può fare niente senza un contratto di lavoro, senza un permesso di soggiorno, non c’è nessuna fiducia neanche dopo tanti anni di permanenza. Con quello che prendiamo non possiamo neanche tornare nel nostro paese in vacanza; ormai dovete accettare questa realtà, ormai di qua non ci muoviamo. Alcuni emigrano per migliorare la propria vita, come hanno fatto gli italiani quando sono andati in America o in Germania dove si guadagnava di più, ma ci sono quelli che sono andati via dalla miseria. Qui invece, e mi allaccio a quello che è successo ai ragazzi arrestati in questi giorni, ti tolgono anche la libertà di esprimere quello che pensi; Firenze era passata senza incidenti e qualcuno si è preoccupato. Noi chiediamo solo pace, per vivere tranquillamente, invece purtroppo è andata così e speriamo per quei ragazzi che si riesca a fare qualcosa con tutte le iniziative, le manifestazioni ecc. Voglio infine ringraziare la Fiom per la possibilità di essere qui a esprimere i miei problemi, per la possibilità di andare nelle fabbriche a conoscere le sperienze di tutti gli immigrati. Voglio altresì lanciare un messaggio alle rsu che insistano nel parlare con gli immigrati, i quali hanno sempre molta paura di comunicare i loro problemi. Loro parlano ma vogliono la garanzia di non perdere il lavoro, la casa. La Fiom chiede a tutti i lavoratori di lottare, di stare insieme a rivendicare i diritti, che non si vendono e non si comprano. Mi dispiace dirlo ma nelle manifestazioni vedo lottare tanti italiani ma sempre pochi immigrati, anche quando si tratta dei nostri diritti. Quando si parla di diritti, si parla dei diritti di tutti. Tutti dobbiamo partecipare, non si può dire: “Ho la casa e il lavoro, quindi sono a posto”, perché oggi tocca a te, domani tocca a me. Così è successo per l’articolo 18 che tocca gli italiani ma anche gli stranieri che sono in Italia. Anche perché con l’abolizione dell’articolo 18 scatta la paura di perdere il lavoro e con questa anche l’odio tra i lavoratori italiani e stranieri, che sono sempre i primi a subire e non parlare: lavorano a qualsiasi orario, in qualsiasi momento, senza un minimo di diritti. Abbiamo anche fatto, come Fiom, un corso per fare conoscere la busta paga ma non c’è stata la presenza degli immigrati. Anche gli immigrati devono fare dei sacrifici se vogliono veder rispettati i propri diritti. |