Carolina Cardenas – Camera del lavoro di Torino Giorgio Cremaschi mi ha presentato dicendo che sono della Fiom di Torino, per una questione di correttezza devo dire che sono della Camera del lavoro di Torino e che per un periodo sono affiancata nella Fiom per imparare a vedere come si muove una categoria. Perché parlando di ghettizzazione ed esclusione io sono un’immigrata che è in Cgil da quasi 12 anni, e per questi 12 anni ha visto il sindacato solo attraverso uno sportello: l’ufficio immigrati. Per cui credo che siano cose che bisogna iniziare a osservare prima all’interno, nella Cgil di casa nostra, per poi poter essere critici anche all’esterno. Purtroppo in Cgil c’è stato un percorso nel voler fare le cose insieme e per gli immigrati che però alla fine ha portato a delle serie esclusioni a cui in qualche modo si sta cercando di porre rimedio seriamente – penso io, almeno i problemi si affrontano così. Chiusa questa parentesi, voglio iniziare partendo da un titolo, un titolo di un libro di un professore dell’Ismo, che si chiama Ambrosini: Utili invasori. E io credo che anche se lui lo ha fatto in modo provocatorio – perché non pensa che sia così – in verità fino a ora e con la Bossi-Fini noi siamo quello: utili invasori. Purtroppo siamo percepiti così. Perché a me i sociologi hanno insegnato una cosa: che il mondo sta cambiando. Adesso non si parla più di uguaglianza e disuguaglianza ma si parla di inclusi ed esclusi. E con la Bossi-Fini si è iniziato un percorso di cittadinanza e di esclusione, con gli immigrati. Allora è veramente importante il lavoro che in qualche modo la Fiom sta cercando di fare: che è quello di rafforzare i diritti di quelli che potrebbero essere esclusi. Perché dico che con la Bossi-Fini, ma anche con le altre leggi di immigrazione, noi eravamo degli esclusi? Per un semplice motivo: il nostro soggiorno in Italia è legato al lavoro. Per cui quanto più precario e quanto più è sfruttato e quanto tutto quello che abbiamo descritto c’è, noi siamo assolutamente più ricattabili. Ed è impossibile anche parlare con il sindacato. Per cui quando noi parliamo della Cgil e pensiamo agli immigrati nella Cgil, dobbiamo tenere conto di tantissime variabili: la variabile culturale, però dobbiamo tenere conto di quella variabile che è la più importante: la nostra condizione giuridica, che è legata al lavoro. Perché il soggiorno è legato al lavoro, il soggiorno dei nostri figli, dei nostri mariti e delle nostre mogli. Solo quando il sindacato tiene questo contegno, allora inizia un’operazione al rovescio, che è quella che esattamente e doverosamente sta facendo la Fiom e doverosamente sta facendo la Cgil, da due anni a questa parte, quando ha cominciato a dire “no” a un’ipotesi di Finanziaria. Che, badate, la crudeltà, per esempio, della questione della Finanziaria, dei lavori precari e di quel cosiddetto lavoro accessorio che per tanti anni – 15, 20, 30 anni – le donne immigrate, attraverso quel lavoro che si chiama collaborazione domestica – perché così si chiama quel contratto e non “badanti” e questo va sottolineato – non è mai servito per fare battaglia per nessuno. Solo quando questo lavoro si è iniziato ad allargare, e noi donne immigrate lo denunciavamo sempre – perché così si allargava la precarizzazione – quando è arrivato per tutti gli altri –gli architetti, gli avvocati e anche i medici che iniziano a subire questo tipo di precarizzazione – allora si è iniziata la battaglia. Per cui le donne immigrate sono state le peggio trattate e le più invisibili. Sicuramente è un atto di responsabilità per la Cgil tenere incrociati tutti questi aspetti. La questione della democrazia. Noi abbiamo lottato per la questione della democrazia, però quando si parla di immigrati bisogna tenere conto di una cosa: la diversità è il valore della democrazia. Non c’è democrazia senza diversità. Qualche giorno fa ho ricevuto la telefonata di un compagno del Senegal che chiedeva: “L’anticipo del tfr per la prima casa, se la compro nel Senegal, va bene?”. Sono questi i problemi che ci pongono e non possiamo affrettarci a rispondere, dobbiamo aspettare e ragionare, perché poi magari nel voler tutelare facciamo delle cose che non sono neanche giuste. Riflettiamoci tutti assieme perché ci sono moltissime cose che poi si mettono in gioco, a volte senza rendersene conto. Ad esempio la questione delle distanze; un compagno di Salerno mi diceva: “State pensando di fare il cumulo delle ferie per i polacchi, ma io da Salerno sono più lontano, perché per me no?”. Vale anche per loro. Stiamo mettendo in discussione un modello che sta cambiando; la globalizzazione, se la vogliamo positiva, è anche quello. Quindi io dico che forse potremmo essere utili invasori se vogliamo vedere l’invasione in un modo positivo, che arricchisce. Io vengo da un continente che è stato scoperto con un’invasione, per cui io delle invasioni non ho paura, credo che portino sempre dei venti positivi. Il problema è stare sempre attenti a non rovinare i diritti: questo è quello che ci hanno insegnato gli italiani, perché è veramente un valore. Io vengo da un paese dove c’è anche la paura di alzare la testa, nel vostro paese ho imparato che ci sono delle cose che vanno conquistate e poi difese; attraverso noi può cominciare una rottura di queste conquiste perché siamo la frangia più debole, ma io penso che anche noi dobbiamo conquistare quello che avete conquistato voi e lo difendiamo come fate voi. |