"Il corpo del povero cadrebbe in pezzi, se non fosse legato ben stretto dal filo dei sogni"

 

Tanto è già stato scritto ed è stato detto sulla più grande manifestazione sindacale di tutti i tempi, ma eravamo anche noi tutti lì, il 23 marzo. Una giornata che resterà impressa a lungo nella memoria collettiva.

E tutti noi che eravamo lì abbiamo pensato la stessa cosa, e cioè che un'emozione simile non era mai stata provata da così tante persone e abbiamo pensato che valeva la pena esserci, vedere tutti quei visi, le espressioni che rispecchiavano lo stupore del nostro, per le moltitudini di persone che affollavano le vie di Roma, a perdita d'occhio, con il catino del Circo Massimo che rimandava l'immagine di una immensa folla con bandiere che sventolavano senza posa, complice un vento di grecale che ha riempito di colore il panorama.

La giornata è cominciata presto, prima dell'alba, con i treni, i pullman, che hanno portato a Roma i manifestanti nei punti prestabiliti per il concentramento dei 6 cortei. Hanno cominciato a srotolare striscioni, cartelli, contro il terrorismo e sull'articolo 18; per la grande affluenza di gente, sono partiti anche prima dell'orario prestabilito, cercando di far posto a chi arrivava dopo. Lungo i cortei hanno sventolato le nostre bandiere, quelle delle lavoratrici e dei lavoratori della Fiom, insieme a un mare di bandiere delle altre federazioni, per unirsi poi fino al Circo Massimo alle bandiere di altre associazioni che operano nel sociale, degli studenti, dei pensionati, ma anche di politici e di intellettuali.

Nei gazebo predisposti lungo i percorsi hanno cominciato a distribuire acqua, caffè, spillette, cappellini, garofani e rose rigorosamente rossi. In due di questi le compagne e i compagni della Fiom nazionale, impegnati a vivere in modo particolare questa giornata.

È stata una manifestazione che ha accomunato i pensionati e i giovani, gli studenti, i lavoratori di tutti i settori, i precari, i padri e i figli, chi per difendere il proprio diritto al lavoro, chi per garantire che quel lavoro ci sia, e tutti per ribadire che esserci era la risposta più importante contro il terrorismo. Non c'è stata tensione, non c'è stato settarismo, certo nemmeno l'allegria con cui si sarebbe dovuta svolgere la manifestazione, almeno nelle intenzioni precedenti ai fatti dell'ultima settimana, ma c'era la tranquillità di chi esprimeva desiderio di legalità, di rispetto e di solidarietà.

Al Circo Massimo, sui maxi schermi le immagini del film "La vita è bella", di Roberto Benigni accoglievano i manifestanti che cominciavano ad arrivare. Era già tutto pieno, e in molti non sono nemmeno riusciti ad arrivare in piazza, quando alle 11,50 è iniziata ufficialmente la manifestazione, mentre migliaia di bandiere sventolavano.

Dal palco, Nicola Piovani si è seduto al piano e ha suonato due brani, il primo tratto dal film "La notte di san Lorenzo", dedicato al professor Marco Biagi, e poi la colonna sonora di "La vita è bella": un lungo applauso, liberatorio, ha riempito l'aria.

Ottavia Piccolo ha letto il messaggio  del sindaco di Roma, Valter Veltroni, e poi la parola è andata a uno studente di Foggia, che ha ricordato la frase sullo striscione che aveva accompagnato a Bologna la manifestazione di protesta per l'omicidio di Biagi "Non ci terrorizzate", spiegando "…non affidiamo il nostro futuro a nessuno, se non a noi stessi", e quindi dobbiamo esserci, e siamo in tanti.

L'attore Massimo Ghini ha introdotto le testimonianze di Barbara Panzeri, assistente in una casa di riposo di Varese, licenziata senza giusta causa, e reintegrata grazie all'articolo 18, che ha raccontato la propria rabbia, e di un operaio immigrato dal Burkina Faso, in Italia da 9 anni.

Il terzo intervento, non a caso, è stato affidato a Danilo Barbi, segretario della Camera del lavoro di Bologna.

Alle 12,50 si è osservato un minuto di silenzio per la morte di Marco Biagi: si poteva sentire solo il respiro della piazza, e, alla fine, il lungo applauso della folla.

Ore 12,53: l'annuncio che in piazza siamo tre milioni. La speaker scandisce bene la frase "Un milione contro il terrorismo, un milione per la democrazia, un milione per l'affermazione dei nostri diritti". È l'annuncio che introduce il discorso di Sergio Cofferati, che ha voluto concludere riportando le parole del poeta Tonino Guerra, prese a prestito da un anonimo indiano: "Il corpo del povero cadrebbe in pezzi, se non fosse legato ben stretto dal filo dei sogni".