Documento Fim-Fiom-Uilm per il Congresso Fem 17-18 giugno 1999, Copenaghen

 

LA FEM: UNA STRATEGIA SINDACALE UNITARIA PER L'EUROPA
 
Questo congresso, che si svolge nel momento in cui è stato fatto un passo importante con l'introduzione della moneta unica, ci mette di fronte ad una sfida: contribuire alla costruzione dell'Europa sociale attraverso la costruzione di un vero sindacato europeo, punto di riferimento per i lavoratori metallurgici.
Le crisi che attraversano gran parte delle economie mondiali mostrano i rischi della globalizzazione se non vengono stabiliti dei meccanismi politici per regolamentarle. La creazione della moneta unica e l'aver stabilito un tasso di cambio fisso per la maggioranza dei paesi dell'Unione europea, ha dato all'Europa una stabilità economica, il che non impedirà che le ripercussioni della crisi ci raggiungano.
L'esperienza di questi anni ci mostra che esistono problemi che il mercato da solo non può risolvere, cosa che in un certo senso dà maggior rilievo al modello europeo, che è stato capace di svilupparsi economicamente in modo stabile per decenni, agendo sul mercato a partire dalla politica di coesione sociale. Un modello nel quale i sindacati, con le loro diverse realtà nazionali, hanno svolto un ruolo protagonista e di equilibrio nei confronti dei poteri economici, attraverso l'affermazione dei diritti sociali che devono essere alla base dell'Europa per tutti i paesi che ne fanno parte, anche di quelli non ancora compresi nell'Euro.
Così come i sindacati europei hanno contribuito al miglioramento delle condizioni di vita proprie delle varie realtà nazionali nel corso del XX secolo, anche noi dovremo, partendo dalla nostra autonomia, lavorare per essere un fattore di coesione sociale nell'ambito della futura Unione europea.
Il movimento sindacale richiede un'Europa più politica e più sociale, con maggiori trasferimenti di sovranità a partire dagli Stati, accompagnati da un funzionamento più democratico che tenga conto delle necessità e del contributo dei sindacati che vivono la transizione economica e sociale nei paesi dell'Europa dell'est.
Siamo i soli responsabili di questa situazione, poiché il futuro della contrattazione collettiva, dei comitati aziendali europei, dell'intervento sindacale nell'ambito dei grandi processi di ristrutturazione, dipenderà essenzialmente dalla possibilità di un vero coordinamento e di un comportamento sindacale unitario in Europa e soprattutto dalla capacità di compiere passi determinanti verso la costruzione del Sindacato europeo.
Le organizzazioni padronali dispongono di strategie unitarie rispetto alla contrattazione collettiva dei diversi paesi, come nel caso della flessibilità o della resistenza alla riduzione dell'orario di lavoro. Nello stesso tempo assistiamo ad un processo di concentrazione e di fusione nei vari settori e siamo testimoni delle loro ripercussioni sull'occupazione e sull'organizzazione del lavoro nelle grandi aziende multinazionali.
Tenendo conto di questi fenomeni, senza una strategia sindacale unitaria, potremo difficilmente contrastare il potere degli imprenditori, anzi, al contrario, il potere sindacale chiuso all'interno delle frontiere nazionali, perderà sempre più di importanza e anche per questo assisteremo alla diminuzione dei diritti e delle condizioni sociali dei lavoratori.
Per questo motivo non possiamo più rinviare la creazione di un Sindacato europeo. E' una decisione politica che avrà bisogno di risorse e di riforme fondamentali delle strutture sindacali esistenti. La FEM riunisce molte importanti federazioni delle confederazioni dei paesi europei e per questo motivo abbiamo una maggiore responsabilità nell'ambito di questo processo.
Questo congresso deve fare un salto qualitativo valorizzando le differenze tra Nord-Sud e Est-Ovest evitando le tentazioni egemoniche. Ciò richiede un impegno comune per una sintesi unitaria in una condizione di uguaglianza. D'altra parte, è necessario che le diverse esperienze e modelli interagiscano per costruire il nuovo che non sia solo una somma. La condizione essenziale è quella di mettere al centro le esperienze e gli interessi dei lavoratori/lavoratrici della metallurgia e la volontà della FEM di svolgere un ruolo determinante. Ciò è possibile solo con una profonda democratizzazione e sburocratizzazione delle sue strutture.
La società e il lavoro sono cambiati, l'aumentata presenza femminile pone nuovi problemi di cultura e di organizzazione del lavoro; contemporaneamente milioni di giovani, uomini e donne subiscono la disoccupazione. Un sindacato che si vuole rappresentativo deve confrontarsi con questi fattori sociali. Di conseguenza, abbiamo bisogno di forti sindacati di categoria per una forte confederazione.

 

DARE UNA RISPOSTA ALLA FLESSIBILITA: AVANZARE VERSO LE 35 ORE.

Quando le grandi multinazionali e le organizzazioni imprenditoriali avanzano nella loro strategia di deregolamentazione, bloccano l'applicazione di qualsiasi diminuzione di orario lavorativo oppure la ostacolano aumentando lo straordinario. Da parte nostra, noi non usiamo un linguaggio comune, in molte occasioni non sappiamo quello che sta per succedere nei vari paesi e talvolta siamo persino divisi a livello nazionale nel momento di cercare e di trovare soluzioni negoziate ai problemi.
Senza dimenticare né la diversità delle realtà nazionali né le differenze delle contrattazioni collettive e sapendo che alcuni paesi potrebbero andare più veloci ed altri più lenti in funzione di queste differenze, sarebbe necessario mettere in comune una strategia coordinata nei confronti della deregolamentazione, che riunisca sia la riduzione dell'orario di lavoro verso le 35 ore, sia il controllo e la diminuzione dello straordinario, sia il modo di regolamentare e di controllare sindacalmente la nuova organizzazione dell'orario lavorativo. Questa è la grande sfida sindacale per il prossimo mandato della FEM, per contribuire ad aumentare e difendere l'occupazione e i diritti del lavoro.

 

UNA STRATEGIA UNITARIA DI FRONTE AI PROBLEMI DELLA POLITICA INDUSTRIALE

La progressione della globalizzazione ha determinato un processo di concentrazione delle imprese con conseguenze evidenti sull’occupazione e l’organizzazione del lavoro. La competitività tra le grandi imprese multinazionali , risultato anche delle fusioni, è fortemente condizionata dalla loro posizione geografica. . In questo quadro l’indebolimento della industria europea rappresenta contemporaneamente l’indebolimento del modello sociale europeo.
Le fusioni industriali e le operazioni finanziarie , provocate dalla globalizzazione, provocano frammentazione e decentramento dei processi di produzione .Se si vuole difendere l’industria europea abbiamo bisogno di una strategia di tutela dei lavoratori coinvolti in questi processi.
Questo rischio è ancor più evidente nella maggior parte dei settori europei della metalmeccanica ove grandi investimenti sono necessari per la modernizzazione tecnologica dei processi produttivi che necessitano quindi ampi mercati per essere redditivi. Inoltre alcuni settori rivestono un carattere strategico. Essi possono presentare svantaggi comparativi rispetto ai grandi gruppi americani e giapponesi e ,infine, dover affrontare le difficoltà di mettere insieme processi e azionisti provenienti da differenti realtà nazionali.
Il nostro impegno per una forte industria europea significa che dobbiamo sviluppare una strategia sindacale in settori chiave quali l’aeronautica, telecomunicazioni, informatica ed elettronica, la costruzione navale e l’automobile , nei quali si può verificare un arretramento nel corso dei prossimi anni con un costo elevato di posti di lavoro e di condizioni sociali. Abbiamo bisogno di una strategia unitaria, unita allo sforzo per mantenere la competitività nel quadro internazionale, che abbia come compito primario il mantenimento dei livelli di occupazione, il rispetto dell’ambiente e la partecipazione dei lavoratori nei processi di produzione e nelle nuove forme di organizzazione del lavoro. La concentrazione industriale e finanziaria accentuata dalla globalizzazione provoca un processo di frammentazione e esternalizzazione di parti del processo produttivo. Difendere l’industria europea significa anche avere una strategia di difesa dei lavoratori e lavoratrici interessati da questo fenomeno.
 

IL RUOLO DEI CAE

I CAE possono giocare un ruolo importante nelle strategie della Fem . I diritti di informazione e di consultazione possono loro consentire di intervenire nei processi di fusione industriale e nei processi di ristrutturazione che stanno toccando diversi paesi della Comunità Europea. Sino ad oggi i CAE sono stati fortemente condizionati dal loro carattere nazionale. Se vogliono diventare attori attivi nella strategia di mobilitazione e di partecipazione nel futuro devono diventare gli strumenti di rappresentanza generale di tutti i lavoratori delle imprese multinazionali.
Per conseguire questo obiettivo i CAE dovranno giocare un ruolo importante nella armonizzazione dei diritti di informazione e consultazione, di formazione e aggiornamento professionale , di sicurezza e salute nei posti di lavoro. Devono inoltre prendere in considerazione la condizione di lavoro nelle imprese collocate in paesi non europei.
Inoltre se si vuole evitare di cadere nell’aziendalismo neo-corporativo, estendere la contrattazione collettiva e costruire un omogeneo sistema di relazioni industriali, si ha bisogno di un forte coordinamento a livello europeo e nazionale. La contrattazione collettiva a livello nazionale continua ad essere svolta sotto la responsabilità dei sindacati dei diversi paesi. Nella misura in cui avanzerà il processo di costruzione di un sindacato europeo la contrattazione collettiva dovrà spostarsi a questo livello.
 

UNA FEM PIU' DEMOCRATICA, RAPPRESENTATIVA ED EFFICENTE

Non è possibile una strategia di questo tipo senza l’appoggio di uno strumento che lo consenta. Perciò la FEM deve diventare la Federazione di tutti i metalmeccanici europei, evitando l’egemonia di qualsiasi organizzazione ma tenendo conto del peso degli affiliati di ciascuna, rigettando la dialettica nord sud, ma tenendo conto dell’opinione e delle esperienze di tutte le organizzazione, con la capacità di integrarle in una sintesi sindacale.
Perciò è necessaria una volontà di riforma per costruire una Federazione più democratica, più rappresentativa, più sindacale e più efficace.
 

PIU’ DEMOCRATICA E RAPPRESENTATIVA

- Attraverso la elezione nel congresso di tutti gli organismi e cariche, inclusi i segretari aggiunti
- Riformando lo statuto in modo che tutte le decisioni relative ad orientamenti ed iniziative sindacali vengano prese a maggioranza, in funzione del peso degli affiliati di ogni organizzazione e stabilendo maggioranze sufficientemente qualificate per decisioni relative a bilancio, aumento quote…
- Attraverso la diretta rappresentanza di tutte le organizzazioni nel comitato esecutivo.
- Costituendo un comitato di direzione, sulla base delle aree geografiche, che svolga funzioni di consultazione, monitoraggio e collegamento tra il segretariato e l’esecutivo.
 

PIU’ EFFICACE SINDACALMENTE

- Eleggendo un gruppo dirigente di provata esperienza sindacale.
- Attraverso una migliore organizzazione del lavoro e ripartizione dei compiti, anche relativamente alla contrattazione collettiva, politica industriale e CAE.
- Fornendo un più allargato supporto di interpretazione al fine di favorire la partecipazione di tutti i sindacati affiliati.
- Operando una scelta sulla politica delle risorse finanziarie e delle quote di affiliazione tenendo conto della situazione dei paesi che devono per ragioni logistiche e linguistiche sopportare costi maggiori.
 

PER UNA CONFEDERAZIONE EUROPEA PIU’ INTEGRATA CON LE FEDERAZIONI

- allargando la partecipazione delle federazioni negli organismi esecutivi della CES
- proponendo la creazione di un comitato di consultazione CES- Federazioni con la partecipazione delle segreterie rispettive, che si riunisca periodicamente per il coordinamento delle politiche e la messa in comune dei problemi sindacali.