Contratti,
i metalmeccanici europei "in linea" con la Fiom di
Angelo Faccinetto tratto da "l'Unità" di mercoledì 18 giugno 2003 Il
congresso della Fem approva - Fim e Uilm comprese - due documenti che prevedono
la lotta alla precarizzazione e rivendicazioni salariali sopra il margine di
redistribuzione. Milano
- Lotta alla precarietà e piena tutela del potere d'acquisto dei salari. Sono
questi i due capisaldi indicati dalla Fem, la Federazione europea dei sindacati
metalmeccanici, per l'azione dei propri affiliati. A cominciare da quella legata
ai rinnovi contrattuali. I
due documenti approvati lo scorso fine settimana a Praga, a conclusione del
congresso della Federazione, al riguardo sono chiari. E in un certo senso
sorprendenti. Alla Fem aderiscono 61 organizzazioni nazionali di categoria -
dalla Norvegia a Malta - con oltre sei milioni di iscritti. Tra gli affiliati
figurano, per l'Italia, Fiom, Fim e Uilm. Sui due documenti, che sono stati
redatti dopo un approfondito lavoro preparatorio, tutte le organizzazioni si
sono espresse favorevolmente. E proprio qui sta il punto, almeno alla luce della
situazione italiana. Nel
campo delle politiche salariali e delle rivendicazioni contrattuali la Fem ha
posto al centro della propria azione la cosiddetta "Dichiarazione di
Francoforte", predisposta un anno fa nel pieno della vertenza condotta
dall'Ig Metall per il rinnovo del contratto delle tute blu tedesche. Bene.
Quella dichiarazione sostiene che tutti gli accordi debbono prevedere aumenti
salariali superiori al "margine di redistribuzione". Cioè, gli
aumenti devono essere più alti della somma tra inflazione reale e produttività.
In caso contrario, sostiene la Federazione, metterebbero in discussione il
mercato del lavoro e, con la contrazione dell'effettivo potere d'acquisto, le
stesse possibilità di sviluppo economico. Non
solo. La Fem ritiene che la contrattazione collettiva debba puntare anche ad
assicurare diritti e certezza nel lavoro. Il che, tradotto, significa che la
precarietà, sempre più estesa in tutti i paesi d'Europa, va combattuta. Perché
produce insicurezza nelle condizioni lavorative, disgrega la società (e lo
stesso modello sociale europeo) e sposta una parte considerevole del rischio
d'impresa dagli imprenditori ai lavoratori. Aumentando il potere dei primi. Ma
come va combattuta, questa precarietà? I documenti congressuali sono chiari:
chiedendo che negli accordi nazionali si garantisca - dopo un certo periodo di
lavoro precario in azienda - un posto di lavoro stabile e a tempo indeterminato.
Con tutti i diritti - e trattamento salariale - goduti da chi era già stato
assunto con un normale rapporto di dipendenza. Su
questi punti qualificanti, insomma, a livello europeo c'è l'unanimità di tutte
le organizzazioni sindacali. Fim e Uilm comprese. In Italia no. Fim e Uilm, con
le loro piattaforme per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, da questi
princìpi sembrano essersi scostate. "Penso si possa dire senza tema di
smentita - afferma Fausto Durante, responsabile per l'Europa dei metalmeccanici
Cgil - che l'unica piattaforma coerente con queste posizioni sia quella della
Fiom. Centrata sulla lotta alla precarietà e su aumenti salariali in grado non
solo di superare i confini della dinamica dell'inflazione, ma anche di
considerare il margine di redistribuzione, e quindi la produttività". Una
nettezza, appunto, non riscontrabile nelle piattaforme Fim e Uilm, che hanno
criticato le richieste salariali Fiom, bollandole come irrealistiche e non
praticabili. E ancor meno nell'accordo siglato il 7 maggio. Senza la Fiom. E,
teoricamente, anche senza la Fem. |