Osservazioni
della Fp Cgil agli emendamenti di compromesso alla direttiva servizi In
premessa osserviamo che, malgrado il grande lavoro e gli sforzi fatti
per mitigare la portata della direttiva, non si riesce a produrre
emendamenti che siano in grado di neutralizzarne i pericoli e di
introdurre modifiche coerenti sui diversi ambiti toccati dalla direttiva
stessa. A
nostro avviso questo è imputabile al fatto che la direttiva interviene
sulla liberalizzazione dei servizi nel mercato interno in assenza di due
coordinate fondamentali: -
la prima, una direttiva quadro di individuazione e definizione dei
servizi di interesse generale (compresi quelli economici); -
la seconda, una normativa comunitaria di armonizzazione sui requisiti e
gli standard per i servizi. Per
tali ragioni non cade la nostra richiesta del ritiro della direttiva. Nello
specifico degli emendamenti di compromesso: a)
Per quanto riguarda l ‘articolo 1, al quarto comma si afferma che “
l’applicazione della direttiva non pregiudica il diritto del
lavoro”… “negli Stati membri.” Ci sembra una formulazione
volutamente ambigua (diritto del lavoro del paese di stabilimento? Di
destinazione?), insufficiente a garantire l’applicazione del diritto
del lavoro nel paese in cui viene erogato il servizio e che lascia
inalterato il rischio di una concorrenza al ribasso proprio sulle
questioni del trattamento economico e dei diritti dei lavoratori; b) Per quanto riguarda l’articolo 2, il comma a) è del tutto aleatorio ed eccessivamente discrezionale. Affida l’esclusione dei servizi di interesse generale, anche di quelli economici, all’individuazione degli Stati membri, senza neppure fare riferimento alla legislazione in essi vigente. Ciò a nostro avviso serve solo a fotografare e sancire le differenze esistenti e su questa base aprire una pericolosa concorrenza. Questa considerazione rafforza l’esigenza di una normativa quadro europea a definizione e difesa dei servizi di interesse generale, come atto che preceda una qualsiasi direttiva sui servizi. Continuiamo a pensare che sia inattuabile una regolamentazione rivolta a servizi che, oggi, nei diversi stati membri, insistono su ambiti e sono retti da normative diversi; c)
Sempre all’articolo 2, per quanto riguarda i settori di interesse
della Funzione Pubblica, l’individuazione dei servizi sottoposti a
deroga, così come definiti nel considerando a) può ritenersi
soddisfacente, anche se sarebbe preferibile che la suddetta elencazione
fosse parte integrante dell’articolato. A
questo riguardo ci preme segnalare che la formulazione del testo
francese differisce da quello inglese riguardo all’acqua, ai rifiuti,
l’elettricità e il gas, lasciando aperte due possibili, diverse
interpretazioni dell’ambito di deroga. d)
Sull’articolo 16, rileviamo un arretramento, addirittura rispetto al
testo allegato alla relazione al Mercato interno. Non basta introdurre
il principio del paese di destinazione, per quanto riguarda la
regolamentazione commerciale del servizio, quando rimane totalmente
inalterato il principio del paese d’origine. L’eliminazione del
principio del paese d’origine rimane per noi l’aspetto
pregiudiziale. e)
La regolamentazione della titolarità e delle procedure dei controlli e
della vigilanza sui prestatori e sui servizi, prevista dall’articolo
34, sembra a noi esclusivamente burocratica e priva di una effettiva
possibilità di applicazione. Infatti chi ha il potere di vigilanza e
controllo (paese d’origine) non ha l’obbligo di effettuare i
necessari sopralluoghi nel territorio di destinazione. Invece, il paese
di destinazione, che ha l’interesse di controllare i requisiti del
prestatore e la qualità dei servizi, ha solo la possibilità, peraltro
da giustificare, di verifiche e ispezioni sul luogo. La possibile
impraticabilità di un sistema efficace di vigilanza e controllo su
servizi, anche di quelli rivolti alla collettività e/ o ai consumatori,
deve essere motivo di preoccupazione per tutte le istituzioni
interessate.
30 settembre 2005
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