Petizione al Parlamento Europeo

della Federazione Europea dei Matallurgisti e del Comitato Aziendale Europeo dei fornitori di materiale telefonico


“Tutelare e sviluppare l’industria europea delle infrastrutture per le telecomunicazioni”

 

L’industria delle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) è fondamentale per l’avvenire dell’Europa. Si tratta infatti di un settore industriale di spicco e di un fattore di produttività e ottimizzazione della qualità dei servizi praticamente in ogni categoria d’attività. Tra le attività in questione: i trasporti, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e i servizi pubblici.

Le TIC costituiscono un settore chiave nell’ottica di un’Europa più verde e un’economia della conoscenza, ovvero due tra i principali obiettivi dell’Unione Europea.

  • Le TIC rappresentano più del 5% dei posti di lavoro totali nell’UE.

  • Nel 2007 il mercato delle TIC ha superato i 400 miliardi di euro (servizi: 328 mld di euro; infrastrutture 69 mld di euro).

La base dell’industria europea delle TIC è un’infrastruttura per le telcomunicazioni affidabile e efficiente. Tuttavia su questo settore incombono gravi minacce finora sconosciute. La presente petizione le elenca, analizza i punti di forza e i punti deboli del settore e propone alcune misure per rinforzare l’industria europea delle infrastrutture per le telecomunicazioni. La petizione è stata preparata dai membri della FEM e da alcuni rappresentanti sindacali dei principali fornitori europei di materiali per le telecomunicazioni.

 

1. Le Minacce

Perdita di quote di mercato da parte dei produttori europei di infrastrutture per le telecomunicazioni.

Il cellulare rappresenta circa la metà del mercato delle infrastrutture. Nel terzo trimestre del 2008 le quote dei fornitori europei LM Ericsson, Nokia e Siemens Networks erano pari all’82% del mercato europeo, mediorientale e africano. I fornitori cinesi Huawei e ZTE ne detenevano invece il 12%. Nel terzo trimestre del 2009, ovvero a solo un anno di distanza, la quota di mercato dei fornitori cinesi è duplicata passando al 24%. Quella dei fornitori europei è diminuita della stessa misura passando dall’82% al 70%.

I sistemi ottici rappresentano le tecnologie più avanzate nel campo delle reti fisse. Ecco un confronto in termini di quote del mercato delle reti ottiche tra il 2008 e il 2009.

Secondo trimestre 2008: Europa: 52,2% ; Cina: 19,5 %

Secondo trimestre 2009 : Europa: 48,4 % ; Cina: 23,3 %

L’Europa perde terreno nei confronti della Cina. Nel 2009 la tendenza si è drasticamente velocizzata e alcuni fornitori cinesi hanno sostituito quelli europei in Belgio, Francia, Italia, Norvegia, Portogallo e Svezia così come nella maggior parte dei paesi dell’Europa dell’Est.

 

Perdita di posizioni nelle esportazioni.

Nel 2006, la Cina ha superato per la prima volta l’Europa nelle esportazioni mondiali di

alta tecnologia (le TIC rappresentano il 67% di questo totale).

Quote di mercato mondiali nelle esportazioni di alta tecnologia:

2000: Stati Uniti: 23%, Europa dei 27: 17%, Cina: 5%

2006: Cina: 16,9 %, Stati Uniti: 16,8 %, Europa dei 27: 15 %

Ciò ha portato nel 2006 a un deficit commerciale di 34.5 miliardi di euro per l’Europa dei 27 e purtroppo in seguito la tendenza è andata peggiorando.
 

L’Europa dietro agli Stati Uniti nella Ricerca e lo Sviluppo (R&S).

L’Europa esce sconfitta dal confronto con gli Stati Uniti in termini di investimenti nella R&S. Nel 2009, negli Stati Uniti, su un investimento complessivo di 159 miliardi di euro destinato alla R&S, il 35% è stato assegnato alle TIC. Nell’UE, su un investimento complessivo di 123 miliardi di euro, solo il 18% è stato assegnato alle TIC. Le cifre corrispondenti per la Cina non sono note.

 

Perdita di posti di lavoro.

L’ammontare degli investimenti nella R&S ha un impatto diretto sull’occupazione. Nell’OCDE l’industria delle TIC è, ad oggi, fonte di lavoro per 15 milioni di persone sebbene ne perda dal 6 al 7% all’anno. Questi posti di lavoro sono persi nell’industria degli equipaggiamenti. Per quanto concerne i servizi, la crescita è pari a zero o forse leggermente positiva. Riguardo al 2009 abbiamo raccolto i seguenti annunci effettuati dai leader europei del mercato:

  • soppressione di 3000 posti di lavoro in Europa da parte di Alcatel-Lucent (un posto su otto)

  • soppressione da 5000 a 6000 posti di lavoro nel mondo da parte di Nokia Siemens Networks

  • soppressione di 2000 posti nell’attività complementare dei semi-conduttori da parte di ST Ericsson. LM Ericsson ha soppresso più di 950 posti di lavoro la maggior parte dei quali in Svezia.

Altre soppressioni sono già state annunciate per il 2010.

 

Perdita di indipendenza tecnologica.

I produttori europei hanno lanciato politiche estese di terziarizzazione o delocalizzazione in particolare verso la Cina e l’India. Dal canto loro i fornitori cinesi hanno stretto accordi con alcuni importanti operatori europei che danno loro accesso a un savoir-faire chiave. Ciò accresce il desiderio di alcuni dei più brillanti cervelli europei della R&S a spostarsi in Cina (siamo consapevoli che i cinesi possono sviluppare anche da soli una propria forza lavoro competente). Tutto questo senza tener conto del noto fascino esercitato dagli Stati Uniti. Nella corsa mondiale alle competenze tecniche e al concepimento di prodotti, l’Europa è decisamente sfavorita.

 

Minacce per la sicurezza.

Infine, le reti di comunicazione sono un elemento cruciale per la sicurezza nazionale. Gli stati membri devono poter contare su tali reti in caso di crisi (che si tratti di crisi politiche, crisi ambientali o catastrofi naturali). Questo aspetto deve essere preso in considerazione anche in Europa incluso sul piano militare. Affidare la propria rete a operatori non europei rappresenta un rischio.
 

2. Punti forti e punti deboli

L’industria europea delle telecomunicazioni possiede ancora delle eccezionali potenzialità ma deve anche affrontare grandi sfide.
 

I punti forti

  • Il più ampio mercato mondiale.

  • Una tradizione di eccellenza di più di 100 anni.

  • Perfetta gestione dell’intera catena delle telecomunicazioni sia fissa che mobile, della trasmissione ottica, satellitare e sottomarina; conoscenza dei servizi e delle architetture complesse.

  • La volontà di condividere questo savoir-faire con gli operatori di telecomunicazione. Questo punto è un differenziatore importante rispetto agli altri fornitori.

  • Alcuni leader mondiali del settore come Alcatel-Lucent, LM Ericsson e Nokia Siemens Networks permettono a piccole e medie imprese di operare all’interno di ampie reti.

  • La qualità delle scuole di ingegneria e degli organismi di formazione.

 

I punti deboli

  • Il mercato unico è suddiviso tra 27 regolatori.

  • Il numero di studenti di ingegneria è in calo.

  • Le migliaia di posti di lavoro soppressi o delocalizzati costituiscono competenze perse per l’industria europea.

  • In particolar modo la concorrenza tra i fornitori è falsata. L’Europa è l’unico mercato di telecomunicazioni aperto al mondo. Certo i costruttori europei hanno ampiamente penetrato il mercato cinese delle infrastrutture. Tuttavia il prezzo che si è dovuto pagare è consistito nel trasferimento di savoir-faire che ne riducono di molto l’impatto e che hanno facilitato l’emergere di nuovi concorrenti asiatici. Inoltre il governo cinese sostiene i leader nazionali del settore attraverso l’applicazione di specifiche norme tecniche e grazie al potere d’acquisto degli operatori controllati dallo stato.

In India e negli Stati Uniti il governo esercita grande influenza sulle infrastrutture di telecomunicazione per ragioni di sicurezza nazionale. Ci sono state resistenze locali all’ingresso delle società cinesi, basti pensare al rifiuto dell’offerta di acquisto della 3-Com da parte di Huawei negli Stati Uniti o all’annullamento del contratto Huawei-BSNL in India.

In Europa il mercato è totalmente aperto ai venditori cinesi e americani ma la concorrenza non è equa poiché gli attori non applicano le stesse regole.

  • Cospicue sovvenzioni dello stato cinese alle società che esportano (ad esempio una linea di credito di 50 miliardi di dollari per ZTE e Huawei).

  • Interpretazioni differenti delle leggi sull’immigrazione (si sono verificati casi di tecnici delle telecomunicazioni che sono arrivati a lavorare con visti turistici).

  • Scarsi controlli governativi sulle reali condizioni di lavoro dei dipendenti delle società in questione.

  • Norme differenti riguardo la tutela dell’ambiente.

  • Approcci differenti riguardo la proprietà intellettuale, le tecniche di vendita e l’etica commerciale.

  • Direttive diverse sulla pubblicazioni dei conti (i fornitori europei sono società quotate in borsa e devono rendere conto in maniera trasparente dei risultati trimestrali).

Il ritorno a regole eque di commercio è una condizione essenziale ai fini della rinascita dell’industria europea delle infrastrutture per le telecomunicazioni. Si dispone del tempo necessario per agire prima che le telecomunicazioni si aggiungano alla lunga lista di attività nelle quali l’UE ha ceduto la propria storica supremazia. Se non verranno adottate misure significative e rapide i fornitori europei saranno a rischio.

 

3. Il cammino verso la riconquista

L’UE ha lanciato alcune iniziative estremamente positive per sviluppare le TIC. La recente applicazione del “pacchetto telecom” da parte del Parlamento Europeo apre il cammino allo sviluppo della nostra industria in Europa. L’iniziativa i2010 studia le principali problematiche emerse e il progetto E2020 offrirà un quadro per progredire negli anni a venire.

I sindacati sostengono e parteciperanno a queste inziative ma è possibile e necessario integrarle con altre misure.

 

Promuovere la R&S nell’UE.

Un buon esempio è l’attribuzione della somma di 18 milioni di euro alla R&S nel settore delle reti mobili a banda larga avvenuta nel terzo trimestre 2009. Bisogna tuttavia impegnarsi maggiormente seguendo la scia dei programmi RACE e ESPRIT degli anni ’90. Tali programmi avevano permesso all’Europa di acquisire un ampio vantaggio nel campo delle tecnologie GSM.

  • L’efficacia delle somme assegnate deve essere valutata in base agli effetti in materia di posti di lavoro.

  • In Europa è necessario tutelare i creatori di software e i brevetti utilizzati nel settore delle telecounicazioni.

  • È altresì necessario assicurarsi che la manutenzione delle reti sia effettuata da europei residenti in Europa.

 

Sostenere la standardizzazione.

Si tratta di un complemento indispensabile al mercato unico. L’UE necessita di norme europee riguardanti la banda larga senza fili, la tv per la telefonia mobile e la tecnologia del Web 2.0. La standardizzazione favorirà gli investimenti in tecnologie durature.

 

Investire nelle reti.

È necessario fissare l’obiettivo della totale copertura a banda larga dell’UE. Il dividendo digitale offre un’occasione unica di sviluppare le infrastrutture senza fili. Diversi Stati Membri hanno annunciato il lancio di programmi nazionali di copertura.

Tuttavia ciò non è al livello dei 6 miliardi di dollari investiti dal governo americano nel 2009. È necessaria un’iniziativa politica. Le telecomunicazioni sono una “spesa produttiva”. L’investimento di un euro in questo settore si moltiplica nell’intera economia.

 

Investire nella formazione per posti di lavoro duraturi e qualificati.

La formazione è il migliore modo di giungere a una vera “economia intelligente” conformemente a quanto espresso nel programma di Lisbona.
 

Nuovi diritti per i lavoratori.

I lavoratori sono i più indicati a difendere i posti di lavoro avanzando proposte concrete. È necessario estendere le prerogative degli organi rappresentativi del personale.

 

Incoraggiare il commercio equo.

Lo sviluppo di un ambiente competitivo equo richiede tre livelli d’intervento.

  1. Favorire l’applicazione di norme e procedure atte a fare entrare in vigore leggi e regolamenti internazionali.

  2. Preparare delle norme per equilibrare le condizioni asimmetriche di mercato quando le leggi internazionali non sono applicabili. Queste norme possono, ad esempio, riguardare le condizioni di lavoro o sociali, la tutela del patrimonio nazionale materiale e immaterialee possono essere attuate in collaborazione con la politica, la ricerca e l’istruzione.

  3. Incoraggiare le aziende private ad applicare norme interne e procedure che promuovano pratiche eque di commercio nelle attività quotidiane (scelta dei fornitori, criteri delle gare d’appalto, norme contrattuali, controlli sull’esecuzione).

  4. Assicurarsi che le aziende europee assumano lavoratori europei per l’installazione di reti sia in Europa che altrove. La professionalità e il valore dei lavoratori in questione trasmettono un’immagine di qualità di tutte le attività europee.

In qualità di rappresentanti sindacali sosteniamo i diritti dei lavoratori all’occupazione nonché a salari e condizioni di lavoro decenti. L’aumento della disoccupazione dei lavoratori qualificati dell’industria delle TIC ci tocca direttamente. Siamo persuasi che nell’organizzazione attuale del mercato, il commercio iniquo sia dannoso per i lavoratori europei e più in generale per l’intera Unione Europea.

Riconosciamo di avere una visione parziale delle problematiche e siamo consapevoli che queste devono essere affrontate nell’ottica più ampia delle politiche dell’UE. Siamo disponibili a affrontare discussioni più approfondite sul tema di fronte al Parlamento o alla Commissione Europea essendo tale il nostro compito sindacale.

 

Riferimenti bibliografici

OCDE

  • Employment in the ICT sector continues dropping (October 2009)

  • The role of communication infrastructure investment in economic recovery (May 2009).

Commissione Europea

  • The 2009 EU industrial R&D investment scoreboard (October 2009)

  • Fostering the competitiveness of Europe’s ICT industry (EU/ICT task force report November 2006)

  • ICT competitiveness ICI policy in brief (EU website December 2009)

  • China passes the EU in high tech exports (Eurostat 25/2009)

Alcatel-Lucent

  • Informazioni interne sulle quote di mercato nelle telecomunicazioni (2009)

Differenti fonti giornalistiche o sindacali sulla soppressione di posti di lavoro in Europa (2009)