Decretare la centralità del lavoro, non il coprifuoco

Dichiarazione della federazione lavoratori metalmeccanici Cgt

La situazione nei quartieri popolari  ricorda quanto la frattura sociale, ben lungi dal riassorbirsi, si è allargata a forza di distruzione dei servizi pubblici e di tagli statali ai crediti per le associazioni di prevenzione.

Ma non sono queste le sole cause del disagio e profondo malessere che perdura nelle periferie popolari. Il padronato, molto eloquente in altre occasioni, tace.

Precarizzando il lavoro, escludendo i giovani dal lavoro, senza smettere di rimettere in discussione il riconoscimento e il valore del lavoro, il padronato ha grandi responsabilità sulla situazione attuale.

Per esempio solo un terzo degli apprendisti attualmente nella rete commerciale di Renault è assunto. Gli altri sono destinati a tornare al sussidio di disoccupazione, così come i 400 interinali di Citroen Aulnay e i 1200 di Peugeot Sochaux, scaricati dalla Direzione.

Nello stesso tempo, l’Unione degli imprenditori metalmeccanici (UIMM) nel quadro della contrattazione sull’inquadramento professionale, vuole solo lavoratori altamente qualificati, ma mal pagati, per una sedicente “metallurgia di alta gamma”, respingendo in tal modo i non diplomati e i meno qualificati verso la precarietà.

L’industria metalmeccanica perde in media il 3% l’anno di posti di lavoro stabili dal 2001, mentre resta tra i più grandi “consumatori di manodopera precaria”.

Sono le strategie al servizio della finanza, degli azionisti e dei dividendi che sono all’origine dell’esplosione sociale.

La precarietà a oltranza dei posti di lavoro e le ristrutturazioni industriali incessanti, lasciano per la strada migliaia di salariati, gettano nell’angoscia migliaia di famiglie e bloccano il futuro di tutta una generazione.

Una parte consistente è marginalizzata, spesso discriminata, lasciata nell’abbandono senza formazione né lavoro, una generazione per la quale l’avvenire appare talmente chiuso e incerto, che si incammina anche sulla strada senza uscita della violenza per avere l’illusione di esistere.

Azioni condannabili perché colpiscono popolazioni che, anch’esse, subiscono gli attacchi delle politiche attuali.

Il riferimento del sociale perde tutto il suo contenuto e il suo significato al servizio dell’emancipazione umana e della solidarietà, a vantaggio dell’individualismo e della libera concorrenza che servono a pochi sempre più ricchi e alle multinazionali che dominano il mondo.

L’attività salariata è un vettore essenziale dell’inserimento nella società. Consente di sentirsi utili e di esserlo per gli altri, deve fornire i mezzi per accedere ad una vita dignitosa attraverso un salario decente, un alloggio, la salute, la cultura…tutti diritti fondamentali di cui oggi molti sono privati.

In queste periferie e quartieri popolari, sono proprio la mancanza di lavoro o la prospettiva di non avere niente di meglio che lavoretti precari e sotto pagati che alimentano le frustrazioni, il mal essere e i disagi nelle famiglie alle quali appartengono questi giovani.

Ma sono anche le discriminazioni delle aziende nelle assunzioni che devono essere messe sotto accusa. A formazione e diploma equivalenti, le opportunità non sono le stesse a seconda del luogo di abitazione o del proprio cognome.

Il recente rapporto dell’Osservatorio nazionale delle zone urbane sensibili (ZUS) è, da questo punto di vista, una fotografia che mette sotto accusa le strategie finanziarie delle imprese.

Ci si vede ad esempio che il tasso di disoccupazione in queste zone è due volte più alto che nel resto della Francia metropolitana; che il reddito medio è di 10.540 euro mentre altrove è di 17.000 euro.

La disoccupazione, la precarietà, i bassi salari costituiscono il cocktail di base della miseria che fa sì che in Francia un milione di bambini vive al di sotto della soglia di povertà.

Non c’è già qui una polveriera?

Una polveriera che non aspetta che di esplodere, tanto più facilmente quando discorsi incendiari vengono imprudentemente o intenzionalmente  tenuti da certi uomini politici.

Il decreto che bisognerebbe emanare con urgenza è di dichiarare il lavoro, la sua remunerazione e le condizioni nelle quali si esercita, un diritto imprescindibile di ognuno.

Questo presuppone che si metta fine ai piani di soppressione dei posti di lavoro, che la contrattazione con il padronato porti alla soddisfazione delle richieste, che si metta fine al disprezzo nei confronti di coloro che lottano a Rencast, Aircelle, Legrand, Wagon…e in molte altre fabbriche metalmeccaniche, dove il sindacato rappresenta ancora un raccoglitore dello scontento.

E’ dunque il posto centrale del lavoro che bisogna decretare e non il coprifuoco.

 

Montreuil, 9 novembre 2005