Strumenti ancora insufficienti

Articolo di G. Ferrante, “Rassegna sindacale”, n.17

  17-23 maggio 2007

L’avvio del confronto sindacati - governo sulle pensioni ha tutte le premesse di un appuntamento importante. Occorrerà fare i conti con i provvedimenti contro riformatori varati nel 2004-2005 da Maroni, ma anche con la necessità di assicurare un futuro pensionistico dignitoso alle nuove generazioni senza ledere il reddito degli attuali pensionati. Un percorso in cui le posizioni in campo si dovranno confrontare sul merito, sperando di poter contare su idee di welfare al passo con i tempi, e avendo, perché no, a disposizione anche cifre attendibili sugli oneri futuri e sulle risorse disponibili.

Intanto, mentre il confronto sulle pensioni non aveva ancora mosso i primi passi, qualcuno era già partito con azioni di contrasto. Ciò ha tra l’altro fatto si che si allentasse la presa polemica contro la previdenza complementare, aggredita negli ultimi mesi da alcuni ben individuati settori con argomenti pretestuosi. Anche perché l’obiettivo principale della polemica non sembravano essere tanto i Fondi in sé quanto il più generale assetto pensionistico. Un cambio di bersaglio positivo, se non altro perché quella delle pensioni si presenta come una partita aperta. Ognuno può contribuirvi come meglio crede, a differenza della vicenda della previdenza complementare, rispetto alla quale certi sembrano non ricordarsi che la materia è regolata per legge ormai da quindici anni e che i Fondi sono operativi da circa dieci anni senza aver prodotto danni, anzi il contrario.

Resta per altro verso un mistero come all’interno di una federazione sindacale di categoria, il cui contratto di lavoro regola la previdenza complementare attraverso l’istituzione dei Fondi, promuovendone le adesioni, alcuni possano contemporaneamente, usando la stessa sigla di categoria, prodursi in affermazioni che ne rovesciano totalmente il valore e il significato.

Fortunatamente, come si diceva, l’emergere di un bersaglio più grosso (l’intervento sulle pensioni pubbliche) sembra aver messo in ombra il bersaglio minore. Certo è che il mistero resta.

In realtà le vicende della previdenza complementare non sono esenti da problemi, anche rilevanti.

La campagna d’informazione verso i lavoratori è stata nel complesso insufficiente, non uniforme nei diversi territori, nonostante gli sforzi rilevanti di alcuni soggetti, a partire dalla Cgil e dalla Fiom. Si sta facendo ogni sforzo per contrastare le adesioni inconsapevoli, con discreto successo nelle aziende medio-grandi del Centro-Nord, mentre è più difficile incidere altrove. A fronte del rilevante cambiamento normativo e culturale attuato la campagna istituzionale è risultata carente. E’ mancato, ad esempio, l’apporto delle rappresentanze della piccola e media impresa, sia a livello confederale che, con qualche eccezione, a livello di categoria nazionale (qua e là si è invece sentito il contributo delle rappresentanze territoriali delle pmi).

Spesso le carenze d’iniziativa, là dove ci sono state, non sono state casuali. Perlopiù si è trattato di una resistenza (che ha portato in diversi casi le imprese a favorire banche e assicurazioni) legata ad un ridotto convincimento rispetto ai patti sottoscritti, tema su cui occorrerà ritornare.

Nel processo d’informazione i soggetti istituzionali come la Mefop hanno svolto il ruolo di supporto formativo e di consulenza ai Fondi, mentre la Covip ha impegnato questi ultimi in un duro e ricorrente lavoro di rifacimento e limatura delle norme applicative. Carente è risultato il ruolo di Assofondi, l’associazione di rappresentanza dei Fondi (Confindustria, Cgil, Cisl, Uil…), che avrebbe dovuto in questa delicata fase svolgere un ruolo più incisivo di coordinamento e indirizzo.

Più in generale quella che ormai si profila è l’esigenza di passare ad una fase più strutturata dell’attività dei Fondi, in cui garanzie di controllo e semplicità di funzionamento si coniughino, agendo sia su procedure più snelle che sui costi. E sarebbe importante se finalmente si potesse procedere all’accorpamento tra alcuni Fondi o quanto meno alla messa in comune di servizi. Infine - senza entrare su terreni poco esplorati, come quelli del ruolo degli investitori istituzionali nello sviluppo economico - occorre superare l’aleatorietà nell’adesione alla previdenza complementare: se tutte le nuove generazioni sono chiamate a dotarsi di una previdenza complementare e se tutti i contratti di lavoro ne tengono conto nel momento di fissare le erogazioni salariali, l’attuale strumentazione non è ancora sufficiente a garantire a tutti questo diritto.