Le trasformazioni tecnologiche dell'industria italiana e il territorio

 

Delle difficoltà competitive dell’Italia si è parlato ampiamente. Così come si è parlato dello spostamento delle economie industrializzate su modelli di produzione a più alta intensità di tecnologia. Un po’ meno forse sono stati sviscerati i cambiamenti strutturali nel sistema di relazioni internazionali, come questi siano diventati più estesi, complessi e interdipendenti e come sia aumentato il ruolo delle posizioni di vantaggio competitivo offerto dall’innovazione tecnologica.

Approfondimenti intorno a questi temi sono ricavabili dal “Quarto Rapporto dell’Osservatorio sull’Italia nella competizione tecnologica internazionale”, Rapporto curato dall’Enea, dall’Università di Roma “ La Sapienza ” e dal Cespri-Politecnico di Milano (lo studio è stato pubblicato dall’editore Franco Angeli).

Di questo ampio studio qui prendiamo in considerazione il capitolo relativo alle “Trasformazioni tecnologiche dell’industria italiana e il territorio”, perchè ci permette di indagare i caratteri del ritardo italiano a livello settoriale e regionale (con dati che giungono al 2003).

Tra i fatti ormai noti c’è l’erosione progressiva e sempre più diffusa dei vantaggi che a lungo hanno guidato il successo del made in Italy, il processo di divergenza del Paese dal resto dell’Unione, la crescente assenza della grande industria e la mancanza di una proiezione multinazionale del sistema produttivo.

Ciò ha favorito il regresso di tutte quelle aree territoriali, in prevalenza nel Nord-Est, che grande spinta hanno tratto dalle favorevoli condizioni di contesto create dalla svalutazione della lira del 1992.

Negli anni successivi, nel confronto con le esportazioni europee di prodotti high tech, si è assistito a un “galleggiamento del Nord Est, ad uno stentato recupero del Nord Ovest, mentre il Centro registra una forte contrazione e il Mezzogiorno inverte la rotta del modesto recupero attuato dopo il 1992.

Tra la fine degli anni ’90 e il 2001 si è assistito di fatto a un’interruzione del processo di riequilibrio territoriale in atto fra le ripartizioni e le regioni italiane e, in particolare del lieve recupero delle regioni meridionali.

Il processo di diffusione territoriale dell’export che aveva apparentemente ridotto le distanze tra Nord, Centro e Mezzogiorno, riproducendo una distribuzione dell’export high tech maggiormente concentrata nelle aree settentrionali del Paese e, in particolare, del Nord Ovest.

 

La competitività tecnologica territoriale

Così si può dire che la Lombardia , e in particolare la provincia di Milano, hanno visto riconcentrarsi l’export high tech del Nord Ovest. Per il resto dell’area, e in particolare per il Piemonte è proseguito invece il processo di ridimensionamento industriale, con una concentrazione particolare nei settori più innovativi (da valori medi della quota intorno al 15% si è passati al 10%, a partire dal ’98). Nel Nord Est, in concomitanza con la crisi del 2001 del commercio internazionale, si è passati da tassi di incremento costanti a due cifre degli anni ’90 a un significativo ridimensionamento (della quota high tech sull’export manifatturiero) e sono proprio il Veneto e il Friuli Venezia Giulia a registrare i rallentamenti più sensibili.

Quindi la nuova configurazione territoriale del commercio estero nelle aree settentrionali del Paese è rimasta circoscritta alla Lombardia e in particolare al suo capoluogo. La regione in quanto tale registra alla fine degli anni ’90 una quota di brevetti high tech di poco superiore al 40% del totale nazionale, con una perdita di quasi 8 punti (alla quale si contrappone il recupero registrato da quasi tutte le altre regioni dell’Italia settentrionale).

Esiti non meno critici hanno interessato lungo tutto il corso della seconda metà degli anni novanta e agli inizi del 2000 le regioni del Centro. Tale performance è apparsa condizionata soprattutto dal Lazio che, rappresentando i 2/3 della quota commerciale high tech, ne ha più che dimezzato la consistenza, con una perdita pari a 10 punti percentuali di export manifatturiero. Si conferma peraltro in quest’area il gap tra attività di vendita e commercializzazione e iniziative in grado di avviare la nascita e lo sviluppo di competenze tecnologiche.

Le performances negative del Lazio risultano parzialmente controbilanciate dal trend delle quote sul commercio nazionale dei settori high tech della Toscana, cresciute tra il ’95 e il 2002, correggendo un poco l’ancora marcata specializzazione regionale nei settori medium-low tech.

Ma è il Mezzogiorno che segnala l’arretramento più significativo, registrando a partire dal 2001 una contrazione del flusso di esportazioni in cui determinante appare il declino della componente relativa alle produzioni high tech. Solo l’Abruzzo consolida il suo secondo posto in termini di esportazioni nella graduatoria delle regioni della ripartizione territoriale dopo la Campania che conserva una quota di esportazioni di poco superiore al 5% fino al 2001 ma mostra segni di cedimento negli anni successivi.

I modesti guadagni di quote di brevetti high tech sul totale nazionale realizzati dal Mezzogiorno sono imputabili quasi esclusivamente alla Sicilia (e alla provincia di Catania in particolare, che rappresenta il 69% della quota siciliana nel periodo 1999-01).

L’unica altra realtà vivace del Mezzogiorno è la Puglia.

 

Le dinamiche settoriali

Automazione industriale. Qui l’Italia vanta una posizione competitiva relativamente consolidata. E’ quindi possibile rilevare una forte continuità con i processi di redistribuzione del commercio originatisi all’inizio degli anni ’90

Il settore (tutto collocato nell’Italia settentrionale) registra ulteriori spostamenti dei flussi commerciali dal Nord Ovest al Nord Est, uno spostamento reso meno drammatico dal contributo delle province orientali della Lombardia (Bergamo e Brescia).

La dinamica delle esportazioni relativa alle regioni del Nord Ovest può riassumersi in una costante riduzione delle esportazioni piemontesi, non adeguatamente bilanciata da quelle lombarde, le cui province hanno seguito andamenti differenziati, con incrementi delle esportazioni delle province occidentali (Milano, Varese e Como), inferiori a quelli delle province orientali (Brescia e Bergamo).

La Lombardia esporta per oltre il 40% “macchine a deformazione”, mentre il Piemonte concentra i suoi flussi sulle “macchine a controllo numerico per la lavorazione dei metalli” ed è il maggiore esportatore nazionale di “macchine utensili avanzate”.

In questo settore le esportazioni si concentrano sui capoluoghi: Milano e Torino.

Se però guardiamo al problema dal lato dei brevetti vediamo una diminuzione della quota del Nord Ovest sul totale nazionale: mentre il Piemonte subisce un calo della quota dei brevetti dal 19,47% del ’93-’95 all’11,54% del ’99-’01, la Lombardia registra nello stesso periodo un arretramento assai più forte.

La crescita del Nord Est si avvale del contributo sia del Veneto (macchine a deformazione e macchine per saldatura) che dell’Emilia Romagna (macchine a deformazione, centri di lavorazione). Connessi agli andamenti di queste due regioni ci sono gli sviluppi (in termini di brevetti) di territori come il Friuli Venezia Giulia e la Toscana (cui però non corrispondono flussi commerciali crescenti).

Energia termoelettromeccanica. A tale comparto corrisponde circa l’8% delle esportazioni nazionali di prodotti high tech. Si tratta di prodotti come turbine a vapore generatrici di energia elettrica, motori a combustione interna, reattori e apparati per il nucleare, macchine elettriche: tutti prodotti realizzati nel Nord (Piemonte e Lombardia), che mostrano rare e ristrette aree commerciali nel Centro e nel Mezzogiorno. Mentre il Piemonte mostra una tenuta sostanziale della propria quota di export, la Lombardia si segnala per un cedimento delle macchine elettriche, pur in un contesto di sostanziale tenuta della quota settoriale.

Di questo comparto, insieme alla redistribuzione dei flussi di export da Nord Ovest a Nord Est, occorre rilevare anche l’andamento del saldo commerciale a livello nazionale, che inizia a registrare valori negativi a partire dal 1998, che si manifesta contemporaneamente al declino dell’attività innovativa del settore nel suo complesso, di cui il Nord Ovest continua ad essere l’area maggiormente rappresentativa.

Telecomunicazioni ed elettronica di consumo. Tali comparti hanno subito un declino inarrestabile lungo tutto il corso degli anni ’90. Alla fine del decennio emerge una predominanza delle aree orientate alla telefonia e alle telecomunicazioni in genere, presenti soprattutto a Milano, in Friuli e nelle regioni Abruzzo e Campania. Queste ultime registrano una crescita del peso sull’export nazionale fino al 2000, ma tale quota subisce un calo negli anni successivi in conseguenza della crisi che ha colpito il comparto.

Nelle aree in cui predomina l’elettronica di consumo, comprensive dell’Emilia Romagna e del Lazio, si registrano dinamiche dell’export assai contenute e, in alcuni casi, contrazioni delle quote relative al commercio nazionale.

L’esigua attività innovativa del settore si concentra in Lombardia, mentre al di fuori è prevalente la presenza di insediamenti produttivi di proprietà estera.

Macchine per ufficio. Tale attività è concentrata soprattutto in Piemonte e in Lombardia. Il Piemonte prosegue la sua uscita dal settore, con quote in diminuzione sia per il commercio che per i brevetti e la sua perdita appare attenuata solo dalla nicchia delle “altre macchine per ufficio”.

La quota di export della Lombardia ha mostrato una tendenza alla concentrazione su Milano che si attribuisce oltre il 47% delle esportazioni settoriali del 2002, il 53,8% delle imprese partecipate dall’estero e il 44,8% di brevetti nel periodo 1999-’01.

Rilevante il crollo delle esportazioni del Lazio, concentrate su Roma, che passano dal 23,2% del ’95 a valori inferiori al 10% dal 2000 in poi. Il settore, che non ha mai avuto nell’area laziale una base innovativa di rilievo, sembra, infatti risentire del perdurante processo di dismissioni estere che ha avuto luogo a partire dalla seconda metà degli anni ’90.

Componenti elettronici. L’isolata eccellenza, commerciale e innovativa, della provincia di Catania, affiancata a livello nazionale dal polo di Milano, segna negli ultimi anni le sorti  del settore dei componenti elettronici lungo un percorso di stentato recupero delle performances commerciali e innovative. Significativi e in crescita appaiono inoltre i flussi di export provenienti dalle province di Rieti e de l’Aquila, entrambe connessi alla presenza di stabilimenti controllati da imprese estere, mentre nullo è il loro apporto innovativo.

Materiali. Si tratta di materiali per l’elettronica a forte localizzazione commerciale e innovativa nel Nord Ovest, dal quale origina l’unico saldo attivo del settore. Il positivo risultato del settore  è tuttavia frutto dell’attività degli stabilimento di una delle maggiori multinazionali del settore ( la Memc , Monsanto Electronics Materials Company). Oltre il 70% delle esportazioni hanno origine nelle province di Novara e Bolzano, mentre per il resto si distingue solo la provincia di Milano.0

Elettromedicali. Si tratta di uno dei settori più dinamici dal punto di vista competitivo, ma fa segnalare una riduzione del vantaggio della quota di brevetti (mentre quella commerciale risulta stabile). Questa dinamica ha coinciso con il crollo dell’apporto innovativo soprattutto dei sistemi locali del Nord Est e del Centro. Il Nord Ovest mostra in particolare un aumento della quota dei brevetti (mentre si riduce quella commerciale). Di rilievo la dinamica della Liguria che fa registrare un aumento dell’attività innovativa e un incremento delle quote di esportazioni (ma non compensa la flessione registrata dalla Lombardia).

Nel Nord Est la riduzione della quota di brevetti sul totale nazionale ha interessato l’Emilia Romagna (dal 12,4% del ’96-’98 al 6,4% del ’99-’01) e il Veneto, mentre le quote commerciali restano stabili. Flussi crescenti hanno anche origine nel Centro (Toscana e Lazio), mentre è in calo il loro contributo all’attività innovativa settoriale.

Strumenti di precisione e controllo. Nell’area settentrionale del Paese, dove il settore, a struttura diffusa, è maggiormente rappresentato, prosegue il processo di contrazione delle quote commerciali della ripartizione occidentale a vantaggio di quella orientale.

Da segnalare l’apporto, in termini di  lieve crescita delle quote commerciali, delle province di Firenze e Roma, con una specializzazione negli “strumenti per navigazione, idrologia, geofisica ve meteorologia” (connesse a produzioni aerospaziali).

Strumenti e materiale ottico. Nell’ambito della meccanica di precisione un ridimensionamento particolarmente drammatico è quello che caratterizza gli strumenti ottici, settore in cui tuttavia la posizione europea è di relativa debolezza.

Rispetto alla distribuzione territoriale delle esportazioni, i segnali più rilevanti indicano un rallentamento della contrazione commerciale del Nord Ovest e il contemporaneo ridimensionamento dell’apporto del Nord Est, dove sia il Veneto che l’Emilia Romagna dopo essere cresciute fino al ’98, nel 2002 perdono diversi punti. Le quote di Lazio e Campania crescono in modo sostenuto fino al 2001, spinte soprattutto dalle esportazioni di materiale ottico, in cui entrambe le regioni sono specializzate, ma i loro flussi commerciali subiscono una repentina contrazione nel 2002-2003.

A partire dal 2001 cresce notevolmente il flusso delle esportazioni di “strumenti ottici di precisione” della Toscana.

L’aumento ei flussi commerciali del Centro e del Sud non è però sostenuto da un analogo incremento dell’attività innovativa che si accentra nelle regioni settentrionali e del Nord Ovest in particolare.

Aerospazio. Nel settore le quote mondiali di commercio risultano lievemente in crescita, mentre sono in riduzione quelle dei brevetti. Entrando nel particolare l’Osservatorio mette in rilievo la performance commerciale del Veneto (in specifico della provincia di Venezia) nel periodo 1999- 2000. A tale miglioramento commerciale del Veneto si accompagna un’attività innovativa di rilievo.

In conclusione, l’esame degli ultimi anni mostra un’accentuazione dello iato a livello locale tra esiti commerciali e autonoma capacità del tessuto produttivo di generare innovazione.

Inoltre la performance nazionale nell’alta tecnologia – secondo gli estensori del Rapporto – continua a dipendere strettamente da quella del Nord Ovest.

Preoccupa il delinearsi, sebbene dopo un decennio, di una nuova divaricazione tra Nord e Sud.

Il Nord Est, seconda area dopo il Nord Ovest per volume di attività commerciali, rafforza la sua specializzazione nei settori tradizionali, low tech e con prospettive di crescita basse.

Il Centro esibisce dei flussi commerciali estremamente volatili, senza riuscire ad adeguare le proprie quote di brevetti a quelle delle esportazioni.

Il Mezzogiorno infine si conferma per l’eccessiva esiguità, nonché sporadicità, delle realtà attive nel comparto dell’alta tecnologia.

 

(sintesi a cura di G. Ferrante)