Si è svolto a Milano, lunedì 25 novembre 2002, il primo incontro promosso dalla Fondazione “Giuseppe Di Vittorio” su temi di economia. L'argomento è stato “Crisi Fiat e banche”; di seguito riportiamo una sintesi dei lavori.

L’incontro è stato coordinato da M. Riva, concluso da Sergio Cofferati, e vi hanno preso parte: Marcello Messori, Cristiano Antonelli e Patrizio Bianchi.

 

Messori, introducendo, ha preso le mosse da un’obiettiva complessità della questione, formata da aspetti industriali e da aspetti finanziari, aspetti che presentano significative differenze.

Dal punto di vista industriale vi è sicuramente un problema a) di rilancio degli investimenti, in particolare verso R&S; b) di riorganizzazione produttiva; c) di un eventuale cambiamento negli assetti proprietari; d) di aggregazione tra Fiat Auto e altri soggetti del settore.

Dal punto di vista finanziario la situazione appare a Messori più variegata, anche se non meno complessa.

Il relatore ha distinto tra Fiat spa e Fiat Auto asserendo, che l’indebitamento è soprattutto di Fiat spa.

Debito finanziario lordo 33/34 miliardi di euro;

Crediti finanziari (solo) 23/24 miliardi di euro (di cui una parte, quella dei concessionari, non facilmente recuperabile);

Liquidità: 5 miliardi di euro.

Dai conti presentati da Messori se ne evince un rapporto tra indebitamento netto e patrimonio netto, pari al 60%.

Se confrontato con altre grandi aziende: Enel (118%), Olivetti Telecom (168%), Luxottica (100%), la situazione di Fiat Spa non appare così drammatica.

Anche l’esposizione bancaria (Bci, Capitalia, Unicredito, S.Paolo Imi), secondo Messori, non appare così drammatica.

Fatto sta che i 3 miliardi di euro concessi a Fiat Spa, convertibili in titoli azionari, offrono alle banche dei poteri di controllo.

Fiat spa, per accordo con le banche, è tenuta a ridurre entro quest’anno, l’indebitamento netto a 3,6 miliardi di euro (da poco meno di 6);

l’indebitamento lordo da 33/34 miliardi a 24.

Se questi risultati non vengono raggiunti le banche potranno imporre dismissioni di altre attività profittevoli.

Fiat ha già dimesso Italenergia per abbassare indebitamento netto (4,5 miliardi) e quello lordo (circa 30 miliardi), ma Fiat Auto continua a perdere soldi aggravando così bilancio Fiat spa. Quindi pressioni per dismissioni Fiat auto.

In sostanza appare una situazione con vincoli stringenti: se in termini di liquidità non sta malissimo (5 miliardi), pesante appare l’emorragia di Fiat Auto e pesanti gli oneri finanziari di Fiat spa (1 miliardo di euro).

Quindi pressione delle banche perché Fiat Auto eserciti l’opzione di vendita verso Gm.

 

Antonelli ha inquadrato il problema da un angolo visuale di politica industriale, sostenendo come la condotta della Fiat negli ultimi anni, partendo da una leadership di prodotto, abbia seguito un comportamento da manuale (acquisto case, acquisto aziende, macchine utensili… Solo che si è verificato un problema di rigetto rispetto a un tentativo di trapianto di una cultura manageriale molto lontana dalla nostra (ovvero più “atlantica” che “renana”).

Poi la debolezza tecnologica, la sfortuna (Stilo), l’abbandono innanzi tempo di terreni di ricerca (idrogeno)… hanno fatto il resto.

Il docente torinese ha peraltro ricordato che aziende come Renault e Vw sono sotto inchiesta da parte dell’Europa per aiuti di Stato, il che rende difficile portare avanti un discorso di vera concorrenza!

 

M. Riva rispetto a queste ultime notazioni sostiene di non aver visto il rigetto, ma gli sembra che si sia rimasti all’espressione del peggiore capitalismo renano (ovvero in mano alle banche).

 

P. Bianchi è partito dalla Commissione di inchiesta parlamentare (Tabacci) del 2001 sulla Fiat per dire che la crisi Fiat era nota e che il governo aveva già invitato l’azienda a predisporre un piano industriale.

Il problema di un ritorno al core business si presenta assai complesso.

Le principali aziende hanno fatto nuovi impianti in Europa e Usa.

Daimler ha comprato Chrisler e oggi ha 4/5 differenti marchi.

La Mercedes ha cambiato il concetto di “fasce di mercato”: auto piccole con un prezzo vicino a quello delle auto di fascia più alta.

Nel frattempo le scelte operate da Fiat sono state ad alto rischio.

Nissan, nuovi prodotti e maggiore rete distributiva.

Stupisce che la Fiat, che possiede alcuni marchi prestigiosi, non sia stata in grado di far ricadere su di sè un’immagine positiva in termini di tecnologia, stile ecc.

Si può continuare a fare auto in Italia? Si, ma Fiat ha avuto troppi tentennamenti (Fresco e la diversificazione su altri settori; accordo industriale con Gm/Opel, con Opel in crisi come Fiat; mancanza di strategia sui modelli a breve e medio termine; quale strategia di prodotto per la gamma alta - Ferrari, Macerati, Lancia? Quale evoluzione dell’accordo sulla componentistica e sulla meccanica? Quale razionalizzazione?).

Se vanno fatte delle dismissioni che si facciano fuori dal core business!

In presenza di questo tipo di problemi il governo abbassa la spesa per la ricerca.

Sussistono ancora i problemi di un capitalismo familiare, in cui conta più il controllo che lo sviluppo.

In pratica, prosegue Bianchi, si è ravvisata una tendenza della Fiat a uscire dal settore senza una strategia chiara. C’è stato un progressivo degrado delle scelte.

 

Novembre 2002