Commissione
europea: verso un’impostazione integrata della politica industriale A corredo del testo riportiamo un panorama (provvisorio) della situazione di alcuni comparti dell’industria metalmeccanica europea (B). Con riferimento a questi ultimi dati, in alcuni casi non risultano particolarmente aggiornati (ma sono i più recenti disponibili) e a tratti appaiono generici, ma riteniamo comunque importante uno sguardo ai problemi settoriali nella loro dimensione europea. Quando
ci si riferisce al nuovo programma d’azione per la crescita e
l’occupazione, - rendere l’Europa più carapace di attrarre investimenti e lavoro; - fare della conoscenza e dell’innovazione il fulcro della crescita europea; - elaborare politiche che consentano alle imprese di creare nuovi e migliori posti di lavoro. Il compito principale della politica industriale (d’ora in poi, Pi) è quello di predisporre un quadro di condizioni favorevoli allo sviluppo e all’innovazione delle imprese. Sono essenzialmente – dice il documento – le imprese del settore privato a sviluppare (e non il settore pubblico) a generare crescita economica. Il ruolo delle autorità pubbliche consiste nell’agire solo quando è necessario, vale a dire quando alcuni tipi di fallimenti del mercato giustificano l’intervento pubblico, oppure al fine di promuovere trasformazioni strutturali. In questi casi si giustificano misure di accompagnamento (…una migliore disciplina regolamentare… le politiche d’innovazione e di ricerca…le politiche sociali e dell’occupazione) che si rivolgono trasversalmente a tutta l’economia senza distinzioni tra settori o imprese. Occorre però tenere conto delle caratteristiche dei singoli settori e delle specifiche opportunità e sfide che devono affrontare (quindi alcune politiche sono più importanti per alcuni settori che per altri). A
varie sfide industriali – prosegue L’industria manifatturiera dell’Ue è importante, rappresenta circa un quinto della produzione dell’Ue e occupa circa 34 milioni di persone. E’ fondamentale per trarre profitto dalla nuova economia della conoscenza (più dell’80% delle spese in R&S del settore privato dell’Ue riguarda l’industria manifatturiera). Le Pmi rappresentano più del 99% delle sue imprese e occupano il 58% dei suoi addetti. L’industria manifatturiera è strettamente interconnessa con il settore dei servizi. Il differenziale di crescita della produttività tra l’Ue ed altre economie industriali, in particolare gli Stati Uniti, è in qualche misura un effetto della composizione industriale, dovuto alla minor quota di settori che producono Tic nell’industria manifatturiera dell’Ue. Per il resto la maggioranza dei singoli settori manifatturieri dell’Ue ha avuto un buon rendimento rispetto a quello delle controparti di altre economie industriali. Mentre importanti settori manifatturieri dell’Ue, come l’ingegneria meccanica, i prodotti chimici e gli autoveicoli, possiedono un notevole, reale vantaggio comparato, complessivamente gli scambi commerciali dell’UE si concentrano in settori caratterizzati da tecnologie medio-elevate e da competenze professionali medio-basse. Affinchè l’Unione europea possa ottimizzare i guadagni derivanti dall’integrazione nell’economia mondiale di Cina, India e altri paesi in rapida crescita, sono indispensabili adattabilità e trasformazioni strutturali che consentano di conseguire una più solida situazione di vantaggio comparativo. Negli ultimi anni i flussi degli investimenti esteri diretti dall’UE verso le economie asiatiche emergenti sono aumentati, anche se sul totale dei flussi la loro quota resta limitata. Anche le delocalizzazioni internazionali di posti verso paesi a basso costo del lavoro sono state limitate, anche se a livello locale o di singolo settore possono aver avuto conseguenze alquanto negative, soprattutto sui lavoratori meno qualificati. Si assiste anche ad una crescente concorrenza internazionale in materia di spese in R&S. Vi sono indicazioni per cui l’UE non è sufficientemente competitiva. Gli Stati Uniti ed il Giappone riescono ad attirare più spese internazionali in R&S rispetto all’UE, mentre paesi come Cina e India stanno diventando importanti destinazioni di nuovi investimenti in R&S. Anche gli Usa hanno superato l’Ue nell’attirare ricercatori e personale altamente qualificato. Si tratta di tendenze che suscitano notevoli preoccupazioni. Per
fare leva sugli attuali punti di forza dell’industria europea Per mezzo dell’indagine sono state sistematicamente individuate per ciascuno dei settori le sfide più importanti relative alle politiche e alla competitività, sia in termini quantitativi che qualitativi, come riassunto nell’allegato 1. Qui diamo conto solo delle 2 che fanno parte dell’industria metalmeccanica. Industria dei macchinari e
dei sistemi Queste industrie (ad esempio Tic, ingegneria meccanica, etc.) rappresentano circa un terzo del valore aggiunto dell’industria manifatturiera dell’Ue e sono caratterizzate da tassi di crescita medio-alti, con quote elevate di spesa in R&S. Per questi settori le sfide riguardano soprattutto l’innovazione, la tutela della proprietà intellettuale e la disponibilità di personale altamente qualificato. Per molte di queste industrie il mercato unico dipende da norme tecniche che devono essere continuamente aggiornate. Un migliore accesso ai mercati internazionali è inoltre fondamentale per alcuni settori, in particolare le Tic, l’ingegneria meccanica e elettrotecnica e gli autoveicoli. Il settore dei trasporti deve anche affrontare varie sfide ambientali, in particolare la necessità di migliorare costantemente il rendimento ambientale degli autoveicoli, aeroplani e navi. Industrie dei prodotti di
base e intermedi Queste industrie (ad esempio, prodotti chimici, acciaio, cellulosa e carta) rappresentano circa il 40% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera dell’Ue. Poichè forniscono input essenziali a tutte le altre industrie dell’Ue, possono essere un’importante fonte d’innovazione per altri settori. Hanno fatto registrare tassi di crescita medio-bassi, fatta eccezione per i settori ad alto rendimento della chimica e della gomma. Trattandosi di industrie ad elevato consumo di energia, devono affrontare soprattutto sfide riguardanti l’energia e l’ambiente. Sfide rilevanti per settori specifici includono la normativa Reach per i prodotti chimici e i problemi di semplificazione legislativa per le costruzioni. L’adeguamento strutturale è un problema importante per i settori della ceramica, della stampa e dell’acciaio. verso
uno schema di lavoro per Lo schema di lavoro qui presentato comporta una nuova impostazione di politica industriale, finalizzata ad una migliore definizione di politiche più pertinenti, integrate e consensuali. Connettendo in un’unica iniziativa varie dimensioni politiche d’importanza fondamentale per l’industria, essa garantisce maggiore coerenza e integrazione tra le politiche ed una spinta più accentuata alla competitività. Iniziative politiche
intersettoriali La presente comunicazione annuncia sette grandi iniziative politiche intersettoriali volte ad affrontare le sfide comuni che interessano gruppi di industrie diverse e a rafforzare le sinergie tra i diversi ambiti d’intervento, avendo come obiettivo la competitività. Iniziativa in materia di
diritti di proprietà intellettuale e contraffazione (2006) I diritti di proprietà intellettuale (Dpi) sono di fondamentale importanza per la competitività di molti settori industriali. Mentre in aree essenziali è stata già attuata l’armonizzazione, si può fare di più per garantire che il quadro normativo corrisponda alle esigenze dell’industria in un periodo di rapido sviluppo tecnologico e di trasformazioni sociali. Il dibattito provocato dalla proposta di direttiva sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici ha dimostrato la difficoltà di definire norme sui Dpi che bilancino le esigenze di tutte le parti in causa. Pertanto nel 2006 la commissione avvierà un dialogo con l’industria e le altre parti interessate per stabilire che cosa si possa utilmente fare per garantire all’industria europea un solido quadro di Dpi. Le
violazioni dei Dpi possono porre a rischio attività economiche
legittime, minacciare l’innovazione e talvolta creare problemi di
sicurezza e sanità pubblica. Tenendo conto degli strumenti e delle
misure anticontraffazione e antipirateria in vigore e programmati,
compresi quelli relativi all’esecuzione forzata e alle dogane, Gruppo ad alto livello
sulla competitività, l’energia e l’ambiente (fine 2005) Le politiche della competitività, dell’energia e dell’ambiente sono strettamente interconnesse e incidono in modo significativo soprattutto su molte industrie dei prodotti di base e intermedi. Considerata l’esigenza di coerenza tra iniziative politiche e legislative in questi campi al fine di sfruttare pienamente le loro sinergie, è essenziale un più stretto coordinamento e lo sviluppo di un’impostazione integrata. A questo scopo verrà istituito un gruppo ad alto livello sulla competitività, l’energia e l’ambiente, che opererà come piattaforma consultiva coinvolgendo i commissari responsabili di imprese e industria, concorrenza, energia e ambiente nonchè tutte le parti in causa. I temi da affrontare dovrebbero comprendere: (i) l’attuazione concreta dei principi di migliore regolamentazione; (ii) il cambiamento climatico, in particolare l’interazione tra il sistema per lo scambio di emissioni e le iniziative di promozione dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili; (iii) il funzionamento dei mercati dell’energia, in particolare del mercato dell’elettricità; (iv) l’attuazione della strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, e la relativa normativa; (v) una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e l’adozione di tecnologie ambientali o altrimenti innovative. Aspetti esterni della
competitività e accesso ai mercati (primavera 2006) L’accesso ai mercati internazionali è un problema prioritario per la maggior parte dei settori. Nuovo programma di
semplificazione legislativa (ottobre 2005) Il
miglioramento della normativa a vari livelli costituisce una sfida
prioritaria per vari settori, tra i quali le costruzioni, gli
autoveicoli, le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni e
le industrie delle scienze dell’alimentazione e della vita. Le
normative in materia di rifiuti sono inoltre state riconosciute come
importanti per un’ampia serie di settori, in particolare per le PMI. Migliorare le competenze
settoriali (2006) La
carenza di competenze è stata individuata come una delle sfide
prioritarie per un’ampia gamma di settori, comprendenti le TIC, la
meccanica, il tessile, il cuoio e varie altre industrie dei prodotti di
base e intermedi. Sembra inoltre che in alcuni casi la delocalizzazione
dell’attività industriale sia dovuta più a carenze di competenze che
non a fattori di costo. Gestire le trasformazioni
strutturali nell’industria manifatturiera (fine 2005) Perseguire
l’adeguamento strutturale spetta in primo luogo al settore privato.
L’Ue tuttavia dispone di strumenti utili per anticipare ed
accompagnare le trasformazioni come riconosce la recente comunicazione
sugli effetti delle ristrutturazioni sull’occupazione. E’ essenziale
che a livello di Ue le iniziative industriali siano totalmente integrate
con l’uso dei fondi strutturali e con gli strumenti politici dei
singoli Stati membri. Grazie al processo di indagine i seguenti settori
sono stati individuati come interessati dal problema di un potenziale
adeguamento strutturale: tessili, cuoio, mobili, calzature, ceramica,
stampa, autoveicoli,
cantieristica, acciaio e parti delle industrie alimentari. Impostazione europea
integrata della ricerca e innovazione industriale (2005) L’imminente comunicazione sulla ricerca e l’innovazione definirà una nuova impostazione integrata delle politiche e azioni a sostegno della ricerca e dell’innovazione, comprendente varie iniziative alquanto significative per i settori industriali. La recente comunicazione sugli aiuti di Stato per l’innovazione propone di agevolare la concessione di aiuti di Stato intesi a fronteggiare i fallimenti del mercato che ostacolano l’innovazione. Nel quadro della verifica della comunicazione sulla ricerca e l’innovazione, nel 2006 verrà istituito un sistema europeo di osservazione della ricerca e innovazione industriale per presentare un quadro e un’analisi consolidati delle tendenze significative per la ricerca e l’innovazione industriale e per fornire un canale alle opinioni delle parti in causa. Iniziative di settore Oltre alle iniziative intersettoriali, varie nuove iniziative politiche di settore sono state individuate sulla base delle loro caratteristiche o particolare rilevanza.
Il programma spaziale europeo costituirà la base programmatica comune, completa e flessibile delle attività dell’Agenzia spaziale europea, dell’UE e dei loro rispettivi Stati membri. Si sta anche lavorando ad una comunicazione sul Monitoraggio globale dell’ambiente e della sicurezza (Global Monitoring for Environment and Security: GMES) che indichi le modalità per realizzare servizi operativi entro il 2008.
Per
garantire che le politiche pubbliche creino un ambiente propizio alla
competitività in un settore TIC in piena evoluzione, verrà costituita
una taskforce con i rappresentanti delle parti in causa. In aggiunta
alle iniziative che
Il dialogo sulle politiche per l’ingegneria meccanica analizzerà i futuri punti di forza e di debolezza del settore e anticiperà come affrontare a lungo termine gli eventuali punti di debolezza.
Questi studi analizzeranno l’andamento tendenziale della competitività dei settori in questione al fine di formulare, ove necessario, nuove proposte di politiche e azioni concrete. conclusioni La
presente comunicazione definisce uno schema di lavoro per i prossimi
anni per la politica industriale nelle industrie manifatturiere. In tal
modo B. Industria europea. Una visione settoriale d’insieme 1. Siderurgia Dal 1998 al 2004 l’industria siderurgica si è sviluppata in più direzioni inclusa la produzione (+6%), fatturato (+44,7%), valore aggiunto (+40%), mentre gli occupati sono calati del 12,5%. Il livello medio della produttività europea è stimato a circa 560 tonn. uomo/anno. Pur tuttavia permane una sostanziale differenza tra Eu 15 ed Eu 25. Le sfide dell’industria siderurgica europea sono legate al costo e alla disponibilità delle risorse (barre materiali, energia, lavoro) e alla competizione dei paesi produttori terzi che operano in un contesto legislativo differente. Una parte molto importante della necessaria materia prima mineraria, energia e carbone è importata, mentre lo scarto ferroso è fornito dalla stessa Eu. Il mercato dei minerali è dominato da tre produttori che controllano il 75% del commercio mondiale, e nel 2005 l’industria siderurgica ha accettato un incremento di prezzo del 71,5%. A livello mondiale le differenze regionali di prezzo sono principalmente dovute ai costi dei trasporti. I punti di forza della competitività europea sono basati sull’alta qualità e sul valore aggiunto forniti dall’integrazione, organizzazione ed efficienza della produzione, dall’esperienza della manodopera e dall’innovazione. Pur tuttavia l’irruzione della Cina nel mercato ha schiacciato i prezzi delle risorse a livelli record, i quali potrebbero scontrarsi con la competitività europea. Conoscenza. La produzione siderurgica europea è tecnologicamente intensiva e altamente innovativa. Solo il 30% delle attuali produzioni di acciaio immesse nel mercato esistevano 10 anni fa. Tuttavia l’industria sta raggiungendo i propri limiti, riscontrabili nei campi delle emissioni e del consumo di energia e così la necessità di supportare la ricerca nelle nuove tecnologie è urgente. La piattaforma tecnologica dell’acciaio (Stp) e il Fondo di ricerca del carbone e dell’acciaio (Rfcs) promossi dall’Ue puntano a supportare la ricerca nel settore dell’acciaio. Fra gli obiettivi proposti inclusi nell’agenda della ricerca strategica dell’Stp vi è la riduzione dell’emissione dei gas dell’effetto serra in vista dell’incontro per il Protocollo di Kyoto. L’industria siderurgica è una delle maggiori produttrici di Co2 (1,8 tonn. di Co2 per tonnellata di acciaio). Negli ultimi 40 anni il consumo di energia e la generazione di Co2 nell’industria siderurgica europea è diminuita rispettivamente del 50 e 60%. Durante gli anni ’90 l’industria siderurgica europea ha visto un calo di emissioni di Co2 del 18%. Oggi le emissioni di Co2 per tonn. di acciaio raggiungono il limite teorico del processo di produzione dell’acciaio. Il rischio che i produttori siderurgici europei possano vedere una riduzione di affari rispetto ai competitori non europei, che non sono soggetti a limitazioni di emissioni di Co2, è un fattore chiave per la competitività.. Il problema di capacità per l’industria siderurgica europea è posto in relazione al cambiamento strutturale e al salto tecnologico a cui il settore si sta affacciando. C’è un bisogno di sviluppo di nuove competenze, in particolare nell’area dei nuovi campi dell’ingegneria e delle capacità manageriali. A questo è connessa la necessità di formazione continua. Ci sarà un problema demografico tra le attuale forze di produzione poiché molti lavoratori andranno in pensione nei prossimi 10 anni. Lo stesso vale per i docenti delle università scientifiche e tecniche connesse alla siderurgia. Competizione. Il mercato è maturo e concentrato. Il consolidamento dell’industria siderurgica europea è avanzato e le due compagnie di produzione più importanti al mondo sono in Europa. Tuttavia ci si aspetta una maggiore concentrazione dovuta ai bisogni di finanziare l’ aumento dei costi dell’innovazione e delle tecnologie ambientali compatibili. Il settore è schiacciato tra una maggior concentrazione a monte dell’industria e a valle dai clienti. Infatti le barriere in entrata sono molto alte poiché la produzione d’acciaio è ad alta intensità di capitale, la scala economica minima è alta e gli investimenti sono molto specifici. Il
settore è soggetto a legislazioni speciali e attualmente consente
sussidio solo per chiusura di impianti. L’industria in Eu 15 dopo
molti anni ha completato le proprie ristrutturazioni, mentre le
ristrutturazioni nei nuovi stati membri necessitano ancora di essere
finalizzate. 2.
Industrie dell’Information Communication Tecnology (Ict) Le industrie dell’Ict comprendono l’Ict manifatturiero e i settori dell’Ict dei servizi. Nel 2001 la quota di valore aggiunto prodotta dall’Ict dei paesi dell’Eu 25 ammontava al 5,3% del valore aggiunto totale e il 3,4% dell’occupazione totale (dati Eurostat). Nel
2001 il settore dell’Ict manifatturiero ha contribuito per il
6,8% al fatturato totale manifatturiero dell’Eu25, al 5,9% del valore
aggiunto e per il 5,3% rispetto all’occupazione. Fin dal 1990 la
produttività e il valore aggiunto sono fortemente cresciuti
nell’insieme dell’Eu (ma più lentamente che negli Usa), mentre le
quote del valore aggiunto manifatturiero in rapporto al Pil totale e
all’occupazione sono risultati stabili o in leggero decremento
nell’insieme dell’Eu 15 , con significative eccezioni (Finlandia e
Irlanda). Tutte le quote sono crescite nei paesi dell’area Visegrad
(Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Con
riferimento ai servizi dell’Ict, le percentuali sul totale
dell’occupazione nel settore dei servizi (7,1% nel L’elemento trainante della crescita nell’industria manifatturiera dell’Ict è stato un aumento della domanda di servizi Ict, (tirati sia dai consumi provati che dai programmi del settore pubblico) e una diversificazione nella fornitura del servizio stesso. Lo sviluppo di un forte settore produttivo dell’Ict (considerando sia il manifatturiero che i servizi) contribuisce ad un’adozione più larga e a un uso più efficiente dell’Ict negli altri settori nell’Eu, e in questo modo determina un aumento della produttività nell’insieme dell’economia. Viceversa, politiche che mirano a un più efficiente utilizzo dell’Ict, hanno un più evidente impatto sulla competitività del settore dell’Ict. I fattori che incrementano la qualità dei prodotti del settore dell’Ict hanno un effetto positivo sulla crescita della professionalità del lavoro, un significativo effetto sugli investimenti a lungo termine, nella R&S e nell’innovazione, nell’utilizzo di più sofisticate materie prime e una migliore organizzazione a livello degli impianti aziendali. 3. Ingegneria meccanica Quello dell’ingegneria meccanica è in Europa un settore ampio. Ne fanno parte 21.315 imprese con 20 o più addetti, producendo nel 2003 macchine e altri componenti meccanici per un valore di 360.086 mil di €, impiegando direttamente 2,24 mil. di lavoratori in Eu a 15. Questa cifra fa dell’Ue il maggiore produttore al mondo di macchine e componenti, superiore a Usa e Giappone (279 mld. e e 172 mld. rispettivamente nel 2003) . Questo settore pesa per il 7% sull’insieme della produzione e dell’occupazione manifatturiera europea e per l’8% sul valore aggiunto. L’ingegneria meccanica gioca un ruolo chiave nella fornitura di materiali per gli altri settori, determinando così un potenziale effetto positivo per la crescita della loro produttività. Comunque
il settore dell’ingegneria meccanica mostra un handicap in termini di
produttività rispetto ai suoi competitori. La produttività media di un
lavoratore europeo di questo settore è molto inferiore di quella di un
collega americano o giapponese e la crescita a lungo termine della
produttività settoriale è più lenta che negli Usa e per questo la
distanza fra i due aumenta vieppiù. A prezzi costanti un lavoratore
giapponesi nel Insieme alle insufficienti risorse finanziarie delle piccole e medie imprese, che rappresenta un problema per l’industria, il settore è molto sensibile agli investimenti a tutti i livelli, prima di tutto nell’economia europea e più in generale nell’economia mondiale. Trattandosi di un fornitore di beni d’investimento, che investe solo in una situazione favorevole è importante assicurare sia un più alto livello di investimenti (attualmente la media è del 3%) che una stabile situazione macroeconomica. 4. Industria dell’auto L’industria automobilistica è uno dei settori chiave dell’Europa, contribuendo con il 3% del pil, con il 7% del valore aggiunto del manifatturiero (14mld € nell’Eu a 15) e il 6% del totale dell’occupazione manifatturiera (oltre 2 milioni di addetti nell’Eu a 25). L’industria
impiega inoltre indirettamente dai Crescita lenta nel mercato interno: l’esistenza di un ampio mercato interno è un rilevante vantaggio competitivo per i produttori europei. Tuttavia la crescita dei mercati automobilistici europei è stata piatta nel corso degli ultimi anni e la crescita progressiva dei mercati esteri probabilmente potrebbe diminuire i vantaggi relativi idi domanda che derivano dall’ampio mercato domestico. 5. Cantieristica: costruzione e riparazione In Europa esistono almeno 150 cantieri, di cui circa 40 attivi nel mercato globale delle navi commerciali. Rispetto ai maggiori competitori, Giappone e Corea, rispettivamente con 5 e 6 cantieri, l’industria europea delle costruzioni navali è frammentata. Circa 100mila persone sono impiegate direttamente presso i cantieri (costruzioni navali mercantili, passeggeri e riparazioni); altre 350mila persone lavorano nell’industria dell’indotto (che comprende circa 9mila imprese). Il fatturato dell’intera industria europea delle costruzioni navali (costruzione e riparazione di navi) è di circa 34 mld di €. Per semplificare il confronto tra i settori il panorama in termini statistici per le costruzioni navali così come per altri settori, si basa su dati Eurostat. Tuttavia tenuto conto che questi dati accorpano attività economiche in realtà distinte e separate di riparazioni di navi e costruzione sia di navi mercantili che di imbarcazioni da diporto e tenuto conto della metodologia applicata e del periodo analizzato, i dati presentati non forniscono un quadro aggiornato dell’attuale stato dell’industria europea delle costruzioni navali. Di fatto dati industriali più recenti circa la costruzione di nuove navi presentano un quadro molto più positivo per quanto riguarda produttività, fatturato e competitività esterna. Questi dati indicano in particolare che la produttività del lavoro è più che quadruplicata negli ultimi 15 anni ( dal 1988 al 2003) e che ora l’Europa è ai primi posti al mondo in termini di fatturato per le costruzioni navali. Ciononostante, l’industria continua ad affrontare le grandi sfide alla sua capacità di competere in accordo con gli indirizzi della Commissione( LeaderSHIP 2015). I cantieri UE hanno bloccato la produzione di navi a basso valore come le petroliere, ma mantengono una forte posizione nelle navi passeggeri, piccole navi costiere e con dislocamento speciale. C’è stato un significativo spostamento da lavoratori impiegati nei cantieri a lavoratori nella produzione di apparati ciò ha aumentato l’offerta di soluzioni chiavi in mano, lasciando ai cantieri il ruolo di integratori tecnologici. Nella costruzione di navi, il livello di sotto contraente può raggiungere il valore del 80% del costo totale di una nave. I campi dei costruttori di navi UE da un’analisi globale, vanno dalla produzione di piccole ma HI-TEC navi militari a lussuosi yacht, alle grandi navi militari con le principali produzioni focalizzate sulle marine nazionali e su una limitatissima attività di esportazione. Accesso alla finanza : Finanziamenti certi, sia per la fase di costruzione che per la fase operativa di una nave, sono essenziali per i progetti di costruzione di navi. I finanziamenti per costruire nave includono quasi sempre delle garanzie, emesse sia da banche private che da istituti pubblici. I finanziamenti pre-varo costituiscono un serio problema per i cantieri. Tipicamente, il valore annuale della produzione dei cantieri navali supera il valore dei cantieri stessi, ed una parte delle navi costruite non è riconosciuta come posta di bilancio. A causa del grande volume di acquisti esterni di apparati, il valore aggiunto dalle attività interne dei cantieri equivale ad una piccola parte del valore totale del contratto, ciononostante il cantiere ha la responsabilità dell’intero progetto. La maggior parte dei proprietari di navi richiede delle garanzie bancarie a fronte dei pagamenti durante la costruzione della stessa, per questo motivo è notevolmente aumentato il fabbisogno totale per il progetto di finanziamento del progetto. Un buon numero di banche commerciali sta riducendo il suo interesse nel settore della costruzione navale e quindi anche l’affidamento ad un’industria vitale ma volatile. Questo ridotto interessa avrà come conseguenza un minor apporto di competenze, che a sua volta accelererà questa involuzione. Tutti
questi fattori portano ad aumentare le difficoltà nel reperimento di
finanziamenti per progetti navali. Sebbene questi problemi possono
essere differenti per tipologie di navi, costituiscono comunque un serio
impedimento alla competitività degli armatori europei. 6.
Aerospazio L’industria europea dell’aerospazio è un’industria Hight tech che sviluppa e produce una vasta gamma di prodotti:aerei civili e militari, motori aerei, elicotteri, lanciamissili, e satelliti, veicoli aerei senza pilota (Uav), come anche missili, sistemi ed equipaggiamenti. Nel 2003 nell’industria europea dell’aerospazio erano impiegati più di 415mila lavoratori diretti e il fatturato ammontava a 74 mld. di euro. Il 14,5% del fatturato veniva investito in ricerca e sviluppo. L’esportazione superava la metà del prodotto e l’industria consentiva una bilancia commerciale positiva per 28 mld relativamente all’insieme dell’Europa. Il successo dell’industria dipende da due pilastri, il civile (64%) e la difesa (36%). Essi sono complementari e tra loro dipendenti. Il fatto di operare nei mercati civile e della difesa consente alle imprese di condividere know how, competenze e prodotti e di beneficiare delle economie di un prodotto a larga scala. Entrambe le aree fanno affidamento sull’applicazione di tecnologie avanzate nel fornire clienti privati e pubblici con bisogni differenti. L’insieme del settore dell’aerospazio era sostanzialmente dominato dalle imprese americane che tradizionalmente realizzavano 2/3 del fatturato globale dell’industria. Soprattutto in seguito al successo di Airbus, questo quadro è cambiato negli ultimi anni a favore dell’industria aerospaziale europea che ha realizzato il 39,5% delle vendite globali nel 2003 (Usa: 44%). 7. Industria elettromeccanica L’industria elettromeccanica conta per il 3% della produzione, del valore aggiunto e dell’occupazione sull’industria manifatturiera dell’Ue. Le 8.015 imprese elettromeccaniche con 20 o più addetti hanno prodotto nel 2003 168.306 mil di euro, sugli apparati elettrici e gli equipaggiamenti, occupando direttamente 1.094 mil di persone (dati per Eu a 15). Essendo soprattutto un settore di fornitura ad altri settori, l’elettromeccanica è molto sensibile al ciclo. Perciò, in caso di recessione nell’economia dell’Eu nel suo complesso, ci sono depressioni nell’elettromeccanica (come la recessione del ’92-93 che ha causato una particolare crisi del settore). Come settore basato sulla conoscenza, l’elettromeccanica soffre l’effetto negativo a lungo termine consistente nel fatto che le imprese nei periodi di recessione perdono una parte significativa dei loro ingegneri e degli altri tecnici specializzati, che è fortemente difficile recuperare in seguito. Perciò sono molto importanti per questo settore le misure atte ad attenuare il cambiamento strutturale nel tempo. Soprattutto a causa degli effetti della depressione del ’92-93, la media del tasso annuale di crescita in termini nominali dell’elettromeccanica dell’Ue nel periodo ’95-2003 è stata un modesto 3%. Il
mercato europeo dell’industria elettromeccanica è il più
grande del mondo (160 mld di euro), seguito da quelli americano e
giapponese (rispettivamente 100 e 91 mld di euro). Solo due sotto
settori elettromeccanici offrono opportunità di crescita a lungo
termine: motori elettrici, generatori e trasformatori e Altri componenti
elettrici. Nel periodo 1998- 8.
Industria della Difesa Il fatturato dell’industria europea della Difesa può essere stimato in 70 mld di €, con circa 770 mila occupati. Questo corrisponde a circa la metà dell’industria della Difesa Usa, sia in fatturato che occupati. La maggior parte delle aziende è impegnato sia in attività civili che militari. In sostanza le aziende europee della Difesa sono quelle coinvolte nei seguenti settori: aeronautica, spazio, elettronica, cantieristica, motori, trasporti, ecc. Un’analisi delle 28 aziende europee che sono presenti nella Top 100 delle industrie della Difesa mondiale mostra che solo 13 di loro sviluppano più del 50% del loro fatturato nel settore della Difesa. Restrizioni di budget hanno spinto queste aziende a diversificare. Ma sia l’evoluzione degli accordi internazionali sulla sicurezza che lo sviluppo tecnologico orientano i prodotti della Difesa verso i terreni dell’Information Technology, delle biotecnologie, nanotecnologie, ecc., con numerose applicazioni civili. La persistente frammentazione della domanda a livello nazionale ha portato a un’altrettanto frammentazione del panorama industriale, dovendo corrispondere a requisiti nazionali differenti. Il fatto che le aziende della Difesa hanno usualmente un unico cliente nazionale ha posto un freno alla competitività di queste aziende. L’assenza di un mercato reale è il maggior ostacolo al consolidamento, alla competitività e alla solidità di queste aziende all’interno della Ue. Competizione. E’cominciato in Europa un processo di ristrutturazione e consolidamento successivo di qualche anno a quanto è già avvenuto negli Usa dove il numero delle principali aziende della Difesa si è ridotto a 4. Nel ’99 due fusioni industriali hanno creato le due principali aziende della Difesa in Europa, entrambe presenti nella lista delle prime 5 del mondo: Eads e Bay System. Al di sotto di queste due aziende c’è un movimento di alleanze, fusioni o altre forme di collaborazione in diversi segmenti tecnologici (Matra con Bae Dynamics per i missili; Thompson e Marconi per i sonar; Alvis e Hagglungs per veicoli armati). Ciò nonostante il restante numero di aziende europee è ancora molto alto in un mercato molto più piccolo di quello statunitense. Regolazione. L’attuale frammentazione giuridica e del sistema delle regole derivante dall’uso estensivo da parte degli Stati membri dell’art. 296 del Trattato europeo pone dei limiti alle capacità di adattamento delle aziende o le forza verso strategie o alleanze che potrebbero mettere l’Ue in una posizione di svantaggio. La mancata salvaguardia della competitività delle industrie della Difesa, con la conseguente perdita di autonomia progettuale e di capacità innovative potrebbe limitare la discrezionalità delle scelte e potrebbe portare ad un incremento dei costi di acquisti (esterni) nel lungo periodo. La creazione di un mercato europeo per prodotti della Difesa è necessaria sia per consolidare la domanda (pubblica) che per realizzare un ambiente idoneo alle industrie tecnologiche della Difesa europea e porle in una miglior posizione nel mercato globale. Alcune misure necessarie a realizzare un mercato dei prodotti della Difesa europeo devono includere regole per gli acquisti, trasferimenti più semplici all’interno dell’Ue, adattamento delle regole per la competitività e processi di standardizzazione. I processi di standardizzazione possono aiutare lo sviluppo della competitività soprattutto fino a che i mercati nazionali della Difesa sono troppo piccoli per raggiungere una massa critica minima, specialmente nel settore dell’alta tecnologia. La standardizzazione dovrebbe permettere alle aziende di investire con una prospettiva più ampia e di poter competere su basi paritarie con le controparti americane. I competitori extra Eu. Sulla base dei dati disponibili gli Usa sono di gran lunga i più grandi esportatori di armi (14 mln di $ nel 2003; Uk, 5 mln; Fr, 1,2 mln; Ger, 1,2 mln; Italia, 0,1 mln; Belg, 0,1 mln; Rus, 3,4 mln $). Cina e Ucraina mantengono importanti quote di mercato su prodotti a bassa tecnologia. Presi insieme gli stati membri della Ue spendono meno della metà degli Usa. Il budget annuale degli Usa è di circa 400mld di $, che equivale al 43% del totale delle spese mondiali comparato a un budget europeo di 160 mld di €. Per molti anni gli investimenti nella Difesa in Europa sono stati significativamente inferiori a quelli americani negli acquisti, ma la differenza è anche più grande (e sta crescendo) nel settore della Ricerca e dello Sviluppo. Nel 2001 più di ¾ del totale del budget per la spesa militare in ricerca nei paesi Ocse, è appannaggio degli Usa. Ciò rappresenta 4 volte il budget europeo. Di conseguenza ciò ha indebolito lo sviluppo di alcune importanti tecnologie in Europa a detrimento di rilevanti fattori industriali. Non ci sono dubbi che anche nel prossimo futuro rimarranno considerevoli differenze tra il budget della Difesa americano e quello europeo. Merita notare che la maggior parte dei dati disponibili sono incerti e diversi da uno Stato all’altro. Una miglior conoscenza e comparabilità potrebbero costituire un miglior aiuto per la definizione di appropriate politiche di settore. |