Le previsioni per l’economia italiana

 

E’ della fine di luglio la presentazione del Rapporto Isae (Istituto di studi e analisi economica, vicino al ministero dell’Economia) su “La previsioni per l’economia italiana”.

Diamo qui conto, in sintesi, delle principali risultanti del Rapporto.

 

L’attività economica internazionale ha evidenziato segnali di pausa a fine 2004 e nei primi mesi del 2005, risentendo di un rallentamento della dinamica congiunturale, su cui ha inciso con ogni probabilità il rialzo del prezzo del petrolio.

Qualche sintomo di ripresa nel II trimestre 2005, sostenuto soprattutto dalle due maggiori locomotive di questi anni: Cina e Stati Uniti.

Positiva la decisione di Pechino (21 luglio) di modificare il sistema di cambio dello yuan (per i paesi Ue è una decisione che si aggiunge alla limitazione temporanea dell’export di alcuni prodotti tessili in Europa). Il dollaro dal canto suo è tornato ad apprezzarsi sorprendendo gli osservatori che preconizzavano un ulteriore deprezzamento del dollaro.

I rialzi dei prezzi delle materie prime nella prima metà del 2005 hanno continuato ad essere accentuati non solo per il petrolio ma anche per le altre materie prime (previsione: 5% medio, dall’1,3% per gli alimentari all’11, 7% per i prodotti industriali).

Ancora modesta la dinamica dell’area euro, che non riesce a beneficiare abbastanza degli stimoli provenienti dalla domanda estera: sia per gli effetti di freno esercitati dal cambio, sia per il mancato decollo della domanda interna.

Lo stato di diffusa insoddisfazione ha portato vari osservatori a domandarsi se i motivi della performance europea peggiore di quella americana, oltre a riflettere la natura imperfetta dell’area valutaria dell’Uem, non sia anche da collegare alla carenza di governance macroeconomica.

Negli Stati Uniti il policy mix (fiscale e monetario) è stato reattivo, consentendo, anche a costo di un aggravamento degli squilibri interni ed esterni, una veloce uscita dalla recessione: Nell’Uem invece, la risposta anticiclica (dopo il 2000) è stata praticamente inesistente (insufficiente dal lato della politica monetaria, scoordinata dal lato della politica fiscale).

Ma come si potrebbe costruire un’ampia strategia europea per la crescita, come finanziarla?

Secondo l’Isae sarebbe necessaria un’azione coordinata tra tre tipi di attori:

l’Unione europea, le singole nazioni, i privati.

Questi tre pilastri dovrebbero attivarsi nei vari progetti europei succedutisi nel tempo, ma che sono rimasti finora lettera morta nell’azione dei governi: infrastrutture, ricerca e sviluppo, istruzione e formazione continua.

L’azione dovrebbe ruotare attorno ad un’Agenzia europea per Lisbona, un’istituzione pubblica comunitaria creata ad hoc, che avrebbe come compito quello di coordinare tutti i partner coinvolti nella realizzazione e contribuire, ove necessario, al finanziamento. L’Agenzia otterrebbe risorse indebitandosi sul mercato attraverso l’emissione di Union Bond, appoggiandosi alla Banca Europea per gli Investimenti (Bei) come Global Advisor. I singoli stati co-finanzierebbero (come avviene per i fondi strutturali) i progetti con spese in deficit, avvalendosi, ove del caso dell’interpretazione flessibile del Patto di stabilità e crescita. I privati concorrerebbero alla realizzazione dei progetti attraverso il project financing o il partenariato pubblico-privati, ottenendo i finanziamenti dal mercato e dalla Bei.

Secondo le simulazioni effettuate, le conseguenze della realizzazione di un simile progetto sarebbero apprezzabili in termini di maggiore crescita dell’Uem (soprattutto se si coinvolgesse anche la Bce ). Se nell’arco di un quinquennio gli investimenti aggiuntivi aumentassero gradualmente di anno in anno, fino a raggiungere nell’ultimo un ammontare pari all’1% del Pil europeo, la crescita dell’area euro si alzerebbe di tre-quattro decimi di punto all’anno rispetto all’evoluzione che si avrebbe senza misure di rilancio.

 

Dopo la forte flessione del Pil nel IV trim 2004 e nei primi tre mesi del 2005, l’Italia mostra un recupero nei mesi di aprile-giugno.

 

Previsioni    2004 e 2005

 

Pil                                1,2       -0,1

Importazioni                 2,5         0,6

Esportazioni                 3,2       -1,1

Invest. fissi lordi           2,1       -1,0

Prezzi al consumo        2,2         2,0

Prezzi alla produz.        2,7         3,5

Occupazione totale      0,8         0,3

Indebitamento netto  -3,2         -4,2

Avanzo primario          1,8         0,8

Pil Euro 12                  1,7         1,3

 

Cedimento della produzione industriale tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005 (dopo un prolungato periodo di stagnazione), indebolimento delle costruzioni e dell’agricoltura nel I trim ’05.

Sulla base delle stime Isae l’industria dovrebbe chiudere il II trim. con un incremento di circa lo 0,5% in termini di produzione.

Il rialzo si accompagna a una situazione di persistente fragilità nell’industria. Indicazioni più sfavorevoli appaiono nei beni di consumo (in particolare in quelli durevoli) e in quelli intermedi. Meglio le imprese produttrici di beni d’investimento.

Meno favorevole è apparso l’andamento del clima di opinione dei consumatori tornato a scendere in misura significativa negli ultimi due mesi.

Nell’insieme si manifesta una tendenza a un lento miglioramento per la seconda metà dell’anno.

La stasi dell’economia italiana nel 2005 risente del contributo sfavorevole delle esportazioni, che tornerebbe negativo dopo il miglioramento dell’anno precedente.

I consumi privati sono stati la componente della domanda finale che ha “retto” maggiormente nella fase di intensa contrazione attraversata dall’economia italiana tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005.

L’accresciuta pressione competitiva sulla struttura manifatturiera italiana sembra peraltro aver cominciato indurre alcuni processi di trasformazione. Il modello di specializzazione del Paese evolverebbe nella direzione di un certo ridimensionamento relativo (comunque ancora molto elevato) dei settori tradizionali del made in Italy, sia di uno spostamento all’interno di queste stesse industrie verso produzioni a più elevata qualità.

Sulla base delle inchieste trimestrali dell’Isae presso le aziende esportatrici, si è riscontrato che effettivamente le aziende localizzate nel Nord Est del Paese hanno adottato negli ultimi anni politiche di prezzo volte ad accrescere i margini unitari di profitto nei più dinamici mercati esteri.

Oltretutto il rinvigorimento della domanda mondiale e l’indebolimento dell’euro dovrebbero restituire un po’ di dinamismo alle vendite all’estero (anche se l’accelerazione attesa rimane comunque inferiore all’espansione dei traffici internazionali).

Sulla base degli andamenti richiamati si dovrebbe avere nel 2005 un rallentamento delle dinamiche dell’occupazione (rispetto a quella positiva degli ultimi anni).

Nella media dell’anno, il tasso d’inflazione (Nic) si attesterebbe al 2,0% (due decimi in meno rispetto al 2004).

Risentendo della mancata crescita economica e della non piena efficacia della manovra collettiva, l’indebitamento netto della P.A. dovrebbe situarsi quest’ anno al 4,2% del Pil (4,3% nel Dpef).

(sintesi a cura di G. Ferrante)