Italia in crisi, 300 mila posti a rischio

(di Laura Matteucci - tratto da "l'Unità" del 9 febbraio 2003)

 

"Nell’industria metalmeccanica (...) l’occupazione è in deciso calo: meno 4,1% nel 2002 (per la maggior parte si tratta di operai e apprendisti), a fronte di un meno 3,3% che riguarda il complesso dell’industria manifatturiera. Massiccio l’aumento contestuale del ricorso alla cassa integrazione, cresciuta l’anno scorso del 48,2% (un dato che si aggiunge al più 25,7% del 2001). E in calo è anche la produzione."

"I dati sono forniti dall’Osservatorio sull’industria metalmeccanica, curato dall’Ufficio economico della Fiom: 'L’indice della produzione ha subito nel 2002 una contrazione del 4,5%, che si aggiunge al calo del 3% registrato nel 2001 – spiega Gianni Ferrante, responsabile dell’Osservatorio – il calo coinvolge tutti i comparti, pur con tassi differenti: si va dallo 0,3% delle macchine strumentali al 9,8% delle macchine elettriche e delle apparecchiature per ottica'."

"Male, malissimo anche il comparto auto e mezzi di trasporto, con un calo produttivo del 7,4%, e circa 40 mila posti attualmente a rischio (10mila solo alla Fiat, gli altri 30mila tra terziario e indotto). A ruota, il settore delle telecomunicazioni, dove i posti a rischio sono circa 15mila, e quello dell’impiantistica, con circa 6.300 esuberi già dichiarati. 'Per quest’anno l’attesa di ripresa è forte – riprende Ferrante – ma in realtà i segni concreti non sono tali da poterci fare affidamento'."

"Ancora: 'Il problema è che la nostra è un’industria molto fragile – conclude Ferrante – se la congiuntura è favorevole, può tenere e sopravvivere, altrimenti rischia sempre di ammalarsi gravemente. Prendiamo i beni strumentali, per esempio, che rappresentano il cuore del settore: in Italia, la media degli addetti è di 40-50 persone ad azienda, quando in Germania la media è invece di 200 persone. E’ chiaro che per noi le difficoltà sono maggiori, anche se potrebbero essere superate con un aiuto da parte del governo in termini di investimenti per ricerca e innovazione'. Ma non sembra essere questa la strada intrapresa da Berlusconi e Tremonti."