Valdis, Snap-On, Reggio Emilia

Alla Snap-on da 16 anni, lavora come operaio alla catena di montaggio

 

Quando avete deciso di aprire la lotta per il precontratto?

Innanzi tutto bisogna considerare il fatto che da noi la Fiom è l’unico sindacato presente, e quando è stata avanzata l'ipotesi di aprire la vertenza sul precontratto in fabbrica, abbiamo convocato le assemblee – sai da noi c'è un’abitudine molto radicata alla discussione, al dibattito – che sono andate bene, così come erano andate bene quelle fatte  per la presentazione della piattaforma del contratto nazionale; ritenevamo che ci fossero le condizioni adatte per poter aprire una vertenza sul precontratto che si potesse concludere in tempi relativamente brevi, pensavamo di avere la forza sufficiente per farlo, trovandoci di fronte a un'azienda che non è mai arrivata a uno scontro frontale in modo sconsiderato.

Come sono andate le cose  in fabbrica? Avete riscontrato una grossa opposizione da parte dell’azienda?

In una prima fase, quando abbiamo presentato la piattaforma del precontratto, l'azienda ci ha risposto che non aveva intenzione di sottoscriverla  anche se ci ha fatto capire che la motivazione principale era di carattere politico, nel senso che non volevano avere problemi con la Confapi, che aveva firmato il contratto separato con Fim e Uilm.

Abbiamo quindi iniziato con una serie di scioperi articolati – 8 ore il primo mese, 8 ore il secondo – ma presto ci siamo resi conto che benché l'azienda fosse molto infastidita dalla nostra protesta, non era sufficiente perché nel frattempo c’era stato un calo degli ordinativi e quindi poteva resistere meglio alle nostre forme di lotta, tant’è vero che nel mese di luglio – al secondo incontro con l'azienda – si sono detti disposti a trattare in senso generale ma senza affrontare argomenti specifici; a quel punto abbiamo indetto subito uno sciopero – quella è stata nostra risposta – notando però che anche se nel complesso era andato bene, c'erano state meno adesioni, giustificate dal fatto che: «L'azienda in questo momento ha poco lavoro, se noi scioperiamo gli facciamo un favore» e naturalmente questo per noi è stato un problema, ci siamo chiesti cosa fare, che tipo di lotta attuare.  Abbiamo fatto passare le ultime settimane prima della chiusura estiva sospendendo gli scioperi e siamo tornati dalle ferie riunendoci di nuovo in assemblea, confrontandoci con i lavoratori: si è deciso di indire un altro sciopero articolato a cui accoppiare il presidio permanente delle portinerie, i lavoratori scioperavano quindi nei reparti a turni, alternandosi ai cancelli, è questo che ci ha portato alla conclusione della vertenza, perché l'azienda aveva già firmato alcuni contratti in zona e doveva rispettare le consegne, inoltre non si sentiva più le spalle coperte dalla Confapi che si era rifiutata di aprire un tavolo di trattativa a livello provinciale.

Per non avere ulteriori problemi, l’azienda ha deciso di negoziare, alla trattativa ha partecipato anche il segretario provinciale della Fiom Guido Mora e il precontratto è stato raggiunto il 23 settembre.

C’è stata unità fra i lavoratori?

In fabbrica il 60% sono operai e il 40% impiegati. Dai primi, gli operai, abbiamo avuto un'adesione convinta – come sempre, non solo adesso per il precontratto – anche se durante la lotta c'è stato qualche momento di crisi, però durante gli scioperi e il presidio tutti quanti hanno fatto la propria parte, sono state veramente delle giornate splendide in quanto a solidarietà. Gli impiegati di solito partecipano in misura minore, anche se alcune volte siamo riusciti a coinvolgerli su questioni che li riguardavano direttamente, per esempio alcuni anni fa l'azienda dichiarò degli esuberi proprio tra gli impiegati e da quel momento in poi per alcuni mesi hanno sempre partecipato alle assemblee, a tutte le riunioni, a tutti gli scioperi, però poi le cose si sono calmate e anche loro hanno dimostrato meno interesse, e questo comportamento ha fatto sì che oggi gli operai si sentano estranei agli impiegati, per la loro minore partecipazione alle lotte sindacali, come se non capissero la fatica e lo sforzo necessari per ottenere dei risultati.

Quali punti del precontratto vi hanno visto maggiormente impegnati?

Poiché anche da noi il lavoro interinale, specie nell'arco dell'ultimo anno, è stato utilizzato molto, c'era una forte sensibilità sia alla questione dei salari sia alla limitazione del precariato, alle conseguenze possibili della Legge 30: sono soddisfatto che i lavoratori fossero coscienti del fatto che tutti gli aspetti della piattaforma erano ugualmente importanti, anzi se devo essere sincero ho scoperto con piacere che molti tenessero maggiormente alla tutela dei diritti.

Sei soddisfatto dei risultati raggiunti?

Portare avanti questa lotta così difficile –al di fuori degli schemi e delle regole stabiliti con le intese separate, il Patto per l'Italia – mi ha fatto sentire molto vicino ai lavoratori; una battuta che facevamo tra di noi, commentando questa nostra lotta per il precontratto, era: «Ma pensa che matti che siamo, in un colpo solo ci mettiamo contro il governo, contro il padronato e contro i sindacati, si può vincere in queste condizioni? E capperi, se si può vincere!». L'abbiamo fatto, siamo riusciti a vincere perché avevamo i lavoratori dalla nostra parte.

Secondo me tra le lavoratrici e i lavoratori matura la convinzione che i diritti, i salari, i contratti non sono un atto dovuto, ma te li devi conquistare con le unghie e con i denti  e che se sei determinato a farlo li conquisterai.