Flavio Vallan, segretario generale Fiom Friuli-Venezia Giulia

 

Come avete articolato la battaglia per i precontratti in Friuli?

La nostra è una regione piccola, con 1.200.000 abitanti, ma con un buon livello di industrializzazione: ci sono sia piccole imprese in affanno per la necessità di dover competere a ogni costo, alcuni grandi gruppi e medie aziende, con la presenza di multinazionali, che comunque stanno all’interno delle logiche nazionali che hanno portato alla firma dell’accordo separato.

In questo quadro siamo riusciti ad aprire circa 40 vertenze sui precontratti, soprattutto in due comprensori: Pordenone – il più grande dal punto di vista industriale – dove c’è la Zanussi che ha contribuito a un maggiore sviluppo di quell’area, e Monfalcone-Gorizia, più piccolo ma storicamente importante, con la presenza di Fincantieri. Nella zona di Udine, invece, caratterizzata dalla presenza di aziende medie e piccole, si registra una situazione di crisi maggiore o di rallentamento nella produzione, che rende più difficile l’apertura delle vertenze.

A che punto è la trattativa nei grandi gruppi?

Alla Zanussi nelle scorse settimane i lavoratori hanno approvato la piattaforma, è partita la vertenza con i primi scioperi, invece in Fincantieri la lotta è cominciata prima e si è intensificata subito dopo l’estate. Ma al di là delle difficoltà per arrivare a una soluzione nei grandi gruppi, dove incontriamo un muro, non è stato semplice nemmeno chiudere i primi due precontratti, firmati nel goriziano.

Perché sono state difficili queste vertenze?

Perché nel Friuli – così come nel vicino Veneto – la Federmeccanica ha esercitato forti pressioni verso i propri associati, con un esplicito tentativo di impedire che si facesse anche un solo precontratto per il timore che poi dilagassero.

Ci sono aziende di medie dimensioni, con 150 dipendenti, ad esempio nel pordenonese – la Bertoja, che fa rimorchi, la Cimolai, la Casagrande, tutte aziende meccaniche di vecchia tradizione dove la presenza della Fiom è preponderante se non assoluta – dove i lavoratori hanno iniziato le lotte ormai da più di un mese, sono vicini alle 70 ore di sciopero, e stiamo per arrivare a un’intesa. Ma abbiamo dovuto fare i conti con una forte pressione esercitata in tutti i modi, non solo all’esterno, attraverso gli organi di informazione, ma anche all’interno della fabbrica: tentativi di dividere i lavoratori per impedire di ottenere i precontratti, che danno l’idea dello scontro che si è aperto anche nelle piccole e medie aziende, della posta che è in gioco.

Si è spostato il punto centrale della discussione?

Sì, va oltre il merito della griglia che la Fiom sta portando avanti, qui si contesta l’idea stessa della contrattazione: in questi anni molte aziende hanno coltivato l’illusione che si potessero fare gli accordi solo sulla base delle esigenze del padronato e oggi sono restie ad aprire le vertenze, da un punto di vista politico. Questo è il nodo da affrontare e risolvere, le imprese devono abituarsi a contrattare veramente con il sindacato, sapendo di essere in una fase in cui quello che conta è la possibilità di fare accordi veri, soprattutto di fronte ai rischi che le leggi, i contratti separati, la conseguente rottura hanno comportato.

Qual è la situazione che adesso in Friuli state affrontando?

Ci troviamo davanti a una forte pressione da parte di Federmeccanica, ai grandi gruppi che hanno aperto nella nostra regione il precontratto, e che si apprestano ad affrontare i contratti integrativi – sapendo che lo scontro si trasferirà anche lì  sugli stessi contenuti – e a serie difficoltà nei rapporti con la Fim e la Uilm, da tempo lacerati, anche in aziende dove c’è una maggioranza della Fiom, perché lo scontro politico è evidente. Tutto ciò dimostra che è in gioco il futuro della stessa contrattazione nelle aziende.

Quali resistenze avete incontrato nel portare avanti la strategia della Fiom?

Federmeccanica ha riunito settimanalmente la giunta tentando di convincere in particolare le imprese con cui avevamo aperto la trattativa a non accettare alcun tipo di discussione, di accordo, ma queste resistenze sono già in parte vinte, perché le aziende sono state lasciate sole da Federmeccanica e adesso la discussione di merito è cominciata. Ci auguriamo che questo porti a un allargamento dei precontratti: in alcune di queste aziende siamo di fronte a centinaia di ore di sciopero complessivamente, che dimostrano il seguito che la Fiom ha sulle piattaforme votate dalle lavoratrici e dai lavoratori, perché dopo avere fatto 50-60 ore di sciopero non si sono scoraggiati e hanno detto: “Ne abbiamo fatte 60, ne facciamo altre 60, indietro non si torna”, sempre più convinti dell’assurdità del rifiuto da parte dell’azienda ad aprire un tavolo di discussione vero.

Le richieste della Fiom, per il tipo di attività delle aziende del nostro territorio, sono assolutamente compatibili con le esigenze delle imprese e possono portare a un accordo. Non c’è stato nemmeno il tentativo di dire che eravamo di fronte alla messa in discussione della competitività dell’impresa, è una pressione puramente politica, che dimostra il carattere dell’operazione che è stata fatta con il contratto nazionale. Il problema è che non vogliono riconoscere un legittimo potere contrattuale e l’autonomia del sindacato – la Fiom in questo caso – nel  proporre piattaforme e aprire un tavolo di discussione. Questo è il motivo per cui ci impegneremo a fondo per ottenere dei risultati.

La settimana scorsa sono stati firmati i primi due preaccordi nel Friuli.

Sì, in aziende di medie dimensioni, con circa 150 dipendenti: uno alla Reggiane Mare, che produce gru per la cantieristica, l’altro alla Sbe, due fabbriche meccaniche del monfalconese in provincia di Gorizia, dove è stato possibile un negoziato senza la pregiudiziale politica, e infatti si è arrivati ai precontratti. Si tratta di accordi in linea con la griglia contrattuale proposta dalla Fiom: 120 euro di aumento, prevedono le clausole di ultrattività del contratto del ’99, tutti e due prevedono periodi definiti per le conferme dei lavoratori precari, oltre alla garanzia che qualsiasi norma non può essere introdotta senza la contrattazione con il sindacato, con la Rsu, come la questione dell’orario di lavoro.

C’è un atteggiamento diverso da parte delle piccole-medie imprese rispetto ai grandi gruppi?

Alcune medie aziende, caratterizzate da produzioni con tecnologia e innovazione elevata, a differenza delle piccole o di quelle subfornitrici, sono state coinvolte nel gioco delle piccole imprese e dei grandi gruppi e a parte la pregiudiziale ideologica che hanno coltivato da anni nei nostri confronti, si stanno accorgendo sempre di più che i loro interessi sono diversi da quelli che Federmeccanica porta avanti: riguardano la coesione, la professionalità della manodopera, i processi di innovazione sul prodotto, la politica industriale, il sostegno alla ricerca, cioè riguardano ambiti dove il problema del costo del lavoro non è sentito come principale, perché hanno dei prodotti che sono in grado di vincere la competizione in quanto tali, non perché paragonati a quelli della Romania o di altre nazioni dove la manodopera costa meno, e così si stanno accorgendo di essere sottorappresentate – e accade in tutto il Nordest.

Credo che la battaglia per l’apertura dei precontratti portata avanti dalla Fiom stia facendo emergere una minoranza dentro a Federmeccanica che potrebbe non sentirsi più rappresentata dalle scelte dell’associazione. Questo, nonostante anche queste aziende siano legate al circolo politico, economico e associativo che Federmeccanica ha sviluppato in maniera forte sul nostro territorio. Sono convinto che se non ci fosse questo vincolo e avessero maggiore autonomia e rappresentanza politica, segnerebbero anche nel Nordest un elemento di rottura con la linea imposta da Confindustria. Noi non possiamo crearlo, ovviamente, ma possiamo sperare che la nostra  azione incida nello sviluppo di contraddizioni che sono ormai palesi.

L’accettazione del conflitto sindacale e della contrattazione, la rinuncia alla lesione dei diritti e dei salari dei lavoratori sarebbe un bene anche per queste aziende, che devono comprendere che senza innovazione e professionalità, senza un rilancio industriale e tecnologico del prodotto e delle produzioni non si vince nessuna competizione globale.