Fincantieri La
vertenza del gruppo Fincantieri, nell’ambito della campagna aperta dalla Fiom
per i precontratti fabbrica per fabbrica, assume un significato rilevante, sia
per le dimensioni dell’azienda che occupa oltre 9.000 tra lavoratrici e
lavoratori, sia per il fatto che il
gruppo, data la sua articolazione – otto cantieri, due sedi progettuali, un
centro di ricerca, l’Isotta Fraschini di Bari
– è presente con stabilimenti in molte regioni italiane. Pubblichiamo
le interviste fatte ad alcuni delegati dei cantieri all’inizio di ottobre, in
occasione dell’assemblea nazionale del gruppo Fincantieri e Finmeccanica,
mentre abbiamo chiesto un aggiornamento dello stato della vertenza a Sandro
Bianchi, coordinatore nazionale Fiom Fincantieri. Lo stato della vertenza è questo: abbiamo fatto circa 50 ore di sciopero e l’azienda finora non ha dato alcuna risposta perché, evidentemente, considera già la sola apertura di un confronto un riconoscimento eccessivo alle ragioni della Fiom. Si tratta di una resistenza di carattere politico, Fincantieri è un’azienda importante nel contesto della Federmeccanica e si comporta di fronte a questa vertenza con un atteggiamento che è insieme arrogante e irresponsabile. Arrogante, perché non tiene conto della realtà, cioè che i lavoratori che hanno approvato la piattaforma per il precontratto e che stanno scioperando sono suoi dipendenti; irresponsabile, perché questi scioperi stanno producendo degli effetti consistenti, ad esempio riguardo la produttività degli stabilimenti. Si stanno evidenziando infatti dei ritardi dell’intero programma produttivo di Fincantieri, che si configura come un grande sistema di scadenze che si devono intrecciare, e nonostante ciò Fincantieri si comporta come se niente fosse, perché denunciare queste difficoltà sarebbe come ammettere l’esistenza di un problema. Però avete avuto segnali di nervosismo da parte dell’azienda. Sì, Fincantieri è molto tesa, e questo nervosismo traspare nei comportamenti quotidiani: ufficialmente ha mantenuto un atteggiamento di rigoroso riserbo, nonostante una nostra prima richiesta di incontro che abbiamo reiterato, mandando anche una lettera aperta all’amministratore delegato per cercare di aprire la discussione, ma allo stesso tempo l’intera struttura Fincantieri è mobilitata in un’opera di dissuasione dei lavoratori e i nostri delegati sono sottoposti a un pressing individuale quotidiano. L’elemento principale di nervosismo è legato all’andamento degli scioperi che incidono pesantemente sulla produttività aziendale e in prospettiva possono mettere a rischio i programmi produttivi: questo è un fatto che Fincantieri può solo fingere di non vedere, ma in realtà li preoccupa. Pochi giorni fa ai cantieri di Marghera si è incendiata una nave – stiamo ancora aspettando di sapere come sia nato questo incendio – e questo ha avuto serie conseguenze, ma Fincantieri, come se niente fosse, pochi giorni dopo ha convocato la Rsu e ha proposto un programma di straordinari, sabato e domenica inclusi, per poter recuperare il lavoro perduto e consegnare la nave entro i tempi previsti. La risposta dei nostri delegati è stata chiara: “Se l’azienda decide di affrontare la questione del precontratto noi siamo disposti – lo abbiamo fatto altre volte – a prevedere un programma di straordinari, ma se permane questo atteggiamento di chiusura, per poi avanzare richieste di questo tipo al momento del bisogno, allora non siamo d’accordo”. Oltre ai problemi con l’azienda, dovete fare i conti anche con l’atteggiamento delle altre organizzazioni sindacali? Sì, per esempio hanno usato in modo strumentale, quasi imbarazzante, la vicenda della contrattazione aziendale. In Fincantieri infatti alla fine dell’anno scade l’accordo integrativo di gruppo che fu realizzato nel 2000, e ovviamente anche la Fiom vuole che si rinnovi quell’accordo, ma non abbiamo mai considerato la vicenda dei precontratti come sostitutiva di quella sulla contrattazione aziendale. Fin dal mese di luglio – quindi addirittura con 6 mesi di anticipo sulla scadenza del contratto integrativo – Fim e Uilm hanno cominciato a dire che era necessario rinnovare il contratto aziendale perché il contratto nazionale ormai era firmato. Se io fossi un lavoratore questa dichiarazione mi preoccuperebbe, visti i danni che sono stati fatti con l’accordo separato, sarebbe un disastro causarne altri con il contratto aziendale. I cantieri del gruppo sono caratterizzati da situazioni differenti, estendendosi in tutta la penisola. Ci sono realtà in cui è più difficile portare avanti la battaglia per il precontratto? Fincantieri rappresenta una realtà molto articolata: ci sono otto cantieri – Monfalcone, Marghera, Ancona, Palermo, Castellammare di Stabia, i tre cantieri in Liguria – due grandi sedi direzionali a Trieste e a Genova, oltre allo stabilimento Isotta Fraschini di Bari. Il coordinamento nazionale Fiom è un coordinamento sindacale a tutti gli effetti, riconosciuto come soggetto contrattuale dall’azienda e questo è importante perché coordinare un gruppo è sempre difficile. Quando si ha a che fare con otto cantieri bisogna organizzare gli scioperi con un livello di omogeneità adeguato e naturalmente l’azienda dice ai lavoratori di un cantiere che stanno scioperando solo loro, e lo dice poi anche a tutti gli altri, per tentare una divisione tra i lavoratori mettendo un cantiere contro l’altro, esercitando pressioni molto forti: il compito del coordinamento è tenere insieme questa realtà così complessa e finora ci siamo riusciti sia in occasione del referendum – ogni vertenza precontrattuale si è aperta infatti perché i lavoratori hanno dato il loro consenso – sia quando sono stati indetti gli scioperi. Io credo infatti che la Fincantieri debba riflettere su questo dato: in queste settimane in Fincantieri sono state attuate forme di lotta che non erano mai state adottate in precedenza nella storia dei cantieri navali; a luglio tutto il gruppo ha scioperato in modo omogeneo e dopo le singole realtà hanno adottato forme di lotta proprie; c’è stata poi la manifestazione nazionale dei lavoratori del gruppo a Trieste il 26 settembre, è una città difficile da raggiungere per motivi logistici ed essere riusciti a fare lì una grande manifestazione ha rappresentato un test importante per la nostra battaglia. Ora ci aspetta lo sciopero generale dei metalmeccanici del 7 novembre: i lavoratori di Fincantieri confluiranno tutti in un unico corteo, in modo da avere una presenza più visibile, perché lo sciopero cade in un momento nel quale è molto importante l’elemento di generalizzazione della lotta, Fincantieri è stata una delle prime ad aprire la vertenza tra le grandi aziende e il fatto che oggi il fronte della battaglia sia così allargato – penso alle aziende del gruppo Finmeccanica, alla Agusta che sarà seguita da Alenia Aeronautica e da Ansaldo Breda, – la preoccupa di più, perché Fincantieri si sente parte di questo mondo delle imprese che erano a partecipazione statale e quindi questo è un elemento che può pesare più di altri sull’andamento della vertenza anche per noi. Vorrei concludere con un ragionamento di fondo. I lavoratori di Fincantieri se possibile hanno un motivo in più per lottare per il precontratto: alla base dell’accordo separato firmato da Fim e Uilm a maggio sono presenti sostanzialmente due elementi, il salario, che non permette nemmeno il recupero dell’inflazione, e un utilizzo del contratto per aumentare la precarietà del lavoro. Ora, questo tipo di modello produttivo – bassi salari e precarietà – nei cantieri è il pane quotidiano, nel senso che in cantiere lavorano tanti giovani, assunti in modo massiccio soprattutto negli ultimi anni, per i quali l’elemento più evidente è uno stipendio che di media si aggira sui 900 euro al mese, mentre chi faceva lo stesso lavoro prima di loro aveva due o tre qualifiche in più, aveva l’anzianità aziendale, prendeva un salario più consistente; e dall’altro lato, se si prende in esame il mondo degli appalti, vedi elementi di precarietà che raggiungono livelli incredibili, ci siamo battuti tanto su questo fronte perché in Fincantieri il problema era già molto serio prima ancora che se ne parlasse nella legge Biagi. I lavoratori dei cantieri quindi non hanno alcuna intenzione di arrendersi, non vediamo nessuna alternativa al conflitto e alla sua intensificazione per ottenere l’apertura del negoziato. |