Orlando, delegato Rsu Motori Minarelli, Bologna

L’azienda in cui lavora monta motori per scooter – è controllata al 100% dalla Yamaha – e il suo compito è quello di alimentare la catena di montaggio, cioè di portare i pezzi. Ci lavora dal 1997 ed è stato eletto nella Rsu nel 2001.

 

L’azienda ha messo i lavoratori in cassa integrazione?

Sì, già dal 2000, periodicamente, nella seconda parte dell’anno l’azienda apre la procedura di cassa, quest’anno durerà al massimo 5 settimane, l’anno scorso ne abbiamo dovuto sopportare di più, oltre 11, e l’anno precedente altrettanto. L’azienda lo  motiva con il calo degli ordinativi e con il calo di produzione nel settore.

Questo ha spostato gli equilibri al momento di lottare per il precontratto?

No, noi lavoratori quando è stato il momento di aprire la lotta abbiamo partecipato quasi all’unanimità, considera che abbiamo cominciato a scioperare con il pacchetto di ore di maggio e le abbiamo fatte tutte, c’è stata una partecipazione altissima, oltre l’85% fra gli operai; generalmente qui si svuotavano i reparti, a parte 30-35 lavoratori che decidevano di rimanere dentro. Delle ore di sciopero previste per giugno e luglio ne abbiamo fatte solo la metà, però la partecipazione è stata alta, ci sono sembrate lotte incisive e abbiamo riscontrato una buona tenuta nei reparti. Complessivamente abbiamo fatto 24 ore di sciopero e anche alcune iniziative esterne, per esempio 4 ore con un presidio all’aereoporto di Bologna.

Quali sono state le difficoltà nel corso delle assemblee in fabbrica?

Il dubbio più grande che abbiamo avuto era quello relativo alla clausola antisciopero presente nel precontratto – so che è presente in diversi precontratti – e cioè che una volta firmata l’intesa in pratica non si attuano più gli scioperi articolati, vengono sospesi e si permette l’effettuazione di scioperi solo in occasione di mobilitazioni generali della categoria a livello nazionale. Il dubbio riguardava il fatto che in questo modo ci si defila dalla lotta e questo fa sentire i lavoratori isolati. Ti faccio un esempio: noi abbiamo concluso l’intesa e a cento metri da noi c’è un’azienda più grande, la Bonfiglioli (produce riduttori), dove i lavoratori sono ancora in lotta e noi non possiamo fare niente. Il dubbio viene perché gli scioperi articolati sono quelli che si sono dimostrati più incisivi, e una volta raggiunta la firma sarebbe necessaria la formazione di coordinamenti all’interno delle varie zone industriali come sta succedendo a Modena, in cui mettono in campo delle mobilitazioni, delle iniziative in modo tale che i lavoratori vedano allargati questi precontatti attraverso percorsi di lotta comuni.

Quali sono stati i punti in discussione nel vostro precontratto?

Per quanto riguarda il salario, da noi è stata fatta una riparametrazione minima, anche se era stato giudicato positivamente l’incremento retributivo non riparametrato proposto nella piattaforma della Fiom, ma alla fine il nostro risultato è stato frutto di una mediazione, per cui il 2°, il 3° e il 4° livello hanno preso 115 euro di aumento, il 5° e il 5° super 119 euro, il 6° e il 7° 121 euro.

I punti dell’accordo complessivamente hanno convinto: sull’occupazione, si prevede un’assunzione a tempo indeterminato per i lavoratori stagionali dopo 10 mesi oppure dopo 18 mesi se hanno lavorato nell’arco dei 36 mesi precedenti; sull’orario di lavoro abbiamo mantenuto le norme del contratto del ’99: era un punto difensivo, per non applicare nuove regole.

Abbiamo avuto però una discussione precedente, non tanto rispetto al precontratto, ma per il periodo di flessibilità che l’azienda ci ha chiesto da aprile fino a luglio: ci sono state varie posizioni anche all’interno della Rsu, personalmente ero contrario a concederla sapendo che poi si andava in cassa integrazione; abbiamo discusso coi lavoratori e siamo arrivati a un accordo che prevedeva un numero di settimane di cassa inferiori a quelle inizialmente dichiarate dall’azienda proprio per effetto della flessibilità. La cassa integrazione non ha avuto però incidenza sulla lotta, su quelle settimane calde tra maggio e luglio, semmai comincia a farsi sentire adesso che è iniziata, per quanto sia meno pesante dell’anno scorso.

Qual è stata la reazione dell’azienda alle vostre richieste?

Non ha mai ammesso, neanche in trattativa, che la nostra iniziativa l’avesse messa in difficoltà e comunque teneva a chiudere questo accordo non tanto per gli scioperi, ma perché credo che l’azienda volesse riprendere un rapporto “normale” – sindacale e industriale – con i lavoratori: in questi ultimi due anni era saltato perché c’è stato un aumento di conflittualità legato a questioni generali, sono stati due anni di lotta intensa. L’azienda ha fatto questo conto anche se ufficialmente non ha fatto riferimenti all’iniziativa dei lavoratori. Il suo scopo è stato quello di cambiare soprattutto l’immagine esterna: sta mettendo in campo nuove produzioni di motori, per motociclette proprie, e ha voluto garantirsi un periodo più tranquillo nel rapporto con i lavoratori.

Come racconteresti la tua esperienza di delegato in questa vicenda?

Mi sono sentito molto provato perché avevamo accumulato una serie di pressioni già da mesi, però il preaccordo mi ha dato fiducia, quando le forme di lotta sono incisive si vede che in qualche modo pagano. D’altra parte però ho una serie di dubbi in più, e sono quelli relativi al fatto che spesso i lavoratori si trovano ad affrontare le questioni all’interno della loro singola fabbrica e basta, quando invece proprio perché le lotte più incisive pagano – penso alla situazione di Bologna – sarebbero necessarie iniziative comuni, coinvolgendo i delegati e tutti i lavoratori per un percorso di lotta più vasto possibile.