Luca, delegato Rsu Gd, Bologna

39 anni, è delegato alla Gd dal 1986. Entrato in fabbrica come operaio, attualmente fa il progettista di attrezzature speciali.

 

Mi parli del vostro percorso per arrivare al precontratto? Come vi siete organizzati dopo l'indirizzo che è stato dato dalla Fiom a maggio?

Direi che l'esperienza parte da molto prima, parte dal contratto separato del 2001, mi ha fatto maturare anche nei rapporti  con i delegati delle altre organizzazioni sindacali perché è nata una riflessione sulla nostra esperienza di fabbrica, i contatti con i lavoratori, le assemblee, si è proposto il problema della democrazia anche nei confronti della Fim e della Uilm.

C'è una maggioranza Fiom in azienda?

Adesso siamo 17 delegati Fiom su 32, ma al prossimo rinnovo delle Rsu ci sarà sicuramente un grande passo avanti. Per noi questo è stato un anno determinante: abbiamo firmato unitariamente il contratto aziendale, poi ci sono state le piattaforme separate per il contratto nazionale, e per la Fiom ha significato confrontarsi con i lavoratori, siamo stati gli unici a far votare la piattaforma.

Come avete costruito le assemblee per presentare ai lavoratori i punti del precontratto, quali sono state le reazioni?

Ti dicevo, la credibilità nei confronti dei lavoratori l’avevamo conquistata in precedenza e dopo l’accordo separato in maggio sono bastate poche parole per spiegare in assemblea che di nuovo i rapporti con le altre organizzazioni si erano rotti a causa della mancanza di un percorso democratico. Qualcuno ha parlato di “laboratorio” perché si tentava di sperimentare nuove forme, e in quel momento abbiamo rinsaldato il rapporto con i lavoratori, li abbiamo riconquistati.

Hanno apprezzato la continuità della linea politica della Fiom.

Sì, la continuità e la coerenza. Quando abbiamo presentato la griglia contrattuale è venuto a Bologna il segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini e dopo abbiamo fatto un referendum con voto segreto per far approvare l'ipotesi di accordo. La Commissione elettorale si è costituita “spontaneamente”, cioè al termine di quell'assemblea nei giorni successivi dei lavoratori sono venuti da noi delegati a dare una mano, e abbiamo proposto loro di far parte della Commissione elettorale perché i delegati non possono farlo, e la cosa bella è che hanno coinvolto tutta l'area amministrativa, che è la parte più lontana da noi, nel senso che non li abbiamo mai conquistati, forse anche per il tipo di formazione. Invece sono stati coinvolti dalle lavoratrici che spiegavano la griglia con una carica molto forte e dopo che questi lavoratori hanno capito per cosa si votava, hanno partecipato con una percentuale di voto altissima, non era mai avvenuto. Si sono messi in gioco loro per primi, non sono stati spettatori ma protagonisti.

Qual è stato il risultato del referendum?

L’ipotesi di accordo è stata votata da 930 lavoratori, con 898 sì, per cui è stato praticamente un plebiscito. Abbiamo raggiunto l’accordo dopo 20 ore di sciopero: non erano passati 15 giorni dalla firma dell’intesa separata che eravamo già agli scioperi articolati, gli stessi lavoratori proponevano forme di lotta e anche gli impiegati sono stati pronti a fare iniziative da affiancare a quelle delle officine. Comunque anche adesso che abbiamo firmato non è che ci si siede e si guarda cosa succede intorno, continuiamo a essere protagonisti.

Tra gli elementi del preaccordo, secondo te quale ha contato di più per i lavoratori?

Se dovessi dividere in due la fabbrica, direi che gli operai erano più interessati alla parte economica e gli impiegati alla parte sui diritti e questo proprio perché la vertenza faceva portare a casa più soldi alle figure professionali più basse, e dei diritti che questo governo, questa intesa separata  cercano di togliere. È stato questo mix che ha tenuto insieme tutta la fabbrica.

Avete avuto problemi con l’azienda?

Sicuramente sì, fin dove ha potuto non ci ha davvero agevolato. Anche per la convocazione delle assemblee ogni occasione era buona per ristabilire formalità che fino a quel momento erano sempre state scritte sulla carta ma mai praticate. Ci hanno dato il senso del loro irrigidimento.

Sai, l’azienda è un mondo complesso, non sempre l’interlocutore che hai di fronte – il capo delle risorse umane – è quello che poi rappresenta effettivamente l’azienda. Tu sai che c’è la proprietà che è un’altra persona e a un certo punto della trattativa abbiamo avuto l’impressione che sia intervenuta per cambiare l’impostazione delle relazioni sindacali. In qualche modo, come è successo in Ima, il padrone si è speso in prima persona per arrivare alla firma della preintesa.

Come ti senti dopo questa esperienza?

Mi sembra di essere uscito da un tunnel. È da due anni che in azienda siamo sottoposti a pressioni molto forti. Ci siamo trovati a dover gestire delle situazioni dove noi preferivamo fare scioperi con i lavoratori e i delegati delle altre organizzazioni distribuivano volantini in cui dicevano di non fare sciopero, che era inutile. È stato un periodo molto buio anche per quanto riguarda i rapporti con l’azienda, perché pur essendoci normalmente delle buone relazioni sindacali, quando ad esempio si è insediata la giunta di destra questa ha cercato subito di stringere dei rapporti di forza con l’azienda. E poi sul piano delle relazioni personali, tornare a casa con dei problemi non è semplice. Gli stessi lavoratori, dopo la seconda intesa separata, ci hanno detto: “Ragazzi, vi seguiamo anche stavolta, ma che ci siano dei risultati, perché altrimenti non avrete più la mia piena e totale fiducia”. Sappiamo che parte tutto dal rapporto personale tra lavoratori e delegati. La firma della preintesa in qualche modo ha dimostrato che la Fiom è un interlocutore affidabile, un interlocutore che rappresenta veramente i lavoratori.