Barbara, delegata Rsu Fiac compressori, Sasso Marconi (Bo)

32 anni, da 4 anni in fabbrica, lavora come operaia alla catena di montaggio

Come avete organizzato in fabbrica la vostra protesta?

Abbiamo iniziato con i picchetti alle sei del mattino fuori dalla fabbrica, e poi abbiamo aspettato. Aspettato che qualcuno cedesse, e noi non volevamo cedere a nessun costo.

All’inizio è stata un’onda unica, siamo stati tutti d’accordo e uniti, nessuno ha dovuto trascinare qualcun altro. Poi, strada facendo, abbiamo iniziato ad avere difficoltà da parte dell’azienda, che ha cercato di metterci i bastoni tra le ruote in qualunque maniera.

Ad esempio?

Venendo fuori durante i picchetti per cercare di  convincere le persone a entrare, oppure dicendo che si andava in cassa integrazione, infatti l’azienda durante questa forma di protesta ha deciso, per problemi interni, di usufruire della cassa per 9 settimane circa, in settembre, e alcuni hanno avuto molta paura. Ma serviva per farci capire che i soldi richiesti – sembrava la cosa che più pesava all’azienda – non ce li potevano dare, mentre noi eravamo dell’idea che la cosa più importante fosse la parte normativa, quella noi volevamo a tutti i costi, l’ultrattività del Ccnl del ’99.

Tutti concordi in questo?

Sì, ci tenevamo moltissimo tutti quanti. Sai, in azienda, abbiamo visto parecchi lavoratori precari andare e venire, abbiamo avuto tante persone così, si instaurava un certo tipo di rapporto – personale e di lavoro – e poi lo vedevamo svanire, questa cosa ha fatto molto male a noi per primi.

Alla fine comunque abbiamo ottenuto questa griglia anche se alcune persone dicevano di non essere d’accordo: “Non ci piace perché andiamo contro l’azienda, a me non interessa, a me non tocca…” però adesso tutti hanno questa griglia, tutti hanno questi soldi, 115 euro di aumento.

C’è stato un lavoro preparatorio lungo per il precontratto, avete dovuto fare molte assemblee?

Tante! Per tenere i lavoratori informati sugli incontri in azienda, su quello che stavamo facendo,  sul fatto che era una cosa che interessava tutti, non solo la Fiac – perché girava anche quella voce – e spiegare che erano falsità.

Che tipo di domande ti rivolgevano?

Ti chiedevano: “Servirà, ce la faremo? Come possiamo arrivare a un incontro?”, perché la nostra intenzione non era quella di andare contro l’azienda, volevamo trovare un punto d’incontro, non volevamo prenderla di petto e cercare comunque lo scontro, ma spiegare la nostra posizione, eravamo lì e volevamo che ci ascoltassero. Difatti la paura più grande era: se non firmano che cosa facciamo? Come possiamo andare avanti, avere un rapporto di lavoro con le condizioni più brutte che ci potevano essere senza la griglia della Fiom? Qui in molti hanno famiglia, hanno figli e avendo dei figli non si può sperare che un domani tutti diventino direttori, ci sarà anche qualche operaio e allora bisogna comunque iniziare a lottare per il loro domani.

Differenti atteggiamenti da parte dei lavoratori?

Abbiamo avuto una buona collaborazione da parte della vecchia guardia! Quelli più anziani, con più esperienza, essendo già passati per altre forme di protesta hanno aiutato molto i giovani che magari erano alla prima lotta, spiegavano a cosa poteva servire il picchetto di 2-3 ore, stare fuori alla fabbrica ed essere tutti  lì.

Qual è stato il punto di svolta che vi ha permesso di arrivare alla firma?

Il fatto che l’azienda, quei pochi ordini che aveva, doveva mandarli via in qualche modo, perché era ferma: ore su ore, camion su camion che non venivano né caricati né scaricati, più di una volta ci hanno chiamato per provare a parlare e a discutere; hanno capito che noi tenevamo al precontratto anche se all’inizio non lo credevano: abbiamo fermato le linee e così ne hanno avuto la prova tangibile, va bene i 115 euro, però la parte normativa era più importante.

Per te è stata un’esperienza importante?

Sì, molto: durante la lotta mi sono sentita sostenuta dai compagni, i lavoratori avevano sempre e costantemente idee e proposte da fare, era un modo per partecipare e non sentirsi soli. Poi, il giorno della firma per me è stata festa nazionale, il 6 ottobre alle 10,01! L’ho segnato in rosso sul calendario.