Moreno, Saima, Arezzo

42 anni, operaio, cabla e collauda prodotti in fabbrica, dove si fanno forni di verniciatura e bussole antirapina per le banche.

Quando siamo partiti con la vertenza precontrattuale, il problema che ci stava più a cuore era la tutela dei diritti, abbiamo “sfondato” soprattutto per quello, i lavoratori si sono resi conto che era fondamentale continuare il dibattito, anche se è stato difficile perché, specialmente negli ultimi tempi, siamo stati in assemblea permanente, la gente aveva bisogno di essere rincuorata, di ricevere iniezioni di fiducia, molti dipendenti non volevano il conflitto diretto con l’azienda.

Sapevamo bene fin dall’inizio che sarebbe stata dura seguire questa strategia: uno dei soci della Saima è il presidente degli industriali aretini, eravamo consapevoli che avrebbe “tenuto” il più possibile, per non creare l’”effetto domino”, perché se cedeva lui avrebbero ceduto anche altre aziende della zona. Negli ultimi tempi eravamo in sofferenza tutti e due, noi della Rsu e la direzione, e i primi a cedere sono stati loro perché avevano ormai urgenza di spedire gli ordini.

Perché i dipendenti non volevano il conflitto?

In Saima il capo ha instaurato un rapporto un po’ paternalistico coi dipendenti, passava nei reparti chiedendo come andasse, dicendo: ”Via, non fate così…” e alcuni lavoratori si sono fatti venire dei dubbi, anche perché molte persone che sono entrate in azienda provano gratitudine nei confronti del padronato; da un paio d’anni a questa parte poi sono stati assunti molti lavoratori  provenienti dal Sud, che si sentono economicamente deboli, e così entrare apertamente in conflitto con l’azienda li ha messi in difficoltà.

E poi nella nostra fabbrica gli scioperi li hanno fatti solamente gli operai; gli impiegati non si facevano coinvolgere dalla lotta, non se ne interessavano e questo ha pesato anche perché in Saima rappresentano più del 50% della forza lavoro. Credo che questo comportamento sia dovuto proprio alla volontà di non essere coinvolti, c’è da parte loro un atteggiamento di timore nei confronti dell’azienda, anche se poi non è che li premia per questo.

Adesso hanno un comportamento diverso?

No, anzi si è creato ancora di più un rapporto conflittuale tra operai e impiegati, continuano a essere distanti, ci hanno detto chiaramente che loro non avevano chiesto niente e che così facendo abbiamo creato solo più problemi.

Cioè?

I capi hanno un atteggiamento diverso con chi è rimasto maggiormente coinvolto nella lotta, veniamo avvicinati, ci dicono: “Ma lo sapete che le altre aziende dell’aretino stanno male, noi invece siamo un’azienda sana, state attenti”, vogliono intimidirci insomma.

Non se la prendono con il gruppo, comunque, ma con quelle 4 o 5 persone che hanno fatto da guida.

E tu?

Certi atteggiamenti mi scorrono addosso, ma avverto la freddezza.

Torniamo al precontratto, quanti incontri avete fatto prima di arrivare alla firma?

Come Rsu, tre. È un’azienda strana, si è comportata come un muro di gomma, sembrava concederci qualcosa e poi si tirava indietro, intanto il tempo andava avanti. Noi cercavamo a volte di pensare alle difficoltà di tutte e due le parti, ma non è servito, era chiaro che ci stavano prendendo in giro. Quando ce ne siamo resi conto, abbiamo stretto i tempi, e con altri due incontri alla presenza anche del nostro segretario provinciale siamo arrivati alla firma del preaccordo.

Su quali punti  vi siete scontrati maggiormente?

È emerso da subito che sul salario non ci sarebbe stato alcun problema, lo scontro era sui diritti. All’inizio la proprietà ci ha detto chiaramente che per quello che rappresentava non poteva andare contro la propria organizzazione sindacale, era quello il nocciolo duro della vertenza; alla fine però si è resa conto che si doveva badare anche all’equilibrio interno e se voleva un’azienda che continuasse a “girare”, se non voleva rompere qualche ingranaggio doveva cedere: penso che in un momento di lucidità se ne deve essere resa conto perché abbiamo scioperato a lungo, prima con pacchetti di 4 ore, poi per giornate intere e prima delle ferie abbiamo scioperato a oltranza. A quel punto ha detto “Basta, vediamoci e discutiamo”.

Voi operai siete stati sempre uniti?

C’è stata qualche defezione da pare degli interinali, più che altro per paura, perché scioperando pensavano che non sarebbero stati più assunti, ma in generale è stata una cosa grande, eravamo praticamente in assemblea permanente, la gente sentiva la pressione da parte dell’azienda che era davvero palpabile, i dirigenti andavano dai dipendenti ogni giorno, prima con un atteggiamento paternalista e dopo facendo i prepotenti.

Noi non potevamo più tornare indietro, lo sapeva l’azienda e lo capivano anche i lavoratori, perché era una questione di diritti, prospettavamo loro un futuro di lavoro precario e davanti a una situazione del genere non avevano dubbi sulle ragioni della lotta.

Siete stati tra i primi a firmare il precontratto ad Arezzo, che reazioni ci sono state nel territorio?

La mia preoccupazione era per la reazione dei lavoratori delle fabbriche che non hanno avviato o che non hanno ancora concluso la battaglia per il precontratto, perché sono convinti che si firmi in aziende dove i dipendenti sono avvantaggiati dal fatto che lavorano in società sane, in attivo, mentre da noi c’è una forte presenza di fabbriche sempre di più in sofferenza per mancanza di lavoro e lì è difficile fare leva sull’azienda per ottenere il precontratto.

In realtà l’evento si poteva “leggere” dal lato opposto, cioè avere firmato da voi poteva servire da traino per altre fabbriche.

Ripeto, è una situazione difficile, c’è chi non vuole la lotta in azienda, chi vuole meno guai, però è vero che siamo stati un po’ l’esempio da seguire, speriamo di aver fatto da apripista.

Qual è il tuo giudizio su questa esperienza?

È stata una lotta particolare, all’inizio non ero convinto che fosse un bene fare un’altra intesa separata, ma ci è servito per uscire un po’ dalla palude in cui ci avevano relegato, diciamo che è andata bene. Mi chiedo però, nelle fabbriche in cui non si riesce a raggiungere il preaccordo, penso ad esempio a quelle terziarizzate con le quali noi stessi abbiamo rapporti di lavoro, come faranno i compagni ad andare avanti? Spero comunque in un allargamento esponenziale dei successi, e che Confindustria lo legga come un segnale di non riproporre un conflitto del genere.