Marco Bendoni, segretario generale Fiom Arezzo

 

Che tipo di territorio è quello in cui lavori?

È un territorio complesso, dove la metà delle aziende del settore metalmeccanico sono orafe, quindi con caratteristiche particolari perché vivono l’esperienza contrattuale dell’industria meccanica a un anno di distanza dalla stessa; ci sono poche aziende di grandi dimensioni, una proprio nel settore orafo, la Uno-a-erre – che è la più grande d’Europa – e poi la Magnetek che ha 500 dipendenti, per il resto si trovano medie e piccole imprese.

Le aziende interessate alla battaglia sui precontratti sono una sessantina, tra Arezzo e il Valdarno, e devo dire che nel complesso la situazione sta andando bene, c’è un’alta percentuale di vertenze concluse e questo è dovuto a due fattori: una grande tenuta tra le lavoratrici e i lavoratori – sono stati eccezionali in questa vicenda – che hanno condiviso l’impostazione data dalla Fiom per quanto riguarda la grande tenuta della categoria su temi importanti quali la democrazia e la precarizzazione e quindi hanno capito l’importanza della proposta sulla griglia contrattuale, e poi il grande lavoro che ha fatto la nostra categoria in questi anni ad Arezzo, dove la tenuta del sistema industriale è merito anche del sindacato.

Mi spiego: le medie imprese aretine che ancora oggi sono sul territorio, che hanno avuto gravi difficoltà ci sono grazie anche agli interventi fatti dalla nostra categoria, che insieme alle istituzioni e alle forza politiche di sinistra è riuscita a far promuovere cordate di imprenditori per salvare determinate realtà, e che hanno dato alla Fiom una credibilità molto elevata. E l’abbiamo utilizzata, certo, questa credibilità, assicurando la presenza della nostra organizzazione nei processi industriali; così come abbiamo dato il nostro appoggio per lo sviluppo di processi importanti quali l’innovazione, la ricerca, sollecitando le imprese nel dare impulso alla formazione, per la tenuta delle imprese stesse.

La nostra è una realtà particolare, abbiamo potuto costruire questa situazione di vantaggio perché c’è un buon rapporto sia con i datori di lavoro sia con le istituzioni, con le forze politiche e attraverso queste anche con il sistema bancario. Siamo riusciti a dimostrare che rilanciare le imprese attraverso meccanismi di ammodernamento, scommettendo sulla qualità della produzione, sull’innovazione tecnologica, è stata la scelta giusta, ora queste società sono in forte attivo, nonostante un mercato molto competitivo. Ad esempio, nel nostro territorio c’è un’azienda che è un gioiello in Italia e in Europa, la Menci, dove la trattativa in questo momento è aperta: fino al 1995 producevano carri per l’agricoltura in acciaio, ora invece fanno rimorchi per trasporto merci in alluminio, in lega ultraleggera. Dà lavoro a 170 dipendenti, hanno triplicato le produzioni e hanno un notevole indotto; vincere la scommessa di poter salvare la società su quel tipo di prodotto ha rilanciato l’azienda e contestualmente ci ha rilanciato in un modo eccezionale. È stata una bella esperienza, così lo abbiamo fatto anche in altre imprese ottenendo analogo risultato.

Avete ricevuto pressioni quando avete deciso di avviare le vertenze precontrattuali?

Dal punto di vista politico, sì, ci sono state pressioni, anche perché Arezzo è una città di destra e l’Associazione industriali manteneva fermo il concetto che l’accordo nazionale era stato fatto, e che doveva essere tenuto in considerazione dalle imprese, però poi si sono scontrati con un dato, cioè che noi siamo credibili sul territorio e infatti a un certo punto l’Associazione degli industriali non ha potuto più far niente. Secondo me c’è stato un fattore decisivo che non le ha permesso di attaccarci in modo serio, cioè che la nostra organizzazione si è spesa perché il sistema industriale andasse avanti, favorendo le condizioni di aumento dei posti di lavoro o il mantenimento di quelli già esistenti; comunque la Fiom ha posto attenzione alla competitività delle imprese, ma soprattutto al rispetto dei valori democratici riguardo ai progetti da portare avanti, nel senso che le iniziative sono state fatte insieme, non soltanto dal sindacato o soltanto dall’azienda.

Quali reazioni ci sono state da parte delle aziende con le vostre iniziative di lotta?

Le ore di sciopero sono state tante, lo scontro è stato impegnativo e pesante, penso ad esempio  alla Saima, azienda meccanica di proprietà del presidente degli industriali di Arezzo legati al settore metalmeccanico: è stata una vittoria importante, con le lavoratrici e i lavoratori che hanno fatto molti scioperi articolati a fronte di una grande tenuta “politica”. Ovviamente non è che ottenuto questo successo sia stato tutto facile, perché le aziende hanno da obiettare alla nostra piattaforma, però abbiamo notato che sostanzialmente capiscono la nostra posizione e sono disposte al dialogo sui precontratti.

La Fiom è il principale sindacato nel tuo territorio?

Sì, è prevalente in quasi tutte le imprese, e questo è un altro grande vantaggio che abbiamo: qualche delegato di altre organizzazioni sindacali ha provato a contrastarci, ma non hanno la struttura, non hanno la capacità politica per poterlo fare, e secondo me si rendono conto che non aver sottoposto l’accordo al voto dei lavoratori li ha danneggiati.

La chiusura di alcune vertenze ha fatto da traino per altre aziende?

Certo che quando il presidente degli industriali del settore metalmeccanico firma il precontratto nell’azienda di sua proprietà, cade tutta la partita politica, la tenuta dopo è su altre questioni.

Ti riferisci alla Legge 30?

È la precarietà che sta pesando nel rapporto con i lavoratori, abbiamo convissuto per tanti anni col problema dei contratti a tempo determinato, ultimamente con quelli interinali: siamo stati e siamo tuttora in difficoltà con questi lavoratori, che si trovano ad affrontare una situazione pesante, con la paura che possano scattare altri meccanismi a complicarla ancora di più. Anche se devo dire che in molte aziende di Arezzo è possibile fare qualcosa rispetto a questo aspetto perché non è stato abusato a suo tempo dei contratti a tempo determinato e degli interinali.

Che tipo di risultati avete ottenuto siglando i preaccordi?

Per quanto riguarda gli aumenti salariali, in 2 imprese di 50 dipendenti abbiamo ottenuto 135 euro, 4 accordi prevedono un aumento di 125 euro e 8 accordi 115 euro uguali per tutti, solo in un caso – in un’azienda che ha firmato per 125 euro – l’aumento è stato riparametrato, perché il tipo di produzione prevede un’alta professionalità e hanno voluto che fosse riconosciuta. Comunque anche lì i 125 euro sono assegnati al 4° livello, mi sembra un buon risultato.

Ho notato però che ovunque sono stato a fare le assemblee, la questione dei diritti è quella più importante di tutti, le lavoratrici e i lavoratori chiedono il recupero del contratto nazionale, la tutela del lavoro contro la precarizzazione, poter avere accesso a una discussione sul sistema di qualificazione, per difendere la formazione professionale che con l’intesa separata è stata completamente messa da parte.