Gianni Zatti, segretario generale Fiom Mantova

 

Quali sono le caratteristiche del territorio di Mantova, dal punto di vista delle imprese metalmeccaniche e quali reazioni ci sono state all’avvio delle vertenze precontrattuali?

A Mantova gli addetti dell’industria metalmeccanica sono 11.000: è una realtà prevalentemente di piccole e medie imprese, fatta eccezione per la presenza di Iveco e di Marcegaglia.

La strategia intrapresa dalla Fiom dopo la firma dell’intesa separata da parte di Fim e Uilm del 7 maggio – la decisione cioè di avviare le vertenze precontrattuali fabbrica per fabbrica – ha suscitato estremo interesse e curiosità nelle lavoratrici e nei lavoratori, perché rappresentava una novità, e discutere di precontratti significava discutere di un livello contrattuale di cui non si era mai parlato.

I lavoratori hanno compreso che quanto messo in atto dalla Fiom in questi ultimi mesi rappresenta una strategia che si prepara a durare nel tempo; posso dire che a Mantova l’impatto è stato positivo, la convinzione dei lavoratori – a mesi di distanza dalla firma separata – è ancora tanta, laddove abbiamo aperto le vertenze si continua a scioperare, e si continua a scioperare con risultati apprezzabili, con percentuali di adesione alte, e non era davvero scontato che si riuscisse a “tenere” così a lungo, è ancora più apprezzabile perché significa che ci sono le circostanze affinché si possa andare avanti con la medesima convinzione dell’inizio.

C’è preoccupazione per il protrarsi della battaglia contrattuale, da parte dei vertici aziendali e di Federmeccanica?

Federmeccanica e Confindustria qui a Mantova non si aspettavano che tenessimo vive le lotte per così tanto tempo e credo che non sia un mistero che anche loro facciano dei calcoli; probabilmente avevano prefigurato che l’iniziativa della Fiom sarebbe durata fino alle ferie, poi dopo agosto non ci sarebbe stata più la tenuta delle lavoratrici e dei lavoratori per riprendere l’iniziativa. Invece oggi, a fronte del prolungarsi della lotta, vediamo e notiamo le loro reazioni, c’è una forte preoccupazione e i segnali sono diversi: ci sono singole imprese che ci chiamano per dire: “Facciamo l’accordo sul salario, lasciando stare le altre parti, però sospendete gli scioperi perché così ci mettete in difficoltà, la lezione ci è bastata”, e quando dicono “la lezione ci è bastata” si riferiscono al fatto che non si ripeterà la storia degli accordi separati, ma gli facciamo notare che l’accordo separato adesso c’è, è un fatto, e la reazione della Fiom è un altro fatto. Oggi siamo a questo e indichiamo come via d’uscita il preaccordo non solo sul salario, ma anche sulle parti normative.

Qual è il rapporto della Fiom con le istituzioni a Mantova?

Qui c’è una giunta di centrosinistra, ma sulla vicenda del contratto dei metalmeccanici, vista in relazione al rapporto che abbiamo con le istituzioni, c’è silenzio e distanza, non saprei come altro definirla. Abbiamo anche cercato il coinvolgimento  delle istituzioni nella prima fase successiva alla firma dell’intesa separata – quando abbiamo tentato di sottoporre loro la questione della mancata pratica democratica, perché un’esigua minoranza ha deciso per un milione e mezzo di metalmeccanici senza il voto dei lavoratori sul loro contratto – ma abbiamo notato una scarsa attenzione al problema che coinvolge i meccanici.

Il discorso è complicato, c’è l’opinione diffusa che “la Fiom ha ragioni da vendere, però alla fine bisogna cercare l’unità”. Questo è incomprensibile, perché l’unità non può prescindere dal merito delle cose e il contratto separato dei meccanici è una vicenda di contenuti, mentre alla fine hanno preferito prendere una posizione “istituzionale”.

C’è attenzione alla vicenda dei metalmeccanici  e dei precontratti da parte dei mass media?

Direi di sì, abbiamo curato i rapporti con la stampa locale, cerchiamo di rendere visibile la nostra vicenda. E se qualche attacco c’è stato, proveniva dall’area sindacale, non da altri soggetti.

Quindi i rapporti con le altre organizzazioni sindacali continuano a essere difficili.

Noi proveniamo da un’esperienza – conclusasi quattro anni fa –di sede unitaria, qui a Mantova: non possiamo dire che da allora i rapporti si siano rafforzati, anzi, si sono indeboliti, anche se abbiamo continuato a mettere in atto il tentativo di presentarci nelle fabbriche insieme, ma il lavoro unitario è sempre meno. Il problema vero è che Fim e Uilm hanno un rapporto pessimo con i lavoratori, perché i lavoratori hanno capito molto bene quello che è accaduto.

Cosa ne pensano?

Il salario è sempre al centro dell’attenzione, oggi più che mai, perché dobbiamo affrontare una vera e propria emergenza, visto l’andamento dei prezzi e del mercato, però oltre a porre l’attenzione necessaria sul salario, i lavoratori hanno capito che stiamo difendendo diritti fondamentali, come poter contare su un lavoro stabile: questo è quello che chiedono i lavoratori, e hanno capito che invece con questo contratto il margine di incertezza si amplifica; l’altro aspetto è che se il contratto recepisce la nuova normativa sull’orario di lavoro, vale a dire la Legge 66, in azienda si contratterà sempre meno in questa materia e i padroni continueranno ad avere sempre più potere discrezionale nel decidere gli orari di lavoro.

Queste preoccupazioni tra i lavoratori sono forti, vengono sempre espresse, anche stamattina ad esempio mi trovavo in una fabbrica per discutere in un’assemblea di questioni aziendali, il calendario delle ferie e le norme di sicurezza, ma negli interventi di due lavoratori sono emerse invece le questioni del contratto, con un duro attacco nei confronti della Fim: nei lavoratori questa ferita è ancora bene aperta.

Qual è la differenza di atteggiamento dei padroni nelle piccole e nelle grandi aziende rispetto ai precontratti?

Ci sono resistenze sia nelle grandi sia nelle piccole aziende, ma le motivazioni sono di natura diversa; la Marcegaglia, ad esempio, non fa segreto delle motivazioni per cui non fa il precontratto: lo dice chiaramente che sono di ordine politico perché un componente della famiglia Marcegaglia ha ambizioni di rivestire incarichi ai vertici di Confindustria nazionale, e questo è un dato.

Nelle piccole aziende – con 40-50 dipendenti – si registra un aspetto interessante: quando presentiamo il precontratto ci rendiamo conto che hanno ricevuto pressioni dalla propria organizzazione datoriale per non firmare; anche in aziende dove fino a oggi non ci sono mai stati problemi a concludere contratti aziendali, adesso incontriamo una resistenza che è stata costruita meticolosamente da Federmeccanica, su questo non c’è dubbio. Questa percezione è data dal fatto che conosco queste imprese da anni, così come conosco gli imprenditori, e capisco che questa resistenza è stata loro imposta.

La Brar elettromeccanica è un esempio emblematico di quanto dicevo; è un’azienda dove non abbiamo mai avuto problemi a siglare accordi, pur tuttavia sono state necessarie 67 ore di sciopero per firmare il precontratto, e questo dice due cose: che i lavoratori hanno capito l’importanza di quello per cui si stava lottando e che l’azienda è stata fortemente messa in difficoltà dalla nostra organizzazione sindacale, trovandosi a fare scelte diverse da quelle che le erano state imposte.

Questo non si è reso necessario per esempio alla Bondioli&Pavesi o alla Belleli: in Belleli per fare l’accordo sono bastate 8 ore di sciopero e un riuscito blocco del lavoro straordinario, in Bondioli&Pavesi è stata necessaria qualche ora in più. Quell’azienda si è dissociata da Federmeccanica in occasione del referendum per l’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto di lavoratori, e ha fatto un accordo con la Fiom per il contratto integrativo aziendale dove c’è un allegato che garantisce il mantenimento dell’articolo 18 per i dipendenti della Bondioli&Pavesi anche in caso di modifica, quindi lì la situazione era più favorevole, ma si sono rese comunque necessarie ore di sciopero per arrivare all’intesa.

Il segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini, nell’ultimo Comitato centrale a fine novembre, ha parlato della necessità di generalizzare le vertenze sui precontratti.

A Mantova già siamo vicini a una sorta di generalizzazione dei precontratti, ma preferirei dire che stiamo seguendo la strada dell’estensione delle vertenze e dell’estensione dell’apertura del conflitto in tutte le aziende. Negli ultimi giorni abbiamo presentato altre tre piattaforme, e abbiamo scelto volutamente di presentarle adesso perché le aziende si sono trovate nella primavera e nell’estate scorsa in situazioni particolari, di difficoltà, mentre ora sono in una fase di ripresa produttiva consistente.

Ho una considerazione personale da fare, che si forma sull’esperienza che vivo qui a Mantova. Io credo davvero che se riusciamo a tenere alta la tenuta sulla questione del contratto anche nei prossimi mesi, riusciremo a mettere in seria difficoltà le organizzazioni sindacali padronali, perché penso che né Federmeccanica né Confapi si aspettassero una tenuta di questo tipo da parte della Fiom, delle lavoratrici e dei lavoratori, considerando il fatto che le nostre iniziative ormai sono seguite anche dai lavoratori che aderiscono ad altre organizzazioni. Ci conforta anche un altro dato, cioè che da noi aumentano gli iscritti, ed è una realtà né scontata né semplice, quindi bisogna andare avanti su questa strada anche nel 2004, tenendo presente che l’obiettivo che ha la Fiom non è solo quello dei precontratti, ma un contratto nazionale vero per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori metalmeccanici.