Sentenza
Corte Costituzionale n. 270 del 24-30 giugno 1999
(
pubblicata nella G. U. - prima serie speciale n. 27 del 7 luglio 1999 )
Nel
giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, primo comma, lettera c)
della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle lavoratrici madri), promosso
con ordinanza emessa il 15 giugno 1998 dal Pretore di Bergamo nel procedimento
civile vertente tra Crosera Laura e l’Istituto Scolastico Suore Sacramentine
ed altro iscritta al n. 827 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno
1998.
Visto
l’atto di costituzione dell’INPS;
Udito
nella camera di consiglio del 24 marzo 1999 il giudice relatore Fernando
Santosuosso.
Ritenuto
in fatto
1.—
Nel corso di un giudizio promosso per l’accertamento del diritto di avvalersi
dell’astensione obbligatoria dal lavoro, il Pretore di Bergamo, in funzione di
giudice del lavoro, con ordinanza del 15 giugno 1998 (R.O. n. 827 del 1998), ha
sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3,
29 primo comma, 30 primo comma, 31 e 37 della Costituzione, dell’art. 4, primo
comma, lettera c) della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle
lavoratrici madri).
Il
rimettente dubita della legittimità costituzionale della disposizione citata,
atteso che vi sarebbe violazione del principio della parità di trattamento tra
le fattispecie di parto a termine e parto prematuro poiché sarebbe
adeguatamente tutelato solo il primo e non anche il secondo; sarebbe altresì
pregiudicato il valore costituzionale della protezione della famiglia e quello
della tutela del minore, in quanto la disposizione denunciata non consentirebbe,
nel caso di parto prematuro, la frazionabilità dell’astensione obbligatoria e
la decorrenza di parte della stessa dalla data di ingresso del bambino nella
famiglia o quanto meno dalla data prevista del parto, anziché da quella reale,
così da consentire un’adeguata tutela della puerpera, costretta invece a
beneficiare di un’aspettativa eccessiva con sacrificio degli altri interessi
di rilevanza costituzionale sopra illustrati.
Osserva
il rimettente che l’istituto dall’astensione obbligatoria dal lavoro di cui
alla legge citata ha subito nel tempo un’evoluzione legislativa e
giurisprudenziale che ne ha esteso l’originaria ratio di tutela a favore della
puerpera, anche al minore e più in generale alla famiglia nel delicato momento
dell’ingresso in essa del neonato.
Da
ciò conseguirebbe, che la disposizione censurata, a tenore della quale:
"E’ vietato adibire al lavoro le donne: … c) durante i tre mesi dopo il
parto" non consentirebbe di assicurare efficacemente la tutela predetta del
minore e della famiglia nel caso di parti prematuri in cui, grazie all’attuale
sviluppo della scienza medica, è possibile la sopravvivenza di feti nati
prematuramente e assistiti da una lunga permanenza in incubatrice.
Nel
caso di specie, quindi, l’obbligatorietà della decorrenza dell’astensione
dal lavoro dalla data del parto, avrebbe comportato che la stessa si sarebbe
esaurita prima dell’ingresso del bambino in famiglia, sicché la madre non
sarebbe stata in grado di beneficiare in modo effettivo della tutela legale.
Osserva,
da ultimo, il rimettente che gli interessi della madre e del minore non possono
dirsi efficacemente salvaguardati dall’esistenza di altri istituti, come
l’astensione facoltativa prevista dalla stessa legge, atteso che
l’esaurimento anticipato dell’astensione obbligatoria riduce la durata
complessiva della tutela, proprio in un caso meritevole, caratterizzato da un
lato dai rischi che presenta il bambino nato prematuro in relazione al suo
sviluppo neuropsichico e affettivo e, dall’altro, dalla situazione della madre
dopo l’esperienza traumatizzante dell’interruzione prematura della
gravidanza e il distacco dal bambino nel periodo di ricovero di questi in
ospedale.
2.—
Si è costituito, nel presente giudizio, l’Istituto Nazionale della Previdenza
Sociale (I.N.P.S.) con atto di intervento depositato fuori termine, chiedendo
che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata.
Considerato
in diritto
1.—
La questione sottoposta dal Pretore di Bergamo, in funzione di giudice del
lavoro, a questa Corte, concerne la legittimità costituzionale – con
riferimento agli artt. 3, 29 primo comma, 30 primo comma, 31 e 37 della
Costituzione – dell’art. 4, primo comma, lett. c) della legge 30 dicembre
1971, n. 1204 (Tutela delle lavoratrici madri) in quanto la disposizione
censurata, vietando espressamente di adibire al lavoro le donne durante i tre
mesi dopo il parto, violerebbe il principio della parità di trattamento tra le
fattispecie di parto a termine e di quello prematuro, in quanto sarebbe
adeguatamente tutelato solo il primo e non anche il secondo. Sarebbe altresì
pregiudicato il valore costituzionale della protezione della famiglia e quello
della tutela del minore, atteso che la disposizione denunciata non
consentirebbe, nel caso di parto pre–termine, la "frazionabilità"
del periodo di astensione obbligatoria e la decorrenza di parte della stessa
dalla data di ingresso del bambino nella famiglia o quanto meno dalla data
prevista del parto, anziché da quella reale, così da consentire un’adeguata
tutela della puerpera.
2.—
La questione è fondata.
3.—
Giova premettere che la lavoratrice madre è destinataria di una specifica
legislazione protettiva, che trova ampia giustificazione nelle norme
costituzionali di cui agli artt. 3, secondo comma, 4, 31, 32 e 37 della
Costituzione. Il nostro ordinamento giuridico risulta inoltre integrato dalle
fonti normative comunitarie e internazionali dirette ad una incisiva tutela
degli interessi sia delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di
allattamento (Direttiva del Consiglio, 19 ottobre 1992, n. 92/85, recepita con
il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645), sia del figlio (Convenzione di
New York del 1989 sui diritti del fanciullo resa esecutiva con la legge 27
maggio 1991, n. 176).
In
questo quadro, l’istituto dell’astensione obbligatoria dal lavoro post
partum previsto dalla norma impugnata – come osservato dalla giurisprudenza di
questa Corte (sentenze n. 332 del 1988 e n. 1 del 1987) – oltre ad essere
volto a tutelare la salute della donna, considera e protegge il rapporto che, in
tale periodo, necessariamente si instaura tra madre e figlio, anche in
riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono
decisive sia per un corretto sviluppo del bambino, sia per lo svolgimento del
ruolo della madre.
4.—
L’art. 4, primo comma, della legge n. 1204 del 1971, nel prevedere due periodi
di astensione obbligatoria (uno anteriore e uno posteriore al parto) contiene
una formulazione letterale che appare rigidamente determinata sia in ordine alla
durata, che alla decorrenza. Ciò è confermato dall’art. 6 del d.P.R. 25
novembre 1976, n.1026 (Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre
1971, n.1204, sulla tutela delle lavoratrici madri) che individua nel giorno
successivo al parto il dies a quo del secondo periodo di astensione dal lavoro;
ma tale rigidità rivela aspetti irragionevoli in relazione a casi di parto
prematuro.
In
questa ipotesi è notoriamente indispensabile che il bambino – per un periodo
talvolta lungo – sia affidato alle cure di specialisti ed all’apparato
sanitario, mentre la madre, una volta dimessa e pur in astensione
obbligatoria dal lavoro, non può svolgere alcuna attività per assistere il
figlio ricoverato nelle strutture ospedaliere; ed è invece obbligata a
riprendere l’attività lavorativa quando il figlio deve essere assistito a
casa. E’ pertanto innegabile che detta situazione contrasti sia col principio
della parità di trattamento, sia col valore della protezione della famiglia e
con quello della tutela del minore, con violazione dei parametri costituzionali
invocati. Va pertanto dichiarata l’incostituzionalità della norma censurata.
5.—
E’ appena il caso di accennare che da tempo è stata rilevata l’incongruenza
della disposizione in parola nell’ipotesi di parto prematuro, e si propongono
diverse soluzioni con specifico riguardo alla decorrenza del periodo di
astensione, spostandone l’inizio o al momento dell’ingresso del neonato
nella casa familiare, o alla data presunta del termine fisiologico di una
gravidanza normale; la prima soluzione è analoga a quella relativa
all’ipotesi di affidamento preadottivo del neonato (sentenza n. 332 del 1998).
La seconda è parsa meritevole di essere seguita dal disegno di legge n. 4624
che detta "Disposizioni per sostenere la maternità e la paternità e per
armonizzare i tempi di lavoro, di cura e della famiglia" presentato dal
Governo alla Camera dei Deputati in data 3 marzo 1998.
La
scelta fra le diverse possibili soluzioni spetta al legislatore.
Peraltro,
accertata l’illegittimità costituzionale della norma, in assenza di
intervento legislativo sarà il giudice a individuare nel complessivo sistema
normativo la regola idonea a disciplinare la fattispecie in conformità dei
principi indicati (sentenze n. 347 del 1998 e n. 295 del 1991).
Per
questi motivi la Corte Cosituzionale
dichiara
la illegittimità costituzionale dell’art. 4, primo comma, lettera c) della
legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (Tutela delle lavoratrici madri) nella parte in
cui non prevede per l’ipotesi di parto prematuro una decorrenza dei termini
del periodo dell’astensione obbligatoria idonea ad assicurare una adeguata
tutela della madre e del bambino.