Documento del Comitato centrale Fiom
Il tema delle
pensioni rappresenta una questione centrale dello Stato e dei diritti
sociali del nostro paese. La campagna contro la pensione pubblica, tesa
ad affermare l’insostenibilità del sistema e quindi la necessità di
ulteriori tagli, rappresenta uno dei più gravi attacchi ai diritti
consolidati del mondo del lavoro. Questo, peraltro, è stato il
significato della scelta compiuta dal precedente Governo, con lo scalone
che ha innalzato, a partire dal È necessario inoltre che sia data piena trasparenza a tutto il sistema di costi e prestazioni che avviene con gli istituti pensionistici. Per questo diventa indispensabile giungere a una definitiva separazione tra l’assistenza e la previdenza. La previdenza
integrativa deve mantenere il suo carattere aggiuntivo e non sostitutivo
della pensione pubblica, né può essere esclusa dal confronto l’ipotesi
di un diverso coinvolgimento in essa degli istituti previdenziali
pubblici. La previdenza integrativa non può essere utilizzata, a meno
che non se ne cambino profondamente natura, regole e funzioni, per
sostituire un livello dignitoso della pensione pubblica. Nel confermare
questa scelta, Lo Stato sociale italiano è finanziato con una quota di prodotto nazionale lordo inferiore di 2 punti a quella della media europea. La stessa spesa pensionistica non è affatto fuori controllo o eccessiva rispetto all’andamento complessivo dell’economia. Ci sono quindi le condizioni per correggere le ingiustizie accumulate, senza tagliare o rendere insostenibile il sistema. Per queste ragioni la Fiom assume e propone i seguenti 5 punti per intervenire sul sistema pensionistico: 1. Separazione integrale tra previdenza e assistenza, assegnando quest’ultima alla fiscalità generale e garantendo gli equilibri della prima con assoluta trasparenza rispetto al sistema delle entrate e delle uscite. Decisiva è la lotta a fondo contro l’evasione contributiva, di per sé in grado di equilibrare strategicamente il sistema. Al riguardo, è importante una legislazione premiale per i lavoratori che collaborano alla lotta al lavoro nero e all’evasione, con particolare riferimento ai migranti. 2. Abrogazione dello “scalone” deciso dal governo Berlusconi che, a partire dal 2008, innalza a 60 anni, e poi progressivamente fino a 62 anni, l’età minima per andare in pensione con 35 anni di anzianità. Deve essere ripristinata la possibilità della pensione a 57 anni, con 35 anni di contributi, senza alcuna forma di penalizzazione e con le finestre quadrimestrali, per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, mantenendo le attuali condizioni per le donne e gli uomini. La materia del lavoro usurante deve essere affrontata in modo completamente diverso da quanto previsto dalla Dini, che non a caso non ha portato ad alcun risultato, partendo da un’analisi delle reali condizioni di lavoro, e dell’effettiva età di cessazione dell’attività. La materia va affrontata nel quadro di un processo di riduzione complessivo degli orari di lavoro. 3. Intervento sull’iniquità del sistema contributivo per le giovani generazioni, con lo scopo di riportare la pensione pubblica ad almeno il 60% della retribuzione con i 35 anni di contribuzione. Occorre quindi garantire un livello minimo di contribuzione che copra periodi di precarietà e di sottocontribuzione, in maniera da garantire questo livello. 4. Intervento a sostegno delle pensioni in essere più basse, sia con la fiscalità generale, sia con la rivalutazione delle pensioni con l’aggancio all’andamento complessivo dell’economia. 5. Una legislazione che affronti tutta la condizione previdenziale dei lavoratori migranti, in particolare per garantire ad essi che non venga perduta la contribuzione versata. Questi cinque punti individuano le direttrici dell’intervento sul sistema pensionistico in grado di sanare le ingiustizie accumulate. La recente finanziaria, con l’aumento della contribuzione e con l’operazione sul Tfr, ha fatto pervenire nelle casse dello Stato dai 5 ai 7 miliardi di euro all’anno. Queste cifre non devono servire a fare cassa, ma devono finanziare integralmente il miglioramento del sistema pensionistico. È necessario che il Governo definisca una propria posizione in tempi utili per sviluppare il confronto con le parti sociali. È compito del sindacato avviare in tempi brevi un percorso di definizione della piattaforma con il coinvolgimento dell’insieme dell’organizzazione, per evitare di trovarsi di fronte all’emergenza della abolizione dello scalone Maroni a scapito del rapporto democratico con le lavoratrici, i lavoratori e i pensionati. Il Comitato centrale della Fiom nel ribadire le posizioni note su mercato del lavoro, orario, ammortizzatori sociali, invita le proprie strutture a promuovere attivi territoriali dei delegati per discutere l’insieme della situazione che abbiamo di fronte e l’iniziativa sindacale a partire dal rinnovo del Ccnl. (Approvato
con una astensione) Roma,16 gennaio 2007 |