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         Comitato centrale Fiom del 21/22 luglio 2005 Conclusioni
        di Gianni Rinaldini   Ho
        trovato molto utile e interessante la discussione che abbiamo svolto in
        questo Comitato centrale, anche nelle sue asprezze, che fanno parte del
        modo di discutere del nostro gruppo dirigente, con evidenti
        articolazioni di posizioni al proprio interno. La
        ragione per cui è stato convocato il Comitato centrale a me pare molto
        semplice, persino banale. Credo che fosse interesse di tutti, non solo
        del sottoscritto, che questo gruppo dirigente discutesse del Congresso
        della Cgil e che da parte mia, come segretario generale, fosse doveroso
        comunicare direttamente le mie intenzioni ai componenti del Comitato
        centrale invece che fargliele apprendere attraverso i giornali. Per
        questo al Direttivo della Cgil ho dichiarato che mi riservavo la
        possibilità di formulare due tesi alternative, non le ho annunciate
        seduta stante, anche se adesso lo posso dire, perché lo ha detto il
        segretario generale della Cgil. Con Epifani ho avuto un colloquio la
        sera del Congresso della Cisl, una lunga discussione; lui sapeva che ci
        sarebbero state due tesi alternative, quella sulla struttura
        contrattuale e quella sulla democrazia. Avevo espresso ancora una
        riserva poiché era doveroso che i primi a essere informati fossero i
        componenti del Comitato centrale e che tutti i compagni/e potessero
        esprimere, all’interno di una discussione più ampia sulle tesi, le
        proprie opinioni. Questo
        mi permette di essere molto esplicito su una serie di questioni che sono
        state poste e lo dico serenamente perché il dibattito politico, il
        confronto e l’espressione di posizioni diverse non hanno nulla a che
        vedere con i rapporti di stima tra i compagni e le compagne, nulla a che
        vedere con rapporti che ritengo assolutamente normali e che non possono
        essere messi in discussione anche a fronte di espressioni diverse. Chiarisco,
        intanto, che quando ho parlato della burocrazia – l’avevo anticipato
        – parlavo in primo luogo di me stesso, non ho mai pensato di
        utilizzare il termine “burocrazia” come accusa nei confronti di
        altri. È
        stato posto in diversi interventi – e anche da Cremaschi – il
        problema relativo al «Documento dei 12».  Concordo
        con le cose che ha detto Giovanna [Marano], cioè che non è un problema
        morale ma di «etica dell’organizzazione» secondo la formulazione
        letterale. Il
        «Documento dei 12» non è un documento vincolante, perché per essere
        tale deve essere votato dal Comitato direttivo della Cgil; non mi
        risulta che ci sia alcuna intenzione di far votare il documento dal
        Comitato direttivo. Però qualcosa non ha funzionato poiché, lo sa
        Carla [Cantone] e lo sa Guglielmo [Epifani], è stata una sorpresa per
        il sottoscritto trovarlo come allegato al regolamento. In questo c’è
        anche un aspetto positivo, perché in questo modo ho avuto la possibilità
        di leggerlo, visto che tutti parlavano di questo «Documento dei 12». Ci
        sono alcuni punti di quel documento che dovranno essere chiariti, in
        particolare il punto 7 che parla dei Centri regolatori. Essendo parte di
        un Centro regolatore ho già avuto modo di dire – e l’ho detto anche
        nell’introduzione – che per quanto mi riguarda il riferimento per la
        Fiom è il Congresso della Fiom. Così come per quello confederale il
        riferimento è quello di 4 anni fa. Lo
        vogliamo dire in modo più esplicito? Il Congresso confederale si svolse
        su due mozioni alternative con quella di minoranza che si attestò al
        17%, o quello che era, il 18% o il 19%, non mi interessa, comunque era
        calcolato sul fatto che in Fiom l’area programmatica di minoranza
        aveva il 30%. Questa era la situazione del Congresso di 4 anni fondato
        sulle mozioni globalmente alternative. Se
        il riferimento di quel documento per i centri regolatori è quello di 4
        anni fa, semplicemente si cancellerebbe l’ultimo Congresso della Fiom.
        Se così fosse qualcuno me lo dovrebbe dire perché, ovviamente, ne
        trarrei le dovute conseguenze. Il
        riferimento, per quanto riguarda la Fiom, non può che essere il recente
        Congresso della Fiom svoltosi meno di un anno fa, con gli equilibri che
        allora si sono determinati e che, ovviamente, possono sempre cambiare
        con il voto degli iscritti. La
        seconda questione, lo diceva  C’è
        stata una discussione complessa in Cgil, ho approvato – come altri
        compagni – il regolamento che è stato definito, non ho mai chiesto un
        rapporto automatico rispetto ai delegati, ho fatto una dichiarazione di
        voto dicendo che nel regolamento è previsto che  Ognuno
        di noi ha una sua storia sindacale e politica. Personalmente sono sempre
        stato contrario alle aree organizzate – una discussione che si è
        ripetuta tante volte – anzi, posso dire che ho contribuito a scrivere
        – poiché in quanto segretario della Cgil dell’Emilia Romagna facevo
        parte di quella Commissione – la formulazione al riguardo nello
        Statuto della Cgil; tale meccanismo prevede che le aree che si formano
        per i Congressi si sciolgono automaticamente con la conclusione del
        Congresso e che, per essere confermate, devono essere annunciate nella
        prima seduta del nuovo Direttivo.  Bisogna
        coniugare in qualsiasi organizzazione sindacale di massa il massimo di
        democrazia e di libera discussione interna, con la tenuta dell’unità
        dell’organizzazione.  Con
        questo non intendo dire che altre forme e modalità non siano
        l’espressione della democrazia ma mi interessa ribadire, per quanto mi
        riguarda, il modo con cui ho sempre affrontato questo tipo di
        discussione perché non ho mai pensato che arrivare a un Congresso con
        un documento unitario, fondato sulle tesi, fosse l’eliminazione della
        discussione su posizioni diverse, perché, allora, bisognerebbe essere
        chiari: perché il Congresso a tesi? A quel punto meglio un unico
        documento, non a tesi, su cui si possono fare gli emendamenti. Nel corso
        degli anni, in Cgil, su questi temi abbiamo fatto tante discussioni che
        hanno attraversato gli ultimi congressi. Il Congresso a tesi contempla
        il fatto che ci sia una premessa politica di impianto generale condivisa
        da tutti. In questo modo si favorisce l’articolazione delle posizioni
        sulle singole tesi. All’ultimo Congresso della Cgil quante non
        sussistevano le condizioni di una premessa condivisa. La
        premessa politica di impianto generale è scritta dal segretario
        generale e questa è la condizione per procedere su una articolazione
        per tesi altrimenti – insisto – non capisco perché si sia fatto il
        Congresso a tesi. Si poteva fare in un altro modo e sapevamo tutti che
        un Congresso a tesi favoriva un’articolazione di posizioni. Questa
        è stata una scelta che ritengo importante e significativa, finalmente
        – aggiungo – si sono create le condizioni – e auspico che queste
        siano confermate anche nel Direttivo della Cgil del 5 settembre – per
        arrivare a un solo documento a tesi e non a documenti globalmente
        alternativi. Un
        Congresso così concepito rappresenta una sfida per tutti, una grande
        opportunità, richiede un gruppo dirigente che assuma sul serio e fino
        in fondo la scelta della democrazia interna, altrimenti il rischio è
        che precipitiamo tutti nella discussione del passato. Abbiamo superato
        le correnti di partito con una lunga discussione, poi siamo passati
        attraverso le aree programmatiche con il relativo diritto di proposta
        ecc., mentre oggi ci troviamo di fronte al fatto che costruiamo un
        Congresso che rappresenta una novità per tutti. L’ho
        già detto, per quanto mi riguarda, la presentazione di tesi alternative
        non prelude ad alcun passaggio successivo in termini organizzativi, non
        organizzerò e non parteciperò ad alcuna area programmatica, ma è l’esplicitazione
        di una discussione congressuale democratica di merito che per essere
        tale, deve coinvolgere gli iscritti. Abbiamo
        detto e scritto «equilibrato rapporto» e non automatico, ma «equilibrato
        rapporto» non mi pare un termine molto equivoco per la elezione dei
        delegati; c’è un problema più ampio di come vivrà il pluralismo non
        soltanto nel percorso congressuale ma nell’insieme della nostra
        organizzazione. Anche su questo si misura un gruppo dirigente. In
        alcuni interventi si è fatto riferimento alla storia della Fiom e alle
        nostre esperienze: sì, è vero, la Fiom si è sempre caratterizzata, e
        lo ha fatto anche nel ’96 con un documento, per l’indipendenza e la
        democrazia. Dopodiché, al Congresso successivo nella definizione del
        regolamento quella possibilità è stata modificata, per cui la
        categoria non può fare la stessa cosa che fece nel ’96. Siamo
        arrivati a questo passaggio positivo! Se, però, questo passaggio
        diviene nella sua gestione concreta un gioco a eliminazione, non sarebbe
        soltanto un problema di questo o di quell’altro compagno o compagna,
        ma costituirebbe un problema di tutta  La
        responsabilità dei gruppi dirigenti c’è per intero, perché se alla
        fine il tipo di pluralismo che si esprime attraverso le tesi non vivesse
        all’interno dell’organizzazione ma ci fosse essenzialmente il
        pluralismo del passato, si aprirebbe un problema delicato. Avremmo
        sprecato una grande e positiva opportunità per affrontare le sfide del
        futuro. Questo
        fa parte del percorso e della discussione congressuale. Per
        quanto riguarda la Fiom gli equilibri sono rappresentati da questo
        Comitato centrale che è stato eletto dall’ultimo Congresso della
        Fiom. Si
        vogliono modificare gli equilibri sostanziali di questo Comitato
        centrale? Nessun problema, ma deve essere chiaro che questo non può
        avvenire a tavolino ma attraverso il voto degli iscritti. Auspico che
        chi pensa e sostiene questa scelta la motivi sulla base di ragioni che
        abbiano come riferimento le scelte compiute dalla Fiom nel corso di
        questo ultimo anno, perché sono convinto che al di là delle diverse
        posizioni nessuno pensa in Fiom di utilizzare il congresso della Cgil
        per rifare il Congresso della Fiom.  I
        tempi della discussione congressuale coincidono per la nostra categoria
        con la mobilitazione e la lotta che prevedibilmente dovremo sviluppare
        per il rinnovo del biennio economico oltre al moltiplicarsi delle
        situazioni di crisi. Per noi, per i lavoratori e le lavoratrici
        metalmeccaniche questa è la priorità assoluta, non vi è alcun dubbio.
        Ma quando sento interventi che utilizzano strumentalmente questa
        situazione e l’offensiva in atto contro la Fiom e  La
        storia che il nemico è alle porte, bisogna essere uniti, meglio non
        discutere, rappresenta uno schema disastroso. Ma per favore, non diciamo
        sciocchezze! Si diceva così anche nel ’56 con l’invasione
        dell’Ungheria «non è tempo di discutere, c’è il nemico alle porte». In
        realtà credo che ci sia un problema non risolto al nostro interno che
        è quello della democrazia, perché continuo a non capire per quale
        ragione la democrazia sia sinonimo di divisione e perché
        l’espressione di posizioni diverse significhi la lacerazione. Una
        organizzazione democratica è un elemento di forza e non di debolezza
        dell’unità dell’organizzazione. Democrazia e unità sono aspetti
        non scindibili di qualsiasi organizzazione sociale, autonoma con milioni
        di iscritti, dove la confederalità si esprime come sintesi di un
        percorso tra strutture territoriali, categorie e anche di interessi
        diversi. In questa fase non c’è organizzazione sindacale al mondo, al
        di là dei filoni storici di appartenenza, da quella laburista, a quella
        socialdemocratica e comunista, a quella americana, che non sia
        attraversata da un confronto per così dire molto vivace. Ciò
        che stiamo discutendo con il Congresso sono le scelte strategiche dei
        prossimi anni. Sulla struttura contrattuale la definizione di un sistema
        di regole non può prescindere dal fatto che quelle del 23 luglio 1993
        sono irrimediabilmente in crisi per le scelte compiute da Governo e
        Confindustria e ci consegnano oggi una situazione sociale che non è
        paragonabile a quella dell’inizio degli anni 90. Basti
        pensare alla redistribuzione della ricchezza contro il lavoro e le
        pensioni che non ha paragoni con gli altri paesi europei, alla
        precarizzazione dei rapporti di lavoro, alla riduzione del sistema di
        sicurezza sociale. Consiglio a tutti di rileggere attentamente
        l’accordo del 23 luglio perché ho l’impressione che anche
        all’interno della Cgil sia diventato per molti senso comune quella che
        ne è stata l’interpretazione e l’attuazione pratica da parte della
        Confindustria. Il riferimento all’inflazione effettiva per recuperare
        lo scostamento rispetto all’inflazione programmata è già previsto
        così come la possibilità di tenere conto dell’andamento di settore,
        del paese ecc. Non va dimenticato che quel sistema è figlio del 31
        luglio ’92 e quindi dell’abolizione della scala mobile. Non
        possiamo affrontare una questione così delicata come quella del sistema
        contrattuale che definisce ruolo e funzioni della contrattazione
        nazionale e decentrata a distanza di 13 anni dall’accordo del 23
        luglio, senza avere la piena consapevolezza che a questo punto è in
        discussione un aspetto identitario della rappresentanza sociale.  Pensare
        che si tratta di fare una operazione di manutenzione di quell’impianto
        cambiando l’inflazione programmata con un altro riferimento
        d’inflazione mi pare francamente complicato anche perché quel sistema
        di regole era parte di un’intesa più complessiva. Allora
        chiariamo un punto: ciò che discutiamo non è quale richiesta formulare
        nel prossimo Contratto nazionale bensì quale ruolo e funzione noi
        assegniamo al Contratto nazionale e a quello decentrato, per un periodo
        non breve della storia sociale del nostro paese. Quale ruolo viene
        assegnato al Contratto nazionale? Se
        il problema è quello di definire quale deve essere l’indice
        inflazionistico di riferimento,
        programmata-concordata-prevedibile-attesa e la produttività come costo
        complessivo del contratto, ne capisco il senso, ma semplicemente non lo
        condivido. Sostengo
        una posizione diversa, quella del nostro documento congressuale: la
        valutazione autonoma delle organizzazioni sindacali rispetto alla
        definizione delle richieste, che assumono e propongono come criteri di
        riferimento il potere d’acquisto, la produttività, la situazione
        economica del paese comprensivo della redistribuzione della ricchezza.
        Questo significa affermare esplicitamente che il Ccnl può anche
        aumentare il potere d’acquisto reale di tutta la categoria, che
        peraltro è sempre stata la funzione storica del contratto nazionale.
        Valutazione autonoma significa un rapporto con l’insieme della
        situazione del paese e della condizione sociale, dal fisco al sistema di
        sicurezza sociale. Così
        come sussiste un evidente rapporto tra la valorizzazione del Ccnl e
        ruolo e funzione della contrattazione decentrata, perché il raccordo
        dei due livelli è aspetto decisivo nel qualificarne la funzione,
        l’incidenza sulle concrete condizioni di lavoro. Per
        questo non è recepibile  Potrei
        continuare ma non credo queste siano particolari novità per la nostra
        categoria perché questo è stato parte essenziale delle decisioni
        assunte con il nostro recente Congresso. So bene che questa discussione
        in esplicito in Cgil non è stata fatta per cui è stato possibile come
        è avvenuto in Commissione politica affermare di condividere la
        formulazione delle tesi sulla struttura contrattuale e poi intervenire
        per «interpretarla» in modo totalmente diverso. Ovviamente si poteva
        chiarirla in un senso o nell’altro, ma questo non è stato fatto.
        Capisco ma non condivido. Mi
        domando e vi domando, è possibile fare un congresso che non sia
        assolutamente chiaro e trasparente su una questione così rilevante
        mentre sappiamo tutti che durante o forse subito dopo il congresso di
        questo si discuterà? La
        seconda questione o meglio la seconda tesi alternativa che presenterò
        è quella relativa alla democrazia sindacale, dalla elezione su base
        proporzionale di tutti i delegati, al referendum su piattaforme e
        accordi, alla necessaria legislazione che affermi il voto dei lavoratori
        e delle lavoratrici come diritto democratico. È questa una scelta
        identitaria, che abbiamo praticato nel corso di questi anni, anche con
        le necessarie mediazioni con le altre organizzazioni sindacali. È una
        scelta che nel nostro recente Congresso abbiamo deciso tutti assieme di
        proporre alla Cgil come aspetto essenziale per la costruzione del
        sindacato unitario del futuro. Non è un caso che la democrazia così
        come l’indipendenza siano norme statutarie della Fiom. Ne abbiamo
        discusso tante volte, la scelta della democrazia come dritto è altra
        cosa rispetto alla democrazia come elargizione dei gruppi dirigenti. Ciò
        non significa sottovalutare l’importanza dell’accordo tra le
        organizzazioni sindacali che è assolutamente auspicabile come peraltro
        abbiamo fatto nella nostra categoria, ma anche sapere che un «diritto»
        al riconoscimento legislativo non può essere subordinato all’accordo
        sindacale. A nessuna forza politica può essere concesso il lusso di
        nascondersi dietro l’eventuale impossibilità di un accordo tra le
        organizzazioni sindacale che prevede il referendum per non esprimere e
        praticare legislativamente la propria posizione di merito. Infine
        compagni e compagne ribadisco che scriverò personalmente le due tesi
        alternative che nascono e finiscono con il congresso per le ragioni che
        ho illustrato. Nel sottolineare che le scriverò personalmente, voglio
        semplicemente chiarire che non farò alcuna alleanza con questa o
        quell’altra area organizzata perché inevitabilmente assumerebbe un
        altro significato.  È
        compito dell’insieme del gruppo dirigente confederale e categoriale
        garantire la democraticità del percorso che abbiamo definito, la sua
        espressione a tutti i livelli dell’organizzazione. Se dovessi dire che
        questo è un dato acquisito, direi una cosa non vera, per una ragione
        molto banale: che la burocrazia, cioè tutti noi, alla fin fine pensiamo
        in primo luogo alla nostra conservazione e anche, perché non dirlo,
        alle nostre personali prospettive. Funziona un po’ come l’autonomia
        e la democrazia che spesso vengono utilizzati come clava contro gli
        altri quando si è in minoranza per poi non praticarla quando si è in
        maggioranza. Nessuno di noi è immune da questo processo. Per
        noi, per la Fiom, vi è una priorità assoluta, il contratto che dovremo
        tentare di conquistare nei prossimi mesi con le necessarie iniziative di
        lotta. Le assemblee congressuali nella nostra categoria si svolgeranno
        nel pieno del conflitto sociale e sarà inevitabile che al centro della
        discussione con i nostri iscritti ci saranno il contratto e la
        democrazia. Abbiamo
        già previsto il prossimo Comitato centrale per venerdì 9 settembre;
        avremo a quel punto – il Comitato direttivo della Cgil è previsto per
        lunedì 5 settembre – il quadro conclusivo con cui avviare il percorso
        congressuale. Saremo allora in grado di assumere le decisioni per quanto
        riguarda il nostro congresso di categoria.  |