Comitato centrale Fiom del 3 maggio 2005

Relazione introduttiva di Gianni Rinaldini

 

Mi propongo di consegnare al Comitato centrale una valutazione sull’insieme della situazione e sulle tappe di un possibile percorso per quanto riguarda la Fiom, senza precipitare in decisioni affrettate, ma consegnando il tutto alla discussione del Comitato centrale e dei gruppi dirigenti.

Tutto ciò non può, ovviamente, prescindere dalla situazione che stiamo attraversando che per l’ennesima volta si presenta assolutamente delicata e che vede un forte intreccio – anche a livello delle iniziative di lotta – tra la situazione e la dinamica contrattuale (con il rinnovo del biennio economico) e la crisi del sistema industriale del nostro paese che non dà alcun segnale di miglioramento ma che tende, purtroppo, ad un ulteriore peggioramento. Oggi, ad esempio, è molto probabile che vengano aperte le procedure di mobilità, quindi di licenziamento, per quanto riguarda la Whirlpool di Varese, che si aggiunge al lunghissimo elenco delle situazioni di crisi, di riduzione, di chiusure di stabilimenti e di licenziamento.

Questo intreccio tra le vicende contrattuali, il rinnovo del biennio economico e la condizione del sistema delle imprese sta a indicare anche la dimensione della crisi sociale del nostro paese e il fatto che le scelte compiute e perseguite nel corso di questi anni ci hanno portato, contemporaneamente, a una riduzione del potere d’acquisto da parte dei lavoratori dipendenti, con un incremento a tutti i livelli delle disuguaglianze sociali, ad un processo di precarizzazione nei rapporti di lavoro e all’assenza di qualsiasi idea/ipotesi di politica industriale. Uso il termine “crisi sociale” e non “fallimento” proprio per sottolineare la gravità dei processi in atto.

Questi sono gli effetti che si sono determinati nel corso di questi anni per responsabilità di una politica finalizzata non soltanto alla riduzione del costo del lavoro ma sulla ridefinizione delle relazioni sociali che negano il ruolo del lavoro come soggetto autonomo della contrattazione.

Insisto su questo, anche in modo schematico, perché il conflitto sociale  costituisce la linfa vitale di qualsiasi paese democratico. Non cogliere questo elemento, a mio avviso, significa non cogliere un elemento fondamentale di lettura degli stessi processi istituzionali e politici in atto che affondano la loro radice, in primo luogo, nella ridefinizione stessa del lavoro e della sua rappresentanza.

Questo processo, sia chiaro, non riguarda soltanto il nostro paese. Le difficoltà delle organizzazioni sindacali, la messa in crisi di tutti gli assetti e di tutte le regole preesistenti, persino quelle più consolidate nel tempo, coinvolge tutti i paesi europei.

Da questo punto di vista la stessa vicenda tedesca – abbiamo incontrato qualche giorno fa lo «stato maggiore» dell’Ig metall – ha reso evidente le difficoltà che attraversano gli altri sindacati europei, anche quelli dei paesi più forti sul versante della struttura industriale.

C’è un processo di riorganizzazione a livello europeo e internazionale del capitale finanziario e industriale, e la ridefinizione della divisione del lavoro.

Lo dico perché qui si colloca anche un’altra questione: se l’Europa non assume come aspetto centrale da cui ripartire quelli che sono i diritti sociali – contrattazione e welfare – e l’armonizzazione rispetto a questioni fondamentali come il fisco, il rischio è che la stessa Europa al suo interno diventi area di dumping sociale sottoponendo a forte rischio e a forte tensione le situazioni sindacali più consolidate sia sul versante dei contratti nazionali, sia sul ruolo e l’esercizio della contrattazione.

Se tutto ciò è vero, è altrettanto vero che esiste una specificità propria del nostro sistema industriale. All’Ig metall hanno tante difficoltà ma la Germania aumenta la produttività e aumenta l’esportazione. La situazione sociale e politica del nostro paese, invece, è accompagnata da una condizione del sistema industriale che perde i pezzi più significativi e più importanti, diminuiscono paurosamente le esportazioni nel commercio internazionale così come non cresce dal versante della produttività, e da quattro o cinque anni assiste a una riduzione della produzione industriale.

Questa specificità sta nell’assenza di un’idea di politica industriale con la crisi drammatica che attraversano i diversi settori ed è sufficiente qui citare la situazione della Fiat. Il rischio evidente è che il settore dell’auto subisca lo stesso processo che ha segnato la vicenda Olivetti: ma parlare della Fiat, del più grande gruppo industriale privato esistente nel nostro paese, significa fare un ragionamento che riguarda l’insieme dei settori produttivi in Italia, e penso all’informatica e ad altri settori. Ci troviamo, insomma, di fronte a un processo di assoluta devastazione – a parte alcune aree produttive – di  un sistema industriale.

Questo elemento di specificità della nostra struttura produttiva deriva, ovviamente, da un lungo percorso  che qui non intendo riproporre e che riguarda le scelte compiute nel corso degli anni, con alla base quella di privilegiare operazioni di natura finanziaria – in un rapporto diretto con le scelte compiute dal Governo – rispetto a scelte di natura industriale.

L’altro elemento di specificità che non intendo assolutamente sottacere è l’assetto istituzionale e democratico, perché quando si aprono ragionamenti di modifica della stessa Costituzione e quando si aprono processi politici come quelli che abbiamo verificato e verifichiamo continuamente, siamo di fronte a un ulteriore elemento di specificità che accompagna la crisi industriale e che è la deriva della democrazia a tutti i livelli. C’è appena stato il 25 aprile e credo che siano apparsi evidenti anche in quella giornata propositi estremamente preoccupanti rispetto al futuro non solo delle organizzazioni sindacali, ma dell’intero assetto istituzionale.

Come ho detto all’inizio, la crisi industriale e istituzionale si intreccia con la nostra situazione contrattuale, rispetto alla quale registriamo una sostanziale chiusura da parte della Federmeccanica, che propone 60 euro di aumento per il rinnovo del biennio economico. Proseguiremo tutti gli incontri: ieri c’è stato quello sull’apprendistato – ci hanno proposto il prolungamento a 6 anni, più di un corso di laurea –; ci sono gli Osservatori, il mercato del lavoro ecc.; non saremo noi a interrompere gli incontri, però possiamo dire che la trattativa ha raggiunto una situazione di stallo e non a caso, unitariamente, abbiamo previsto di convocare l’Assemblea dei 500 delegati, prevista dal percorso democratico, per il 17 maggio, successivo all’incontro del 16, per discutere delle iniziative di lotta e di mobilitazione di tutta la categoria che non potranno essere risposte simboliche di qualche ora di sciopero con assemblea, vista la situazione che abbiamo di fronte, di fatto, di blocco contrattuale.

Assieme a questo e con questo, però, dobbiamo assolutamente tenere insieme nella nostra iniziativa, così come abbiamo fatto anche nella giornata del 15 aprile, l’iniziativa di lotta sul rinnovo del biennio economico con lo sviluppo delle iniziative di lotta per quanto riguarda la crisi e la definizione dei piani di settore. Non ci possiamo permettere di scindere le due questioni, perché questa è la situazione della categoria e noi abbiamo la necessità di intensificare l’iniziativa – aggiungo – non solo da parte nostra ma anche a livello confederale, perché le vicende che abbiamo di fronte hanno un valore assolutamente generale, non solo per i meccanici, ma per l’insieme del paese.

Per quanto riguarda la Fiat siamo a una situazione semplicemente intollerabile; credo che da parte nostra e delle Confederazioni vada compiuto un salto di qualità nei toni delle iniziative.

La Fiat continua a negare qualsiasi incontro rifiutandosi di dire quale è il suo progetto industriale, e il Governo da parte sua, deve ancora risponderci per la convocazione di un tavolo generale. Tutto quello che sta succedendo e che leggete sui giornali avviene senza nessun confronto con le organizzazioni sindacali.

La Fiat, del resto, è abituata a pensare a relazioni sindacali di un certo tipo. In Polonia è riuscita a fare un accordo separato sugli aumenti retributivi e sulle condizioni di lavoro escludendo Solidarnosc, emettendo poi uno splendido comunicato contro Solidarnosc che sembra uno di quelli che venivano fatti contro la Fiom quando c’erano gli accordi separati, è identico.

Ho parlato della Fiat ma potrei citare, ovviamente, altre situazioni come ad esempio l’Electrolux ecc.

Noi abbiamo la necessità di tenere assieme l’iniziativa sul rinnovo del biennio economico con l’iniziativa sui punti di crisi, con la definizione e la costruzione di un’interlocuzione vera con il Governo rispetto agli interventi che più volte abbiamo richiesto e rispetto alle politiche settoriali.

Nella stessa Assemblea dei delegati della Funzione pubblica di giovedì prossimo, a cui sono stati invitati anche i segretari generali delle categorie, sarebbe opportuno e necessario che, a questo punto, si mettesse in cantiere uno sciopero generale riguardo alla crisi e al blocco contrattuale. Non è possibile scindere – a partire dalla condizione concreta della gente – i due elementi come aggiuntivi e sovrapponibili tra di loro.

 

Colloco in questo quadro il rapporto con la discussione del possibile Congresso della Cgil, visto che sono state elette sia la Commissione politica che la Commissione regole.

Il mio approccio parte da una premessa generale: viviamo una fase di incertezza politica evidente e, allo stato attuale, almeno da quello che capisco, nessuno è in grado di escludere il precipitare della situazione politica.

Leggo così la stessa proposta/sfida di Berlusconi sul Partito unico o l’ipotesi di accelerare la decisione sulla finanziaria possibilmente entro l’estate con il Dpef.

C’è il rischio, nel caso di elezioni anticipate, come è già accaduto in passato, di dover interrompere l’iter congressuale e riprenderlo successivamente.

Capisco che questo è un elemento di valutazione che riguarda, in primo luogo, la segreteria della Cgil; personalmente – visto che si tratta di una relazione a livello personale – mi limito a dire che, stante una valutazione sulla situazione politica, qualora nei prossimi mesi si dovesse decidere un percorso diverso, ciò non troverebbe da parte del sottoscritto nessuna obiezione.

Detto ciò, ragiono secondo l’ipotesi di un Congresso che dovrebbe avere una sua conclusione nel mese di marzo e faccio notare che siamo limite  perché le elezioni sono previste a maggio.

La situazione al momento è che la discussione di merito, su questo voglio essere chiaro, l’approfondimento vero deve ancora iniziare; ci sono ragionamenti inerenti la premessa di carattere generale e i titoli – che pure hanno un significato – rispetto ai 12 capitoli da scrivere.

L’elemento, invece, da cui partire, allo stato della discussione, è che sono stati indicati due aspetti che hanno una loro rilevanza politica e che riguardano il fatto che la segreteria della Cgil, nel suo insieme, a partire dal segretario generale, ha prospettato la possibilità di un Congresso della Cgil su un unico documento e, nello stesso tempo, un patto politico a tutti i livelli per quanto riguarda il governo della nostra organizzazione.

Parlando, ovviamente, della Cgil, il riferimento in questo caso è il Congresso della Cgil svoltosi 4 anni or sono.

Non mi sfugge il significato politico di questa proposta: una proposta di tutta la segreteria sulla possibilità di andare a un documento unico basato sulla valutazione di questi 4 anni e sulle posizioni che sono state assunte,  su scelte fondamentali e fortemente condivise, che vanno dalla pace all’art. 18, alla Legge 30 ecc.

Un quadro di questa natura mi porta a dire che, allo stato attuale, vanno verificate, nel merito della discussione dei 12 capitoli – poi dirò “12 tesi” –, le condizioni per la costruzione di un unico documento, stante il fatto che questo percorso e questo Congresso avverrà in presenza del governo Berlusconi, perché l’altra ipotesi non c’è: l’altra ipotesi vorrebbe dire che il Congresso non si fa. Non so se è chiaro: se ci sono le elezioni, il Congresso è rinviato.

Il Congresso, si farà in presenza del governo Berlusconi e, probabilmente, se tutto rimane fermo avverrà nel pieno di una «vivace» campagna elettorale in presenza di un Governo che, vedo in grandissime difficoltà, ma che non sottovaluterei e non lo considero finito, perché per Berlusconi questo passaggio diventa assolutamente vitale e quindi giocherà tutte le carte possibili, anche con evidenti aspetti di pericolosità.

Dovremo certo evitare di fare un Congresso stretto in una logica di campagna elettorale, come elemento prevalente di tutta la nostra discussione e dovremo essere in grado di definire posizioni, obiettivi e profilo della nostra organizzazione che siano validi sia in presenza del governo Berlusconi che per altri auspicabili governi.

Il congresso, significa dire cosa pensiamo sulla politica, cosa proponiamo sul terreno della politica industriale, sulla politica di redistribuzione del reddito finalizzata ai lavoratori, sulla costruzione di un nuova legislazione del lavoro che superi una condizione di precarizzazione, sulla democrazia e sul Welfare. Dentro questa discussione c’è un rapporto dialettico rispetto alle posizioni che come Fiom non solo abbiamo deciso, ma abbiamo esercitato.

Questo è il passaggio per evitare di rimanere schiacciati tra il dover discutere nei Congressi in piena campagna elettorale e la necessità di definire un profilo di autonomia e di democrazia che sia in grado di parlare nell’immediato, in quella importantissima campagna elettorale, ma anche rispetto ad auspicabili soluzioni politiche diverse. Siamo facilitati in questo anche a partire dal fatto che se il riferimento per la Cgil non può che essere il Congresso di 4 anni fa, per quanto ci riguarda come Fiom il rapporto è con il Congresso di 9 mesi fa.

E’ necessario far vivere dentro la costruzione dei documenti congressuali, per quanto ci riguarda i contenuti dei documenti discussi e approvati non più tardi di dieci mesi fa, sapendo tutti che, proprio perché così ravvicinata nel tempo nelle assemblee, i nostri iscritti ci chiederanno anche quali sono gli elementi di modifica rispetto a una discussione fatta non molto tempo fa, nella Fiom.

Non abbiamo fatto un Congresso straordinario, ma un Congresso ordinario anticipato. Lo abbiamo fatto in una situazione caratterizzata, in quella fase, dall’esperienza dei precontratti, nel pieno dell’esercizio degli accordi separati; ricordiamo tutti che abbiamo fatto quel Congresso accompagnato da iniziative di conflitto sociale di una qualche rilevanza – basti pensare alla vicenda Fincantieri, alla prima vertenza delle acciaierie di Terni, alla stessa vicenda di Melfi ecc. –; un Congresso che nel vivo di quella situazione ha definito orientamenti e scelte per quanto riguarda la nostra categoria che ci hanno permesso, nel corso di questi mesi, di arrivare anche alla definizione di una piattaforma unitaria con quei contenuti e quei percorsi democratici, con l’adesione quasi unanime del gruppo dirigente della Fiom, suffragata successivamente dal voto dei lavoratori attraverso il referendum. In tanti hanno sperato che alla fine non saremmo stati in grado di fare la piattaforma unitaria, o comunque che si sarebbe determinata una rottura all’interno della Fiom, smentendo di fatto il Congresso appena fatto. Non è stato così.

Dopo il Congresso ci sono state, quindi, scelte difficili che questo gruppo dirigente ha praticato nel corso di questi mesi e che ci hanno portato, anche recentemente, a una serie di iniziative significative anche se non sufficienti, perché tali le ritengo, in determinate realtà, in particolare alla Fiat su cui ci sarà prossimamente un appuntamento importante di discussione con la Cgil.

Per quanto riguarda i rapporti unitari bisogna sottolineare il fatto che il 15 aprile, dopo tanti anni, siamo tornati a fare uno sciopero unitario sulla crisi e che, certamente, il 17 dichiareremo iniziative di mobilitazione generale della nostra categoria unitariamente, come da tempo non succedeva; è un elemento che faremmo male a sottacere anche se so benissimo che ci sono questioni e nodi che si potranno riproporre nella discussione e nel confronto, su questo non mi faccio illusioni.

Alla luce di tutto ciò, qual è il rapporto con il Congresso della Cgil per quanto riguarda la Fiom?

Da sempre e anche in questi quattro anni c’è stata una dialettica positiva tra la nostra organizzazione e la Cgil, che ha sempre costituito nella storia del sindacato un elemento di forza per la Fiom e per la Cgil e, quando non c’è stato questo rapporto dialettico perché è stato in qualche modo annullato dentro l’organizzazione, sono state più deboli la Fiom e la Cgil.

E’ chiaro allora che un documento va verificato, e continuo a dire un documento unico, si vedranno nel merito tutte le condizioni, è altrettanto evidente che il patto politico dell’organizzazione, per quanto ci riguarda, non può scavalcare un passaggio: la Fiom ha un patto politico che è quello sancito, deliberato dal congresso fatto dieci mesi fa.

Se questa è la situazione, la Fiom – per quanto riguarda il nostro Congresso di categoria dovrebbe confermare, anche alla luce delle scelte praticate nel corso di questi mesi, le scelte che abbiamo compiuto con il Congresso di 9-10 mesi fa e su questa base assumere l’orientamento di andare, alla conferma della platea congressuale dei delegati di 8-9 mesi fa e dell’assetto dei gruppi dirigenti, fatti salvo i normali processi di rinnovamento. Quando dico “conferma” non è un atto del Comitato centrale ma la proposta del Comitato Centrale da votare nelle assemblee congressuali. Questa è la proposta che vi consegno.

Per quanto riguarda le assemblee degli iscritti, nei meccanici non ho dubbi che in quella fase si discuterà di contratto e di crisi. Se non è così e si pensa che,  la Fiom debba andare a un Congresso Cgil per riaprire tutte le questioni interne, non è oggi la sede per deciderlo, ma a un certo punto, se questa sarà la scelta ognuno si attrezzerà e se ne assumerà la responsabilità.

Per quanto mi riguarda, vorrei evitare – viste le scelte compiute nel corso di questi mesi e il Congresso che abbiamo svolto – di ritrovarmi a settembre/ottobre alla riapertura a partire dai gruppi dirigenti del Congresso Fiom. Perché i tempi sono questi: le Assemblee di base partono da settembre/ottobre.

Riepilogando, quindi, propongo uno schema di ragionamento ed un percorso per il  del Congresso della Fiom diverso da quello tradizionale, basato semplicemente sul fatto che non credo si possa cancellare il Congresso ordinario anticipato, della Fiom. Non credo si possa dire: «Quel Congresso non conta, il riferimento è quello di 4 anni or sono».

Per quanto riguarda il Congresso della Cgil i documenti, ho già detto che va verificata nel merito la costruzione dei 12 capitoli così come ci sono stati proposti e che non mi sfugge il significato anche di un documento unico; ritengo che all’interno del Congresso della Cgil debbano vivere nella discussione aspetti propri anche delle scelte che abbiamo compiuto e praticato come Fiom nel corso di questi anni.

Non mi azzardo – proprio per correttezza rispetto a una discussione di merito che deve ancora cominciare – a dire: «Farò in questo modo, farò in quest’altro modo». Dico semplicemente che un documento unico o, comunque, un documento presentato con quelle caratteristiche debba essere un documento a tesi con la possibilità che ci siano tesi diverse su uno, due punti purché qualificanti. Se invece si moltiplicano e sono 10 tesi alternative è chiaro che siamo di fronte a  un altro impianto ed un’altra scelta.

Su una cosa, però, è bene essere precisi: le tesi sono una cosa e gli emendamenti sono un’altra cosa. Gli emendamenti sono uno strumento  che viene votato laddove viene presentato e possono non arrivare alle istanze successive.

Le tesi invece si votano in tutti i luoghi lavorativi e non sono successivamente votate da nessuna istanza superiore.

Quel voto arriva direttamente al Congresso nazionale della Cgil.

Dico questo per chiarezza, perché sento che in giro c’è, in realtà, una grande confusione tra tesi ed emendamenti: sono due percorsi tra loro diversi.

C’è il problema del rapporto con i delegati in un ragionamento di tesi alternative; anche qui vorrei essere il più preciso possibile: non credo che la questione sia il rapporto automatico con i delegati.

In uno schema di tesi il rapporto automatico con i delegati significherebbe liste separate; ogni tesi avrebbe collegata una lista. Questo, tra l’altro sarebbe, francamente, difficile da definire nel suo stesso funzionamento tecnico.

Questo non significa che non ci debba essere un rapporto con i delegati, che è inevitabile dentro un percorso democratico, perché è evidente che, alla fine, non può esserci una platea di delegati in contraddizione con  il voto che si è espresso nei luoghi di lavoro, sarebbe paradossale.

Le forme e le modalità di questo rapporto credo possano essere costruite più chiaramente soltanto alla fine del percorso, perché, insisto, una cosa è un documento con una o due tesi alternativa e altra cosa è un documento con  più tesi  alternative che implica la definizione anche di un meccanismo diverso.

Nel consegnare al Comitato centrale e, ovviamente, al segretario generale della Cgil, queste ipotesi di lavoro, ho presente che c’è tutta un’altra serie di questioni su cui temo che sia in corso una discussione spezzettata, e così non va bene. Penso alle assemblee di organizzazione che si stanno facendo come Cgil in giro per l’Italia.

È necessario metterci d’accordo, perché il problema della riorganizzazione della Cgil e delle categorie è enorme e non può essere fatto attraverso colpi di mano. Esiste il rischio di un dumping sociale tra le categorie – non solo la questione dell’Europa – nella collocazione dei lavoratori in questo o quel contratto che, ormai, è un problema che ci troviamo ad affrontare in termini imbarazzanti, con scene non proprio edificanti nel rapporto con le altre categorie e con le controparti.

Noi abbiamo indicato l’ipotesi del sindacato dell’industria e della necessità di aprire a tutto campo questa riflessione, ma ciò richiede un’istruttoria vera, un percorso di approfondimento; non è una di quelle decisioni che si fanno e poi si cambiano dopo qualche mese  e, allo stesso modo, non è una riforma che  può andare avanti a pezzi; perché intanto si precostituisce una situazione non accettabile, per quanto ci riguarda come della Fiom. A Guglielmo Epifani, del resto, abbiamo nuovamente esposto la questione dell’applicazione dei contratti nel rapporto con le telecomunicazioni. Ma oltre agli episodi che si susseguono, c’è una questione di fondo che va affrontata, perché non siamo disponibili allo smantellamento della nostra categoria, con scelte che ci comunicano gli stessi padroni al tavolo, la scelta di migrare verso un altro contratto perché gli costa meno.

Bisogna che ci mettiamo d’accordo nella costruzione di un percorso di approfondimento che non so neanche se sta nei tempi della discussione congressuale, ma che comunque, è una questione di assoluto rilievo.

Ho scelto, come avete visto, di delineare anche un percorso ben definito consegnando la discussione al Comitato Centrale, onde evitare che nel frattempo si facciano dibattiti strani in giro per l’Italia tra Direttivi, Camere del lavoro, regionali, territoriali ecc. e si discuta di un Congresso che deve ancora cominciare a discutere del merito.

Indico un percorso di approccio in questa fase alla discussione congressuale e, ovviamente, il merito e le scelte da compiere avverranno nel momento opportuno.

In sintesi la proposta per quanto riguarda il percorso della Fiom ha come riferimento il  suo recente Congresso, che non può essere cancellato né rispetto alla discussione congressuale della Cgil, né rispetto all’assetto della nostra organizzazione a tutti i livelli.

Per quanto riguarda il sottoscritto, ho un vincolo: sono stato eletto 9 mesi fa,  sulla base di quelle conclusioni e di quelle scelte. Se, quelle scelte vengono confermate, bene, altrimenti si apre un’altra discussione.

Non escludo di proporre personalmente anche un documento per il Congresso Fiom che riassuma quelle che sono state le decisioni congressuali e le scelte compite in questi dieci mesi.

Nel passato è stato fatto di tutto affinché il congresso della Cgil non annullasse le dinamiche delle categorie.

Oggi la questione si ripropone: come far vivere questa dialettica rispetto ala costruzione dei documenti è un problema non solo della Fiom ma anche della Cgil, perché significa assumere questa dialettica come un fatto positivo e non come un fatto negativo, ed è questo il senso dell’indicazione di un congresso a tesi e del rapporto con i delegati nella versione non automatica, ma che segni e rispetti la plurale composizione della platea congressuale.